Codice di Procedura Civile art. 303 - Riassunzione del processo.Riassunzione del processo. [I]. Se non avviene la prosecuzione del processo a norma dell'articolo precedente, l'altra parte può chiedere la fissazione dell'udienza, notificando quindi il ricorso e il decreto a coloro che debbono costituirsi per proseguirlo [75, 110]. [II]. In caso di morte della parte il ricorso deve contenere gli estremi della domanda, e la notificazione entro un anno dalla morte può essere fatta collettivamente e impersonalmente agli eredi, nell'ultimo domicilio del defunto [286 1, 328 2, 330 2; 43 1 c.c.]. [III]. Se vi sono altre parti in causa, il decreto è notificato anche ad esse. [IV]. Se la parte che ha ricevuto la notificazione non comparisce all'udienza fissata, si procede in sua contumacia [171 3, 290 ss.]. InquadramentoLa riassunzione del processo interrotto avviene a iniziativa dalla parte contrapposta a quella cui si riferisce l'evento. Entro un anno dalla morte della parte la riassunzione può essere effettuata mediante notifica, collettiva ed impersonale, agli eredi nell'ultimo domicilio del defunto (Cass. n. 217/2015); decorso tale termine, la notifica dovrà avvenire verso tutti gli eredi nominativamente individuati, che sono litisconsorti necessari (cfr. Cass. n. 2398/1988). L'atto di riassunzione, pur non dovendo riprodurre il contenuto dell'originaria domanda giudiziale, deve essere corredato degli elementi di cui all'art. 125 disp. att. (Cass. n. 5895/2004). Dopo la riassunzione il processo prosegue e non inizia ex novo. Legittimazione attiva e passivaLa riassunzione del processo avviene ad opera della parte contrapposta a quella cui si riferisce l'evento interruttivo e deve essere operata nei confronti delle altre parti in causa, ivi compreso, naturalmente, il successore ex artt. 110 o 111 della parte alla quale si riferisce l'evento interruttivo. È stato chiarito che, quando una stessa persona fisica rappresenta in giudizio più soggetti, ma tale rappresentanza ha carattere unitario ed inscindibile, la notificazione dell'atto di riassunzione è correttamente eseguita mediante consegna di una sola copia dell'atto al procuratore della parte, non trovando applicazione il principio secondo cui la notifica deve avvenire con la dazione di tante copie quante sono le parti contro cui l'atto è diretto. (Cass. n. 15920/2018, la quale ha ritenuto corretta la notificazione dell'atto di riassunzione del processo ex art. 303 e del conseguente decreto di fissazione di udienza eseguita mediante consegna di una unica copia alla parte in proprio e nella qualità di genitore legale rappresentante del figlio minore d'età). Quanto alla legittimazione passiva, il comma 2 della previsione in esame detta una peculiare disciplina in virtù della quale, nell'ipotesi di interruzione dovuta alla morte della parte, entro un anno da tale evento la riassunzione può essere effettuata collettivamente ed impersonalmente agli eredi, nell'ultimo domicilio del defunto (cfr. Cass. n. 217/2015). Sul punto, occorre considerare che nel processo civile, in caso di morte di una delle parti, ai fini della prosecuzione del processo nei confronti dei successori, la verifica della qualità di eredi dei chiamati all'eredità non è necessaria nell'ipotesi in cui l'atto di riassunzione sia ad essi notificato collettivamente e impersonalmente entro l'anno dal decesso, ai sensi dell'art. 303, comma 2, in quanto tale disposizione affranca il notificante dall'onere di ricercare le prove dell'accettazione dell'eredità, la quale può intervenire nel termine di dieci anni dall'apertura della successione, sicché durante detto periodo la parte non colpita dall'evento interruttivo deve essere tutelata attraverso il riconoscimento della "legittimatio ad causam" del semplice chiamato. Per converso, il chiamato all'eredità, pur non assumendo la qualità di erede per il solo fatto di avere accettato la notifica dell'atto di riassunzione, ha l'onere di contestare, costituendosi in giudizio, l'effettiva assunzione di tale qualità così da escludere il presupposto di fatto che ha giustificato la riassunzione (Cass. n. 17445/2019). E' stato precisato che la notificazione tempestivamente effettuata, impersonalmente e collettivamente, nei confronti degli eredi, ex art. 303, è idonea a validamente riassumere il giudizio e ad integrare il contraddittorio anche nei confronti di colui che, a seguito di rinunzia all'eredità effettuata dal proprio dante causa, originario chiamato all'eredità della parte deceduta, succeda a quest'ultima per rappresentazione, non rilevando che la rinunzia sia avvenuta oltre l'anno dalla morte del "de cuius", posto che, in caso di successione per rappresentazione, la chiamata all'eredità deve considerarsi avvenuta, per il rappresentante, fin dal momento di apertura della