Codice di Procedura Civile art. 334 - Impugnazioni incidentali tardive.

Mauro Di Marzio

Impugnazioni incidentali tardive.

[I]. Le parti, contro le quali è stata proposta impugnazione e quelle chiamate ad integrare il contraddittorio a norma dell'articolo 331, possono proporre impugnazione incidentale [333] anche quando per esse è decorso il termine o hanno fatto acquiescenza alla sentenza [325, 326, 327 1, 329].

[II]. In tal caso, se l'impugnazione principale è dichiarata inammissibile o improcedibile, l'impugnazione incidentale perde ogni efficacia1.

[1] Comma così modificato dall'art. 3, comma 25, lett. b),  del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 che ha inserito le parole: «o improcedibile» (ai sensi dell'art. 52 d.lgs. n. 149 /2022 , il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale).Per la disciplina transitoria v. art. 35 d.lgs. n. 149/2022, come modificato dall'art. 1, comma 380, lettera a), l. 29 dicembre 2022, n. 197, che prevede che : "1. Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti.- 4. Le norme dei capi I e II del titolo III del libro secondo e quelle degli articoli 283, 434, 436-bis, 437 e 438 del codice di procedura civile, come modificati dal presente decreto, si applicano alle impugnazioni proposte successivamente al 28 febbraio 2023".

Inquadramento

La disposizione in commento disciplina l'impugnazione incidentale tardiva, ossia quella proposta dal destinatario dell'impugnazione principale (ovvero dal litisconsorte necessario cui viene esteso il contraddittorio ex art. 331), parzialmente soccombente, dopo il decorso dei termini per l'impugnazione (artt. 325, 327), o dopo aver prestato acquiescenza (art. 329). Tale impugnazione si contrappone a quella incidentale tempestiva, regolata dall'art. 333, che si propone nel rispetto del termine per l'impugnazione.

Si può dire, in breve, che la norma in commento rimette in termini il destinatario dell'impugnazione, consentendogli di esercitare, in presenza dell'impugnazione principale, il diritto di impugnazione che egli avrebbe altrimenti perso (Proto Pisani, 1999, 490).

La norma persegue lo scopo di agevolare l'accettazione della sentenza: in altri termini, la parte che non ha visto integralmente accolte le proprie conclusioni, ma che tuttavia è per così dire disposta a contentarsi della sentenza pronunciata, non è costretta a proporre sempre e comunque l'impugnazione, ma, attraverso la disposizione in esame, può farlo se l'altra parte lo fa (Liebman, 1984, 282).

La nozione di impugnazione incidentale tardiva va commisurata ai termini previsti dagli artt. 325-327 (ovvero al verificarsi dell'acquiescenza di cui all'art. 329), ferma restando però l'osservanza del termine di volta in volta previsto per la proposizione dell'impugnazione incidentale (Proto Pisani, 1999, 491). Così, nel caso di appello, l'impugnazione incidentale tardiva può essere sì proposta dopo che il termine «breve» o «lungo» per impugnare è decorso, ovvero dopo l'intervenuta acquiescenza: ma va proposto necessariamente in comparsa di costituzione tempestivamente depositata (v. sub art. 343).

È possibile fare riserva di impugnazione nei confronti di una sentenza non definitiva (v. sub artt. 340, 361) anche se l'impugnazione da proporre è un'impugnazione incidentale tardiva (Cass. n. 6515/1997; Cass. n. 1452/1991).

Limiti oggettivi

Il nodo cruciale concernente l'impugnazione incidentale tardiva attiene all'eventuale limite oggettivo della sua proponibilità. In passato la S.C. aveva ritenuto ammissibile solo impugnazioni incidentali tardive dirette contro lo stesso capo di sentenza già impugnato in via principale ovvero contro un capo che con esso sia in rapporto di dipendenza o di connessione. Tale orientamento (accogliendo le critiche della dottrina: v. per tutti Liebman, 1984, 283) è stato tuttavia ribaltato con l'affermazione del principio secondo cui l'art. 334, che consente alla parte, contro cui è stata proposta impugnazione (o chiamata ad integrare il contraddittorio a norma dell'art. 331), di esperire impugnazione incidentale tardiva, senza subire gli effetti dello spirare del termine ordinario o della propria acquiescenza, è rivolto a rendere possibile l'accettazione della sentenza, in situazione di reciproca soccombenza, solo quando anche l'avversario tenga analogo comportamento, e, pertanto, in difetto di limitazioni oggettive, trova applicazione con riguardo a qualsiasi capo della sentenza medesima, ancorché autonomo rispetto a quello investito dall'impugnazione principale (Cass. S.U., n. 4640/1989).

