Codice di Procedura Civile art. 320 - Trattazione della causa 1Trattazione della causa1 [I]. Nella prima udienza il giudice di pace interroga liberamente le parti e tenta la conciliazione. [II]. Se la conciliazione riesce se ne redige processo verbale a norma dell'articolo 185, ultimo comma. [III]. Se la conciliazione non riesce, il giudice di pace procede ai sensi dell'articolo 281-duodecies, commi secondo, terzo e quarto, e se non ritiene la causa matura per la decisione, procede agli atti di istruzione rilevanti per la decisione2. [[IV]. Quando sia reso necessario dalle attività svolte dalle parti in prima udienza, il giudice di pace fissa per una sola volta una nuova udienza per ulteriori produzioni e richieste di prova.]3 [V]. I documenti prodotti dalle parti possono essere inseriti nel fascicolo di ufficio ed ivi conservati fino alla definizione del giudizio.
[1] Articolo così sostituito dall'art. 29 l. 21 novembre 1991, n. 374. Il testo precedente recitava: «Tentativo di conciliazione nell'ipotesi di costituzione delle parti in cancelleria. [I]. Se la costituzione avviene in cancelleria a norma dell'articolo 314, il conciliatore può convocare le parti e, qualora si presentino, cerca di conciliarle. [II]. Se la conciliazione riesce, se ne fa processo verbale a norma dell'articolo 185, ultimo comma». [2] Comma così sostituito dall'art. 3, comma 24, lett. e), numero 1), del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 (ai sensi dell'art. 52 d.lgs. n. 149 /2022 , il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale). Per la disciplina transitoria v. art. 35 d.lgs. n. 149/2022, come sostituito dall'art. 1, comma 380, lett. a), l. 29 dicembre 2022, n.197, che prevede che : "1. Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti.". Si riporta il testo anteriore alla suddetta sostituzione: «Se la conciliazione non riesce, il giudice di pace invita le parti a precisare definitivamente i fatti che ciascuna pone a fondamento delle domande, difese ed eccezioni, a produrre i documenti e a richiedere i mezzi di prova da assumere.». [3] Comma abrogato dall'art. 3, comma 24, lett. e), numero 2), del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 (ai sensi dell'art. 52 d.lgs. n. 149 /2022 , il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale). Per la disciplina transitoria v. art. 35 d.lgs. n. 149/2022, come sostituito dall'art. 1, comma 380, lett. a), l. 29 dicembre 2022, n.197, che prevede che : "1. Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti.". Inquadramento.Negli articoli 319, 320, 321 e 322, sono dettate una serie di disposizioni in tema di costituzione delle parti, trattazione e decisione della causa e conciliazione non contenziosa, che delineano un procedimento speciale ispirato agli obiettivi di concentrazione e celerità della trattazione. Trattazione della causaIl procedimento dinanzi al giudice di pace non prevede una distinzione tra la fase di prima comparizione e quella di trattazione della causa (art. 320), pur essendo caratterizzato dal regime di preclusioni proprio del giudizio dinanzi al tribunale, le cui disposizioni sono pur sempre applicabili in mancanza di diversa disciplina. Si è proprio chiarito come la maggiore snellezza del rito da osservare nel procedimento davanti al giudice di pace non comporta deroghe al divieto di proporre domande nuove, né la natura eventualmente equitativa della decisione, ai sensi dell'art. 113, comma 2, esime il giudice dal rispetto delle norme di carattere processuale, concernendo esclusivamente il diritto sostanziale (Cass. II, n. 10331/2008). Peraltro, ai fini dell'ammissibilità dell'appello a motivi limitati ex art. 339, comma 3, le norme sul procedimento che si assumono violate vanno identificate unicamente nelle regole che presidiano lo svolgimento del giudizio di cognizione davanti al giudice di pace e, cioè, nella disciplina delle attività delle parti e del giudice in quel processo, con esclusione delle disposizioni (pur aventi natura processuale) di altri procedimenti che siano assunte dal giudicante per la decisione sul merito e, cioè, per la valutazione di fondatezza o di infondatezza della domanda (Cass. III, n. 31830/2022; Cass. III, n. 27384/2022). Nella prima udienza viene, così, concentrata tutta l'attività processuale delle parti, (Cass. III, n. 27925/2011; Cass. III, n. 19359/2017). L’art. 320, per effetto del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, dispone che, se la conciliazione non riesce, il giudice di pace procede ai sensi dell’art. 281-duodecies, commi secondo, terzo e quarto, e se non ritiene la causa matura per la decisione, procede agli atti di istruzione rilevanti per la decisione. Si tratta di preclusioni non disponibili da parte del giudice di pace, non essendo questi abilitato a restringerne il meccanismo di operatività, sicché anche l'omissione, da parte del magistrato, dell'invito a precisare definitivamente i fatti non può evitare il verificarsi delle conseguenti decadenze (Cass. I, n. 12454/2008; Cass. II, n. 7734/2014; Cass. II, n. 20840/2017). Né il giudice di pace può rinviare la prima udienza al fine di consentire alle parti l'espletamento di attività precluse, trovando tale sistema fondamento e ragione nell'esigenza di garantire la celerità e la concentrazione dei procedimenti civili, a tutela non solo dell'interesse del singolo ma anche di quello della collettività (Cass. III, n. 7238/2006). Si è ribadito come, se all'udienza che venga tenuta successivamente alla prima è consentito al convenuto di contestare le pretese