Codice di Procedura Civile art. 86 - Difesa personale della parte.

Mauro Di Marzio

Difesa personale della parte.

[I]. La parte o la persona che la rappresenta o assiste, quando ha la qualità necessaria per esercitare l'ufficio di difensore con procura presso il giudice adito, può stare in giudizio senza il ministero di altro difensore.

Inquadramento

La ratio dell'onere di patrocinio (v. sub art. 82) è generalmente individuata nell'elevato tasso di tecnicismo del processo. Ciò spiega anche la ragione della disposizione ora in esame, la quale risiede nella inutilità della menzionata intermediazione nel caso in cui la parte stessa (o la persona che la rappresenta o l'assiste) possieda la necessaria qualificazione professionale. Il che comporta ricadute anche sul ambito dei poteri del difensore di se stesso, che non è assoggettato ai limiti indicati dal comma 2 dell'art. 84.

La disposizione consente la difesa personale nell'ambito del processo civile, in ogni sua fase e grado — ivi compreso, ad esempio, il regolamento di competenza (Cass. n. 7136/1983) —, salvo quanto si dirà sul giudizio di cassazione, ma non nel processo penale. Perciò, la persona offesa dal reato non può sottoscrivere personalmente il ricorso per Cassazione avverso il provvedimento di archiviazione neppure se eserciti la professione di avvocato. Ciò in quanto la facoltà di stare in giudizio personalmente e senza il ministero di difensore di chi abbia la qualità necessaria per esercitare l'ufficio di difensore presso il giudice adito, non può essere ammessa al di fuori dell'ambito del processo civile per il quale la norma dell'art. 86 è dettata. Né di tale disposizione può essere consentita un'applicazione analogica nel processo penale a causa della diversa natura degli interessi che in tale processo vengono considerati (Cass. n. 37629/2008; Cass. n. 18395/2003). Allo stesso modo, il procuratore speciale del danneggiato dal reato, seppure sia un esercente la professione forense, non può costituirsi parte civile personalmente senza il ministero di un difensore munito della procura speciale di cui all'art. 100 c.p.p. (Cass. n. 41744/2009).

Con riguardo al processo tributario, vige la regola di cui all'art. 12, u.c., d.lgs. n. 546/1992, in forza della quale i soggetti in possesso dei requisiti richiesti per l'assistenza tecnica dinanzi alle commissioni tributarie possono stare in giudizio personalmente, senza l'assistenza di altri difensori abilitati, regola operante sia nei casi in cui il soggetto partecipi al giudizio in nome proprio sia allorché agisca in rappresentanza di altri, ad esempio quale legale rappresentante di una società o di un ente (Cass. n. 13210/2001).

Condizioni e limiti della difesa personale

La «qualità necessaria per esercitare l'ufficio di difensore», cui si riferisce l'art. 86, si traduce in quella di procuratore legalmente esercente, delineata nell'art. 82, al cui commento si rinvia. Occorre cioè l'abilitazione all'esercizio della professione di avvocato e l'iscrizione all'apposito albo tenuto presso ciascun consiglio dell'ordine forense secondo quanto previsto dal r.d.l. n. 1578/1933, conv. con modif. in l. n. 36/1934 (Cass. S.U., n. 7399/1998).

Per la difesa personale nel giudizio di cassazione è necessaria la qualità di avvocato cassazionista, ossia l'iscrizione nell'albo dei professionisti abilitati all'esercizio della difesa davanti alle giurisdizioni superiori (Cass. n. 8738/2001), qualità richiesta anche per il ricorso per cassazione avverso le decisioni del Consiglio Superiore della Magistratura in materia disciplinare, con la conseguenza che la memoria sottoscritta personalmente dal magistrato ricorrente e notificata come allegato unitamente al ricorso non può trovare ingresso nel giudizio di legittimità (Cass. S.U., n. 13532/2006).

Il praticante avvocato è anch'egli « procuratore legalmente esercente », ai sensi dell'art. 82, nei limiti in cui gli è consentito di esercitare il patrocinio: entro tali limiti, dunque, può difendere se stesso.