Nella stessa linea si è successivamente stabilito che, sulla base del principio dell'interesse all'impugnazione, l'impugnazione incidentale tardiva è sempre ammissibile, a tutela della reale utilità della parte, tutte le volte che l'impugnazione principale metta in discussione l'assetto di interessi derivante dalla sentenza alla quale il coobbligato solidale aveva prestato acquiescenza; conseguentemente, è ammissibile, sia quando rivesta la forma della controimpugnazione rivolta contro il ricorrente principale, sia quando rivesta le forme della impugnazione adesiva rivolta contro la parte investita dell'impugnazione principale, anche se fondata sugli stessi motivi fatti valere dal ricorrente principale, atteso che, anche nelle cause scindibili, il suddetto interesse sorge dall'impugnazione principale, la quale, se accolta, comporterebbe una modifica dell'assetto delle situazioni giuridiche originariamente accettate dal coobbligato solidale (Cass. S.U., n. 24627/2007;  cui hanno fatto seguito Cass. n. 9264/2008; Cass. n. 10125/2009; Cass.  n. 15050/2009; Cass. S.U., n.18049/2010; Cass. n. 5146/2011; Cass. n. 5086/2012; Cass. S.U., n. 18752/2013; Cass. n. 25848/2014Cass. n. 26139/2022 ma in senso opposto per l'appello incidentale «adesivo» v. infra.).

Conducendo alle estreme conseguenze l'orientamento secondo cui le impugnazioni incidentali tardive non incontrano limiti di carattere oggettivo, è stato affermato che, se la parte totalmente vittoriosa impugna la sentenza di primo grado dolendosi della compensazione delle spese di lite, la parte totalmente soccombente può proporre impugnazione incidentale tardiva rimettendo in discussione il merito della decisione (Cass. n. 21242/2012).

Da ultimo si è anche ribadito che nel giudizio di risarcimento del danno cagionato da un fatto illecito, l'appello del danneggiato, inteso ad ottenere una somma maggiore di quella liquidata in suo favore a titolo risarcitorio, legittima il responsabile, assicurato contro i rischi della responsabilità civile, a proporre appello incidentale tardivo anche avverso capi della sentenza non impugnati con l'appello principale ovvero nei confronti di parti diverse dall'appellante principale, in quanto, a seguito di siffatta iniziativa del danneggiato, insorge in capo al responsabile la titolarità di un interesse, altrimenti insussistente, correlato all'eventualità, in caso di accoglimento del gravame, di dover sopportare le conseguenze dell'incapienza del massimale assicurato (Cass. n. 25848/2014).

Il contrasto sulla materia non può dirsi tuttavia venuto meno, essendo stato anche di recente affermato che le regole sull'impugnazione tardiva, sia ai sensi dell'art. 334, che in base al combinato disposto di cui agli artt. 370 e 371, si applicano esclusivamente a quella incidentale in senso stretto e, cioè, proveniente dalla parte contro cui è stata proposta l'impugnazione, mentre per il ricorso di una parte che abbia contenuto adesivo a quello principale si deve osservare la disciplina dell'art. 325, cui è altrettanto soggetto qualsiasi ricorso successivo al primo, che abbia valenza d'impugnazione incidentale qualora investa un capo della sentenza non impugnato o lo investa per motivi diversi da quelli fatti valere con il ricorso principale (Cass. n. 10243/2016; Cass. n. 21990/2015 Cass. n. 20040/2015; Cass. n. 1120/2014).

E dunque, l'impugnazione incidentale tardiva, da qualunque parte provenga, va dichiarata inammissibile laddove l'interesse alla sua proposizione non possa ritenersi insorto per effetto dell'impugnazione principale (Cass. n. 6156/2018, che ha dichiarato inammissibile un ricorso incidentale tardivo riguardante l'omessa pronuncia sulle spese dell'ordinanza d'appello ai sensi dell'art. 348-ter, affermando che il vizio denunciato determinava per l'impugnante incidentale effetti pregiudizievoli autonomi rispetto all'impugnazione principale; nello stesso senso v. Cass. n. 27616/2019).

