Codice di Procedura Civile art. 350 - Trattazione 1Trattazione1 [I]. Davanti alla corte di appello la trattazione dell'appello è affidata all'istruttore, se nominato, e la decisione è collegiale; davanti al tribunale l'appello è trattato e deciso dal giudice monocratico.
[II]. Nella prima udienza di trattazione il giudice verifica la regolare costituzione del giudizio e, quando occorre, ordina l'integrazione di esso o la notificazione prevista dall'articolo 332, dichiara la contumacia dell'appellato oppure dispone che si rinnovi la notificazione dell'atto di appello, e provvede alla riunione degli appelli proposti contro la stessa sentenza. [III]. Quando rileva che ricorre l'ipotesi di cui all'articolo 348-bis il giudice, sentite le parti, dispone la discussione orale della causa ai sensi dell'articolo 350-bis. Allo stesso modo può provvedere quando l'impugnazione appare manifestamente fondata, o comunque quando lo ritenga opportuno in ragione della ridotta complessità o dell'urgenza della causa.
[IV]. Quando non provvede ai sensi del terzo comma, nella stessa udienza il giudice procede al tentativo di conciliazione ordinando, quando occorre, la comparizione personale delle parti; provvede inoltre sulle eventuali richieste istruttorie, dando le disposizioni per l'assunzione davanti a sé delle prove ammesse. [V]. L'estinzione del processo e' dichiarata nei modi e nelle forme previste dall'articolo 348, terzo comma2. [VI]. Davanti alla corte di appello, i provvedimenti sono pronunciati dall'istruttore, se nominato, nei casi espressamente previsti e nei casi di cui agli articoli 309 e 355; in ogni altro caso sono pronunciati dal collegio3.
[1] Articolo dapprima sostituito dall'art. 38 l. 14 luglio 1950, n. 581, poi nuovamente sostituito dall'art. 55 l. 26 novembre 1990, n. 353 e successivamente modificato, dall'art. 74 d.lg. 19 febbraio 1998, n. 51 - con effetto, ai sensi dell'art. 247 comma 1 dello stesso decreto quale modificato dall'art. 1 l. 16 giugno 1998, n. 188, dal 2 giugno 1999 - che ha sostituito il comma 1 ed inserito nei commi 2 e 3, la parola "giudice" in luogo di quella "collegio". Il comma 1, nel testo previgente, era così formulato: «La trattazione dell'appello è collegiale». Precedentemente l'intero articolo era così formulato: «Attività dell'istruttore. [I]. All'udienza di comparizione l'istruttore verifica la regolare costituzione del giudizio e, quando occorre, ordina l'integrazione di esso o la notificazione prevista nell'articolo 332, oppure dispone che si rinnovi la notificazione dell'atto d'appello. [II]. Dichiara l'inammissibilità dell'appello o l'improcedibilità di esso, ovvero l'estinzione del procedimento d'appello, quando al riguardo non sorgono contestazioni; altrimenti provvede a norma dell'art. 187, terzo comma. [III]. Dichiara inoltre la contumacia dell'appellato, provvede alla riunione degli appelli proposti contro la stessa sentenza, e procede al tentativo di conciliazione ordinando, quando occorre, la comparizione personale delle parti. [IV]. Tutti i provvedimenti sono dati con ordinanza e sono soggetti a reclamo a norma dell'articolo 357» . In seguito modificato dall'art. 27 della l. 12 novembre 2011, n. 183, ha aggiunto le parole «ma il presidente del collegio può delegare per l'assunzione dei mezzi istruttori uno dei suoi componenti». Ai sensi dell'art. 36 , della legge n. 183, cit., la modifica ha vigore a decorrere dai trenta giorni successivi al 1° gennaio 2012. Da ultimo così sostituito dall'art. 3, comma 26, lett. g), del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 (ai sensi dell'art. 52 d.lgs. n. 149 /2022 , il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale). Per la disciplina transitoria v. art. 35 d.lgs. n. 149/2022, come sostituito dall'art. 1, comma 380, lettera a), l. 29 dicembre 2022, n. 197, che prevede che : "1. Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti.