Codice di Procedura Civile art. 274 - Riunione di procedimenti relativi a cause connesse.

Antonio Scarpa

Riunione di procedimenti relativi a cause connesse.

[I]. Se più procedimenti relativi a cause connesse [31 ss., 40] pendono davanti allo stesso giudice, questi, anche d'ufficio, può disporne la riunione [151 1 att.].

[II]. Se il giudice istruttore o il presidente della sezione ha notizia che per una causa connessa pende procedimento davanti ad altro giudice o davanti ad altra sezione dello stesso tribunale, ne riferisce al presidente, il quale, sentite le parti, ordina con decreto che le cause siano chiamate alla medesima udienza davanti allo stesso giudice o alla stessa sezione per i provvedimenti opportuni.

Inquadramento

Gli artt. 273 e 274 regolano l'eventualità che intercorra una relazione d'identità, di connessione o di pregiudizialità tra due procedimenti, pendenti dinanzi allo stesso giudice, ovvero anche a giudici diversi o sezioni diverse ma appartenenti al medesimo ufficio giudiziario. In tali caso, ove il giudice sia lo stesso, provvede senz'altro alla riunione, ovvero, se si tratti diversi magistrati dello stesso ufficio, ciascuno di loro deve rimettere il fascicolo al presidente del tribunale, affinché questi proceda, ai sensi delle norme in commento, alla loro riunione, nel caso dell'art. 273, oppure a designare un unico magistrato o una stessa sezione per l'adozione dei provvedimenti opportuni, nel caso dell'art. 274.

La riunione in unico processo di più cause pendenti davanti allo stesso giudice, è possibile non solo nel caso di connessione vera e propria - quella, cioè, per la quale può aversi spostamento di competenza da un giudice ad un altro, a norma dell'art. 40 - ma anche quando ricorra, per motivi di economia processuale, una semplice opportunità di decidere contemporaneamente più controversie. La riunione ex art. 274 può, quindi, essere ordinata anche nel caso di diversità parziale delle parti nei due processi, e senza che vi sia tra questi comunanza di petitum o di causa petendi, necessaria e sufficiente essendo l'esistenza tra loro di un vincolo di strumentalità, caratterizzato unicamente dall'identità delle questioni da risolvere, sulle quali è opportuno il simultaneus processus per l'economia dei giudizi e per l'uniformità delle decisioni.

Sospensione per pregiudizialità, litispendenza e continenza

L'esistenza di un rapporto di pregiudizialità tra due giudizi pendenti dinanzi allo stesso ufficio giudiziario non giustifica la sospensione ai sensi dell'art. 295, dovendo operare il diverso meccanismo di cui agli artt. 273 e 274, a meno che il diverso stato in cui si trovano i due procedimenti non ne precluda la riunione (Cass. VI-1, n. 11634/2020Cass. VI, n. 13330/2012;  Cass. II, n. 20612/2017; Cass. VI, n. 12436/2017; Cass. III, n. 23573/2013; Cass. VI, n. 2176/2013).

Parimenti, gli istituti della litispendenza e della continenza (che regolano la competenza per territorio), operano soltanto fra cause pendenti dinanzi a uffici giudiziari diversi, secondo quanto reso evidente dal dato testuale dell'art. 39; pertanto, se le cause identiche o connesse pendano dinanzi al medesimo ufficio giudiziario, non sussiste un problema di spostamento della competenza, ma trovano applicazione gli artt. 273 e 274, ovvero, quando ragioni di ordine processuale impediscano la riunione ed una causa sia pregiudiziale rispetto all'altra o sia già giunta a sentenza, gli istituti della sospensione, di cui agli artt. 295 e 337 (Cass. VI, n. 21761/2013).

Si spiega che il concetto di giudice, sia ai fini della competenza che della litispendenza, si identifica nell'ufficio giudiziario che costituisce un'unità organica, cui è attribuita una porzione di giurisdizione: perciò la contemporanea pendenza innanzi a diversi magistrati, monocratici o collegiali, appartenenti alla stessa unità, della stessa causa non contempla l'utilizzo di meccanismi processuali predisposti per prevenire o dirimere contrasti fra più organi giudicanti o per rimuovere pronunce erronee capaci di passare in giudicato, ma costituisce una diversa anomalia da eliminare con i provvedimenti di riunione previsti dagli artt. 273 e 274 (Cass. I, n. 4792/1984).

