Codice di Procedura Civile art. 185 - Tentativo di conciliazione 1Tentativo di conciliazione1 [I]. Il giudice istruttore, in caso di richiesta congiunta delle parti, fissa la comparizione delle medesime al fine di interrogarle liberamente e di provocarne la conciliazione. Il giudice istruttore ha altresì facoltà di fissare la predetta udienza di comparizione personale a norma dell'art. 117. Quando è disposta la comparizione personale, le parti hanno facoltà di farsi rappresentare da un procuratore generale o speciale il quale deve essere a conoscenza dei fatti della causa. La procura deve essere conferita con atto pubblico o scrittura privata autenticata e deve attribuire al procuratore il potere di conciliare o transigere la controversia. Se la procura è conferita con scrittura privata, questa può essere autenticata anche dal difensore della parte. La mancata conoscenza, senza giustificato motivo, dei fatti della causa da parte del procuratore è valutata ai sensi del secondo comma dell'articolo 116 [183 3]2. [II]. Il tentativo di conciliazione può essere rinnovato in qualunque momento dell'istruzione [350 3], nel rispetto del calendario del processo3. [III]. Quando le parti si sono conciliate, si forma processo verbale della convenzione conclusa [92 3, 126, 130; 88 att.]. Il processo verbale costituisce titolo esecutivo [474 2].
[1] Articolo così sostituito dall'art. 1 d.P.R. 17 ottobre 1950, n. 857. L'art. 89 l. 26 novembre 1990, n. 353 ha abrogato l'originario comma 1, che così recitava: «Se la natura della causa lo consente, il giudice istruttore, nella prima udienza, deve cercare di conciliare le parti, disponendo, quando occorre, la loro comparizione personale». [2] Comma premesso dall'art. 23 lett. c-quater)d.l. 14 marzo 2005, n. 35, conv., con modif., in l. 14 maggio 2005, n. 80, inserita dall'art. 12l. 28 dicembre 2005, n. 263, con effetto dal 1° marzo 2006. Ai sensi dell'art. 2 3-quinquies d.l. n. 35, cit., le modifiche si applicano ai procedimenti instaurati successivamente al 1° marzo 2006. [3] Comma così modificato dall'art. 3, comma 13, lett. f), del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 che ha inserito le parole: «, nel rispetto del calendario del processo» (ai sensi dell'art. 52 d.lgs. n. 149 /2022, il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale). Per la disciplina transitoria v. art. 35 d.lgs. n. 149/2022, come sostituito dall'art. 1, comma 380, lettera a), l. 29 dicembre 2022, n. 197, che prevede che : "1. Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti.". InquadramentoL'art. 185 è rimasto, infatti, praticamente immodificato dal d.lgs. n. 149/2022, se non per l'aggiunta che vincola il giudice e le parti a rinnovare il tentativo di conciliazione sempre « nel rispetto del calendario del processo» . Oltre che, quindi, obbligatoriamente nell ' udienza ex art. 183, rimane stabilito che il giudice istruttore, altresì in caso di richiesta congiunta delle parti, deve fissare la comparizione delle medesime al fine di interrogarle liberamente e di provocarne la conciliazione. Il testo dell'art. 185 c.p.c. lascia pensare che il giudice sia obbligato a disporre la comparizione personale in caso di richiesta congiunta (neppure necessariamente contestuale) delle parti, quand'anche le stesse abbiano già presenziato alla prima udienza, il che, come prima della Riforma del 2005, è tornato nuovamente obbligatorio. Ciò disvela il pericolo che trovino ingresso prassi dilatorie e meccanismi di artificioso rallentamento del corso della lite. A differenza delle controversie implicanti un litisconsorzio necessario, nelle ipotesi di litisconsorzio facoltativo può bastare l'istanza di uno solo dei soggetti del rapporto, con conseguente separazione delle cause cumulate. Sembra da escludere che la parte costituita possa vincolativamente richiedere la comparizione personale in caso di contumacia dell'avversario. Il giudice può, invece, disporre d'ufficio l'interrogatorio libero quando, pur in assenza di istanza di alcuna delle parti, o addirittura di contumacia di una o alcuna di esse, appaia comunque possibile la conciliazione. Le