Codice di Procedura Civile art. 343 - Modo e termine dell'appello incidentale.Modo e termine dell'appello incidentale. [I]. L'appello incidentale si propone, a pena di decadenza, nella comparsa di risposta, depositata nel termine previsto dall'articolo 3471. [II]. Se l'interesse a proporre l'appello incidentale sorge dall'impugnazione proposta da altra parte che non sia l'appellante principale[333], tale appello si propone nella prima udienza successiva alla proposizione dell'impugnazione stessa [334].
[1] Comma così sostituito dall'art. 51 l. 26 novembre 1990, n. 353 ; successivamente dall'art. 3, comma 26, lett. b), del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 che ha sostituito le parole: «depositata almeno venti giorni prima dell'udienza di comparizione fissata nell'atto di citazione o dell'udienza fissata a norma dell'articolo 349-bis, secondo comma» alle parole: «, all'atto della costituzione in cancelleria ai sensi dell'articolo 166» (ai sensi dell'art. 52 d.lgs. n. 149 /2022 , il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale). Per la disciplina transitoria v. art. 35 d.lgs. n. 149/2022, come sostituito dall'art. 1, comma 380, lettera a), l. 29 dicembre 2022, n. 197, che prevede che : "1. Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti.- 4. Le norme dei capi I e II del titolo III del libro secondo e quelle degli articoli 283, 434, 436-bis, 437 e 438 del codice di procedura civile, come modificati dal presente decreto, si applicano alle impugnazioni proposte successivamente al 28 febbraio 2023" e, da ultimo, dall'art. 3, comma 4, lett. c), del d.lgs. 31 ottobre 2024, n. 164 che ha sostituito le parole: «nel termine previsto dall'articolo 347» alle parole : «almeno venti giorni prima dell'udienza di comparizione fissata nell'atto di citazione o dell'udienza fissata a norma dell'articolo 349-bis, secondo comma». Ai sensi dell'art. 7, comma 1, del medesimo decreto, le disposizioni di cui al d.lgs. n. 164/2024 cit. si applicano ai procedimenti introdotti successivamente al 28 febbraio 2023. InquadramentoLa nozione di appello incidentale risponde ad un dato meramente cronologico. È incidentale l'appello proposto successivamente ad altro appello contro la medesima sentenza, che, per convenzione, si definisce appello principale: senza, tuttavia, che l'aggettivo «principale» esprima alcun carattere di preminenza dell'uno rispetto all'altro. L'appello incidentale, dunque è tale semplicemente perché si inserisce in un procedimento già introdotto dall'appello principale (Grasso, 2 ss). Ed anzi, una volta proposto appello principale, quella incidentale è la sola forma di impugnazione consentita all'appellato contro la medesima sentenza: in tal senso è fermo insegnamento giurisprudenziale secondo cui tutte le impugnazioni successive alla prima assumono necessariamente carattere incidentale (Cass. n. 6242/1993; Cass. n. 3045/2000; Cass. n. 10124/2009; Cass. n. 1671/2015). Dunque, l’appello proposto in via principale da chi, essendo stata la sentenza già impugnata da un'altra parte, avrebbe potuto proporre soltanto appello incidentale, non è inammissibile, ma può convertirsi, per il principio di conservazione degli atti giuridici, in gravame incidentale, purché depositato nel termine prescritto per quest'ultima impugnazione (Cass. n. 26811/2019). Quanto all'individuazione della prima impugnazione proposta, occorre ovviamente far riferimento, nel giudizio ordinario, alla data di notificazione (Cass. n. 1088/1975; Cass. n. 1827/1976). Nel rito del lavoro si farà riferimento alla data di deposito del ricorso in appello. In caso di notificazione in pari data, si considera proposto per primo l'appello che prende il numero di ruolo più basso (Cass. n. 5141/1985). Dal punto di vista dei contenuti e degli adempimenti gravanti sulla parte che lo propone, invece, l'appello incidentale non