L'istituto della riunione di procedimenti relativi a cause connesse, previsto dall'art. 274, trova applicazione anche nel giudizio di cassazione, sia in relazione a ricorsi proposti contro sentenze diverse pronunciate in separati giudizi sia, a maggior ragione, in presenza di sentenze pronunciate in grado di appello in un medesimo giudizio, legate l'una all'altra da un rapporto di pregiudizialità e impugnate, ciascuna, con separati ricorsi per cassazione (Cass. I, n. 22631/2011).

Inosservanza delle norme sulla riunione

L'art. 273, come pure l'art. 274, contiene disposizioni di natura ordinatoria, sicché l'inosservanza dell'obbligo di disporre la riunione dei procedimenti relativi alla stessa causa non comporta la nullità del giudizio e della sentenza che abbia concluso uno dei procedimenti (Cass. III, n. 13001/2006). Del pari, la riunione in un unico procedimento di più giudizi pendenti davanti al medesimo ufficio giudiziario, disposta fuori dei casi previsti dagli artt. 273 e 274, non determina la nullità della sentenza (Cass. I, n. 26217/2005).

Può avvenire che una causa sia erroneamente iscritta a ruolo due volte, in relazione alle distinte iniziative dell'attore e del convenuto, con la nomina di due diversi magistrati istruttori appartenenti al medesimo ufficio giudiziario; se davanti ad uno di questi la causa risulti regolarmente trattata, nel rispetto del principio del contraddittorio, la sentenza resa a conclusione del relativo procedimento non può ritenersi affetta da nullità assoluta, né sotto il profilo del vizio di costituzione del giudice, né sotto il profilo della violazione dell'obbligo di riunione dei procedimenti previsto dall'art. 273, il quale non è sanzionato da alcun effetto invalidante, né in relazione alla sopravvenuta pronuncia di una seconda sentenza sulla stessa causa, per effetto dell'altra iscrizione a ruolo, trattandosi di circostanza che non incide sulla prima sentenza, ma può solo costituire eventuale motivo d'impugnazione della seconda (Cass. I, n. 1508/1980). Così, la riunione in un unico procedimento di più procedimenti pendenti davanti al medesimo ufficio giudiziario è insindacabile in sede di gravame, ancorché disposta fuori dei casi previsti dagli artt. 273 e 274, norme che disciplinano non una fase dell'iter formativo della decisione, ma solo l'ordine del procedimento, sicché la loro asserita violazione non determina la nullità della sentenza (Cass. I, n. 26217/2005). Né i provvedimenti che dispongano o neghino la riunione di processi sono autonomamente impugnabili, avendo essi natura ordinatoria e non decisoria (Cass. II, n. 9906/2001).

Altrettanto non impugnabile è il provvedimento di revoca della riunione già disposta (Cass. I, n. 3939/1976).

Nel caso di connessione della stessa causa con altra causa pendente davanti ad un diverso giudice dello stesso ufficio, non determina alcuna nullità della sentenza la violazione dell'art. 274, comma 2, relativo al dovere del giudice incaricato della trattazione di una delle cause di riferire al capo dell'ufficio, in quanto concerne una norma attinente al mero ordine interno (ad uno stesso ufficio giudiziario) di trattazione delle cause, e non ad una fase dell'iter formativo del convincimento del giudice (Cass. III, n. 1697/2008).

Proprio perché si fonda su valutazioni di mera opportunità, il provvedimento di riunione costituisce esercizio del potere discrezionale del giudice, e ha natura ordinatoria, essendo pertanto insuscettibile di impugnazione e insindacabile in sede di legittimità (Cass. S.U., n. 2245/2015; Cass. VI, n. 8024/2018). L'omessa riunione non rileva nemmeno sotto il profilo dell'art. 151, disp. att., trattandosi di norma non presidiata da espressa sanzione di nullità e la cui violazione può essere prospettata in sede di impugnazione soltanto deducendo il pregiudizio che la mancata trattazione unitaria delle controversie connesse ha causato in termini di liquidazione delle spese, ai sensi del comma 2 di tale disposizione (Cass. VI, n. 5457/2014).