Regole particolari si applicano nei procedimenti disciplinari a carico di avvocati, che possono difendersi personalmente anche in sede di impugnazione dei provvedimenti del Consiglio Nazionale Forense, pur non essendo iscritti all'albo dei cassazionisti (Cass. S.U., n. 5092/1993; Cass. S.U., n. 319/1997; Cass. S.U., n. 6490/2002; Cass. S.U., n. 23288/2010), sempre che siano iscritti all'albo ordinario e non abbiano ricevuto la sanzione disciplinare della sospensione dall'esercizio della professione forense, con conseguente perdita dello ius postulandi (Cass. S.U., n. 19358/2003; Cass. S.U., n. 10956/2001; Cass. S.U., n. 557/1998). Allo stesso modo è privo dello ius postulandi l'avvocato sottoposto a sospensione cautelare dall'esercizio della professione: pertanto, in considerazione della natura impugnatoria del ricorso al Consiglio Nazionale Forense avverso la decisione emessa dal locale Consiglio dell'ordine, tale atto è inammissibile ove personalmente proposto dall'avvocato sospeso (Cass. S.U., n. 11213/2008).

È viceversa esclusa la difesa personale nel giudizio disciplinare del praticante avvocato, sicché è inammissibile il ricorso al Consiglio Nazionale Forense sottoscritto dal solo interessato, praticante avvocato e non avvocato: né ciò determina alcun vulnus agli artt. 3 e 24 Cost., stante la diversità di posizioni e di disciplina giuridica tra avvocato e praticante, giustificata dalla diversità dei rispettivi titoli professionali e dal percorso per accedervi, ed atteso che l'esigenza di una difesa tecnica, affidata a soggetto in possesso della qualità necessaria per esercitare l'ufficio di difensore con procura presso il giudice adito, risponde allo scopo di assicurare un più efficace esercizio del diritto di difesa (Cass. S.U., n. 19358/2003; Cass. S.U., n. 3598/2003).

Modalità di esercizio della difesa personale

Poiché la parte dotata della qualità necessaria per esercitare l'ufficio di difensore può avvalersi della difesa personale, non occorre in tal caso il rilascio da parte dell'avvocato di una procura a se stesso (Cass. n. 11436/2002). È fermo cioè l'insegnamento secondo cui la norma contenuta nell'art. 86, la quale ammette la difesa personale della parte nella ipotesi in cui sia prescritto il ministero del difensore allorché la parte abbia la qualità necessaria per esercitare l'ufficio di difensore con procura presso il giudice adito, non richiede la formale dichiarazione della parte di volere assumere personalmente la propria difesa, dovendosi tale volontà desumere dal fatto stesso che l'attività processuale sia svolta personalmente dalla parte che abbia e dichiari di avere la qualità richiesta, sempre che quella volontà non sia incompatibile col comportamento della parte medesima. Pertanto, deve ritenersi la validità dell'atto di citazione (di primo grado o di appello) sottoscritto dalla parte personalmente, nella ipotesi in cui nella parte che abbia sottoscritto l'atto sussista la qualità di procuratore abilitato al patrocinio nel distretto e tale qualità sia stata dichiarata nell'atto di citazione (Cass. n. 2489/1962).

La regola che precede, secondo la quale l'avvocato può difendere se stesso (o la parte che sostanzialmente rappresenta) si atteggia in modo peculiare, tuttavia, nel giudizio di cassazione, riguardo al quale la S.C.  sembra aver fornito responsi non sempre perfettamente omogenei.

Secondo un primo indirizzo, infatti, l'art. 365, che impone che il ricorso per cassazione sia sottoscritto per la parte da difensore munito di procura speciale, non trova applicazione, allorquando la stessa parte ricorrente o la persona che agisca per suo conto avendo il potere di rappresentarla sul piano sostanziale hanno la qualità necessaria per esercitare l'ufficio di difensore davanti alla Corte di cassazione ed in tale veste sottoscrivano rispettivamente il ricorso, poiché in tal caso, ai sensi dell'art. 86, non è necessario che essi ricorrano ad altro difensore e si muniscano di procura alle liti per esercitare l'ufficio di difensore, dovendo, d'altro canto, reputarsi soddisfatto l'interesse preservato dallo stesso art. 365, cioè che l'iniziativa della proposizione del ricorso per cassazione non sia presa dal difensore sulla base di una procura conferita per i precedenti gradi di giudizio, ma dalla parte dopo che le sia stato possibile conoscere il provvedimento da impugnare (Cass. n. 8738/2001).

