Codice di Procedura Civile art. 344 - Intervento in appello.

Mauro Di Marzio

Intervento in appello.

[I]. Nel giudizio d'appello è ammesso soltanto l'intervento dei terzi, che potrebbero proporre opposizione a norma dell'articolo 404.

Inquadramento

La disposizione ora in commento è tra le poche a non aver subito alcuna modificazione dall'epoca dell'entrata in vigore del codice di rito, neppure ad opera dei massicci interventi di riforma del 1950 e del 1990.

Le ridotte possibilità di intervento in appello, a fronte dell'ampio margine di intervento in primo grado, si fonda, secondo la dottrina, sulla duplice considerazione che:

i) l'intervento in appello di un terzo estraneo al giudizio comporta (anche se non sempre) l'introduzione di una domanda nuova e, come tale, si pone in conflitto con il generale divieto di nova sancito dal successivo art. 345; la concorde opinione dottrinale trova riscontro, in una prospettiva speculare, nell'affermazione giurisprudenziale secondo cui l'interveniente in appello non incorre nel divieto di nova, proprio perché è inevitabile che il suo ingresso nel giudizio di secondo grado comporti la necessità di esaminare domande nuove: il congegno, in breve, si riassume in ciò, che l'intervento in appello è generalmente vietato poiché comporterebbe una radicale modificazione del thema decidendum, e che, però, laddove detto intervento è consentito, esso non può infrangersi contro il divieto di nova;

ii) tale intervento, inoltre, comporta una violazione del principio del doppio grado di giurisdizione, principio che, pur non dotato di copertura costituzionale, impregna profondamente l'impianto del codice di rito; ciò si traduce nell'indirizzo giurisprudenziale secondo cui l'intervento in appello, ove proveniente da un soggetto dotato della qualità di litisconsorte necessario nel giudizio di primo grado, comporta la rimessione al primo giudice, ai sensi dell'art. 354, salvo che le parti — ed anzitutto il litisconsorte pretermesso — non manifestino la volontà di rinunciare al primo grado.

L'eccezionale previsione dell'intervento in appello, nel caso previsto dall'art. 344, si giustifica allora con lo scopo di evitare che la sentenza di primo grado, pur pronunciata inter alios, possa pregiudicare i diritti di del terzo titolare di un diritto autonomo ed incompatibile: terzo che non avrebbe senso escludere dal giudizio di appello, dal momento che egli potrebbe in seguito attaccare la decisione pronunciata in quella sede con lo strumento dell'opposizione di terzo. In tal senso si discorre in dottrina, con riguardo all'intervento in appello, di «opposizione di terzo anticipata» (per tutti Tarzia, 2002, 243). L'intervento in appello è dunqe ammissibile soltanto quando l'interventore faccia valere una situazione soggettiva che lo legittima a proporre opposizione di terzo, ai sensi dell'articolo 404 c.p.c. (Cass. n. 32887/2022).

Né la norma può essere sospettata di incostituzionalità, sotto il profilo della violazione del diritto di azione di cui all'art. 24 Cost., per il fatto che il terzo può soltanto intervenire, senza però poter impugnare la sentenza di primo grado, giacché la conformazione dei rimedi in tale situazione concessi al terzo rientra nella scelta discrezionale del legislatore ordinario.

La sentenza alla quale occorre parametrare il pregiudizio che legittima all'intervento in appello spettante al legittimato alla opposizione di terzo ordinaria è, secondo la prevalente dottrina e la giurisprudenza, quella di secondo grado: di modo che la valutazione della legittimazione all'intervento va compiuta attraverso un'indagine prognostica effettuata ex ante. In caso di opposizione di terzo revocatoria, viceversa, si afferma che la sentenza è quella di primo grado.

