Codice di Procedura Civile art. 169 - Ritiro dei fascicoli di parte 1 .

Antonio Scarpa

Ritiro dei fascicoli di parte 1.

[I]. Ciascuna parte può ottenere dal giudice istruttore l'autorizzazione di ritirare [il proprio fascicolo] dalla cancelleria il fascicolo cartaceo da essa eventualmente depositato [77 att.]; ma il fascicolo deve essere di nuovo depositato ogni volta che il giudice lo disponga2.

[II]. Ciascuna parte ha la facoltà di ritirare il fascicolo cartaceo all'atto della rimessione della causa al collegio  3a norma dell'articolo 189, ma deve restituirlo al più tardi al momento del deposito della comparsa conclusionale4.

[1]  Articolo così sostituito dall'art. 10 l. 14 luglio 1950, n. 581.

[2] Comma modificato dall'art. 3, comma 2, lett. e, numero 1) del d.lgs. 31 ottobre 2024, n. 164 che soppresso  le parole «il proprio fascicolo»  e, dopo le parole «dalla cancelleria», ha inserito le seguenti: «il fascicolo cartaceo da essa eventualmente depositato». Ai sensi dell'art. 7, comma 1, del medesimo decreto, le disposizioni di cui al d.lgs. n. 164/2024 cit. si applicano ai procedimenti introdotti successivamente al 28 febbraio 2023.

[3] (2) Da intendersi, dopo la sostituzione degli artt. 190 e 275, disposta con l. 26 novembre 1990, n. 353 a far tempo dal 30 aprile 1995, nel senso di rimessione della causa alla decisione (del collegio o del giudice istruttore in funzione di giudice unico).

[4] Comma modificato dall'art. 3, comma 2, lett. e, numero 2) del d.lgs. 31 ottobre 2024, n. 164 che  ha inserito dopo le parole «il fascicolo»  la seguente: «cartaceo». Ai sensi dell'art. 7, comma 1, del medesimo decreto, le disposizioni di cui al d.lgs. n. 164/2024 cit. si applicano ai procedimenti introdotti successivamente al 28 febbraio 2023.

Inquadramento

L'art. 169 regola la facoltà di ritiro del fascicolo di parte e le modalità di restituzione dello stesso.

Disponibilità dei fascicoli di parte e principio di non dispersione delle prove

La facoltà di ritiro del proprio fascicolo è riconosciuta alla parte dall'art. 169 sia durante la fase della trattazione e dell'istruzione della causa (subordinatamente ad un'autorizzazione da parte del giudice istruttore e fin quando questi non ne disponga il rideposito), sia al momento del passaggio della causa alla fase decisoria.

Il comma 2 della norma in commento conferisce, in realtà, alle parti la facoltà di ritirare liberamente i propri fascicoli dopo la rimessione della causa in decisione, prescindendo dall'autorizzazione del giudice stabilita, per ogni altra ipotesi di ritiro, dal comma 1, ma non comporta deroga al principio, di cui all'art 77 disp. att., il quale stabilisce che la restituzione del fascicolo si esegue previa dichiarazione scritta della parte che lo ritira e contemporanea annotazione nel fascicolo d'ufficio ad opera del cancelliere: ne consegue che, mancando siffatta annotazione, non può desumersi che la parte si sia avvalsa della facoltà di ritiro (Cass. I, n. 2053/1979).

Tale disciplina contempera le esigenze, proprie del sistema delle prove, attinenti ai poteri della parte come a quelli della controparte e del giudice, sicché, in forza del principio dispositivo, il fascicolo potrebbe dirsi soggetto alla volontà di ciascuno dei contendenti, mentre, per effetto del principio di acquisizione, il contenuto del fascicolo si direbbe soggetto ad un vincolo di destinazione, che limita la disponibilità delle parti sul materiale documentale nell'ambito definito dalla norma in commento (si vedano al riguardo Petrucci, Fascicolo di parte, in Enc. dir., XVI, Milano, 1967, 871 ss.; Pala, Fascicolo d'ufficio e fascicolo di parte, in Nss. D.I., VII, 1963, 103 ss.): le formalità di formazione, ritiro e restituzione del fascicolo di parte garantiscono, pertanto, la tutela del contraddittorio quanto ai documenti prodotti, nonché del diritto di difesa, poiché, conseguentemente alla produzione avversaria, sorge l'interesse dei contendenti ad avvalersi di una prova contraria ovvero anche dello stesso documento esibito dalla controparte.