In altra occasione è stato invece stabilito che la disciplina dettata dal codice di rito in tema di difesa personale della parte va coordinata, in caso di rappresentanza legale di una società di capitali conferita ad un avvocato iscritto nell'albo dei cassazionisti, con i principi dettati dal medesimo codice con riguardo alla sottoscrizione del ricorso per cassazione, ex art. 365, a mente dei quali la procura speciale, ovvero l'atto che consenta di esercitare lo ius postulandi, va pur sempre rilasciata successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata ed in data anteriore o contemporanea a quella della notificazione del ricorso, con la conseguenza che, qualora questo sia proposto da una società di capitali e sia sottoscritto da un avvocato che cumuli in sé la qualità di rappresentante del rapporto sostanziale dedotto in giudizio e quella di difensore tecnico abilitato dinanzi alle giurisdizioni superiori, è indispensabile, ai fini dell'ammissibilità del gravame, che l'atto deliberativo in forza del quale il sottoscrittore agisce come legale rappresentante della società e, al tempo stesso, come difensore munito di ius postulandi senza aver rilasciato, non essendovene la necessità, a sé stesso la procura, sia stato assunto posteriormente alla pronuncia della sentenza impugnata e in data anteriore o contemporanea a quella della notifica del ricorso (Cass. n. 12348/2002). Insomma, nel caso del ricorso per cassazione proposto dal difensore nella menzionata qualità, rimarrebbe ferma la regola della non necessità di una procura dell'avvocato cassazionista a se stesso, e tuttavia andrebbe dimostrato per altra via il conferimento dell'incarico volto al ricorso per cassazione in epoca successiva alla sentenza oggetto di impugnazione.

Altre volte, ancora, è stato affermato che la previsione dello statuto di società di capitali, che conferisce la rappresentanza, senza alcuna limitazione, al presidente del consiglio di amministrazione, non abilita lo stesso, che sia avvocato iscritto nell'albo speciale per il patrocinio avanti le magistrature superiori, a proporre ricorso per cassazione nell'interesse della società, integrando gli estremi di una procura generale ad lites, che, differenziandosi da quella speciale prevista dall'art. 365, è inidonea a consentire la proposizione dell'anzidetto ricorso (Cass. n. 17870/2003; Cass. n. 8450/1997).

In caso di difesa personale, quando esercita il proprio ufficio in un giudizio che si svolge fuori della circoscrizione del tribunale al quale è assegnato, l'avvocato è onerato dell'elezione di domicilio presso la sede l'autorità giudiziaria adita, ed altrimenti il domicilio si intende eletto presso la cancelleria della stessa autorità giudiziaria. Qualora, invece, la sede dell'autorità giudiziaria adita appartiene alla circoscrizione in cui l'avvocato è iscritto, il difetto di elezione di domicilio comporta che la notifica debba essere eseguita non in cancelleria, presso il suo domicilio, come risultante dall'albo professionale (Cass. n. 9394/2002; Cass. n. 9092/2010). Nondimeno, la notificazione della sentenza eseguita personalmente alla parte che, rivestendo la qualità necessaria per esercitare l'ufficio di difensore con procura presso il giudice adito, sia stata in giudizio di persona senza il ministero di altro procuratore, è idonea a far decorrere il termine breve per l'impugnazione (Cass. n. 15176/2000).

Difesa personale del rappresentante o assistente

La previsione dell'art. 86 trova applicazione anche nei confronti della persona che, possedendo la qualità necessaria per esercitare l'ufficio di difensore, agisca o resista in giudizio non in proprio, ma in rappresentanza (sostanziale) altrui. La disposizione, cioè, nel contemplare la difesa personale della parte che abbia la qualità necessaria per esercitare l'ufficio di difensore con procura presso il giudice adito, consente detta difesa anche alla persona che rappresenta la parte, quando sia munita di tale qualità (Cass. n. 11966/2003). Nel sistema del codice di rito, insomma, il professionista legale può assumere personalmente il patrocinio tanto se agisca o sia convenuto in proprio, quanto se promuova il giudizio o si costituisca in nome altrui in forza di rappresentanza legale o di rappresentanza organica (Cass. n. 1626/1966; Cass. n. 3600/1974). Così:

i) il genitore, tutore ovvero curatore speciale del minore, qualora il primo sia un avvocato, può stare in giudizio personalmente, senza patrocinio di altro difensore, in rappresentanza del minore medesimo (Cass. n. 14216/2010; Cass. n. 16553/2010);