È dubbio, in dottrina, se l'intervento in appello e l'opposizione di terzo possano concorrere. Secondo alcuni l'intervento assorbirebbe l'esperibilità dell'opposizione, con la conseguenza che, una volta appellata la sentenza già opposta ai sensi dell'art. 404, l'opposizione si convertirebbe in appello (Fabbrini, 1968, 162, 252; Luiso, 1991, 8). Altri sostengono che l'intervento in appello dell'opposizione di terzo sarebbero alternativamente cumulabili (Olivieri, 1995, 122).

Legittimati

Terzo legittimato all'intervento in appello è anzitutto chi non è stato parte nel primo grado di giudizio. La norma in commento rinvia all'intero art. 404, e ciò vuol dire che possono intervenire il appello sia coloro i quali sarebbero legittimati all'opposizione di terzo ordinaria (art. 404, comma 1), sia i legittimati all'opposizione di terzo revocatoria (art. 404, comma 2). In tal senso è la quasi unanime dottrina (ma, contra, v. Sassani, 1999, 195) e l'uniforme giurisprudenza (Cass. n. 1299/1983; Cass. n. 12385/2006).

Quanto ai legittimati all'opposizione di terzo ordinaria, il pregiudizio paventato è, come si accennava, quello derivante — secondo una valutazione prognostica, compiuta cioè ex ante — dall'esito del giudizio di appello e dunque dalla sentenza di secondo grado. In tale prospettiva detto pregiudizio non può per definizione essere attuale, ma consiste nel mero timore di un pregiudizio eventuale (Cass. n. 12884/1991; Cass. n. 8656/1992).

Quanto ai creditori e agli aventi causa di una delle parti del giudizio, legittimati all'opposizione di terzo revocatoria, essi possono intervenire solo ove deducano che la sentenza di primo grado sia effetto di dolo o collusione ai suoi danni, ovvero ove prospettino che di analogo dolo o collusione possa essere viziata la sentenza di secondo grado, ma si limiti a dedurre il proprio interesse a che il patrimonio del debitore riceva incremento o non subisca diminuzione (Cass. n. 3459/1983; Cass. n. 4529/1984).

È stato recentemente chiarito che deve escludersi la legittimazione ad intervenire in grado di appello, secondo la previsione dell'art. 344 (in relazione all'art. 404), del condebitore solidale, il quale non è qualificabile come terzo titolare di un diritto autonomo rispetto a quello oggetto di contesa tra le parti originarie, suscettibile di pregiudizio per effetto della decisione fra di esse pronunciata (Cass. n. 31313/2018).

Al di fuori dell'ambito di applicazione della norma in commento si colloca l'intervento del successore a titolo universale o a titolo particolare nel diritto controverso (artt. 110-111), il quale può sempre intervenire, finanché nel giudizio di rinvio (Cass. n. 4536/2015).

L'interventore in appello assume la qualità di parte e, come tale, è legittimato in caso di soccombenza a proporre ricorso per cassazione: sia che le sue istanze siano state respinte nel merito, sia che sia stata negata dalla sentenza di secondo grado l'ammissibilità del suo intervento (Cass. n. 7541/2002; Cass. n. 1671/2015).

L'intervento cui la norma si riferisce è quello volontario principale. Ancorché non vi sia unanimità di vedute in dottrina, la giurisprudenza è ferma nell'escludere l'ammissibilità dell'intervento coatto e iussu iudicis nonché di quello adesivo, ad adiuvandum (Cass. n. 4939/1980; Cass. n. 1615/1981; Cass. n. 5133/1981; Cass. n. 1948/1989; Cass. n. 815/1982; Cass. n. 2739/1982; Cass. n. 3502/1993).

Nei giudizi relativi all'accertamento e all'esistenza di usi civici o di demanio comunale, qualunque cittadino appartenente a quella determinata collettività può intervenire in giudizio, anche in grado d'appello, in quanto la sentenza emananda fa stato anche nei suoi confronti quale partecipe della comunità titolare degli usi o delle terre demaniali di cui si controverte, sicché, trattandosi di intervento volontario, l'interveniente è sempre legittimato a proporre ricorso per cassazione (Cass. n. 15938/2016).