Sembra insomma che l'incertezza sul tema vada perpetuandosi, come emerge dal raffronto tra le coeve recenti massime che seguono. Le regole sull'impugnazione tardiva, sia ai sensi dell'art. 334, che in base al combinato disposto di cui agli artt. 370 e 371, si applicano esclusivamente a quella incidentale in senso stretto e, cioè, proveniente dalla parte contro cui è stata proposta l'impugnazione, mentre per il ricorso di una parte che abbia contenuto adesivo a quello principale si deve osservare la disciplina dell'art. 325, cui è altrettanto soggetto qualsiasi ricorso successivo al primo, che abbia valenza d'impugnazione incidentale qualora investa un capo della sentenza non impugnato o lo investa per motivi diversi da quelli fatti valere con il ricorso principale (Cass. n. 17614/2020, che ha ritenuto inammissibile l'impugnazione incidentale tardiva proposta contro il ricorrente principale, ritenendo l'interesse all'impugnazione sorto già in conseguenza dell'emanazione della sentenza di appello e non per effetto del ricorso principale). L'impugnazione incidentale tardiva è sempre ammissibile tutte le volte che quella principale metta in discussione l'assetto di interessi derivante dalla sentenza che l'impugnato, in mancanza dell'altrui gravame, avrebbe accettato e, conseguentemente, può essere proposta sia nei confronti del ricorrente principale, anche con riguardo ad un capo della sentenza diverso da quello investito dall'impugnazione principale, sia nelle forme dell'impugnazione adesiva rivolta contro parti processuali diverse dall'impugnante principale, tutte le volte che, nel caso concreto, il gravame di uno qualsiasi dei litisconsorti, se accolto, comporterebbe un pregiudizio per l'impugnante incidentale tardivo poiché darebbe luogo ad una sua soccombenza totale o, comunque, più grave di quella stabilita nella decisione gravata. (Cass. n. 14596/2020, la quale ha stabilito che la Corte d'Appello aveva correttamente ritenuto ammissibile l'impugnazione incidentale tardiva proposta contro l'impugnante principale ma avverso un capo di sentenza diverso da quello investito dall'impugnazione principale, ravvisando l'interesse della parte).

A risolvere il contrasto sono state perciò nuovamente chiamate le Sezioni Unite, le quali, ribadendo l’indirizzo rappresentato da Cass. S.U., n. 24627/2007, hanno affermato che l'impugnazione incidentale tardiva è ammissibile anche quando riveste le forme dell'impugnazione adesiva rivolta contro la parte destinataria dell'impugnazione principale, in ragione del fatto che l'interesse alla sua proposizione può sorgere dall'impugnazione principale o da un'impugnazione incidentale tardiva (Cass. S.U., n. 8486/2024; e nello stesso senso Cass. n. 10477/2024).

Resta ferma la regola della consumazione dell'impugnazione già proposta, che impedisce che possa proporre impugnazione incidentale tardiva l'impugnante principale a seguito dell'impugnazione incidentale proposta da altri (Cass. n. 19105/2003), con la precisazione che il principio di consumazione dell’impugnazione non esclude che, fino a quando non intervenga una declaratoria di inammissibilità, possa essere proposto un secondo atto di impugnazione, immune dai vizi del precedente, destinato a sostituirlo e relativo anche a capi della sentenza diversi da quelli oggetto del precedente atto di impugnazione (Cass. S.U., n. 8486/2024).

Limiti soggettivi

La norma in commento stabilisce che sono legittimate a proporre impugnazione incidentale tardiva: i) le parti contro le quali è stata proposta impugnazione principale; ii) le parti chiamate ad integrare il contraddittorio a norma dell'art. 331.

Non possono perciò proporre impugnazione incidentale tardiva le parti che hanno ricevuto la mera denuntiatio a norma dell'art. 332 (Proto Pisani, 1999, 492).

Nei processi con pluralità di parti occorre distinguere.

Nelle cause inscindibili l'impugnazione incidentale tardiva è sempre possibile,  alla luce di quanto poc’anzi stabilito da (Cass. S.U., n. 8486/2024).