E' pacifico, del resto, che anche le prove documentali sono soggette al principio di acquisizione processuale (sulla cui generale enunciazione, Luiso, 2009, I, 234 e II, 122; Cavallone, Il giudice e la prova nel processo civile, Padova, 1991, 132 ss.). 

Il decreto legislativo (d.lgs. n. 164/2024) concernente disposizioni integrative e correttive al d.lgs. n. 149/2022, recante attuazione della l. n. 206/2021, ha adeguato la facoltà di ritiro dei fascicoli di parte alle modalità del processo telematico, restringendone l’operatività al solo fascicolo cartaceo eventualmente depositato.

Cass. S.U., n. 4835/2023 già avvertiva  che, venendo in rilievo le esigenze, proprie del sistema delle prove, attinenti ai poteri della parte, nonché le garanzie della tutela del contraddittorio e del diritto di difesa (allorché, conseguentemente alla produzione avversaria, sorga l’interesse dei contendenti ad avvalersi di una prova contraria, ovvero anche dello stesso documento esibito dalla controparte), la conformazione legislativa del bilanciamento di tali esigenze e garanzie non può intendersi ragionevolmente differenziata, sulla base di inconvenienti di fatto, a seconda che i documenti siano stati prodotti con modalità telematiche o, piuttosto, in formato cartaceo, sicché l’impossibilità tecnica di procedere nel processo telematico al ritiro del singolo documento o dell’intero fascicolo non può finire in concreto per modulare con diversa intensità rispetto al processo cartaceo l’effettività del principio dispositivo e del principio di acquisizione.

 Ai sensi del novellato art. 87 disp. att. c.p.c., i documenti offerti in comunicazione dalle parti dopo la costituzione sono prodotti mediante deposito ai sensi dell’art. 196-quater disp. att. c.p.c. e il relativo elenco deve essere comunicato alle altre parti nelle forme stabilite dall’art. 170, quarto comma, del codice. Non essendo più prevista la possibilità di produrre i documenti direttamente in udienza, l’art. 87 dispone altresì che se la necessità della produzione emerge nel corso dell’udienza stessa, il giudice, su istanza della parte interessata, « può » assegnare termine per il deposito dei documenti nel fascicolo informatico.

Una chiara teorizzazione del connotato di irreversibilità dell'acquisizione documentale espone: “La c.d. relatività del vincolo di indisponibilità delle prove documentali esibite o offerte in comunicazione dalle parti, lungi dal costituire un'applicazione del principio dispositivo, appare pertanto il frutto indigesto di un'infelice scelta normativa adottata da un legislatore dimentico che, in un sistema informato al principio di acquisizione delle risultanze istruttorie, scopo dell'offerta in comunicazione e dell'esibizione è quello di assicurare durevolmente al processo le prove precostituite, in modo che ciascuna delle parti possa dedurne conclusioni a proprio vantaggio e il giudice possa trarne elementi per la formazione del proprio convincimento, anche contro l'interesse della parte producente” (Ruffini , Produzione ed esibizione dei documenti, in Riv. dir. proc. 2011, 433 ss.).

Lì  dove giudici e studiosi sembrano distanti non è, allora sull'elaborazione del principio di acquisizione probatoria con riguardo ai documenti, visti come rappresentazione di fatti rilevanti per il decidere,  quanto ai mezzi utilizzabili dal giudice allo scopo di conseguire in ogni modo e con pienezza degli effetti il recupero della disponibilità dei documenti (e della correlata rappresentazione) dapprima prodotti e poi ritirati.

