Codice di Procedura Civile art. 229 - Confessione spontanea.


Confessione spontanea.

[I]. La confessione spontanea può essere contenuta in qualsiasi atto processuale firmato dalla parte personalmente, salvo il caso dell'articolo 117 [116 2].

Inquadramento

La confessione è definita dall'art. 2730 c.c. come la dichiarazione che una parte fa della verità di fatti ad essa sfavorevoli e favorevoli all'altra parte.

La confessione si distingue tra giudiziale e stragiudiziale, a seconda che sia resa in giudizio, ovvero fuori o prima del processo, e cioè in difetto di un rapporto processuale attuale tra il confidente e la controparte.

La confessione giudiziale può poi essere spontanea o provocata mediante interrogatorio formale.

Confessione spontanea o provocata mediante interrogatorio

La confessione giudiziale può poi essere spontanea o provocata mediante interrogatorio formale (art. 228).

A norma dell'art. 229, la confessione spontanea può essere contenuta in qualsiasi atto processuale firmato dalla parte personalmente, salvo il caso dell'art. 117, nel senso che non può essere considerata come confessione spontanea (e perciò non forma piena prova ai sensi dell'art. 2733, comma 2, c.c.) la dichiarazione avente contenuto confessorio provocata però dalle domande rivolte dal giudice in sede di interrogatorio non formale, e cioè con modalità diverse da quelle espressamente previste per l'interrogatorio formale dall'art. 230, essendo del resto l'interrogatorio libero delle parti diretto semplicemente a chiarire i termini della controversia.

Di per sé, l'interrogatorio non formale non costituisce un mezzo di prova, non essendo diretto a provocare dichiarazioni contrarie all'interesse dell'interrogato, ma solo a chiarire e a precisare i fatti di causa, sicché le risposte date dalla parte nel corso dello svolgimento di esso non hanno valore di confessione, né costituiscono da sole elementi sufficienti di prova. Il giudice può, da esse, pertanto, semplicemente dedurre motivi sussidiari di convincimento per corroborare o disattendere le prove già acquisite al processo, ma, in difetto di altre risultanze processuali, non può attribuire efficacia probatoria al relativo contenuto (Cass. lav., n. 17239/2010; Cass. III, n. 5290/2008; Cass. II, n. 23284/2014).

Peraltro, non si esclude la configurabilità di una confessione giudiziale spontanea pure in sede di interrogatorio non formale, laddove risulti dal verbale d'udienza che la dichiarazione della parte non sia stata provocata da una apposita domanda del giudice, bensì resa autonomamente, e sempre che il verbale rechi la sottoscrizione personale della parte, necessaria ai fini della prova della spontaneità, id est della consapevolezza e volontà della dichiarazione (Cass. II, n. 11403/2006). 

Si è invece negata la ravvisabilità di una confessione giudiziale spontanea con riguardo a dichiarazione provocata dalle domande rivolte dal giudice in sede di interrogatorio reso in difetto di un'ordinanza ammissiva dello stesso emessa in conformità al modello legale di cui agli artt. 230 c.p.c. 102 disp. att., i quali richiedono che la prova per interrogatorio formale venga dedotta dalla parte interessata ed ammessa dal giudice per articoli separati e specifici (Cass. VI, n. 14626/2018).

Ai fini della configurabilità di una confessione giudiziale spontanea, si fanno rientrare nel concetto di «atti processuali», ex art. 229, soltanto quelli compiuti in seno al processo nel contraddittorio delle parti, e comunque sottoscritti dalle parti medesime. Di tal che, le dichiarazioni contenute in uno qualsiasi degli atti processuali di parte indicati dall'art. 125 (citazione, ricorso, comparsa di risposta) e redatti dal difensore, contenenti affermazioni relative a fatti sfavorevoli al proprio rappresentato e favorevoli all'altra parte, possono astrattamente assumere l'efficacia probatoria propria della confessione giudiziale soltanto se risultino sottoscritte dalla parte personalmente, e con modalità tali da rivelare inequivocabilmente la consapevolezza e volontà delle specifiche dichiarazioni dei fatti sfavorevoli contenute nell'atto, non bastando all'uopo la mera distinta sottoscrizione della procura apposta a margine o in calce. Il difensore, se non munito di apposito mandato a tale scopo, non ha d'altro canto potere alcuno di disporre del diritto controverso (Cass. II, n. 23809/2023;Cass. II, n. 7702/2019; Cass. II, n. 23634/2018; Cass. I, n. 24539/2016; Cass. III, n. 6192/2014; Cass. II, n. 2306/2008; Cass. III, n. 26686/2005; Cass. I, n. 15062/2005). La relazione tecnica di parte prodotta in giudizio, dalla quale si traggono elementi a favore della controparte, non assume, invece, valore di confessione (Cass. II, n. 21827/2013).

Bibliografia

Luiso-Sassani, La riforma del processo civile, Milano, 2006; Durante, Efficacia della confessione resa dal danneggiante nei confronti dell'assicuratore chiamato in garanzia, in Giust. civ. 2000, 2287 ss.; Ferrari, Sui limiti della tutela giuridica della confessione stragiudiziale resa alla parte, in Giust. civ. 1995, 3051 ss.

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