Codice di Procedura Civile art. 369 - Deposito del ricorso 1 .Deposito del ricorso1. [I]. Il ricorso è depositato [nella cancelleria della corte,] a pena d'improcedibilità [3751, 387], nel termine di giorni venti dall'ultima notificazione alle parti [330] contro le quali è proposto [134, 135, 137 att.]2. [II]. Insieme col ricorso debbono essere depositati, sempre a pena d'improcedibilità: 1) il decreto di concessione del gratuito patrocinio3 ; 2) copia autentica della sentenza o della decisione impugnata con la relazione di notificazione, se questa è avvenuta, tranne che nei casi di cui ai due articoli precedenti; oppure copia autentica dei provvedimenti dai quali risulta il conflitto nei casi di cui ai numeri 1 e 2 dell'articolo 362; 3) la procura speciale, se questa è conferita con atto separato [832-3]; 4) gli atti processuali, i documenti, i contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda [372] 45.
[1] Per contrastare l'emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenerne gli effetti negativi sullo svolgimento dell'attività giudiziaria, v. art. 221, commi 2, 5, d.l. 19 maggio 2020, n. 34, conv. con modif. in l. 17 luglio 2020, n. 77 (per il termine di applicazione di tale disposizione, v. quanto previsto dall'art. 23, comma 1, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, conv., con modif, in l. 18 dicembre 2020, n. 176, come da ultimo modificato dall'art. 6, comma 1, lett. a), d.l. 1° aprile 2021, n. 44, conv., con modif., in l. 28 maggio 2021, n. 76, in tema di deposito degli atti in modalità telematica. Da ultimo, v. art. 16, comma1, d.l. 30 dicembre 2021, n. 228, con modif., in l. 25 febbraio 2022, n. 15, che stabilisce che «Le disposizioni di cui all'articolo 221, commi 3, 4, 5, 6, 7, 8 e 10 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, nonche' le disposizioni di cui all'articolo 23, commi 2, 6, 7, 8, primo, secondo, terzo, quarto e quinto periodo, 8-bis, primo, secondo, terzo e quarto periodo, 9, 9-bis e 10, e agli articoli 23-bis, commi 1, 2, 3, 4 e 7, e 24 del decreto-legge 28 ottobre 2020 n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, in materia di processo civile e penale, continuano ad applicarsi fino alla data del 31 dicembre 2022»; v. anche art. 16, comma 2, d.l. n. 228, cit. Per l'applicazione v., da ultimo, art. 8, commi 8,9 d.l. 29 dicembre 2022, n. 198, conv., con modif., in l. 24 febbraio 2023, n. 14. [2] Comma modificato dall'art. 3, comma 27, lett. e) num. 1) d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, che ha sostituito le parole: «e'» alle parole: «deve essere» e ha soppresso le parole «nella cancelleria della corte». Per la disciplina transitoria v. art. 35 d.lgs. n. 149/2022, come sostituito dall'art. 1, comma 380, lettera a), l. 29 dicembre 2022, n. 197, che prevede che : "5. Salvo quanto disposto dal comma 6, le norme del capo III del titolo III del libro secondo del codice di procedura civile e del capo IV delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 18 dicembre 1941, n. 1368, come modificati dal presente decreto, hanno effetto a decorrere dal 1° gennaio 2023 e si applicano ai giudizi introdotti con ricorso notificato a decorrere da tale data". [3] Numero così sostituito dall'art. 4 l. 18 ottobre 1977, n. 793. [4] Numero così sostituito dall'art. 7 d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, a far data dal 2 marzo 2006. Ai sensi dell' art. 27 d.lg. n. 40, cit., la disposizione si applica « ai ricorsi per cassazione proposti avverso le sentenze e gli altri provvedimenti pubblicati a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto». Il testo del numero era il seguente: « 4) gli atti e i documenti sui quali il ricorso si fonda ». [5] Seguiva un comma abrogato dall'art. 3, comma 27, lett. e) num. 2) d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149. Per la disciplina transitoria v. art. 35 d.lgs. n. 149/2022, come sostituito dall'art. 1, comma 380, lettera a), l. 29 dicembre 2022, n. 197, che prevede che : "5. Salvo quanto disposto dal comma 6, le norme del capo III del titolo III del libro secondo del codice di procedura civile e del capo IV delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 18 dicembre 1941, n. 1368, come