nuove cadenze correlate alle memorie integrative anticipate rispetto all'udienza rendono inevitabile che la comparizione personale delle parti avvenga dopo la maturazione delle preclusioni. Tale eventualità era dapprima già contemplata nel nono comma dell'art. 183, ove si consentiva al giudice di disporre l'interrogatorio libero anche con l'ordinanza sulle deduzioni istruttorie. Il giudice istruttore può inoltre fissare la predetta udienza di comparizione personale a norma dell'art. 117. La specificità dell'art. 185 è che esso riconosce che le parti, di cui sia disposta la comparizione personale, hanno facoltà di farsi rappresentare da un procuratore generale o speciale, il quale deve essere a conoscenza dei fatti della causa. La procura deve essere conferita con atto pubblico o scrittura privata autenticata (anche dal difensore) e deve attribuire al procuratore il potere di conciliare o transigere la controversia. Così come per la mancata comparizione personale nella prima udienza, si stabilisce che la mancata conoscenza, senza giustificato motivo, dei fatti della causa da parte del procuratore è valutata ai sensi del secondo comma dell'art. 116. Viene ribadito che il tentativo di conciliazione può essere rinnovato in qualunque momento dell'istruzione, ma, come visto, rispettando il calendario delle udienze predisposto ai sensi dell'art. 183, comma 4. Il difficile coordinamento dell'art. 183, commi 1 e 3, e 185 c.p.c. induce a concludere che: 1) la comparizione personale e il tentativo di conciliazione sono obbligatori nella prima udienza; 2) la comparizione personale, anche mediante rappresentante a conoscenza dei fatti di causa, e il tentativo di conciliazione sono ripetuti ogni volta che vi sia richiesta congiunta delle parti o sia ritenuto opportuno dal giudice, ma compatibilmente con il calendario del processo . Se prende atto della indisponibilità di una delle parti a sottoporsi all'interrogatorio libero ed al tentativo di conciliazione, il giudice deve disporre senza indugio di procedersi oltre . È controverso, tuttavia, se, quando all'udienza fissata per il tentativo di conciliazione si presenti una sola parte, il giudice debba comunque procedere al suo interrogatorio libero: invero, mentre l'art. 117 specifica che la comparizione delle parti viene ordinata dal giudice per interrogarle « in contraddittorio tra loro » , questa locuzione non è utilizzata n é dall ' art. 185, n é dal novellato art. 183, comma 1, il quale, anzi, fornisce significato di comportamento valutabile ex art. 116, comma 2, alla mancata comparizione.
Ordine di comparizione personale delle partiSe prende atto dell'indisponibilità di una delle parti a sottoporsi all'interrogatorio libero ed al tentativo di conciliazione, il giudice istruttore deve disporre senza indugio di procedersi oltre all'istruzione del giudizio: un provvedimento di tal fatta non pregiudica il diritto di difesa, né è causa di nullità alcuna, ed anzi costituisce adempimento di un preciso dovere del magistrato, al quale è inibito adottare decisioni che comportino l'inutile allungamento dei tempi del processo (Cass. III, n. 20122/2009). Secondo un'interpretazione, però, pure quando all'udienza fissata per il tentativo di conciliazione si presenti una sola parte, il giudice dovrebbe comunque procedere al suo interrogatorio libero, almeno quando la comparizione sia stata disposta su richiesta delle parti, stanti le differenze lessicali correnti tra l'art. 185 e l'art. 117 (il quale ultimo suppone il necessario contraddittorio). Si è ritenuto che dovesse essere comunicata alla parte contumace, a pena di nullità degli atti del giudizio, l'ordinanza che disponeva il tentativo di conciliazione, emessa dal giudice onorario aggregato a norma dell'art. 13, comma 2, l. n. 276/1997, non ostandovi la mancata inclusione dell'ordinanza suddetta fra gli atti elencati, in via tassativa, dall'art. 292 c.p.c., attesa l'anteriorità della norma codicistica rispetto a quella speciale e tenuto conto del principio della successione delle leggi nel tempo (Cass. I, n. 1434/2018; Cass. II, n. 30576/2011). Verbale di conciliazioneLa