avversarie e le prove addotte a sostegno delle medesime, quanto, all'esito di essa, residui come fatto incontroverso tra le parti, rimane per ciò solo non bisognoso di prova (Cass. II, n. 4684/2018 ). In particolare, allorquando il convenuto davanti al giudice di pace intenda chiamare in causa un terzo, ha l'onere di costituirsi nel termine di rito e, a pena di decadenza, farne esplicita richiesta nell'atto di costituzione, chiedendo nel contempo il differimento della prima udienza, a cui il medesimo giudice deve dar luogo anche nel caso in cui lo stesso convenuto si costituisca direttamente alla prima udienza e si renda necessario provvedervi in base all'attività svolta dalle parti in tale udienza. Al di fuori di dette situazioni processuali al convenuto non è consentito di invocare la chiamata in causa di un terzo all'udienza successiva alla prima che eventualmente venga celebrata, ostandovi la struttura concentrata e tendenzialmente completa dell'udienza prevista dall'art. 320 (Cass. III, n. 10189/2022; Cass. III, n. 9350/2008). Così anche nell'opposizione a decreto ingiuntivo innanzi al giudice di pace, l'opponente che intenda chiamare un terzo in causa, avendo posizione di convenuto, deve farne richiesta nell'atto di opposizione, a pena di decadenza, non potendo formulare l'istanza direttamente in prima udienza (Cass. II. n. 10610/2014). Cass. II, n. 8108/2016 ha messo in evidenza, peraltro, come la rigidità del sistema di preclusioni, operante anche per il procedimento dinanzi al giudice di pace, abbia ricevuto un'attenuazione in ragione dell'intervento della Corte Cost. n. 447/2002, in forza della quale art. 319 e 320, interpretati in modo costituzionalmente corretto, consentono che, nei casi di domande riconvenzionali o chiamate in causa di terzi, l'udienza di trattazione possa essere rinviata per consentire all'attore di precisare le proprie difese. L'ordinanza istruttoria relativa all'ammissione delle prove resa dal giudice di pace non rientra tra le ordinanze non revocabili ai sensi del comma 3 dell'art. 177, posto che nessuna delle norme che disciplinano tale procedimento è in contrasto con il principio della revocabilità di tutte le ordinanze – salvo quelle espressamente dichiarate non revocabili – da parte del giudice che le ha emesse (Cass. III, n. 25825/2009). Opera anche nel procedimento davanti al giudice di pace l'art. 38, in ordine al rilievo dell’incompetenza (Cass. VI, n. 11816/2018; Cass. I, n. 18240/2006). Non sussiste violazione dall’art. 320 ove il tentativo di conciliazione, contemplato da tale norma, sia stato precluso dalla ingiustificata assenza di una di una parte all’udienza di comparizione (Cass. II, n. 17437/2011; Cass. II, n. 11411/2010). In forza del richiamo di cui all'art. 311, per il procedimento davanti al giudice di pace, alle norme relative a quello davanti al Tribunale, al medesimo si sono ritenuti applicabili: l'art. 178, sicché avverso le ordinanze emesse dal giudice di pace di ammissione o di rigetto delle prove testimoniali, non è ammesso reclamo, mentre le richieste di modifica o di revoca devono essere reiterate in sede di precisazione delle conclusioni definitive al momento della rimessione in decisione ed, in mancanza, le stesse non possono essere riproposte in sede di impugnazione (Cass. II, n. 23574/2007); come anche l'art. 203, potendosi delegare per l'assunzione delle prove il giudice di pace del luogo in cui la prova deve essere assunta (Cass. III, n. 9725/2008). L'art. 320, comma 5, prevede che "i documenti prodotti dalle parti possono essere inseriti nel fascicolo di ufficio e ivi conservati fino alla definizione del giudizio". La ratio di questa disposizione viene individuata nel fatto che il giudizio innanzi al giudice di pace non impone la presenza dei fascicoli di parte, prescegliendo una soluzione diversa da quella invece prevista dagli artt. 165 e 166, nonché dall’art. 74 disp. att. Si consideri, peraltro che l’art. 196-quater disp. att. c.p.c., introdotto dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, stabilisce che anche nei procedimenti civili davanti al giudice di pace il deposito degli atti processuali e dei documenti, ivi compresa la nota di iscrizione a ruolo, da parte dei difensori e dei soggetti nominati o delegati dall’autorità giudiziaria, ha luogo esclusivamente con modalità telematiche. Con le stesse modalità le parti depositano gli atti e i documenti provenienti dai soggetti da esse nominati. Il giudice può ordinare il deposito di copia cartacea di singoli atti e documenti per ragioni specifiche. La dottrina, in nome del minor formalismo del procedimento dinanzi al giudice di pace, e della scelta originaria del legislatore di superconcentrare in un'unica udienza tutte le attività di parte, aveva evidenziato come davanti al giudice di pace, a differenza che davanti al tribunale, i contendenti avessero gli stessi termini per dedurre merito e prove, e perciò criticato l'assimilazione giurisprudenziale, quanto ai meno ai fini delle preclusioni istruttorie, tra il rito disciplinato dall'art. 183 e quello ex art. 320 (Buttazzi, 191 ss.; Tarzia, Lineamenti del nuovo processo di cognizione, Milano, 1996, 208 ss.).
BibliografiaChiarloni, Il giudice di pace, in Le riforme del processo civile, a cura di Sergio Chiarloni, Bologna, 1992; Chiarloni, Giudice di pace, in Dig. CIV., Torino, 1993; Proto Pisani, Il giudice di pace tra mito e realtà, in Foro it. 1989, V, 1 ss.; Rota, Il giudice di pace, in Le riforme della giustizia civile, a cura di Taruffo, Torino, 2000, 61 ss. |