mostra significativi tratti di distinzione (se non per la forma) da quello principale: di modo che valgono per l'appello incidentale gran parte delle osservazioni svolte nel commento all'art. 339. Occorre anzitutto dire, allora, che l'appello incidentale, come quello principale, spetta al soccombente (e pertanto, ad esempio, non è dato appello incidentale al vincitore per lamentare la mera erroneità della motivazione della sentenza): e, poiché esso segue ad un appello principale il quale a propria volta richiede il presupposto necessario della soccombenza, in tanto può darsi l'appello incidentale, in quanto, all'esito della sentenza di primo grado, si sia determinata una situazione di soccombenza reciproca. Dopodiché, l'appellante incidentale — oltre a rispettare il termine, di cui si parlerà più avanti, fissato dall'art. 343 è tenuto: i) a formulare, al pari dell'appellante principale, motivi specifici di censura della sentenza impugnata, a pena di nullità-inammissibilità del gravame, secondo quanto prevede l'art. 342; ii) a depositare copia autentica della sentenza impugnata, sempre che non vi abbia già provveduto l'appellante principale, ai sensi dell'art. 347, comma 2; iii) a comparire alla prima udienza, a pena di improcedibilità dell'impugnazione, secondo quanto previsto dall'art. 348, comma 2; iv) a notificare la comparsa contenente l'appello incidentale alle eventuali controparti contumaci, nonché ad eseguire le notificazioni previste dagli artt. 331 e 332. Appello incidentale e principio di unità del giudizio di impugnazioneIl congegno dell'impugnazione incidentale, in forza del quale tutte le impugnazioni successive alla prima assumono necessariamente tale carattere, persegue il fine di garantire l'unicità del giudizio di impugnazione contro una medesima sentenza (Bonsignori, 1994, 348; Cerino Canova, 1989, 21). Tale principio è parimenti sancito, tra l'altro, dall'art. 335 che impone la riunione, anche d'ufficio, di tutte le impugnazioni proposte separatamente contro la stessa sentenza: norma, quest'ultima, cui si conforma l'art. 350, il quale dispone che il giudice d'appello provvede in limine «alla riunione degli appelli proposti contro la stessa sentenza». Ma, mentre l'onere di impugnazione incidentale — sancito in via generale, prima ancora che alla norma in commento, dall'art. 333 — grava su tutti quanti abbiano già ricevuto la notificazione dell'impugnazione principale, il dovere del giudice di promuovere la riunione delle impugnazioni separate, previsto dall'art. 335, trova applicazione in tutti i casi in cui siano state proposte lecitamente o meno (si ponga mente al ricorrente caso, che si esaminerà più avanti, dell'appello principale erroneamente proposto contro sentenza già appellata) più impugnazioni separate contro la stessa sentenza. Appello incidentale e mera riproposizione delle domande ed eccezioni non accolteLa conformazione del giudizio d'appello in termini di revisione sottopone l'appellato ad un duplice onere: da un lato quello di proposizione dell'appello incidentale, se parzialmente soccombente ,ex art. 334; dall'altro lato quello di mera riproposizione delle eventuali domande ed eccezioni non accolte, se integralmente vincitore, ex art. 336. In realtà, la linea di demarcazione tra l'ambito di applicazione dell'una e dell'altra disposizione è tutt'altro che netta, giacché discende dalla definizione di una pluralità di concetti, non univoci, che le due norme chiamano in gioco: la nozione di soccombenza, quale necessario presupposto dell'impugnazione anche incidentale; la nozione di «domande ed eccezioni non accolte», cui si riferisce la seconda delle ricordate disposizioni; la nozione di «parte della sentenza» che si incontra nell'art. 329,comma 2. Secondo un orientamento fino a tempi recenti abbastanza consolidato, era sufficiente alla parte vittoriosa nel merito, ma