modificati dal presente decreto, hanno effetto a decorrere dal 1° gennaio 2023 e si applicano ai giudizi introdotti con ricorso notificato a decorrere da tale data". Il testo del comma era il seguente: «Il ricorrente deve chiedere alla cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata o del quale si contesta la giurisdizione la trasmissione alla cancelleria della Corte di cassazione del fascicolo d'ufficio [1682]; tale richiesta è restituita dalla cancelleria al richiedente munita di visto, e deve essere depositata insieme col ricorso». InquadramentoLa norma precisa ciò che il ricorrente ha l'onere di depositare, allorché accede al giudizio di legittimità. In proposito, vale subito premettere che la giurisprudenza nella materia si è essenzialmente formata in riferimento al deposito cartaceo, ed essa va tenuta ferma in questo commento, quantunque la disciplina applicabile, come subito si dirà, sia mutata, sia perché gli approdi raggiunti meritano sovente di essere mantenuti fermi anche con riguardo al deposito telematico, sia perché la giurisprudenza sul deposito cartaceo conserverà interesse per un tempo non breve, fintanto che la Corte di cassazione non avrà smaltito il proprio arretrato, perlopiù appunto cartaceo. In forza dell'art. 221, comma 5, d.l. 19 maggio 2020, n. 34, convertito con modificazioni in l. 17 luglio 2020, n. 77, dal 31 marzo 2021 è divenuto possibile il deposito telematico degli atti del processo presso la Corte di cassazione. Dal 1° gennaio 2023 (v. art. 35 d.lgs. 149/2022) è entrato in vigore l'obbligo di deposito telematico del ricorso e del controricorso per cassazione, oltre che della generalità di quanto è oggetto di deposito: l'art. 196 quater disp. att. c.p.c., introdotto con la menzionata riforma del 2022 (d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149) ha difatti stabilito, per quanto ora rileva rammentare, che: «Nei procedimenti davanti … alla Corte di cassazione il deposito degli atti processuali e dei documenti … ha luogo esclusivamente con modalità telematiche». Di conseguenza sono stati abrogati gli artt. da 134 a 137 disp. att. c.p.c. Pertanto, non è più possibile effettuare il deposito cartaceo, ovvero la spedizione a mezzo del servizio postale del ricorso per cassazione o del controricorso. E per conseguenza la norma in commento è stata fatta oggetto della riforma del 2022, al fine dell'adeguamento delle disposizioni sul giudizio di legittimità al deposito telematico obbligatorio degli atti e dei documenti di parte, che ha comportato l'eliminazione di ogni riferimento al deposito «in cancelleria». Nella stessa prospettiva è stato soppresso l'ultimo comma dell'art. 369, facendo, quindi, venir meno l'onere del ricorrente di chiedere, con apposita istanza, alla cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato o del quale si contesta la giurisdizione la trasmissione del fascicolo d'ufficio alla cancelleria della corte di cassazione: può darsi che il legislatore abbia ingenuamente pensato che la corte di cassazione possa accederai fascicoli telematici della fase di merito, il che almeno per ora non è, visto che l'applicativo in uso presso la Cassazione non comunica con quello in uso ai giudice di merito. Deve ritenersi che, qualora il ricorso sia improcedibile, il suo esame non è consentito nemmeno per rilevarne l'inammissibilità: invero, il concorso di una causa di inammissibilità ex art. 325 o 326 e di una causa di improcedibilità per omesso o tardivo deposito del ricorso exart. 369 si risolve, nel senso che la declaratoria di quest'ultima prevale sulla prima (Cass. n. 1389/2021; Cass. n. 1104/2006) . Il deposito del ricorso notificatoIl ricorso deve essere depositato come si è detto, oggi, telamaticamente. : Va al riguardo rammentato che il definitivo consolidarsi dell'effetto di tempestivo deposito prodottosi, in via anticipata, con la ricezione della ricevuta di avvenuta consegna (RdAC) è subordinato all'esito positivo dei successivi controlli, la cui prova è data dal messaggio di posta elettronica certificata contenente l'esito dell'intervento di accettazione da parte della cancelleria, cd. quarta PEC (Cass. S.U., n. 28403/2023). Tuttavia, in tema di ricorso per cassazione, l'errore