Forma e termine dell'intervento in appello

Occorre in proposito fare riferimento, per il tramite dell'art. 359, che rende applicabili in appello in quanto compatibili le norme dettate per il procedimento di primo grado davanti al tribunale, agli artt. 267 ss.

In proposito, si deve prestare attenzione alla regola prevista dall'art. 268, secondo la quale il terzo che interviene accetta il processo nello stato si trova.

È stato in proposito osservato che altro è il termine generale entro cui deve stimarsi consentito l'intervento volontario in appello, valido anche per il litisconsorte necessario pretermesso, altro è il fatto che l'art. 268, ultimo comma, consenta al terzo il quale comparisca volontariamente per l'integrazione del contraddittorio di compiere atti che non siano più consentiti alle parti, ciò stando a significare semplicemente che la posizione processuale del terzo, là dove quest'ultimo intervenga in giudizio tardivamente (ovvero dopo la prima udienza), è diversa a seconda che lo stesso non sia oppure sia litisconsorte necessario, nel senso esattamente che il primo deve accettare la causa nella fase e nello stato in cui la trova al momento dell'intervento essendogli precluse le attività precluse alle parti, mentre il secondo, risultando parte necessaria del processo, conserva i propri diritti difensivi senza incorrere nelle preclusioni e nelle decadenze già verificatesi per le parti originarie e può quindi, anche ad istruttoria ultimata, compiere atti che alle altre parti non sarebbero più consentiti, fermo restando, tuttavia, che, salvo il rispetto del principio testè enunciato, l'intervento in appello del litisconsorte necessario pretermesso può comunque avere luogo, così come in primo grado, non oltre l'udienza di precisazione delle conclusioni, ex art. 352, comma 1 (Cass. I, n. 7541/2002).