Non sempre armoniche appaiono le pronunce resa in tema di garanzia impropria. È stato detto che l'impugnazione incidentale tardiva è sempre ammissibile, a tutela della reale utilità della parte, tutte le volte che l'impugnazione principale metta in discussione l'assetto giuridico derivante dalla sentenza cui la parte non impugnante aveva prestato acquiescenza, sorgendo l'interesse ad impugnare, anche nelle cause scindibili, come nell'ipotesi di garanzia impropria, dall'eventualità che l'accoglimento dell'impugnazione principale modifichi tale assetto giuridico (Cass. n. 5086/2012). Altre volte è stato analogamente affermato che, qualora la sentenza di primo grado abbia, unitamente alla domanda risarcitoria dell'attore contro il convenuto, parzialmente accolto quella di garanzia impropria formulata dal convenuto contro un terzo, dichiarando la responsabilità del chiamato nella misura del 50%, l'appello principale del garante, che contesti la responsabilità del convenuto quale presupposto della garanzia, consente a quest'ultimo di appellare in via incidentale tardiva, ai sensi dell'art. 334, avverso l'accoglimento della pretesa del danneggiato, poiché, per effetto dell'impugnazione principale, è posto in discussione l'assetto di interessi derivante dalla sentenza impugnata (Cass. n. 26154/2014). È stato tuttavia anche stabilito che in caso di chiamata in causa per garanzia impropria, l'azione principale e quella di garanzia sono fondate su titoli diversi, dando luogo a due cause distinte e scindibili, sicché l'impugnazione proposta dal chiamato in garanzia, relativamente al capo della sentenza impugnata recante la sua condanna a manlevare la parte garantita, non consente ad un eventuale coobbligato in solido, estraneo a quel rapporto, di proporre impugnazione incidentale tardiva avverso il capo di sentenza che lo abbia condannato, a propria volta, al risarcimento del danno nei confronti della parte attrice, salvo che dall'impugnazione principale non derivi un suo interesse giuridico ad impugnare, non ravvisabile, tuttavia, nel semplice rischio dell'eventuale insolvenza dell'obbligazione risarcitoria da parte del coobbligato garantito (Cass. n. 9369/2014). La S.C. ha poi affermato che nel caso di chiamata in causa per garanzia impropria — che si verifica allorché colui che sia stato convenuto in giudizio dall'attore intende essere rilevato dal garante di quanto sia eventualmente condannato a pagare — l'azione principale e quella di garanzia sono fondate su due titoli diversi, sicché le due cause sono distinte e scindibili. Ne consegue — in sede di gravame relativamente a controversia nella quale la domanda principale si fondi sul titolo di responsabilità extracontrattuale ex art. 1669 — che, ove l'impugnazione non sia stata proposta nei confronti del chiamato in causa, in primo grado, per garanzia impropria (nella specie, a titolo di subappalto) e gli appelli proposti dagli altri convenuti nei confronti dell'originario attore siano stati notificati esclusivamente ai sensi dell'art. 332, è inammissibile l'appello incidentale tardivamente proposto dallo stesso chiamato in causa, giacché domanda principale e domanda di garanzia danno luogo a cause scindibili (Cass. n. 1197/2010).

Inefficacia dell'impugnazione incidentale tardiva

Come si è accennato la dichiarazione di inammissibilità dell'impugnazione principale fa perdere efficacia a quella incidentale tardiva, ma non a quella tempestiva (Cass. S.U., n. 3111/1982; Cass. n. 1845/1985).

L'art. 334, comma 2, in base al quale l'impugnazione incidentale tardiva perde efficacia se è dichiarata inammissibile quella principale, si applica nei soli casi di inammissibilità dell'impugnazione in senso proprio, tra i quali rientrano l'inosservanza dell'onere di specificazione dei motivi d'appello, imposto dall'art. 342, e la proposizione di domanda nuova, preclusa dall'art. 345 (Cass. n. 19284/2014). La regola secondo cui l'appello incidentale tardivo perdere efficacia in caso di inammissibilità dell'appello principale non si applica dunque se alla declaratoria di inammissibilità dell'impugnazione principale si pervenga attraverso l'esame di una condizione dell'azione (legitimatio ad causam ed interesse all'impugnazione) e di una questione che — in ragione di un litisconsorzio necessario originario di natura sostanziale o processuale o in ipotesi di causa tra loro dipendenti — sia suscettibile di provocare effetti ed avere ricadute sull'appellante incidentale tardivo, richiedendo l'art. 111 Cost. la puntuale osservanza del contraddittorio e del diritto di difesa delle parti, la cui posizione sia connessa a quella oggetto della impugnazione principale (Cass. n. 14084/2010). In tale prospettiva la S.C. ha confermato la sentenza di secondo grado che, dichiarando l'inammissibilità dell'appello principale in conseguenza dell'inammissibilità della proposizione della domanda proposta dall'appellante, in quanto coperta da giudicato, aveva ugualmente esaminato il merito, ed accolto l'appello incidentale tardivo (Cass. n. 22385/2008).

La norma dell'art. 334, comma 2 non trova inoltre applicazione nell'ipotesi di rinuncia all'impugnazione principale; poiché, infatti, la parte destinataria della rinuncia non ha alcun potere di opporsi all'iniziativa dell'avversario, l'ipotetica assimilazione di tale ipotesi a quelle dell'inammissibilità e dell'improcedibilità dell'impugnazione principale finirebbe per rimettere l'esito dell'impugnazione incidentale tardiva all'esclusiva volontà dell'impugnante principale (Cass. S.U., n. 8925/2011; Cass. n. 27631/2022).

In caso di impugnazione principale dichiarata improcedibile, l'eventuale impugnazione incidentale tardiva diviene inefficace, e ciò non in virtù di un'applicazione analogica dell'art. 334, comma 2, bensì in base ad un'interpretazione logico-sistematica dell'ordinamento, che conduce a ritenere irrazionale che un'impugnazione possa trovare tutela in caso di sopravvenuta mancanza del presupposto in funzione del quale è stata riconosciuta la sua proponibilità (Cass. S.U., n. 9741/2008; Cass. n. 2381/2014). La soluzione è stata recepita dal legislatore con la riforma del 2022 (d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149).

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