ii) il legale rappresentante di una persona giuridica può proporre ricorso per cassazione ove sia avvocato abilitato al patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori (Cass. n. 12348/2002);

iii) il curatore dell'eredità giacente, in possesso delle menzionate qualità, ha facoltà di costituirsi personalmente quale difensore della curatela (Cass. n. 12784/1998);

iv) il procuratore ad negotia è abilitato sia a stare in giudizio in nome del mandante, sia a nominare un difensore, sia ad espletare egli stesso il patrocinio, qualora abbia la qualità necessaria per l'esercizio della professione forense (Cass. n. 26365/2010); 

v) nel caso in cui l'incarico di amministratore di sostegno sia conferito ad un avvocato, il giudice tutelare può autorizzarlo a stare in giudizio personalmente ex art. 86, senza necessità che egli debba rilasciare procura alle liti ad altro difensore. Infatti, la rappresentanza sostanziale conferita all'amministratore di sostegno con il decreto del giudice tutelare gli attribuisce, ex art. 75, comma 2, anche il relativo potere processuale, in quanto funzionale alla tutela delle situazioni sostanziali per le quali gli è stato attribuito il potere rappresentativo (Cass. n. 6518/2019).  vi ) L'amministratore di sostegno che, in possesso dell'abilitazione all'esercizio dell'attività forense, si costituisca in giudizio personalmente in rappresentanza del beneficiario, come consentitogli dall'art. 86 c.p.c., a tanto provvede non già in virtù dell'instaurazione di un rapporto contrattuale professionale, bensì esercitando le funzioni di amministratore di sostegno e, pertanto, non può agire in giudizio chiedendo il pagamento del compenso professionale ma, in base al combinato disposto degli artt. 411 e 379 c.c., può rivolgersi al giudice tutelare per ottenere un'equa indennità per l'opera prestata nella detta qualità  (Cass. n. 6197/2021).

Diritto agli onorari

L'attività di difesa svolta nel processo da soggetto abilitato all'esercizio della professione legale ed avente la qualità necessaria per esercitare l'ufficio di difensore con procura presso il giudice adito, anche se compiuta nel proprio interesse, come è consentito dall'art. 86, dà diritto alla liquidazione dei relativi onorari (Cass. n. 691/1994; Cass. n. 23847/2008).

Il giudice, definendo un procedimento di carattere contenzioso, ha anzi il potere-dovere, ai sensi degli artt. 91 ss., di statuire sulle spese, anche senza espressa istanza dell'interessato, salvo che lo stesso abbia manifestato la volontà di rinunciarvi, non rilevando la circostanza che la parte, a norma dell'art. 86, abbia esercitato la facoltà di difesa personale, atteso che ciò non tocca la natura professionale dell'attività processuale svolta dall'avvocato in proprio favore, né quindi incide sulla qualificabilità come spese del giudizio dei diritti e degli onorari previsti per tale attività (Cass. n. 12542/2003; Cass. n. 2193/2008; Cass. n. 4698/2019).

Nei giudizi in cui è consentito alla parte la difesa personale (e cioè nel procedimento dinanzi al giudice di pace, ex art. 82, ove il valore della lite sia inferiore al limite previsto, ovvero, senza limite né per giudice adito né per valore, in caso di opposizione a sanzione amministrativa ex art. 23 l. n. 689/1981), è tuttavia onere della parte stessa, che riveste anche la qualità di avvocato, specificare a che titolo intenda partecipare al processo, poiché (a prescindere dal profilo fiscale), mentre la parte che sta in giudizio personalmente non può chiedere che il rimborso delle spese vive sopportate, il legale, ove manifesti, appunto, l'intenzione di operare come difensore di se medesimo ex art. 86, ha diritto alla liquidazione delle spese secondo la tariffa professionale (Cass. n. 12680/2004).

Bibliografia

Calamandrei, Istituzioni di diritto processuale civile, II, Padova, 1943, 258; Caponi, Rinuncia del difensore al mandato e rimessione in termini della parte, in Foro it. 1998, I, 2517; Della Pietra, Art. 82, in Vaccarella-Verde, Codice di procedura civile commentato, I, Torino, 1997; Liebman, Manuale di diritto processuale civile, I, Milano, 1992, 89; Mazzarella, Avvocato e procuratore, in Enc. giur., IV, Roma, 1988; Punzi, La difesa nel processo civile e l'assetto dell'avvocatura in Italia, in Riv. dir. proc. 2006, 814

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