Bibliografia

Adorno, Questioni rilevabili d'ufficio e poteri del giudice d'appello, in Riv. dir. proc. 2008, 838; Allorio, Sul doppio grado nel processo civile, in Riv. dir. civ. 1982, I, 317; Amato, Termine breve di impugnazione e bilateralità della notificazione della sentenza nel processo con due sole parti, in Riv. dir. proc. 1985, 330; Attardi, Note sull'effetto devolutivo dell'appello, in Giur. it. 1961, IV, 145; Attardi, Sulle impugnazioni incidentali condizionate, in Giur. it. 1991, IV, 289 Attardi, Le nuove disposizioni sul processo civile, Padova, 1991; Auletta, Forme e tempo dell'appello incidentale (una riflessione su nullità, decadenza e tecniche legislative), in Riv. dir. proc. 2005, 663; Balena, La rimessione della causa al primo giudice, Napoli 1984; Balena, Commentario alla Legge 26 novembre 1990, n. 353, in Nuove leggi civ. comm. 1992, 213; Balena, Elementi di diritto processuale civile, II, 2, Le impugnazioni, Bari, 2004; Balena, Nullità della citazione d'appello per vizi della «vocatio in ius»: un'applicazione ovvia e una disapplicazione sconcertante dell'art. 164 c.p.c., in Foro it. 2005, I, 183; Bellomia, Corte costituzionale e doppio grado di giurisdizione, in Giur. cost. 1982, I, 43; Besso, Principio di prevalenza della sostanza sulla forma e requisiti formali del provvedimento: un importante revirement della Corte di cassazione, in Giur. it. 2007, 946; Bianchi, I limiti oggettivi dell'appello civile, Padova, 2000; Bove, Sentenze non definitive e riserva di impugnazione, in Riv. trim. dir. proc. civ. 1998, 423; Carbonara, Regime di impugnazione delle sentenze rese dal giudice di pace secondo equità necessaria alla luce del novellato art. 339, 3° co., (in particolare: la violazione del precedente giudicato), in Giur. it. 2007, 516; Carbone, Definitività e non definitività della sentenza, in Corr. giur. 1990, 705; Carpi, La provvisoria esecutorietà della sentenza, Milano, 1979; Carrato, L'oggetto dell'appello ed il requisito della specificità dei motivi, relazione dell'Ufficio del massimario e del ruolo del 18 settembre 2006; Carrato, La necessaria collegialità della Corte di Appello e le conseguenze delle sue possibili violazioni, in Corr. giur. 2012, 240; Cavallini, Nullità della citazione per inosservanza del termine a comparire e poteri del giudice d'appello, in Riv. dir. proc. 1998, 494; Cea, Pluralità di domande e sentenze non definitive, in Foro it. 1987, I, 145; Cea, Sentenze definitive e non definitive: una querelle interminabile, in Foro it. 1993, I, 480; Cerino Canova, Sul contenuto delle sentenze non definitive di merito, in Riv. dir. proc. 1971, 426; Cerino Canova, Le impugnazioni civili, Padova, 1973; Cerino Canova, Dell'appello avverso le sentenze non definitive, in Riv. dir. proc. 1985, 811; Cerri, Il principio del doppio grado di giurisdizione e la sua irrilevanza costituzionale, Giur. cost. 1965, 628; Chiarloni, Appello (Dir. proc. civ.),in Enc. giur., Roma, 1988; Chiarloni, in Tarzia-Cipriani (a cura di), Provvedimenti urgenti per il processo civile, Padova, 1992; Comoglio, Ferri, Taruffo, Lezioni sul processo civile, Bologna, 1998; Consolo, La rimessione in primo grado e l'appello come gravame sostitutivo (una disciplina in crisi), in Jus 1997, 79; Consolo, Alla ricerca della inibitoria, in Riv. arb. 1999, 476; Consolo, Le impugnazioni delle sentenza, Padova, 2004; Consolo, Spiegazioni di diritto processuale civile. Il processo di primo grado e le impugnazioni delle sentenze, III, Milano, 2009; Consolo-Luiso-Sassani, Commentario alla riforma del processo civile, Milano, 1996; Converso, Il processo di appello dinanzi alla Corte d'appello, in Giur. it. 1999, 661; Costantino, Ancora sulla distinzione tra sentenze definitive e non definitive riservabili, in Foro it. 1993, I, 2469; Costantino, L'appello nei giudizi di opposizione a sanzioni amministrative tra foro erariale ed esigenze di prossimità, in Foro it. 2011, I, 444; Danovi, Note sull'effetto sostitutivo dell'appello, in Riv. dir. proc. 2009, 1466; De Cristofaro, Sanatoria (e giustizia) negata: dell'ostinazione contra legem della Suprema Corte a considerare insanabili i vizi dell'atto d'appello