successione medesima (Cass. n. 18319/2015). Tale forma di notificazione agevolata agli eredi della parte defunta costituisce una rilevante deroga ai principi della esatta identificazione nominativa della parte citata in giudizio e del luogo presso cui la notificazione deve essere eseguita e trova fondamento nella presunzione legale che gli eredi, nel periodo di un anno dalla morte, facciano capo al domicilio del de cuius per tutte le questioni o i rapporti inerenti la successione, la quale presunzione può avere come punto di riferimento oggettivo esclusivamente l'evento stesso del decesso. Pertanto, la previsione normativa deve essere interpretata in senso restrittivo, con la conseguenza che, ad esempio, il comma 2 dell'art. 303 non può essere inteso nel senso che l'anno durante il quale è consentita la citazione in riassunzione degli eredi della parte defunta in via impersonale nell'ultimo domicilio del de cuius decorra dalla conoscenza che la parte abbia dell'evento interruttivo (Cass. n. 25548/2008). Per effetto della riassunzione effettuata nei confronti degli eredi della parte defunta, con atto ad essi notificato impersonalmente ai sensi dell'art. 303 comma 2, il processo prosegue non nei riguardi del gruppo degli eredi globalmente inteso, ma individualmente e personalmente nei confronti di ciascuno di essi, noto o ignoto, costituito o contumace, con la conseguenza che la causa deve essere decisa nel merito nei confronti di ciascuno di essi (Cass. n. 22797/2017). In sostanza, in caso di morte di una delle parti, ai fini della prosecuzione del processo nei confronti dei successori, la verifica della qualità di eredi dei chiamati all'eredità non è necessaria nell'ipotesi in cui l'atto di riassunzione sia ad essi notificato collettivamente e impersonalmente entro l'anno dal decesso, ai sensi dell'art. 303, comma 2, in quanto tale disposizione affranca il notificante dall'onere di ricercare le prove dell'accettazione dell'eredità, la quale può intervenire nel termine di dieci anni dall'apertura della successione, sicché durante detto periodo la parte non colpita dall'evento interruttivo deve essere tutelata attraverso il riconoscimento della "legittimatio ad causam" del semplice chiamato. Per converso, il chiamato all'eredità, pur non assumendo la qualità di erede per il solo fatto di avere accettato la notifica dell'atto di riassunzione, ha l'onere di contestare, costituendosi in giudizio, l'effettiva assunzione di tale qualità così da escludere il presupposto di fatto che ha giustificato la riassunzione (Cass. n. 17445/2019). Decorso un anno dalla morte della parte, quindi, la notificazione dell'atto di riassunzione deve essere effettuata nei confronti di ciascuno degli eredi che assumono le vesti di litisconsorti necessari: peraltro, la notificazione tempestiva nei confronti di alcuni soltanto degli eredi produce, in accordo con le regole generali, effetti conservativi anche nei confronti degli altri litisconsorti ed è idonea ad evitare l'interruzione del giudizio (Cass. n. 2938/1988). La recente Cass. n. 15995/2022, ha affermato che, in caso di interruzione del processo per effetto della morte di una parte costituita a mezzo di procuratore, la notificazione dell'atto riassuntivo agli eredi della parte defunta, considerati collettivamente ed impersonalmente, pur comportando la rituale riattivazione e prosecuzione del processo nei confronti dei predetti, non è altrettanto idonea a consentire di pronunciare sentenza di condanna al pagamento di un debito del "de cuius" senza procedere all'individuazione nominativa dei destinatari della pronuncia, atteso che i debiti ereditari non sono solidali, essendo gli eredi tenuti verso i creditori in proporzione alle rispettive quote, e che perciò la condanna non può essere vaga o ambulatoria, ma deve essere specifica nei confronti dei debitori, individuati dall'istante e vagliati dal giudice nel rispetto degli oneri probatori previsti. Atto di riassunzioneDi regola la riassunzione deve essere effettuata mediante ricorso chiedendo al giudice la fissazione di un'udienza, fissazione che non deve necessariamente avvenire nel rispetto dei termini a comparire di cui all'art. 163-bis (Cass. n. 7488/1992). Peraltro, a prescindere dalla forma dell’atto di riassunzione (che può invero essere anche un atto di citazione, purché venga rispettato il termine dell'art. 305: Cass. n. 9000/2015), quanto al contenuto, è necessario che siano presenti gli elementi indicati dall'art. 125 disp. att., sebbene non debbano essere riprodotti nell'atto tutti gli estremi della domanda originariamente proposta (Cass. n. 5895/2004). L'atto di riassunzione del processo non introduce un nuovo procedimento, ma espleta esclusivamente la funzione di consentire la prosecuzione di quello già pendente, con la conseguenza