conciliazione giudiziale (nella quale possono confluire transazioni, rinunzie, riconoscimenti oppure un qualsiasi altro negozio, consacrato nel processo verbale, avente carattere documentale, da cui deve risultare l'incontro di volontà delle parti) pur richiedendo sempre una convenzione, non è assimilabile ad un negozio di diritto privato puro e semplice, caratterizzandosi strutturalmente per il necessario intervento del giudice e funzionalmente, da un lato, per l'effetto processuale dell'impossibilità di una qualsiasi ulteriore prosecuzione del giudizio nel quale interviene, con conseguente ordinanza di estinzione del processo, e, dall'altro, per gli effetti sostanziali derivanti dal negozio giuridico contestualmente stipulato dalle parti, il quale resta integralmente soggetto alla disciplina che gli è propria (Cass. lav., n. 11677/1995). La conciliazione giudiziale prevista dagli artt. 185 e 420 c.p.c. si caratterizza, del resto, oltre che per il necessario intervento del giudice, per le formalità previste dall'art. 88 disp. att. c.p.c., mentre la transazione, negozio anch'esso idoneo alla risoluzione delle controversie che abbiano ad oggetto diritti disponibili, non richiede formalità "ad substantiam", essendo la forma scritta prevista dall'art. 1967 c.c. ai soli fini di prova (Cass. lav. n. 25472/2017). L'intervento del giudice nel tentativo di conciliazione non altera, peraltro, la natura consensuale dell'atto di composizione che le parti volontariamente concludono, né gli effetti esecutivi attribuiti al verbale di conciliazione dall'art. 185, comma 3, possono paragonarsi a quelli di una sentenza passata in giudicato, dovendosi, invece, assimilare a quelli di un titolo contrattuale esecutivo, come gli atti notarili e simili indicati nell'art. 474, n. 3. La redazione di un verbale di avvenuta conciliazione, separato da quello di udienza, come prevista dall'art. 88 disp. att., non è requisito di validità dell'atto, sicché la conciliazione giudiziale, costituisce titolo esecutivo ex art. 474, anche se sia inserita nel verbale d'udienza (Cass. III, n. 6288/2003). Avendo natura di atto negoziale, il verbale di conciliazione giudiziale, ancorché redatto con l'intervento del giudice a definizione di una controversia pendente, va interpretato alla stregua degli artt. 1362 ss., risolvendosi in un accertamento di fatto di esclusiva spettanza del giudice di merito (Cass. III, n. 4564/2014). Per il principio di relatività dell'efficacia del contratto, accolto dall'art. 1372 c.c., la conciliazione giudiziale di una controversia vincola solo gli stipulanti (Cass. L, n. 12781/2012). Il verbale di conciliazione giudiziale, pur essendo titolo esecutivo ai sensi dell'art. 185, idoneo all'esecuzione per le obbligazioni pecuniarie, all'esecuzione specifica ai sensi dell'art. 2932 c.c. e alla esecuzione per consegna e rilascio, non legittima alla esecuzione forzata degli obblighi di fare e di non fare, poiché l'art. 612 menziona quale unico titolo valido ai fini di siffatta esecuzione la sentenza di condanna, per tale, peraltro, potendosi intendere estensivamente ogni provvedimento giudiziale di condanna, in considerazione dell'esigenza di un previo accertamento circa la fungibilità, e quindi la coercibilità, dell'obbligo di fare o di non fare (Cass. III, n. 258/1997). BibliografiaCaponi, Il processo civile telematico tra scrittura e oralità, in Riv. trim. dir e proc. civ. 2015, 305 ss.; Cordopatri, Per la chiarezza delle idee in tema di forma del provvedimento dichiarativo dell'estinzione del processo e del suo regime impugnatorio, in Riv. trim. dir e proc. civ., 2014, 785 ss.; Didone, Le ordinanze anticipatorie di condanna e la nuova trattazione della causa, in Giur. mer. 2008, 333 ss.; Luiso-Sassani, La riforma del processo civile, Milano, 2006; Mirenda, Le ordinanze ex art. 186-bis, ter e quater c.p.c., in Giur. mer. 1999, 189 ss.; Punzi, Il processo civile. Sistema e problematiche, II, Torino, 2010; Saletti, voce Estinzione del processo: 1) dir. proc. civ., in Enc. giur., XIII, Roma, 1989; Scrima, Le ordinanze ex art.186-bis e ter c.p.c., in Giur. mer. 1998, 137 ss. |