concernenti la vocatio in ius, in Corr. giur. 2004, 753; De Cristofaro, Art. 358, in Consolo-Luiso (a cura di), Codice di procedura civile commentato, Milano, 2007, 2805 De Cristofaro-Tedoldi, Articolo 339, in Consolo-Luiso (a cura di), Codice procedura civile commentato, II, Milano, 2007; Denti, Ancora sull'efficacia della decisione di questioni preliminari di merito, in Riv. dir. proc. 1970, 560; Di Marzio, L'appello civile dopo la riforma, Milano, 2013; D'Onofrio, Appello (dir. proc.civ.), in Nss. D. I., I, Torino, 1957, 725; Fabbrini, L'opposizione ordinaria di terzo nel sistema dei mezzi di impugnazione, Milano, 1968; Fabiani, Sulla distinzione tra sentenze definitive e non definitive, in Foro it., 1997, I, 2147; Ferri, Appello nel diritto processuale civile, in Dig. disc. priv., sez. civ., XII, 555, 557; Finocchiaro, Appellabili le sentenze del giudice di pace, in Guida dir. 2006, 8, 56; Liebman, «Parte» o «capo» di sentenza, in Riv. dir. proc. 1964, 57; Gozzi, Difetto di rappresentanza o assistenza della parte e sanatoria in grado di appello, in Riv. dir. proc. 2011, 750; Grasso, Le impugnazioni incidentali, Milano, 1973; Impagnatiello, Proposizione di impugnazione inammissibile, conoscenza della sentenza e decorrenza del termine breve per impugnare, in Foro it. 1994, I, 439; Impagnatiello, Sulla reclamabilità dei provvedimenti d'inibitoria, in Il giusto processo civile 2007, 458; Liebman, Il giudizio d'appello e la Costituzione, in Riv. dir. proc., 1980, 401; Luiso, Appello nel diritto processuale civile, in Dig. disc. priv., sez. civ., I, Torino, 1987, 360; Luiso, Opposizione di terzo, in Enc. giur., XXI, Roma, 1991, 8; Martino, L'appello avverso le sentenze d'equità del giudice di pace, in Giusto proc. civ. 2007, 78; Montali-Corona, L'appello civile, Padova, 2007; Montesano, Cumulo di domande e sentenze non definitive, in Giust. civ. 1985, I, 3132; Montesano, Ancora su cumulo di domande e sentenze non definitive, in Giust. civ. 1986, I, 2371; Olivieri, Opposizione di terzo, in Dig. disc. priv., sez. civ., XIII, Torino, 1995; Olivieri, La rimessione al primo giudice nell'appello civile, Napoli, 1999; Oriani, Eccezioni rilevabili (e non rilevabili) d'ufficio, in Corr. giur. 2005, I, 1011; II, 1156; Pizzorusso, Doppio grado di giurisdizione e principi costituzionali, in Riv. dir. proc. 1978, 33; Poli, I limiti oggettivi delle impugnazioni ordinarie, Padova, 2002; Poli, La devoluzione di domande e questioni in appello nell'interesse della parte vittoriosa nel merito, in Riv. dir. proc. 2004, 336; Poli, L'oggetto del giudizio di appello, in Riv. dir. proc. 2006, 1410; Proto Pisani, Note sulla struttura dell'appello civile e sui suoi riflessi sulla cassazione, in Foro it. 1991, I, 113; Proto Pisani, Appunti sull'appello civile (alla stregua della L. 353/90), in Foro it. 1994, IV, 193; Provinciali, Delle impugnazioni in generale, Napoli, 1962; Rascio, L'oggetto dell'appello civile, Napoli, 1996; Ricci, Doppio grado di giurisdizione (dir. proc. civ.), in Enc. giur., XII; Romano, Sulla nullità dell'atto di citazione in appello per vizi inerenti alla vocatio in ius, in Riv. dir. proc. 2010, 1432; Ronco, Appunti sparsi in tema di mancato deposito della sentenza appellata, di improcedibilità dell'appello e di correlazione tra forma e ragione di impugnazione dei provvedimenti decisori, in Giur. it. 2000, 66; Saleti, La riassunzione del processo civile, Milano, 1983; Sassani, Appello (dir. proc. civ.), in Enc. dir., Aggiornamento, III, Milano, 1999; Tammaro, Il giudizio di appello e le controversie in unico grado, Torino, 2008; Tedoldi, L'istruzione probatoria nell'appello civile, Padova, 2000; Tarzia, Lineamenti del nuovo processo di cognizione, Milano, 2002; Vaccarella-Capponi-Cecchella, Il processo civile dopo le riforme, Torino, 1992; Valitutti-De Stefano, Le impugnazioni nel processo ordinario, Padova, 1996; Vellani, Appello (dir. proc. civ.), in Enc. dir., II, Milano, 1958; Verde, Profili del processo civile, II, Napoli, 1996; Vullo, Mancata costituzione dell'appellante e improcedibilità del gravame, in Riv. dir. proc. 2007, 478.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario