Codice di Procedura Civile art. 108 - Estromissione del garantito.Estromissione del garantito. [I]. Se il garante comparisce e accetta di assumere la causa in luogo del garantito [106], questi può chiedere, qualora le altre parti non si oppongano, la propria estromissione [354 1; 1586 2 c.c.]. Questa è disposta dal giudice con ordinanza; ma la sentenza di merito pronunciata nel giudizio spiega i suoi effetti anche contro l'estromesso [2909 c.c.]. InquadramentoAttraverso l'estromissione si realizza un fenomeno inverso rispetto all'intervento del terzo, tale da operare in caso di estraneità della parte alla causa. Perché l'estromissione possa essere disposta occorre da un lato, la carenza della legittimazione attiva o passiva della parte in relazione alla quale è pronunciato il provvedimento di estromissione, e, d'altro lato, la pendenza di un processo litisconsortile. Si discute, in dottrina, se quello dell'estromissione costituisca o meno istituto di carattere generale e, in altri termini, se le ipotesi di estromissione contemplate dalla norma in commento, unitamente agli artt. 109 e 111, abbiano carattere esaustivo ovvero meramente esemplificativo sicché il giudice possa disporre l'estromissione ogni qual volta rilevi difetto di legittimazione passiva originario o sopravvenuto di una delle parti. Secondo un'opinione le disposizioni appena menzionate disciplinerebbero la sola estromissione c.d. «propria», la quale si caratterizzerebbe per la sopravvenuta carenza di legittimazione ad agire della parte. Ad essa si contrapporrebbe una estromissione c.d. «impropria», suscettibile di essere disposta in caso di carenza di legittimazione ad agire non già sopravvenuta, bensì originaria (Tommaseo, 53). L'esistenza della figura della estromissione «impropria», tale da richiedere di essere necessariamente disposta con una sentenza in rito, troverebbe conferma nella previsione dell'art. 354, comma 1, nella parte in cui stabilisce che il giudice dell'impugnazione dispone la rimessione al primo giudice qualora ravvisi che nel giudizio di primo grado non doveva essere estromessa una parte (Tommaseo, 84). Altra parte della dottrina rileva che l'estromissione pronunciata con sentenza è in definitiva priva di una propria autonomia, giacché essa finisce per coincidere con una pronuncia di assoluzione nel merito della parte estromessa. Sicché, d'altro canto, l'ingiusta estromissione di una parte, disciplinata dall'art. 354, comma 1, andrebbe riferita alle sole ipotesi previste dagli artt. 108, 109, 111 (Balena, 174). In tal senso sembra orientata la giurisprudenza. Talora è stato affermato in generale che l'estromissione, in senso tecnico, è conseguenza della estraneità originaria o sopravvenuta del soggetto rispetto al procedimento in cui si deduce un rapporto che interessa altre parti (Cass. n. 1447/1965). Successivamente la S.C. ha ulteriormente chiarito che la pronuncia con la quale il giudice di primo grado «estrometta dal giudizio» uno dei convenuti, ritenendolo privo di legittimazione passiva, configura, nonostante l'improprietà della formula adottata, una statuizione di rigetto della domanda, per difetto di una condizione dell'azione (Cass. n. 13766/2004). Ne consegue che la parte rimasta soccombente, ove appelli la sentenza solo nei riguardi delle altre parti, accettando, invece, la disposta estromissione, è tenuta ad effettuare solo la mera notifica del gravame, ex art. 332, alla parte estromessa, la cui costituzione in appello - mancando un'impugnazione sulla pronuncia di estromissione - è inammissibile, né può essere qualificata come intervento ad adiuvandum, non ricorrendo i presupposti di cui all'art. 344 (Cass. n. 8693/2015). Val quanto dire che l'ipotesi della rimessione al primo giudice ricorre in definitiva, per quanto attiene all'estromissione, nelle sole ipotesi di estromissione normativamente considerate. L'eventualità della illegittima estromissione di una parte, che, ai sensi dell'art 354, impone la rimessione della causa del giudice d'appello al primo giudice, si realizza in altri termini solo quando quest'ultimo emetta una sentenza a contraddittorio non integro, appunto per avere impedito ad una delle parti necessarie di parteciparvi. Viceversa essa non si realizza quando, eventualmente previo provvedimento implicito o