nel deposito telematico dell'atto, eseguito ad un indirizzo PEC non più attivo, deve ritenersi scusabile se è provocato da un software e l'utente non è in grado di prevenirlo o intercettarlo con l'ordinaria diligenza (Cass. n. 16552/2024, che ha affermato la tempestività del deposito telematico del controricorso effettuato ad un indirizzo, generato automaticamente dal software «SL-pct», non più attivo perché sostituito da altro, avendo il controricorrente effettuato un nuovo deposito entro un breve lasso di tempo dall'avvenuta consapevolezza dell'insuccesso del primo tentativo, che aveva generato una RdAC formalmente regolare). Ed ovviamente, con riguardo al deposito telematico di un atto processuale che abbia avuto come esito un messaggio di errore fatale nella c.d. «quarta PEC», la valutazione della imputabilità della decadenza processuale determinatasi non può fondarsi esclusivamente sulla circostanza costituita dallo stesso messaggio di errore fatale, atteso che quest'ultimo non necessariamente è dovuto a colpa del mittente, ma esprime soltanto l'impossibilità del sistema di caricare l'atto nel fascicolo telematico, e la valutazione circa la tempestività della successiva formulazione dell'istanza di rimessione in termini, ammissibile se presentata entro un lasso di tempo contenuto e rispettoso del principio della durata ragionevole del processo, deve avvenire tenendo altresì conto della necessità di svolgere accertamenti e verifiche presso la cancelleria (Cass. n. 1348/2024). Con riguardo al deposito cartaceo si è detto che non sarebbe dunque sufficiente una mera copia, la quale non consentirebbe la verifica né della tempestività del ricorso, né dell'esistenza di una valida procura (Cass. n. 10784/2015); neppure esonera dalla pronuncia d'improcedibilità il deposito della copia del ricorso da parte del controricorrente, la quale sarebbe oltretutto tardiva (Cass. n. 9262/2015). In particolare, le Sezioni unite (Cass. S.U., n. 18121/2016; confermate daCass. S.U., n. 4092/2017) hanno stabilito che la mancanza, nella copia notificata del ricorso per cassazione, il cui originale risulti tempestivamente depositato, di una o più pagine non comporta l'inammissibilità del ricorso, ma costituisce vizio della notifica sanabile, con efficacia ex tunc, mediante nuova notifica di una copia integrale, su iniziativa dello stesso ricorrente o entro un termine fissato dalla corte di cassazione, ovvero per effetto della costituzione dell'intimato, salva la possibile concessione a quest'ultimo di un termine per integrare le sue difese. Si ammette è che, ove depositata la sola copia fotostatica, il ricorso originale notificato sia depositato ex art. 372, ma sempre nel termine perentorio di venti giorni dall'ultima notifica (Cass. n. 870/2015); si ammette pure che la mancanza di una o più pagine renda inammissibili solo i relativi motivi mancanti, quando non abbia impedito al giudice ed al destinatario della notifica la comprensione dell'atto (Cass. n. 24656/2013; Cass. n. 1213/2010; v. pure Cass. n. 12197/2011, circa la mancanza di alcuno dei fogli solo nella copia, ma non nell'originale che rechi in calce la relazione di notificazione contenente l'attestazione dell'eseguita consegna della copia). Pertanto, si è ritenuto inammissibile (solo) il singolo motivo, laddove il ricorso era privo della pagina che lo conteneva , restando dunque detto motivo “appena abbozzato e, perciò, tamquam non esset ” ( Cass. n. 2912/2019 ). La violazione è rilevabile d'ufficio, restando ininfluente la mancata contestazione di controparte circa la produzione di una mera copia (Cass. n. 10784/2015; Cass. n. 15624/2012, la quale precisa come invero sia del tutto inapplicabile l'art. 2719 c.c.), o in generale circa l'omesso deposito del ricorso entro il termine stabilito (Cass. n. 12894/2013; Cass. n. 15544/2012; Cass. S.U., n. 11003/2006). Per quanto riguarda la notificazione, il materiale difetto ne comporta l'inammissibilità (Cass. n. 20893/2015; Cass. n. 12509/2011); peraltro, le Sezioni unite sono intervenute per chiarire che la mancanza dell'attestazione di conformità della procura alle liti notificata unitamente al ricorso a mezzo Pec ai sensi dell'art. 3-bis l. n. 53 del 1994 non