soccombente su alcune questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito, o anche di merito non preliminari, puro espressamente disattese dal primo giudice, la mera riproposizione della questione ai sensi dell'art. 346,perché essa fosse devoluta alla cognizione del giudice di appello: così, ponendo mente all'esempio più agevole, il convenuto che aveva resistito alla domanda attrice formulando eccezione di prescrizione estintiva e negando l'esistenza del diritto fatto valere dall'attore, una volta disattesa l'eccezione di prescrizione e respinta nel merito la domanda, per essere insussistente il diritto fatto valere, poteva limitarsi, quale appellato, a riproporre l'eccezione di prescrizione (Cass. n. 10580/1998). Si affermava cioè che la parte rimasta totalmente vittoriosa in primo grado non ha l'onere di proporre appello incidentale per chiedere il riesame delle domande e delle eccezioni respinte o ritenute assorbite o comunque non esaminate con la sentenza impugnata dalla parte soccombente, essendo invece sufficiente la riproposizione di tali domande od eccezioni nel giudizio di secondo grado (Cass. n. 5721/2002). La dottrina ha posto in rilievo come tale orientamento fosse ormai incompatibile con l'assetto del giudizio di secondo grado, auspicando un intervento della SC volto a perfezionare il processo evolutivo del giudizio di appello (Poli, 2006, 1410). Ed in effetti, anche tale orientamento è stato successivamente ribaltato (Cass. SU, n. 25246/2008). È stato affermato, in breve, che la parte vittoriosa nel merito nel giudizio di primo grado, ma che abbia visto espressamente disattesa una questione pregiudiziale di rito(si trattava nella specie dell'eccezione di difetto di giurisdizione) o preliminare di merito— ma, occorre aggiungere, anche di merito non preliminare —, han l'onere di proporre appello incidentale, se non vuole che sul punto si forme il giudicato: nel caso menzionato, dunque, non è sufficiente la mera riproposizione della domanda, ai sensi dell'art. 346. La pronuncia non ha sopito i contrasti (v. p. es. Cass. n. 24021/2010; Cass. n. 19828/2013), sicché la questione del significato dell'art. 346 è stata nuovamente rimessa alle Sezioni Unite, le quali hanno stabilito che, nel caso di chiamata in garanzia, qualora il giudice di primo grado abbia rigettato la domanda principale e non abbia deciso sulla domanda di chiamata in garanzia e sulle implicazioni (rivalsa), in quanto la decisione su di essa era stata condizionata all'accoglimento della domanda principale e non era stata chiesta né dal convenuto (preteso garantito) né dal terzo chiamato (preteso garante) indipendentemente dal tenore della decisione sulla domanda principale, ove l'attore appelli la decisione di rigetto della domanda principale (impugnazione da rivolgersi necessariamente sia contro il convenuto sia contro il terzo), ai fini della devoluzione al giudice d'appello della cognizione della domanda di garanzia per il caso di accoglimento dell'appello (ovvero di riconoscimento della fondatezza della domanda principale), non è necessaria la proposizione da parte del convenuto appellato di un appello incidentale (condizionato all'accoglimento dell'appello principale), ma è sufficiente la mera riproposizione della domanda di garanzia ai sensi dell'art. 346(Cass.SU, n. 7700/2016). La sentenza si segnala poiché procede ad una lunga disamina delle diverse combinazioni che possono presentarsi (per le ipotesi di cumulo semplice di domande, cumulo alternativo da incompatibilità sostanziale, cumulo alternativo, cumulo subordinato, eccezioni svolte dal convenuto pur poi vittorioso), la quale non si presta ad essere riassunta in questa sede, sicché occorre limitarsi a rinviare alla lettura della sentenza. Ulteriore pronuncia delle Sezioni Unite sulla materia - allo stato l’ultima, confermata da Cass. n. 24658/2017; Cass. n. 