Ad esempio, sosteneva  Cerino Canova, Dell'introduzione della causa, in Comm. al c.p.c., diretto da Allorio, Torino, 1980, 438, "l'asseverata esistenza del documento, quale risulta dal fascicolo” dovrebbe far sì che “il processo possa ovviare alla sua successiva materiale assenza, come può ovviare a quella di ogni altro atto comunque scomparso; e dunque permette un'attività ricostruttiva del contenuto dell'atto asportato".

Il deposito nel giudizio di appello del fascicolo di parte, ritirato e non restituito in primo grado all'atto della rimessione della causa al collegio,  neppure costituisce introduzione di nuove prove documentali, escludendo il ricorso appropriato a tale aggettivo il dato che i relativi documenti ivi contenuti fossero stati inizialmente esibiti nell'osservanza delle preclusioni istruttorie risultanti dagli artt. 165, 166 e 183  (Cass. III, n. 28462/ 2013).

Il giudice che accerti l'avvenuto rituale ritiro del fascicolo di parte, ex art. 169, senza che poi lo stesso risulti, al momento della decisione, nuovamente depositato o reperibile entro il termine previsto dall'art. 190, non è tenuto, in difetto di annotazioni della cancelleria e di ulteriori allegazioni indiziarie attinenti a fatti che impongano accertamenti presso quest'ultima, a rimettere la causa sul ruolo per consentire alla medesima parte di ovviare alla carenza riscontrata, ma ha il dovere di decidere la controversia allo stato degli atti (Cass. I, n. 10741/2015; Cass. VI, n. 2264/2022). Viceversa, ove non risulti alcuna annotazione dell'avvenuto ritiro del fascicolo della parte, il giudice non può rigettare una domanda, o un'eccezione, per mancanza della prova documentale ivi inserita, ma deve disporre le opportune ricerche tramite la cancelleria, e, in caso di esito negativo, concedere un termine all'interessato per la ricostruzione del proprio fascicolo, presumendosi che le attività delle parti e dell'ufficio si siano svolte nel rispetto delle norme processuali e, quindi, che il fascicolo, dopo l'avvenuto deposito, non sia mai stato ritirato. Soltanto in caso di insuccesso delle ricerche da parte della cancelleria, ovvero in caso di inottemperanza della parte all'ordine di ricostruire il proprio fascicolo, il giudice può, quindi, pronunciare sul merito della causa in base agli atti a sua disposizione (Cass. I, n. 12369/2014; Cass. III, n. 18237/2008).

L'art. 169 comma 2 afferma che il fascicolo ritirato ritualmente all'atto della rimessione della causa in decisione, deve essere ridepositato «al più tardi al momento del deposito della comparsa conclusionale». Tale termine deve essere inteso come perentorio agli effetti dell'art. 153, comma 2, ma, in forza del principio dell'acquisizione processuale dei documenti prodotti, non rende gli stessi “nuovi” se riprodotti nel successivo giudizio di appello, agli effetti dell'art. 345 (Cass. III, n. 28462/2013; Cass. VI, n. 26030/2014).

La perentorietà del termine entro il quale, a norma dell'art. 169, comma 2, deve avvenire il deposito del fascicolo di parte ritirato all'atto della rimessione della causa al collegio, va riferita, quindi, solo alla fase decisoria di primo grado e non può in alcun modo operare una volta che il procedimento trasmigri in appello (Cass. II, n. 21571/2020; Cass. VI-2, n. 29309/2017).

Diversamente, si è ritenuto che nel rito del lavoro, il fascicolo di parte ritirato nel corso del giudizio di primo grado e non depositato prima della decisione, nonostante il rilievo del giudice circa la sua assenza, non è poi utilizzabile ove prodotto in appello, poiché solo con il rispetto delle forme imposte dall'art. 74 disp. att.  vi sarebbe la prova dell'effettività e della tempestività della produzione documentale nel precedente grado di giudizio (Cass. lav., n. 12285/2016).

