Codice di Procedura Civile art. 178 - Controllo del collegio sulle ordinanze 1.

Antonio Scarpa

Controllo del collegio sulle ordinanze  1.

[I]. Le parti, senza bisogno di mezzi d'impugnazione, possono proporre al collegio, quando la causa è rimessa a questo a norma dell'articolo 189, tutte le questioni risolute dal giudice istruttore con ordinanza revocabile [279 3-4].

[II]. L'ordinanza del giudice istruttore, che non operi in funzione di giudice unico, quando dichiara l'estinzione del processo è impugnabile dalle parti con reclamo immediato al collegio 2.

[III]. Il reclamo deve essere proposto nel termine perentorio di dieci giorni, decorrente dalla pronuncia della ordinanza se avvenuta in udienza, o altrimenti decorrente dalla comunicazione dell'ordinanza medesima [136].

[IV]. Il reclamo è presentato con semplice dichiarazione nel verbale d'udienza, o con ricorso al giudice istruttore.

[V]. Se il reclamo è presentato in udienza, il giudice assegna nella stessa udienza, ove le parti lo richiedano, il termine per la comunicazione di una memoria, e quello successivo per la comunicazione di una replica. Se il reclamo è proposto con ricorso, questo è comunicato a mezzo della cancelleria alle altre parti, insieme con il decreto del giudice istruttore che assegna un termine per la comunicazione dell'eventuale memoria di risposta. Scaduti tali termini, il collegio provvede entro i quindici giorni successivi  3.

 

[1] Articolo così sostituito dall'art. 13 l. 14 luglio 1950, n. 581. L'art. 89 l. 26 novembre 1990, n. 353 ha abrogato tre commi che figuravano nel testo dell'articolo dopo il quinto. Il testo recitava: «[VI]. Scaduti i termini previsti dal comma precedente, il collegio, entro i quindici giorni successivi, provvede in camera di consiglio con ordinanza, alla quale si applicano le disposizioni dell'articolo 279 quarto comma, e dell'articolo 280. [VII]. Il provvedimento del collegio è limitato all'ammissibilità e alla rilevanza del mezzo di prova, e pertanto le parti non possono sottoporgli conclusioni di merito, né totali né parziali. Tuttavia il collegio, su richiesta di parte o d'ufficio, può limitarsi a rimettere con l'ordinanza le parti al giudice istruttore per gli adempimenti previsti dagli articoli 189 e 190. [VIII]. L'esecuzione dell'ordinanza è sospesa durante il termine per proporre reclamo e durante il giudizio su questo, salvo che il giudice istruttore, nei casi d'urgenza, l'abbia dichiarata esecutiva nonostante reclamo».

[2] Comma così sostituito dall'art. 15 l. 26 novembre 1990, n. 353. Il testo recitava: «Tuttavia, le ordinanze del giudice istruttore, che risolvono questioni relative all'ammissibilità e alla rilevanza di mezzi di prova proposti dalle parti o ammissibili d'ufficio, possono essere impugnate dalle parti con reclamo immediato al collegio».

[3] Comma così modificato dall'art. 15 l. 26 novembre 1990, n. 353 e successivamente  dall'art. 3, comma 2, lett. l) del d.lgs. 31 ottobre 2024, n. 164 che ha sostituito le parole:  «con il decreto del giudice istruttore» alle parole:  «con decreto, in calce,  del  giudice  istruttore,». Ai sensi dell'art. 7, comma 1, del medesimo decreto, le disposizioni di cui al d.lgs. n. 164/2024 cit. si applicano ai procedimenti introdotti successivamente al 28 febbraio 2023.