21264/2018; Cass. n. 14899/2022; Cass. n. 9505/2024 ― ha affermato che, in tema di impugnazioni, qualora un'eccezione di merito sia stata respinta in primo grado, in modo espresso o attraverso un'enunciazione indiretta che ne sommenda, chiaramente ed inequivocabilmente, la valutazione di infondatezza, la devoluzione al giudice d'appello della sua cognizione, da parte del convenuto rimasto vittorioso quanto all'esito finale della lite, esige la proposizione del gravame incidentale, non essendone, altrimenti, possibile il rilievo officioso ex art. 345, comma 2 (per il giudicato interno formatosi ai sensi dell'art. 329, comma 2), né sufficiente la mera riproposizione, utilizzabile, invece, e da effettuarsi in modo espresso, ove quella eccezione non sia stata oggetto di alcun esame, diretto o indiretto, ad opera del giudice di prime cure, chiarendosi, altresì, che, in tal caso, la mancanza di detta riproposizione rende irrilevante in appello l'eccezione, se il potere di sua presentazione è riservato solo alla parte, mentre, se competa anche al giudice, non ne a quest'ultimo l'esercizio ex art. 345, comma 2 (Cass. SU, n. 11799/2017). Tale l’indirizzo attualmente condiviso. Il tema del confine tra appello incidentale e riproposizione risulta però ulteriormente rimesso alle Sezioni Unite, su uno specifico profilo, da un’ordinanza interlocutoria (Cass. n. 3358/2024) volta a chiarire, nell’ipotesi di cumulo soggettivo passivo alternativo (e cioè in caso di domanda proposta contro più persone, tra le quali individuare il responsabile), se l’appellato vincitore in primo grado (dunque l’originario attore, che, p. es., abbia proposto la domanda contro Tizio, oppure Caio, oppure Sempronio, ed abbia vinto contro Tizio) sia tenuto, avanti all’appello principale del convenuto soccombente (nell’esempio fatto Tizio), a presentare appello incidentale, eventualmente condizionato, o a riproporre ex art. 346 c.p.c. le domande non accolte per evitare che, qualora l’appello principale sia accolto, passi definitivamente in giudicato la parte della decisione del primo giudice relativa alla posizione degli altri convenuti risultati non soccombenti. Si tratta di questione in effetti già risolta da Cass. S.U., 11202/2002, ma sulla base di principi poi superati dall’assetto giurisprudenziale di cui si è dato conto. Passando all'esame delle fattispecie, è stato tra l'altro ritenuto sussistente l'onere di appello incidentale: io) con riguardo al caso che, avendo l'attore proposto domande di reintegrazione e di manutenzione, ed avendo la sentenza di primo grado rigottato la prima ed accolto la seconda, egli intende ottenere l'accoglimento della domanda di reintegrazione (Cass. n. 9400/2005); ii) con riguardo alla qualificazione giuridica dell'azione proposta, quando tale qualificazione abbia condizionato l'impostazione e la definizione dell'indagine di merito (Cass. n. 12499/1993); iii) con riguardo alla disciplina giuridica applicabile al rapporto controverso, quando tale applicazione richiede nuovi accertamenti di fatto (Cass. n. 20074/2008); iv) con riguardo al rigetto (tanto per ragioni di rito che di merito) della domanda riconvenzionale condizionata all'accoglimento della domanda principale, essendo viceversa sufficiente la mera riproposizione in caso di dichiarazione di assorbimento (Cass. n. 4212/2002;Cass. n. 7919/2004; Cass. n. 18691/2007); v) con riguardo al caso della domanda fondata su diverse causae petendi (si trattava di un licenziamento impugnato sia perché soggettivamente non imputabile, sia perché oggettivamente illegittimo), qualora una di esse sia accolta e l'altra disattesa, a fronte dell'appello principale della parte soccombente (Cass. n. 9479/2009); vi) con riguardo al caso della domanda di regresso spiegata dal convenuto nei confronti di un terzo chiamato in causa, non accolta per essere stata respinta la