esplicito di separazione dei giudizi, il giudice abbia respinto nel merito la pretesa di alcuna delle parti prima di pronunciare, con altra sentenza, nei confronti delle altre: in tal caso il giudice d'appello, che ritenga non corretta questa pronuncia, deve trattenere perciò la causa e giudicare nel merito (Cass. n. 3134/1978; Cass. n. 338/1974). L'estromissione del garantitoLa disposizione in commento va posta in relazione con il precedente art. 106, il quale stabilisce che ciascuna parte può chiamare nel processo un terzo al quale comune la causa o dal quale pretende essere garantita: secondo la previsione dell'art. 108, in particolare, l'estromissione può essere disposta se il garante, una volta divenuto parte del giudizio in atto nei confronti del garantito, accetti di assumere la causa in vece di quest'ultimo, salvo che le altre parti si oppongano. Si discute in dottrina se la norma sia applicabile alle sole ipotesi di garanzia propria, individuata sulla base del criterio di identità o di connessione oggettiva dei titoli, ovverosia inapplicabile con riguardo alla garanzia impropria che non si fonda sul medesimo rapporto giuridico sostanziale dedotto in giudizio, bensì sorge da un rapporto giuridico collegato solo «di fatto» a quello oggetto del processo, giuridicamente del tutto autonomo e distinto rispetto a quello controverso. Secondo un primo indirizzo l'art. 108 si riferirebbe anche alla garanzia impropria (per la nozione v. sub art. 32, ove è anche evidenziato come il rilievo della distinzione sia andato riducendosi), con l'ulteriore conseguenza che l'estraneità del garante al rapporto intercorrente tra attore e convenuto-garantito non sarebbe di ostacolo all'estromissione (Proto Pisani, in Comm. Allorio, 1973, 1205). Altri ritengono che l'art. 108 opererebbe solo con riferimento alla chiamata del terzo garante per comunanza di causa e nelle sole ipotesi di garanzia reale, ove il garante è chiamato in causa dal convenuto, ex art. 106, per essere affiancato nel giudizio e senza che il convenuto medesimo formuli, nei confronti del garante, domanda di garanzia (Consolo, 446). Le Sezioni Unite hanno chiarito che in caso di chiamata in causa in garanzia dell'assicuratore della responsabilità civile, l'impugnazione - esperita esclusivamente dal terzo chiamato avverso la sentenza che abbia accolto sia la domanda principale, di affermazione della responsabilità del convenuto e di condanna dello stesso al risarcimento del danno, sia quella di garanzia da costui proposta - giova anche al soggetto assicurato, senza necessità di una sua impugnazione incidentale, indipendentemente dalla qualificazione della garanzia come propria o impropria, che ha valore puramente descrittivo ed è priva di effetti ai fini dell'applicazione degli artt. 32, 108 e 331, dovendosi comunque ravvisare un'ipotesi di litisconsorzio necessario processuale non solo se il convenuto abbia scelto soltanto di estendere l'efficacia soggettiva, nei confronti del terzo chiamato, dell'accertamento relativo al rapporto principale, ma anche quando abbia, invece, allargato l'oggetto del giudizio, evenienza, quest'ultima, ipotizzabile allorché egli, oltre ad effettuare la chiamata, chieda l'accertamento dell'esistenza del rapporto di garanzia ed, eventualmente, l'attribuzione della relativa prestazione (Cass. S.U., n. 24707/2015; Cass. n. 5876/2018). L'istituto dell'estromissione dal processo ha per logico presupposto anzitutto la pluralità dei convenuti: esso è perciò inapplicabile in un processo con unico convenuto, nei confronti del quale si può pervenire, in caso di accertato difetto di legittimazione passiva, ad una pronuncia di rigetto della domanda e non ad una pronuncia di estromissione dal processo (Cass. n. 2617/1977). Il provvedimento di estromissione, inoltre, presuppone che la causa sia stata radicata dinanzi al giudice competente, giacché, in caso di incompetenza e, dunque, di mancanza in capo al giudice della potestas iudicandi, questi neppure può disporre l'estromissione (Cass. n. 428/1965). Affinché possa disporsi l'estromissione occorrono poi tre condizioni: i) l'istanza del garantito; ii) la costituzione in giudizio del garante e l'accettazione della causa in vece del garantito; iii) la non opposizione delle altre parti. Quanto all'istanza, la giurisprudenza