- 4. Le norme dei capi I e II del titolo III del libro secondo e quelle degli articoli 283, 434, 436-bis, 437 e 438 del codice di procedura civile, come modificati dal presente decreto, si applicano alle impugnazioni proposte successivamente al 28 febbraio 2023". Si riporta il testo anteriore alla suddetta sostituzione: «[I].Davanti alla corte di appello la trattazione dell'appello è collegiale ma il presidente del collegio può delegare per l'assunzione dei mezzi istruttori uno dei suoi componenti; davanti al tribunale l'appello è trattato e deciso dal giudice monocratico. [II]. Nella prima udienza di trattazione il giudice verifica la regolare costituzione del giudizio e, quando occorre, ordina l'integrazione di esso o la notificazione prevista dall'articolo 332, oppure dispone che si rinnovi la notificazione dell'atto di appello. [III]. Nella stessa udienza il giudice dichiara la contumacia dell'appellato, provvede alla riunione degli appelli proposti contro la stessa sentenza e procede al tentativo di conciliazione ordinando, quando occorre, la comparizione personale delle parti [335].» . [2] Comma aggiunto dall'art. 3, comma 4, lett. f), del d.lgs. 31 ottobre 2024, n. 164. Ai sensi dell'art. 7, comma 1, del medesimo decreto, le disposizioni di cui al d.lgs. n. 164/2024 cit. si applicano ai procedimenti introdotti successivamente al 28 febbraio 2023. [3] Comma aggiunto dall'art. 3, comma 4, lett. f), del d.lgs. 31 ottobre 2024, n. 164. Ai sensi dell'art. 7, comma 1, del medesimo decreto, le disposizioni di cui al d.lgs. n. 164/2024 cit. si applicano ai procedimenti introdotti successivamente al 28 febbraio 2023. InquadramentoLa trattazione dell'appello che era tendenzialmente collegiale dinanzi alla corte d'appello (dal 30 aprile 1995, ossia dall'entrata in vigore della l. n. 353/1990) e monocratica dinnanzi al tribunale (dal 2 giugno 1999, data in cui è entrata in vigore la modifica dell'art. 350 introdotta dall'art. 74 d.lgs. n. 51/1998), è tornata ad essere affidata al risorto istruttore, determinando così una inutile complicazione del giudizio di appello dinanzi alle corti d'appello. Da ultimo il correttivo (d.lgs. n. 164/2024) ha aggiunto alla norma i seguenti commi «L’estinzione del processo è dichiarata nei modi e nelle forme previste dall’art. 348, comma 3. Davanti alla corte di appello, i provvedimenti sono pronunciati dall’istruttore, se nominato, nei casi espressamente previsti e nei casi di cui agli artt. 309 e 355; in ogni altro caso sono pronunciati dal collegio». Si è così assimilata la collegialità in appello a quella del giudizio dinanzi al tribunale quale giudice di primo grado nelle cause indicate dall'art. 50-bis, collegialità che opera nella sola fase decisoria, in contrapposizione alla fase di trattazione rimessa al giudice istruttore: ma in primo grado il passaggio per una fase istruttoria è del tutto fisiologico, mentre non si spiega negli appelli dinanzi alle corti d'appello, nei quali, a tenore dell'attuale art. 345 c.p.c., non c'è normalmente un bel nulla da istruire. La regola della necessaria collegialità dell'intero giudizio di appello dinanzi alle corti di appello comportava in passato che il collegio non potesse delegare il compimento di singoli atti ad un suo componente (Sassani, 1999, 181). Tale soluzione è stata giudicata costituzionalmente conforme (Carrato, 2012, 240). A tal riguardo è tuttavia intervenuto il legislatore con l'art. 27 l. n. 183/2011 che ha introdotto nel primo comma della disposizione in commento, poi novellata nel 2022, la previsione secondo cui il presidente del collegio poteva delegare per l'assunzione dei mezzi istruttori uno dei suoi componenti: il che rende ulteriormente inutile il tendenziale ritorno alla collegialità disposto con l'ultima riforma del 2022. Aspetti della collegialitàL'introduzione della regola della piena collegialità era stata del resto posta in correlazione con la configurazione assunta dal giudizio di appello quale revisio prioris instantiae, tale da comportare la ovvia soppressione di una fisiologica fase di trattazione affidata al consigliere istruttore (Consolo-Luiso-Sassani, 1996, 402). La violazione della regola della collegialità, operante dinanzi alla corte d'appello, quando ne sussistono i presupposti, non determina un vizio di costituzione del giudice e non comporta la nullità della pronuncia nel caso che l'attività svolta dal giudice monocratico abbia carattere meramente ordinatorio; al contrario, se l'attività irritualmente compiuta dal singolo componente del collegio abbia carattere decisorio, ovvero anche soltanto valutativo, perché relativo ad attività istruttoria, si determina nullità della sentenza, la quale non impedisce peraltro il passaggio in giudicato di essa in mancanza di impugnazione (Cass. n. 1731/2001; Cass. n. 13894/2003; Cass. n. 28497/2005; Cass. 10576/2008). Tale orientamento, rimasto a lungo fermo, è stato innovato da una decisione secondo cui la deduzione della nullità della sentenza perché fondata su risultanze istruttorie assunte da un componente del collegio a ciò delegato deve essere accompagnata dalla