domanda principale, sul rilievo che la riproposizione della domanda di regresso non tende alla conferma della sentenza impugnata, ma ne presuppone la riforma (Cass. n. 19145/2004); vii) con riguardo al caso della domanda di garanzia spiegata dal convenuto nei confronti di un terzo chiamato in causa, non accolta per essere stata risposta alla domanda principale; la conclusione si fonda sulla considerazione che la mera riproposizione di domande ed eccezioni, ai sensi dell'art. 346,mira alla sostanziale conferma della sentenza di primo grado, mentre la riproposizione della domanda di garanzia ne presuppone la riforma (Cass. n. 12005/2004; Cass. n. 6633/1987;Cass. n. 2792/1971; viceversa è sufficiente la mera riproposizione nel caso che la domanda principale sia stata accolta solo in parte e che l'attore originario abbia proposto appello per ottenere l'intero (Cass. n. 19927/2007); viii) con riguardo al caso della domanda accolta in parte e della riproposizione della medesima per la parte non accolta, a fronte dell'appello principale del convenuto soccombente parzialmente in primo grado (Cass. n. 751/2011). ix) con riguardo al caso dell'eccezione di prescrizione respinta in primo grado, in modo espresso o attraverso un'enunciazione indiretta che ne sottenda, chiaramente ed inequivocamente, la valutazione di infondatezza, non essendo sufficiente la mera riproposizione, ai sensi dell'art. 346 c.p.c., utilizzabile solo quando l'eccezione non sia stata oggetto di alcun esame, diretto o indiretto, ad opera del giudice di prime cure (Cass. n. 9505/2024). Resta da dire, con riguardo alla linea di confine tra gli ambiti di applicabilità degli artt. 343 e 346,che l'impiego dell'appello incidentale da parte di chi potrebbe limitarsi alla mera riproposizione non comporta alcun pregiudizio (Cass. n. 18169/2004). Termini per l'appello incidentaleIl comma 1 dell'art. 343 è stato modificato dalla riforma del 2022 (d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149), la quale ha stabilito che l'appello incidentale si propone con comparsa «depositata almeno venti giorni prima dell'udienza di comparizione fissata nell'atto di citazione o dell'udienza fissata a norma dell'art. 349-bis, comma 2. Non sarebbe stato male se il legislatore, mostratosi invece incapace di svolgere un lavoro appena decoroso, si fosse avveduto che l'art. 347, lasciato immutato, continua a stabilire che: «La costituzione in appello avviene secondo le forme e i termini per i procedimenti davanti al tribunale», e che l'art. 166 è stato modificato nel senso che: «Il convenuto deve costituirsi … almeno settanta giorni prima dell'udienza di comparizione». Sicché la riforma menzionata ha dato luogo ad una palese antinomia: le due norme si riferiscono l'una ad una comparsa di costituzione da depositare venti giorni prima dell'udienza, l'altra ad una comparsa di costituzione da depositare settanta giorni prima dell'udienza. Sul che è intervenuto il Correttivo (d.lgs. n. 164/2024), che, all'art. 343, comma 1, ha sostituito le parole «almeno venti giorni prima dell'udienza di comparizione fissata nell'atto di citazione o dell'udienza fissata a norma dell'art. 349-bis, comma 2» con le seguenti: «nel termine previsto dall'art. 347». Il comma 1 dell'art. 347 è stato poi così riformulato: «L'appellante si costituisce in giudizio secondo le forme e i termini per i procedimenti davanti al tribunale. Le altre parti si costituiscono in appello almeno venti giorni prima dell'udienza indicata nell'atto di citazione o di quella fissata ai sensi dell'art. 349-bis, secondo le forme per i procedimenti davanti al tribunale». Due interventi normativi per lasciare immutati i termini a comparire e per la costituzione dell'appellato, 90 e 20, già previsti ante Cartabia. L'appello incidentale proposto successivamente allo spirare del termine per la costituzione dell'appellato