è chiara: l'estromissione dal giudizio del garantito a seguito d'intervento del terzo (con l'eventuale condanna di quest'ultimo) presuppone che la relativa istanza sia opera del garantito medesimo e non può avvenire senza che l'attore l'abbia accettata (Cass. n. 2236/1981). Non sembra potersi condividere, invece, l'opinione secondo cui l'istanza di estromissione potrebbe essere desunta dallo stesso comportamento della parte la quale abbia effettuato chiamata in garanzia del terzo, così ponendo in essere un comportamento concludente indicativo della volontà di ottenere l’estromissione (Satta, 1959, 407): è ben possibile infatti, che l'effettuazione della chiamata in garanzia lasci sopravvivere un interesse del garantito a partecipare al giudizio (ottenere il rigetto della domanda contro di sé è altra cosa rispetto al subire una condanna, sia pur riversata sul garante). Sicché il fatto in sé considerato della chiamata in garanzia pare essere, sotto il profilo considerato, comportamento equivoco. La formula adottata dalla norma, la quale si riferisce al garante che «accetta di assumere la causa» lascia intendere che, ai fini dell'estromissione, non è sufficiente la semplice costituzione in giudizio del garante, bensì l'accettazione della causa, ossia il riconoscimento, da parte del garante dell'esistenza di un rapporto di garanzia valido ed efficace (Proto Pisani, in Comm. Allorio, 1973, 1206). Con riguardo, poi, alla non opposizione delle altre parti, la norma non dice se queste debbano o meno essere costituite: poiché la disposizione non richiede (a differenza dell'art. 111) un comportamento positivo, se non per impedire che l'estromissione abbia luogo, sembra preferibile ritenere che l'estromissione possa essere disposta anche se taluna delle altre parti ipoteticamente controinteressata all'estromissione sia rimasta contumace. Quanto ai caratteri dell'opposizione, si ritiene in dottrina che essa debba essere motivata (Proto Pisani, in Comm. Allorio, 1973, 1206), la qual cosa suscita perplessità: e perché la norma non contiene nessun riferimento, neppure implicito, alla necessità di una motivazione dell'opposizione; e perché la sussistenza di un interesse a che il giudizio pervenga a conclusione nei confronti di tutti i soggetti che vi sono coinvolti appare essere la regola. D'altronde, se si ritenesse necessaria la motivazione dell'opposizione, dovrebbe parimenti ammettersi che il giudice possa sindacare la congruità dei motivi addotti e quindi eventualmente discostarsene: ma, se così fosse, non avrebbe senso la previsione dell'estromissione mediante ordinanza, espressamente prevista dalla norma, evidente essendo, a quanto sembra, che un'estromissione disposta nel contrasto delle parti dovrebbe essere assunta con sentenza e sottoposta al controllo mediante impugnazione. Il provvedimento di estromissione, come si è appena rammentato, ha forma di ordinanza, efficace ex nunc. Secondo alcuni l'ordinanza di estromissione sarebbe modificabile e revocabile dal giudice che l'ha emessa (Proto Pisani, in Comm. Allorio, 1973, 1208); altri escludono la modificabilità e revocabilità trattandosi di ordinanza pronunciata sull'accordo delle parti (Costa, 1967, 168; Monteleone, 5). Effetti dell'estromissioneSecondo l'opinione prevalente il garante, a seguito dell'estromissione del garantito, assume la veste di sostituto processuale, dotato di legittimazione straordinaria in forza della quale partecipa al processo in nome proprio per tutelare i diritti del garantito, il quale rimane pur sempre titolare della posizione di parte in senso sostanziale e, come tale, è destinatario degli effetti della sentenza (per tutti Proto Pisani, in Comm. Allorio, 1973, 1205). Questa peculiare posizione emerge talora in giurisprudenza, ad esempio con riguardo alla capacità a testimoniare della parte che abbia visto accolta la propria istanza di estromissione (Cass. n. 1511/1962). Poiché, come si è detto, il provvedimento di estromissione ha efficacia ex nunc, gli atti processuali compiuti fino a tal momento conservano efficacia (Fabbrini, 1989, 132; Tommaseo, 408). Tale conclusione lascia impregiudicata, tuttavia, la diversa questione dell'efficacia probatoria nei confronti del garante di taluni atti istruttori. Il problema si è posto, in particolare, con