L'istituto della riunione di procedimenti relativi a cause connesse, previsto dall'art. 274, essendo volto a garantire l'economia ed il minor costo del giudizio, oltre alla certezza del diritto, opera anche in sede di legittimità, sia in relazione a ricorsi proposti contro sentenze diverse pronunciate in separati giudizi sia in presenza di sentenze pronunciate in grado di appello in un medesimo giudizio, legate l'una all'altra da un rapporto di pregiudizialità e impugnate, ciascuna, con separati ricorsi per cassazione (Cass. I, n. 22631/2011).

L'impugnazione cumulativa di sentenze diverse con un unico atto (consentita allorché i relativi procedimenti, pur riguardando situazioni giuridiche formalmente distinte, dipendano per intero dalla soluzione tra le stesse parti di un'identica questione di diritto) non incide sull'autonomia delle singole impugnazioni così proposte, che restano distinte. Tale opzione processuale non attribuisce, peraltro. alla parte il potere di disporre in tal modo la riunione dei procedimenti concernenti le impugnazioni proposte, sottraendo il relativo potere al giudice, né, dunque, impone implicitamente al giudice l'esercizio di un potere (quello di riunione previsto dall'art. 274), che ha natura discrezionale, laddove l'art. 335 prescrive la riunione soltanto delle impugnazioni proposte avverso la medesima sentenza (Cass. V, n. 7645/2006; secondo, invece, Cass. VI, n. 19470/2014, l'impugnazione di una pluralità di sentenze con un unico atto sarebbe consentita solo quando queste siano tutte pronunciate fra le medesime parti e nell'ambito di un unico procedimento, ancorché in diverse fasi o gradi).

La riunione è, invece, inapplicabile nel caso di giudizi pendenti in gradi diversi, come anche quando i due procedimenti, di cui si chiede la riunione, si svolgano dinanzi a giudici i quali esercitano giurisdizioni distinte, pur se aventi ad oggetto la tutela dei medesimi beni della vita da parte delle distinte giurisdizioni, ordinaria ed amministrativa (Cass. S.U., n. 3690/2012).

Effetti della riunione

La riunione di cause connesse lascia inalterata l'autonomia dei giudizi per tutto quanto concerne la posizione assunta dalle parti in ciascuno di essi, con la conseguenza che gli atti e le statuizioni riferiti ad un processo non si ripercuotono sull'altro processo sol perché questo è stato riunito al primo (Cass. III, n. 15383/2011). Così, l'invalida costituzione della parte in uno dei processi riuniti non viene sanata dalla regolare costituzione della medesima parte in altro processo quando i due giudizi siano riuniti (Cass. III, n. 19652/2004).

Tuttavia, allorquando siano stati separatamente convenuti in due giudizi, aventi lo stesso oggetto, soggetti che siano litisconsorti necessari, l'integrazione del contraddittorio in ciascuna delle cause riunite non è più necessaria ove esse siano state trattate unitariamente, mercé la rinnovazione dell'istruttoria eventualmente compiuta nei due procedimenti prima della riunione (Cass. I, n. 24590/2019).

Mentre l'evento interruttivo relativo ad una delle parti di una o più delle cause riunite opera di regola solo in riferimento al procedimento (o ai procedimenti) di cui é parte il soggetto colpito dall'evento. In tal caso non é necessaria o automatica la contestuale separazione del processo interrotto dagli altri riuniti, salvo sempre il potere attribuito al giudice dall'art. 103, comma 2, per cui, difettando una tempestiva riassunzione ovvero se questa o la ripresa del procedimento interrotto siano avvenute nei termini dell'art. 305, ma vi sia stata, nelle more della quiescenza da interruzione, attività istruttoria rilevante per la causa interrotta, il giudice potrà, esercitando tale potere, disporre la separazione dagli altri procedimenti di quello colpito da evento interruttivo per il quale — se necessario — potranno eventualmente rinnovarsi tutti gli atti istruttori assunti senza la partecipazione della parte colpita dalla perdita di capacità processuale (Cass. II, n. 21514/2019; Cass. S.U., n. 15142/2007). Ulteriore conseguenza della permanente individualità distintiva delle cause riunite è che la sentenza che le definisce — sebbene formalmente unica — consta in realtà di tante pronunzie quante sono le medesime cause, le quali conservano la loro autonomia anche ai fini delle successive impugnazioni, proposte da ciascuna parte per i capi della sentenza che la riguardino e che ben possono svolgersi separatamente le une dalle altre, senza che ne derivino interferenze reciproche fra i diversi giudizi susseguenti, e senza che venga compromesso l'interesse all'unitaria trattazione di questioni di identico oggetto (Cass. III, n. 1103/2004), salvo poi l'obbligo di riunione delle impugnazioni proposte contro la stessa sentenza, ai sensi dell'art. 335.