è inammissibile, e l'inammissibilità è rilevabile d'ufficio, salvo il formarsi del giudicato sul punto, nulla rilevando che siano ancora eventualmente in corso i termini per l'appello principale e, in particolare, il termine lungo di cui all'art. 327 (Cass. n. 1701/2009; Cass. n. 12724/2015). In altre parole, il termine per la proposizione dell'appello incidentale, in difetto di espressa qualificazione normativa come «libero», va calcolato, in quanto termine a ritroso, con esclusione del giorno iniziale (dies a quo), ovvero del giorno dell'udienza di comparizione indicata nell'atto di citazione (o della data dell'udienza differita di ufficio dal giudice), e con computo, invece, di quello finale (dies ad que), ovvero del ventesimo giorno precedente l'udienza stessa. Ne consegue che, qualora il deposito della comparsa di costituzione con appello incidentale non rispetti tale termine, l'appello va dichiarato inammissibile, a nulla rilevando che per l'appellante non sia ancora spirato il termine per impugnare di cui agli artt. 325 o 327 (Cass. n. 6386/2020). Quanto al computo dei termini per l'appello incidentale, le modalità con cui è eseguito il deposito di un atto ― di persona mediante accesso in cancelleria oppure a mezzo di deposito telematico ― non incidono sulla regola, unitaria, relativa al calcolo dei tempi entro i quali il deposito stesso deve essere compiuto; pertanto, anche agli atti depositati con modalità telematiche si applica la regola secondo la quale anche lo spostamento nel tempo della scadenza dei termini da calcolarsi a ritroso, se cadenti in giorno festivo, dev'essere calcolato a ritroso, individuando il dies ad quem nel giorno non festivo cronologicamente precedente rispetto a quello di scadenza, non già giorno successivo, così da non abbreviare l'intervallo di tempo, previsto a tutela di chi deve ricevere l'atto (Cass. n. 8496/2023, che ha confermato la sentenza impugnata che aveva giudicato tardivo il deposito dell'appello incidentale, avvenuto il 26 dicembre, giorno festivo, essendo il termine scaduto il primo giorno precedente non festivo, e dunque, il 24 dicembre). Non nuoce all'appellante incidentale che prima del deposito della comparsa di risposta degli abbia depositato memoria per resistere all'istanza di sospensione della provvisoria esecutorietà della sentenza avanzata dall'appellante principale (Cass. n. 8828/2008). Forma dell'appello incidentaleLa norma in commento stabilisce che l'appello incidentale si propone, a pena di decadenza, nella comparsa di risposta: ma la decadenza, come ha bene chiarito la dottrina (Auletta, 2005, 663), è correlata all'osservanza del termine, non alla forma dell'atto. Di guisa che, se è pur vero che per fare appello incidentale occorre un apposito atto, intendendosi con ciò che l'appello incidentale non può essere spiegato verbalmente in udienza, è altrettanto vero che esso può essere proposto anche mediante atto diverso dalla comparsa di risposta (Cass. n. 1220/1986). Non può dunque condividersi la diversa affermazione in un'occasione formulata dalla S.C., secondo cui l'appello incidentale non potrebbe essere proposto in una memoria integrativa, pur tempestivamente depositata (Cass. n. 8828/2008). Quanto al contenuto, l'atto contenente l'appello incidentale non richiede formule sacramentali, purché dal complesso delle deduzioni e delle conclusioni formulate dall'appellato nella comparsa di risposta risulti in modo non equivoco la sua volontà di ottenere la riforma della decisione del primo giudice. Come è stato anche di recente ribadito, in tema di impugnazione, nel rito ordinario di cognizione la proposizione dell'appello incidentale della parte non totalmente vittoriosa in primo grado non richiede formule sacramentali o forme particolari, essendo sufficiente che dalla comparsa di costituzione risulti in modo non equivoco la volontà