riguardo all'efficacia nei confronti del garante, ammessa, della confessione resa in sede di interrogatorio formale del garantito (Cass. n. 8458/2004). Anche in dottrina si ritiene che l'efficacia della confessione e del giuramento resi dal garantito prima della sua uscita dal processo possa essere fatta discendere dall'applicazione analogica degli artt. 2733, comma 3, e 2738, comma 3, c.c., che, sebbene dettati per la confessione ed il giuramento di alcuni litisconsorzi necessari, hanno ragione di essere applicati, ricorrendo il presupposto della eadem ratio, anche ai rapporti tra il garante ed il garantito (Fabbrini, 1989, 136). La norma in commento stabilisce espressamente che la sentenza «di merito» emessa a conclusione del giudizio ha efficacia anche nei confronti del garantito estromesso, contro il quale il vincitore può dunque mettere in esecuzione il titolo conseguito. Non hanno la stessa efficacia, dunque, le pronunce rese in rito nei confronti del garante. Si discute sui rimedi spettanti al garantito estromesso contro la sentenza pronunciata nei confronti del garante, ma avente efficacia anche contro di lui. Secondo parte della dottrina il garantito, conservando la posizione di parte in senso sostanziale, può avvalersi dei mezzi di impugnazione ordinari (Fabbrini, 1989, 126; Consolo, 448). Altra parte della dottrina considera la parte estromessa legittimata a proporre opposizione di terzo (Luiso 1990, 1; Olivieri, 106; Cecchella, 146). In tal senso pare orientata la giurisprudenza (Cass. n. 1415/1972). Eguale soluzione è stata adottata con riguardo all'opposizione di terzo proposta da un interventore estromesso (Cass. n. 9500/2003). Allorquando, inoltre, il giudice di appello abbia pronunciato l'estromissione di una parte dal giudizio, il soccombente è legittimato a proporre il ricorso per cassazione, oltre che nei riguardi dell'altra parte, anche contro la parte estromessa soltanto qualora impugni la sentenza anche sul punto dichiarativo dell'estromissione. Altrimenti, se non intende proporre ricorso sul punto della estromissione e accetta, quindi, l'uscita dal processo della parte estromessa, egli è tenuto soltanto a notificare il ricorso ai sensi dell'art. 332 (Cass. n. 15734/2007; Cass. n. 8693/2015). Da ultimo si è affermato che, in caso di chiamata in causa in garanzia dell'assicuratore della responsabilità civile, l'impugnazione - esperita esclusivamente dal terzo chiamato avverso la sentenza che abbia accolto sia la domanda principale, di affermazione della responsabilità del convenuto e di condanna dello stesso al risarcimento del danno, sia quella di garanzia da costui proposta - giova anche al soggetto assicurato sul piano processuale in quanto il litisconsorzio necessario che si viene ad instaurare opera pienamente sul piano processuale, ma non pienamente su quello sostanziale, nel senso che i singoli rapporti giuridici rimangono distintamente soggetti alle vicende che li riguardano; pertanto, l'atto dispositivo del rapporto principale, compiuto stragiudizialmente dal garantito nella pendenza del termine per impugnare la decisione a lui sfavorevole con atto di accettazione della stessa, è produttivo di effetti nel rapporto fra garantito e pretendente, con la conseguenza che, nel caso di impugnazione della decisione sul rapporto principale da parte del garante, ferma la legittimazione di entrambi, la manifestata acquiescenza vincola l'atteggiamento processuale del garantito nel processo di impugnazione, senza che questi possa poi giovarsi dell'eventuale decisione favorevole sul rapporto principale ottenuta dal garante (Cass. n. 11724/2021). Se, invece, il giudice di primo grado dispone l'estromissione uno dei convenuti o chiamati in causa, ritenendolo privo di legittimazione passiva, la sua decisione configura una statuizione di rigetto della domanda nei suoi confronti, suscettibile di passare in giudicato se non tempestivamente impugnata, con la conseguenza che, ove l'attore non abbia proposto appello sul punto, non può dolersi in sede di giudizio di cassazione della mancata integrazione del contraddittorio da parte del giudice di appello, il quale non poteva rilevare la questione d'ufficio, atteso il giudicato formatosi al riguardo (Cass. n. 7612/2022). 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