che per la sua validità il giudice di merito deve apprezzarne l'intero contenuto, onde verificarne la concreta idoneità a consentire la ripresa del processo. Infatti la nullità dell'atto di riassunzione non deriva dalla mancanza di uno o più dei requisiti di cui all'art. 125 disp. att., bensì dall'impossibilità del raggiungimento dello scopo a causa della carenza di elementi essenziali quali: il riferimento esplicito alla precedente fase processuale; l'indicazione delle parti e di altri elementi idonei a consentire l'identificazione della causa riassunta; le ragioni della cessazione della pendenza della causa stessa; il provvedimento del giudice che legittima la riassunzione; la manifesta volontà di riattivare il giudizio attraverso il ricongiungimento delle due fasi in un unico processo. (v. Cass. n. 11193/2018, la quale ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto inidoneo allo scopo di riassumere taluni giudizi di opposizione a decreto ingiuntivo, in precedenza riuniti e poi interrotti per la morte di uno degli opponenti, l'atto di riassunzione in cui gli altri opponenti, fideiussori del debitore principale deceduto, avevano dichiarato di agire quali suoi eredi e non in qualità di garanti del medesimo). Tuttavia, la nullità dell'atto di riassunzione conseguente alla violazione dell'art. 125 disp. att., per l'omessa indicazione dell'oggetto della domanda e delle ragioni della stessa, nonché del richiamo all'atto introduttivo del giudizio, può essere sanata mediante la costituzione in giudizio di tutti — e non solo di alcuni — dei coeredi del defunto (Cass. n. 7465/2015). Il processo validamente riassunto non ricomincia ex novo ma continua e restano fermi, di conseguenza, gli effetti sostanziali e processuali del rapporto originario, restando inoltre ferme le preclusioni già maturate (Cass. n. 363/1983). Quanto alla legittimazione, è stato più volte ribadito che, qualora si verifichi la morte della parte ed il processo venga riassunto da un soggetto che si qualifichi erede del de cuius, quale figlio del medesimo, dimostrando la relazione familiare, pur senza specificare il tipo di successione e senza indicare come sia avvenuta l'accettazione dell'eredità, l'atto di riassunzione, in quanto proveniente da soggetto certamente chiamato all'eredità quale che sia il tipo di successione, integra atto di accettazione tacita dell'eredità ed è, quindi, idoneo a far considerare dimostrata la legittimazione alla riassunzione (Cass. n. 18294/2024; Cass. n. 14081/2005). Omessa costituzione della parte nel giudizio riassuntoIl comma 4 della previsione in commento stabilisce espressamente che se la parte la quale ha ricevuto la notificazione non compare all'udienza fissata si procede in sua contumacia. Peraltro, sebbene la riassunzione del processo, operata a norma dell'art. 303 comporti la dichiarazione della contumacia della parte che, benché costituita nella precedente fase del giudizio, non sia comparsa, da ciò non consegue che le domande dalla stessa parte proposte con l'atto di citazione o in via riconvenzionale debbano ritenersi rinunciate o abbandonate, poiché tali domande sono relative ad un giudizio che prosegue nella nuova fase, dotata di tutti gli effetti processuali e sostanziali dell'originario rapporto (Cass. n. 14351/2009). È stato tuttavia precisato che i soggetti già costituiti nella fase precedente all'interruzione, i quali, a seguito della riassunzione ad opera di altra parte, si presentino all'udienza a mezzo del loro procuratore, non possono essere considerati contumaci, ancorché non abbiano depositato nuova comparsa di costituzione, atteso che la riassunzione del processo interrotto non dà vita ad un nuovo processo, diverso ed autonomo dal precedente, ma mira unicamente a far riemergere quest'ultimo dallo stato di quiescenza in cui versa (Cass. n. 14100/2003 ; conf. Trib. Roma XI, 14 giugno 2016, n. 11992). Invero, come precisato dalla S.C., ove all'interruzione del processo segua una riassunzione c.d. non modificativa - nella quale, cioè, resti invariato il soggetto del rapporto processuale –, gli effetti delle domande o delle eccezioni proposte dalla parte non colpita dall'evento interruttivo permangono inalterati, anche nel caso in cui quest'ultima non si costituisca nuovamente in giudizio a seguito della riassunzione (Cass. n. 10445/2019). Sotto altro profilo, è stato precisato che la parte già costituita che non rinnovi il proprio atto di costituzione, pur dovendo essere dichiarata contumace, conserva il diritto alla liquidazione delle spese fino al momento dell'interruzione, atteso che, sino ad allora, essa era stata regolarmente costituita e che la contumacia non implica alcun abbandono delle domande già proposte (Cass. n. 26372/2014). 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