di ottenere la riforma della decisione (Cass. n. 4860/2021, ove si chiarisce anche che la proposizione dell’appello incidentale non investe l'ufficio giudiziario dell'incombente di differire l'udienza per dare modo all'appellante principale di prendere posizione sull'impugnazione incidentale). Notificazione dell'appello incidentaleLa comparsa di risposta contenente l'appello incidentale deve essere notificata agli appellati contumaci: il principio, costantemente ribadita dalla SC, è tratto dall'art. 292,oltre che, più in generale, dal principio del contraddittorio. Peraltro, l'omessa notifica dell'appello incidentale, proposto anche nei confronti di una parte rimasta contumace a seguito della notifica dell'appello principale, non è rilevabile d'ufficio dal giudice, atteso che, sostanziandosi l'appello incidentale in una nuova domanda (d'impugnazione) nei confronti anche di detta parte rimasta contumace, non si applicano gli artt. 331 o 332 c.p.c., che concernono unicamente le situazioni nelle quali un'impugnazione è proposta senza coinvolgere una parte di una causa inscindibile o scindibile, bensì l'art. 292 c.p.c., la cui inosservanza deve ritenersi legittimamente deducibile unicamente dalla parte rimasta contumace (Cass. n. 2246/2024). Inoltre l'appello incidentale va notificato alle eventuali parti non presenti nel giudizio di appello. In particolare, se l'impugnazione ha per oggetto una sentenza pronunciata in causa inscindibile o in cause tra loro dipendenti (art. 331), il giudice deve assegnare all'appellante incidentale il termine per integrare il contraddittorio nei confronti delle avversità litisconsorti necessari. Se, invece, l'impugnazione ha per oggetto una sentenza resa in causa scindibili, l'appellante incidentale deve provvedere alla notifica dell'impugnazione ai fini della denuntiatio litis. Se l'appello è incidentale non ottempera all'ordine di notifica della comparsa al contumace, l'impugnazione incidentale è inammissibile. Ove l'inammissibilità non venga rilevata, in difetto di notifica dell'appello incidentale agli appellati contumaci, la sentenza è nulla, ma la nullità è relativa e, dunque, deve essere fatta valere dal interessato mediante ricorso per cassazione. L'appello incidentale condizionatoL'appello incidentale condizionato — figura che assume tanto più rilievo quanto più l'ambito di applicazione dell'art. 346 si restringe, come si è visto in precedenza — è caratterizzato da una relazione con l'appello principale non solo cronologica, secondo la regola esposta in apertura del capitolo con riguardo all'appello incidentale, ma anche contenutistica: il giudice, infatti, è chiamato ad esaminare l'appello incidentale nel solo caso (e cioè a condizione che) accolga in tutto o in parte l'appello principale (Grasso, 53; Attardi, 1991, 289). Non è escluso che tale situazione possa presentarsi in caso di soccombenza reciproca (Cass. n. 602/1976). Ma, normalmente, l'appello incidentale condizionato è proposto da chi è totalmente vincitore, sicché anche per tale profilo esso assume caratteristiche particolari: mentre l'appello incidentale è dato a chi è praticamente soccombente, l'appello incidentale condizionato è dato a chi è teoricamente, o se si preferisce potenzialmente soccombente, per il caso che, a seguito dell'accoglimento dell'impugnazione principale, la domanda spiegata in primo grado ritorni in discussione. La configurabilità dell'appello incidentale condizionato è data in giurisprudenza per pacifica. Il caso forse più ricorrente è quello del convenuto in primo grado che, dopo aver chiamato a propria volta un terzo in garanzia (c.d. impropria), veda respinta la domanda nei suoi confronti e, con essa, disattesa — in quanto assorbita — anche la domanda di garanzia. In tal caso non è sufficiente la riproposizione, ex art. 346, della domanda non esaminata o respinta dal primo