Da ultimo, si è affermato in giurisprudenza che:

a) il principio di "non dispersione (o di acquisizione) della prova" - che opera anche per i documenti, prodotti con modalità telematiche o in formato cartaceo - comporta che il fatto storico in essi rappresentato si ha per dimostrato nel processo, costituendo fonte di conoscenza per il giudice e spiegando un'efficacia che non si esaurisce nel singolo grado di giudizio, e non può dipendere dalle successive scelte difensive della parte che detti documenti abbia inizialmente offerto in comunicazione;

b) così, il giudice d'appello ha il potere-dovere di esaminare un documento ritualmente prodotto in primo grado nel caso in cui la parte interessata ne faccia specifica istanza nei propri scritti difensivi (mediante richiamo di esso nella parte argomentativa dei motivi formulati o delle domande ed eccezioni riproposte) illustrando le ragioni, trascurate dal primo giudice, per le quali il contenuto del documento acquisito giustifichi le rispettive deduzioni.

c) affinché il giudice di appello possa procedere all'autonomo e diretto esame del documento già prodotto in formato cartaceo nel giudizio di primo grado, onde dare risposta ai motivi di impugnazione o alle domande ed eccezioni riproposte su di esso fondati, il documento può essere sottoposto alla sua attenzione, ove non più disponibile nel fascicolo della parte che lo aveva offerto in comunicazione (perché ritirato e non restituito, o perché questa è rimasta contumace in secondo grado), mediante deposito della copia rilasciata alle altre parti a norma dell'art. 76 disp. att. c.p.c.

d) il giudice d'appello può porre a fondamento della propria decisione il documento in formato cartaceo già prodotto e non rinvenibile nei fascicoli di parte apprezzandone il contenuto trascritto (oppure indicato) nella sentenza impugnata o in altro provvedimento o atto del processo ovvero, se lo ritiene necessario, può ordinare alla parte interessata di produrre, in copia o in originale, determinati documenti acquisiti nel primo grado.

e) se la parte ha puntualmente allegato nell'atto di (o nella comparsa di costituzione in) appello il fatto rappresentato dal documento cartaceo avversario prodotto nel primo grado invocandone il riesame in sede di gravame, la controparte che omette la produzione di tale documento nel secondo grado subisce le conseguenze di un siffatto comportamento processuale, potendo il giudice - il quale ha comunque il dovere di ricomporre il contenuto di una rappresentazione già stabilmente acquisita al processo - ritenere provato il predetto fatto storico nei termini specificamente allegati nell'atto difensivo (Cass. S.U., n. 4835/2023).

Bibliografia

Biavati, La riforma del processo civile: motivazioni e limiti, in Riv. trim. dir. proc. civ. 2022, 45 ss.; B. Capponi, Note sulla fase introduttiva del nuovo rito ordinario di cognizione, in Giustiziacivile.com, 5 gennaio 2023; De Santis, La redazione degli atti difensivi ai tempi del processo civile telematico: sinteticità e chiarezza, in Giusto proc. civ., 2017, 749 ss.; Dondi, Obiettivi e risultati della recente riforma del processo civile. La disciplina della cognizione a una prima lettura, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2021, 927 ss.; Panzarola, Sul (presunto) principio di sinteticità nella redazione degli atti processuali civili, in Giusto proc. civ., 2018, 69 ss.; Punzi, Sul processo civile telematico, in Riv. dir. proc., 2022, 1, 1 ss.; Raiti, Il principio di sinteticità e di chiarezza del ricorso per cassazione secondo la legge delega sulla Riforma del processo, in Riv. dir. proc., 2022, 3, 1027 ss.; Tedoldi, Il processo civile telematico tra logos e techne, in Riv. dir. proc., 2021, 3, 843 ss.; Tombolini, Note «a caldo» sulla nuova legge delega di riforma della giustizia civile: le modifiche al giudizio di primo grado, in Judicium, 15 dicembre 2021.

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