Nel caso della riunione di due procedimenti riguardanti lo stesso oggetto disposta ai sensi dell'art. 274, le prove raccolte in uno dei giudizi riuniti sono automaticamente utilizzabili nell'altro, essendo sufficiente, affinché il giudice possa esaminarle e trarne elementi per il suo convincimento, che esse siano state legittimamente raccolte in contraddittorio e discusse fra le parti (Cass. I, n. 15189/2001).

Nel litisconsorzio facoltativo improprio, non si verifica alcuna fusione degli elementi di giudizio delle cause riunite e delle prove acquisite nell'una o nell'altra; tale principio può essere mitigato per le prove costituende, in quanto formatesi nel contraddittorio delle parti dopo che sia stata disposta la riunione, ma non anche per le prove precostituite entrate nel processo per iniziativa di uno solo dei litisconsorti, a meno che la parte che intenda avvalersi di un documento prodotto da altri non lo faccia proprio, producendolo a sua volta o manifestando l'univoca intenzione di avvalersene, con una dichiarazione da rendere, senza formule sacramentali, entro il termine eventualmente assegnato per l'indicazione della prova diretta, o contraria, a seconda della sua finalità Cass. III, n. 19373/2017).

Identicamente, il giudice può legittimamente tenere conto, ai fini della sua decisione, delle risultanze di una consulenza tecnica disposta in un diverso processo, anche se celebrato tra altre parti, ove l'elaborato peritale avesse ad oggetto una situazione di fatto rilevante negli altri giudizi, sia stato ritualmente acquisito al processo unitario conseguito alla riunione dei diversi procedimenti, e tutte le parti di quest'ultimo siano state poste in condizione di farne oggetto di esame critico, in modo da stimolare la valutazione giudiziale (Cass. II, n. 4319/2016).

Controverso è il tema dei rapporti tra le preclusioni di cui agli artt. 166, 167 e 183 per il rito ordinario e agli artt. 414, 416 e 420, comma 1, per il rito del lavoro, con riguardo alla successiva proposizione di domanda, dalle medesime inibita nel giudizio già pendente, in nuovo giudizio destinato ad essere riunito a quello originario, ai sensi degli artt. 273 e 274 (Cass. lav., n. 1372/1982).

Secondo la più recente giurisprudenza, le decadenze processuali verificatesi in un primo giudizio non possono essere aggirate dalla parte che vi sia incorsa mediante l'introduzione di un secondo giudizio che sia volto a superare le stesse; sicché, operata la riunione delle due cause, ai sensi degli artt. 273 e 274, il giudice - in osservanza del principio del "ne bis in idem" e allo scopo di non favorire l'abuso dello strumento processuale e di non ledere il diritto di difesa della parte in cui favore sono maturate le preclusioni - deve trattare soltanto la causa iniziata per prima, decidendo in base alle domande ed eccezioni ivi tempestivamente formulate e al materiale istruttorio in essa raccolto, salva l'eventualità che, ove tale causa non conduca ad una pronuncia sul merito che faccia giudicato sul dedotto e deducibile, venga poi meno l'impedimento alla trattazione della causa successivamente instaurata (Cass. II, n. 22342/2019; Cass. II, n. 23648/2018; Cass. I, n. 567/2015; Cass. III, n. 5894/2006).

Se le cause sono state riunite, il giudizio è peraltro formalmente unico ai fini delle spese di lite e pertanto ne è legittima la liquidazione globale (Cass. II, n. 4638/1997). Tuttavia, quanto al compenso spettante al difensore, nell'ipotesi di più cause, successivamente riunite, deve essere liquidato un distinto onorario per ciascuna di esse, con riguardo alle attività compiute prima della riunione (Cass. II, n. 20147/2013).

Bibliografia

Liebman, Manuale di diritto processuale civile, Principi, VI ed., a cura di V. Colesanti, E. Merlin, E.F. Ricci, Milano, 2002; Luiso-Sassani, La riforma del processo civile, Milano, 2006; Punzi, Il processo civile. Sistema e problematiche, II, Torino, 2010.

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