giudice, ma deve essere proposto appello incidentale condizionato, poiché la richiesta dell'appellato non mira alla conferma della sentenza per ragioni diverse da quelle poste a fondamento della decisione, ma tende alla riforma della pronuncia concernente un rapporto diverso, non dedotto in giudizio con l'appello principale (Cass. n. 2130/1969; Cass. n. 2792/1971; Cass. n. 2724/1977; Cass. n. 11060/1997; Cass. n. 2061/2004; Cass. n. 5249/2006). Non ha però bisogno di proporre appello incidentale condizionato il convenuto-appellato nei confronti del quale la domanda sia stata accolta in parte, con conseguente accoglimento anche della domanda di garanzia, a seguito dell'appello del parzialmente vincitore il quale intenda ottenere l'integrale accoglimento della domanda spiegata (Cass. n. 19927/2007). Altro caso ricorrente è quello della domanda di regresso avanzata in primo grado dal convenuto risultato infine vincitore per essere stata respinta la domanda nei suoi confronti (Cass. n. 2992/1995; Cass. n. 19145/2004). Può fare appello incidentale condizionato la parte che sia rimasta soccombente su di una questione preliminare quale la qualificazione giuridica di un contratto rispetto all'accertamento dell'inadempimento dell'obbligo di adempiere, quando tale qualificazione abbia condizionato l'impostazione e la definizione dell'indagine di merito (Cass. n. 19126/2004). Vi è onere di appello incidentale condizionato se l'appellato abbia spiegato in primo grado una domanda riconvenzionale condizionata che sia stata espressamente respinta ed intenda riproporla in appello (Cass. n. 4212/2002). In caso di domanda proposta sulla base di diverse causae petendi, già da epoca remota si afferma che, accolta la domanda sulla base di una di esse, il vincitore è onerato della riproposizione dell'altra mediante appello incidentale condizionato (Cass. n. 2008/1962, Cass. n. 9479/2009). Viceversa, se la qualificazione giuridica del fatto storico addotto a fondamento della domanda si colloca esclusivamente dal versante dell'applicazione del principio iura novit curia, il vincitore in primo grado che abbia visto accolta la domanda sulla base di una delle due prospettazioni giuridiche avanzate (si trattava di domanda risarcitoria spiegata invocando alternativamente gli artt. 2043 o 2051 c.c.), non ha l'onere di appello incidentale condizionato al fine di far valere la prospettazione non accolta (Cass. n. 15724/2011). L'appello incidentale tardivoL'appello incidentale è tempestivo se proposto nel termine ordinario di impugnazione decorrente dalla notificazione o dalla pubblicazione della sentenza, mentre è tardivo se la parte ha fatto acquiescenza alla sentenza o sono decorsi i termini. La materia è regolata dall'art. 334, il quale stabilisce: i) per un verso che l'appellato può proporre appello incidentale anche se il termine dell'impugnazione, nei loro confronti, è già scaduto oppure hanno fatto acquiescenza alla sentenza; ii) per altro verso che l’appello incidentale tardivo intanto rimane in piedi, in quanto l’appello principale sia ammissibile, e, dopo la riforma del 2022, procedibile, rimanendo altrimenti esso colpito da inefficacia. Il punto cruciale, in argomento, è quello concernente la definizione dei limiti entro il quale l'appello incidentale tardivo può essere proposto. Un indirizzo ormai remoto, ma rimasto fermo in passato per decenni, faceva leva sulla distinzione tra: a) impugnazioni incidentali tipiche (dirette contro lo stesso capo di sentenza già impugnato in via principale ovvero contro un capo che con esso sia in rapporto di dipendenza o di connessione); b) impugnazioni incidentali autonome (dirette a tutelare un interesse del proponente non nascente dall'impugnazione principale, ma relativo ad un capo diverso ed autonomo della pronuncia impugnata). 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