Inquadramento

L'art. 178 delinea al comma 1 un principio generale, ancora operante soltanto per le cause nelle quali il tribunale giudica in composizione collegiale (art. 50-bis), secondo cui l'attività dell'istruttore rimane soggetta al controllo del collegio, che, pertanto, assomma tutti i poteri dell'istruttore stesso e può quindi emettere tutti i provvedimenti che questi avrebbe potuto o dovuto adottare, salvo che il contrario sia espressamente disposto dalla legge. Non è altrimenti ipotizzabile alcun reclamo al collegio avverso i provvedimenti adottati dal tribunale monocratico, non essendo possibile contrapporre il giudice istruttore al collegio nei procedimenti che si svolgono davanti al giudice unico di primo grado. I successivi commi disciplinano il procedimento di reclamo al collegio contro i provvedimenti di estinzione resi dal giudice istruttore nel corso di un giudizio attribuito al tribunale in composizione collegiale, secondo le forme previste dagli artt. 308 ss.

All'atto della rimessione della causa al collegio, le parti possono sottoporre a quest'ultimo, ai sensi dell'art. 178, comma 1, tutte le questioni già definite dal giudice istruttore con ordinanza revocabile, senza bisogno di proporre specifica impugnazione, purché sia stata chiesta, in sede di precisazione delle conclusioni, la revoca della menzionata ordinanza. In caso contrario, resta precluso al collegio (ed anche al giudice unico, ove la controversia debba essere decisa dal tribunale in composizione monocratica) qualsivoglia scrutinio al riguardo, con la conseguente impossibilità di sollevare la suddetta questione in sede di impugnazione (Cass. I, n. 7472/2017) .

Impugnazione della dichiarazione di estinzione

Il comma 2 dell'art. 178, il quale stabilisce che l'estinzione del processo è dichiarata con ordinanza impugnabile con reclamo al collegio, si riferisce alla sola dichiarazione di estinzione del processo resa dal giudice istruttore non in funzione di giudice unico.

Il reclamo va presentato nel termine perentorio di dieci giorni, decorrente, in caso di ordinanza pronunciata fuori udienza, dalla comunicazione del provvedimento stesso. I commi 4 e 5 prevedono forme agili per la presentazione del reclamo, escludendo la necessità di qualsiasi attività notificatoria a carico della parte istante e consentendo la presentazione di eventuali memorie in ipotesi di presentazione in udienza dell'impugnazione.

Il provvedimento dichiarativo dell'estinzione del processo adottato dal giudice monocratico del tribunale ha, invece, natura sostanziale di sentenza, ancorché sia pronunciato in forma di ordinanza o di decreto. Pertanto, quando sia pronunciato in primo grado, è impugnabile con l'appello, mentre non è ammissibile il reclamo al collegio in forza della disposizione in commento. Sempre l'appello è il rimedio esperibile con riferimento al provvedimento di rigetto dell'eccezione di estinzione pronunciato dal giudice unico, trattandosi di provvedimento che risolve una questione preliminare di merito da decidere con sentenza non definitiva, da ricondurre alla previsione di cui all'art. 279, comma 1, n. 2 (Cass. III, n. 14592/2007;  Cass. lav., n. 2837/2016). Analogamente, il provvedimento del giudice monocratico che dichiara estinto il giudizio di appello, così definendolo, può essere impugnato solo con ricorso per cassazione, senza che l'eventuale adozione della forma dell'ordinanza valga a modificare il decorso dei termini ordinari di impugnazione (Cass. III, n. 18242/2008). La parte, che abbia proposto ritualmente appello contro la declaratoria di estinzione emessa dal giudice istruttore operante come monocratico, è ammessa a formulare al giudice di appello istanza di rimessione in primo grado, ai sensi dell'art. 354, comma 2, alla stregua dell'art. 308, comma 2. Se però l'estinzione sia stata deliberata dal tribunale in composizione monocratica solo dopo che la causa, precisate le conclusioni, sia stata trattenuta in decisione, ai sensi dell'art. 189, il giudice di appello che escluda la vicenda estintiva non può rimettere la causa al giudice di primo grado, ma deve trattenere la causa e deciderla nel merito (Cass. I, n. 22917/2010).