circostanziata denuncia del carattere valutativo dell'attività compiuta dal giudice delegato: secondo questa impostazione (Cass. n. 12957/2011), cioè, l'attività di assunzione dei mezzi di prova non è di per se stessa attività valutativa, mentre il carattere valutativo di essa va denunciato di volta in volta dall'interessato. Tale contrasto giurisprudenziale può dirsi ormai superato dalla già citata recente novella del comma 1 della norma in commento. Con riguardo alla collegialità va ancora rammentato il principio dell'immutabilità del collegio giudicante: esso si riassume in ciò, che la composizione del collegio che decide la causa non può differire da quello che lo ha tenuto in decisione (Cass. n. 10458/2001). Inoltre, nei procedimenti camerali contenziosi che si svolgono in grado d'appello è legittima la delega allo svolgimento dell'udienza di comparizione delle parti ad uno dei componenti del collegio, poiché tale possibilità è prevista dall'art. 350, comma 1, per il giudizio a cognizione piena, le norme processuali relative al quale, ove non incompatibili, integrano quelle dettate per i procedimenti camerali (Cass. n. 26200/2015). La prima udienza di trattazioneLa disciplina della prima udienza del giudizio d’appello è contenuta nella norma in commento. Si è provveduto ad indicare le funzioni svolte in udienza dall’istruttore, quando nominato: verifiche preliminari sull’integrità del contraddittorio, dichiarazione della contumacia, riunione degli appelli proposti contro la stessa sentenza, tentativo di conciliazione, eventuale ammissione e conseguente assunzione delle prove, nei limiti in cui ciò è consentito nel giudizio di appello: ciò si legge nella relazione di accompagnamento al d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, relazione al cui autore pare sfuggire che l’art. 345 vieta l’ammissione di nuovi mezzi e la produzione di nuovi nuovi documenti, di guisa che lo svolgimento di istruttoria in appello è destinata a realizzarsi, perlopiù, in questi casi in cui vi sia stato un errore del primo giudice nel non dar corso all’istruttoria, la qual cosa avrebbe reso evidentemente opportuno che la decisione sul punto fosse adottata non dall’istruttore ma dal collegio. Nella prima udienza si decide con ordinanza: i) sulla verifica della regolare costituzione del giudizio, adottando i provvedimenti di cui agli artt. 164, 291 e 182, invitando in proposito le parti alla regolarizzazione degli atti e documenti secondo quanto detta disposizione prevede (Gozzi, 2011, 750; v. Cass. S.U., n. 9217/2010; per l’applicabilità dell’art. 182 in appello v. pure Cass. n. 7619/2011); ii) sulla verifica prevista dagli artt. 331 e 332 ai fini dell’integrazione del contraddittorio nelle cause inscindibili e scindibili; iii) sulla dichiarazione di contumacia del solo appellato, dal momento che la mancata costituzione dell’appellante determina l’improcedibilità dell’appello; in caso di proposizione dell’appello incidentale, va disposta va sua notifica al contumace; iv) sulla riunione degli appelli proposti contro la stessa sentenza ai sensi dell’art. 335; v) sull’eventuale tentativo di conciliazione e convocazione personale delle parti; quest’ultima è oggetto di un potere discrezionale del collegio, così come il tentativo di conciliazione, cui può far seguito un’apposita udienza per la redazione e sottoscrizione del verbale di conciliazione secondo la previsione dell’art. 88, comma 2, disp. att.; ora venga disposta la comparizione personale delle parti per l’interrogatorio libero, è da credere che la loro mancata comparizione senza giustificato motivo possa essere valutata come argomento di prova ex art. 116; vi) sulla eventuale richiesta di inibitoria. vii) sul regolamento di competenza d’ufficio proposto dal giudice di secondo grado ai sensi dell’art. 45, atteso che la preclusione di cui all’art. 38, comma 3, trova applicazione anche nell’ipotesi detta, con la conseguenza che il regolamento, dovendo immediatamente seguire al rilievo dell’incompetenza, deve essere richiesto entro il termine di esaurimento delle attività di trattazione contemplate dall’art. 350, ossia prima che il giudice del gravame provveda all’eventuale ammissione delle prove a norma dell’art. 356, ovvero – in caso di non espletamento di attività istruttoria – prima che proceda ad invitare le parti alla precisazione delle conclusioni e a dare ingresso alla fase propriamente decisoria (Cass. S.U., n. 11866/2020). 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