Codice di Procedura Civile art. 95 - Spese del processo di esecuzione.

Mauro Di Marzio

Spese del processo di esecuzione.

[I]. Le spese sostenute dal creditore procedente e da quelli intervenuti che partecipano utilmente alla distribuzione [510, 611, 614] sono a carico di chi ha subito l'esecuzione, fermo il privilegio stabilito dal codice civile [2755, 2770 1, 2777 1 c.c.].

Inquadramento

Aldilà del dibattito dottrinale concernente la questione se nel processo esecutivo sia configurabile il fenomeno della soccombenza, la disposizione altro non fa che estendere l'applicabilità dell'art. 91 al processo di esecuzione.

Essa, dunque, stabilisce che tanto il creditore procedente quanto i creditori intervenuti possono rifarsi delle spese sostenute per l'esecuzione, al momento della distribuzione, sempre che vi sia capienza.

La norma va letta in combinato disposto con gli artt. 611 e 614, riferiti all'esecuzione per consegna o rilascio e a quella concernente gli obblighi di fare e non fare: dunque si applica alla sola esecuzione per espropriazione forzata.

Bisogna ancora premettere che l'art. 95, nel porre a carico del debitore esecutato le spese sostenute dal creditore procedente e da quelli intervenuti che partecipano utilmente alla distribuzione, presuppone che il processo esecutivo sia iniziato con il pignoramento eseguito dall'ufficiale giudiziario; tale disposizione, pertanto, non può trovare applicazione in caso di pignoramento negativo e di mancato inizio dell'espropriazione forzata, con la conseguenza che, divenuto inefficace il precetto per decorso del termine di novanta giorni, le spese di questo restano a carico dell'intimante (Cass. n. 18676/2022).

Le spese dell'espropriazione forzata

L'art. 95, come chiarito dalla giurisprudenza, conformemente alla dottrina (per tutti Grasso, in Comm. Allorio, 1973, 1024) regola le spese della sola procedura di espropriazione forzata, mentre, per quanto attiene alle spese dei procedimenti esecutivi per consegna o rilascio e concernenti gli obblighi di fare e di non fare, occorre far riferimento agli artt. 611 e 614 (Cass. n. 8634/2003).

Si discute se la stessa norma in commento costituisca estensione del principio della soccombenza alla materia esecutiva. All'opinione favorevole di alcuni, si replica da altri che, in sede esecutiva non sarebbe configurabile il fenomeno della soccombenza in senso proprio, sicché il significato dell'art. 95 andrebbe spiegato in termini non già di soccombenza, bensì di soggezione del debitore sottoposto ad esecuzione forzata (per tutti Grasso, in Comm. Allorio, 1973, 1024).

In questo senso è stato detto che, per la liquidazione delle spese dell'esecuzione, ai fini dell'art. 95 c.p.c., il valore della «controversia» non può essere determinato sulla base del criterio del disputatum o di quello del decisum, che riguarda la liquidazione ex art. 91 c.p.c. e, dunque, una situazione di contrapposizione processuale tra parti che comporta la condizione di soccombenza di una di esse, mentre il processo esecutivo è improntato al principio della soggezione del debitore e manca una compiuta dialettica processuale; pertanto, il solo criterio applicabile è quello dell'effettiva entità delle somme precettate (Cass. n. 9333/2024).

Il provvedimento del giudice dell'esecuzione sulle spese non ha attitudine al giudicato. Spetta cioè al giudice dell'esecuzione davanti al quale il processo si è svolto disporre, ai sensi dell' art. 95, con il provvedimento di distribuzione del ricavato che lo chiude (art. 510, comma 1), in ordine al rimborso delle spese sopportate dal creditore pignorante e dagli intervenuti, e tale liquidazione costituisce un accertamento strumentale alla detta distribuzione, insuscettibile di acquisire forza di giudicato al di fuori del processo in cui è fatta (Cass. n. 3985/2003; Cass. n. 10129/2003).

Le spese necessarie alla conservazione dell'immobile pignorato, cioè indissolubilmente finalizzate al mantenimento dello stesso in fisica e giuridica esistenza e non meramente conservative della sua integrità (quali quelle per la manutenzione ordinaria o straordinaria ovvero per la gestione condominiale), sono strumentali alla procedura di espropriazione forzata perché intese ad evitarne la chiusura anticipata, sicché restano incluse nelle spese "per gli atti necessari al processo", suscettibili, ai sensi dell'art. 8 d.P.R. n. 115/2002, di essere poste in via di anticipazione a carico del creditore procedente e, quindi, rimborsabili come spese privilegiate ex art. 2770 c.c. a favore del creditore che le abbia anticipate (Cass. n. 12877/2016).

Solo se l'esecuzione è fruttuosa le spese sono a carico di chi l'ha subita. L'art. 95, cioè, nel porre a carico del debitore esecutato le spese sostenute dal creditore procedente e da quelli intervenuti che partecipano utilmente alla distribuzione presuppone che il processo esecutivo si sia concluso e non che si sia arrestato per rinuncia o inattività del creditore procedente, ipotesi per le quali le spese sostenute sono poste, rispettivamente, a carico del rinunciante, in mancanza di diverso accordo tra le parti, e a carico di chi le ha anticipate (Cass. n. 10306/2000).

Con riguardo all'ipotesi dell'estinzione del processo esecutivo è stato così precisato che l'art. 632, comma 3, dispone che, in caso di estinzione del processo esecutivo, si applica l'art. 310, u.c., il quale dispone che le spese del processo estinto stanno a carico delle parti che le hanno anticipate. Tale disciplina, conseguentemente, opera pienamente tanto più nel caso in cui la causa estintiva sia imputabile esclusivamente al creditore procedente che abbia rinunciato agli atti o sia rimasto inattivo (Cass. n. 1834/1998). È stato d'altronde giudicata manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 95, 310 e 632, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3 e 24, Cost., nella parte in cui dette norme non prevedono il rimborso delle spese sostenute dal creditore procedente nel procedimento di espropriazione forzata presso terzi nel caso di pignoramento presso terzi nel caso di dichiarazione negativa del terzo e di palese inutilità del giudizio di accertamento del relativo obbligo, non consentendo che il giudice dell'esecuzione, con l'ordinanza che dichiara estinto il processo, possa porre le spese a carico del debitore (Cass. n. 2003/2003).

In caso di procedimento di espropriazione presso terzi conclusosi per effetto di dichiarazione negativa del terzo non contestata dal creditore esecutante, nessuna norma assicura a quest'ultimo il recupero delle spese processuali, dato che l'art. 95, nel porre a carico del soggetto che subisce l'esecuzione le spese del relativo procedimento, presuppone espressamente un'esecuzione fruttuosa e, d'altra parte, non può farsi riferimento neanche all'art. 306, operante nel giudizio di cognizione nel caso in cui si verifichi la volontaria desistenza dall'azione (Cass. n. 4695/1999).

Le spese sono a carico di chi ha subito l'esecuzione solo nei limiti della capienza (Cass. n. 8634/2003).

Anche nell'espropriazione presso terzi le spese gravano sul debitore esecutato e non sul terzo (Cass. n. 10724/2000).

Le spese di notificazione del titolo esecutivo e di redazione e notificazione del precetto costituiscono accessorio delle spese processuali riferibili al titolo esecutivo giudiziale (secondo un'interpretazione discendente dagli artt. 8 d.P.R. n. 115/2002 e 91, comma 2), sicché ne è dovuto il pagamento, da parte del debitore e quale conseguenza, di regola, del suo comportamento inadempiente rispetto a quanto stabilito nel titolo, quando esse ― sulla scorta del c.d. principio di causalità ― siano state sostenute dal creditore ed il relativo precetto sia stato anche solo consegnato per la notifica all'ufficiale giudiziario, allorché in tale momento permanga ancora il predetto inadempimento (Cass. n. 28627/2008; Cass. n. 18676/2022).  Peraltro, le spese del precetto, anche quelle aventi ad oggetto i compensi professionali dovuti al legale officiato per la sua intimazione, hanno natura processuale, in senso lato, pertanto, seppur vadano autoliquidate dal creditore intimante nel precetto stesso, possono sempre essere oggetto di contestazioni da parte del debitore, con l'opposizione all'esecuzione ex art. 615, comma 1, c.p.c., per essere verificate e liquidate dal giudice in tale sede, e devono, comunque, anche in mancanza di opposizione, essere liquidate dal giudice dell'esecuzione ai sensi dell'art. 95 c.p.c., unitamente alle spese del processo esecutivo, sempre ed in ogni caso sulla base dell'applicazione delle tariffe professionali forensi (Cass. n. 13606/2024).

Quando il giudice dell'esecuzione, all'esito di un procedimento di espropriazione forzata di crediti presso terzi, pronuncia ordinanza di assegnazione contenente l'espresso addebito all'esecutato - oltre che dei crediti posti in esecuzione e delle spese del processo - del costo di registrazione del provvedimento, il relativo importo deve essere annoverato tra le spese di esecuzione liquidate in favore del creditore e può essere preteso, in sede di escussione del terzo, nei limiti della capienza del credito assegnato, ai sensi dell'art. 95; ne consegue il difetto di interesse del creditore procedente ad ottenere un ulteriore titolo esecutivo contro l'originario debitore per la ripetizione delle spese di registrazione (Cass. n. 15447/2020).

L'art. 95, nel porre a carico del debitore esecutato le spese sostenute dal creditore procedente e da quelli intervenuti che partecipano utilmente alla distribuzione, presuppone che il processo esecutivo sia iniziato con il pignoramento eseguito dall'ufficiale giudiziario. Pertanto detta disposizione non può trovare applicazione in caso di pignoramento negativo e di mancato inizio dell'espropriazione forzata, con la conseguenza che, divenuto inefficace il precetto per decorso del termine di novanta giorni, le spese di esso restano a carico dell'intimante, in forza del combinato disposto dell'art. 310 e dell'art. 632 u.c., secondo il quale le spese del processo estinto restano a carico delle parti che le hanno anticipate (Cass. n. 20836/2006; Cass. n. 8298/2011).

Tra i creditori intervenuti indicati nell'art. 95 (il quale pone a carico di chi ha subito l'esecuzione, le spese sostenute dal creditore e da quelli intervenuti che partecipano utilmente alla distribuzione) non possono ritenersi compresi i creditori personali del creditore procedente (o comunque aventi diritto alla distribuzione) agenti in sostituzione a norma dell'art. 511 Ne deriva che le spese giudiziali necessarie per la sostituzione e subcollocazione esulano dall'ambito dell'art. 2777 c.c., che, richiamando gli artt. 2770 e 2775 c.c., identifica le spese di giustizia da porsi a carico della massa attiva solo nelle spese necessarie ed utili fatte per le operazioni di espropriazione nell'interesse comune dei creditori poiché, le spese occorrenti per le domande e le collocazioni in sottordine sono coperte, in quanto ripetibili soltanto dalle somme collocate a favore del creditore diretto (Cass. n. 735/1969).

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