All'atto della rimessione della causa al collegio, le parti possono sottoporre a quest'ultimo, ai sensi dell'art. 178, comma 1, tutte le questioni già definite dal giudice istruttore con ordinanza revocabile, senza bisogno di proporre specifica impugnazione, purché sia stata chiesta, in sede di precisazione delle conclusioni, la revoca della menzionata ordinanza. In caso contrario, resta precluso al collegio (ed anche al giudice unico, ove la controversia debba essere decisa dal tribunale in composizione monocratica) qualsivoglia scrutinio al riguardo, con la conseguente impossibilità di sollevare la suddetta questione in sede di impugnazione (Cass. I, n. 7472/2017).

In tema di separazione personale tra coniugi, il provvedimento del giudice istruttore con cui viene dichiarata l'ultrattività delle statuizioni presidenziali e l'estinzione del giudizio (art. 189 disp. att.) ha natura di ordinanza endoprocessuale, non avendo il giudice istruttore, nel corso di un giudizio attribuito al tribunale in composizione collegiale, il potere di pronunciare una sentenza. Ne consegue che, a norma dell'art. 178, comma 2, l'unico mezzo di impugnazione esperibile è il reclamo al collegio, nelle forme previste dagli artt. 308 ss. (Cass. VI, n. . 12347/2014 ) .

Anche la dottrina per lo più conviene che il provvedimento dichiarativo dell'estinzione, reso dal giudice istruttore nei processi a trattazione collegiale ex art. 50-bis, assume la forma dell'ordinanza, reclamabile al collegio, mentre quello emesso dal giudice monocratico, nelle cause ex art. 50-ter, ha forma di sentenza (Punzi, 207; Picardi, 2013, 383), trattandosi, in particolare, di pronuncia su questione pregiudiziale. Viene opposto, tuttavia, che la configurazione della questione dell'estinzione del processo quale vera e propria questione pregiudiziale, in quanto inerente alla sussistenza del potere di decidere la controversia, comporterebbe sempre e comunque l'adozione nella forma della sentenza; sicché la scelta della forma del provvedimento dichiarativo non dovrebbe essere influenzata dalla natura della questione posta dall'estinzione del processo (Cordopatri, 785). Si arriva pertanto a sostenere che, come nelle controversie di cui all'art. 50-bis, anche nelle cause a trattazione monocratica l'estinzione, verificatasi nella fase introduttiva o in quella di trattazione, andrebbe dichiarata con ordinanza, mentre soltanto quella verificatasi nella fase decisoria dovrebbe dichiararsi con sentenza, connotandosi per la sua definitività. Lo stesso provvedimento ordinatorio potrebbe poi essere emendato dal giudice istruttore in sede di decisione o dal collegio in sede di reclamo.

Procedimento davanti al giudice di pace

Secondo quanto stabilito dall'art. 311, il procedimento davanti al giudice di pace è regolato dalle norme relative a quello davanti al tribunale, sicché allo stesso è applicabile anche l'art. 178 nella vigente formulazione, conseguente alla l. n. 353/1990: ne deriva che, avverso le ordinanze emesse dal giudice di pace di ammissione o di rigetto delle prove, non è ammesso alcun reclamo, e le relative richieste di modifica o di revoca devono essere reiterate in sede di precisazione delle conclusioni definitive al momento della rimessione in decisione, non potendo altrimenti le stesse essere riproposte in sede di impugnazione (Cass. II, n. 23574/2007).

Bibliografia

Cordopatri, Per la chiarezza delle idee in tema di forma del provvedimento dichiarativo dell'estinzione del processo e del suo regime impugnatorio, in Riv. trim. dir e proc. civ., 2014, 785 ss.; Liebman, Manuale di diritto processuale civile, Principi, VI ed., a cura di Colesanti-Merlin-Ricci, Milano, 2002; Punzi, Il processo civile. Sistema e problematiche, II, Torino, 2010; Saletti, voce Estinzione del processo: 1) dir. proc. civ., in Enc. giur., XIII, Roma, 1989.

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