comporta l'inammissibilità del ricorso per nullità della notificazione, venendo in rilievo, nell'attuale contesto di costituzione mediante deposito di fascicolo cartaceo, una mera irregolarità sanata dal tempestivo deposito del ricorso e della procura in originale analogico, corredati dall'attestazione mancante (Cass. S.U., n. 29175/2020). Le S.U. hanno chiarito (Cass. S.U., n. 14916/2016 e Cass. S.U., n. 14917/2016) che, però, solo a limitate condizioni può parlarsi di “inesistenza della notificazione” del ricorso per cassazione, mentre in ogni altro caso si tratta di mera nullità, e che il luogo in cui la notificazione viene eseguita non attiene agli elementi costitutivi essenziali dell'atto, sicché i vizi relativi alla sua individuazione, anche quando esso si riveli privo di alcun collegamento col destinatario, ricadono sempre nell'ambito della nullità sanabile con la costituzione della parte intimata o con la rinnovazione della notificazione. Al riguardo, si è così precisato che la notificazione in un luogo diverso dal domicilio eletto, ove l'atto risulti consegnato al destinatario e non restituito al mittente, non è pertanto inesistente, ma nulla ed è suscettibile di sanatoria per effetto della costituzione in giudizio dell'intimato, ancorché effettuata al solo fine di eccepire la nullità (Cass. n. 7703/2018). Quando sia intervenuta la pronuncia di fallimento della parte nelle more del giudizio di appello e l'evento non sia stato dichiarato nel corso di esso, la notifica del ricorso per cassazione, fatta presso il difensore di detta parte in bonis, anziché nei confronti del curatore del fallimento, non è inesistente, ma nulla e suscettibile di rinnovazione (Cass. n. 8192/2018). Ai fini della dimostrazione dell'avvenuta notifica a mezzo del servizio postale occorre il deposito, non oltre l'udienza di discussione, dell'avviso di ricevimento del piego raccomandato contenente la copia del ricorso, ovvero l'avviso di ricevimento della raccomandata con la quale l'ufficiale giudiziario dà notizia al destinatario dell'avvenuto compimento delle formalità di cui all'art. 140 (Cass. n. 19387/2012). Sul termine ultimo per la produzione dell'avviso di ricevimento del ricorso, si veda infra. Termine per il deposito del ricorsoLa legge prevede tale adempimento entro il termine di venti giorni dall'ultima notificazione. Esso si calcola dalla data di ricezione dell'atto notificato alla parte contro cui il ricorso è proposto (Cass. n. 29747/2017; Cass. n. 684/2016 ; Cass. n. 24639/2015 ; Cass. n. 9861/2014). Sebbene il ricorso, notificato a mezzo posta, sia stato restituito al notificante in ritardo , ciò non giova al differimento del termine perentorio in commento: infatti, posto che il momento perfezionativo della notifica del ricorso si identifica con la ricezione dell'atto da parte del destinatario, nulla impedito al ricorrente di provvedere ad assolvere all'adempimento del deposito del ricorso notificato, pur in mancanza della restituzione dell'atto, restando poi possibile, qualora la notifica risulti non essere andata a buon fine e l'intimato non si sia costituito, chiedere nuovo termine per effettuare la notifica exart. 291 c.p.c. (Cass. n. 20128/2017; la quale richiama Cass. n. 14742/2007; Cass. n. 14742/2006; Cass. S.U., n. 458/2005; Cass. n. 18087/2004; Cass. n. 11201/2003).La violazione del termine è rilevabile d'ufficio, né può essere sanata ove la parte resistente abbia notificato controricorso senza eccepire l'improcedibilità, trattandosi di termine perentorio (Cass. n. 24178/2016; Cass. n. 17462/2016; Cass. n. 22914/2013; Cass. n. 1635/2006), concludendo dette decisioni nel senso che debba sempre escludersi la possibilità di recupero della condizione di procedibilità, atteso che ciò introdurrebbe nel sistema elementi di alea ed imprevedibilità, finendo con il far dipendere il giudizio sull'osservanza delle forme e dei termini, e l'esito stesso del giudizio, da circostanze casuali ed imponderabili. Tuttavia, in senso contrario, si è invece affermata l'astratta applicabilità, anche a questa fattispecie, dell'istituto della rimessione in termini, di cui all'art. 153, ove il tardivo deposito dell'originale del ricorso sia dovuto a causa non imputabile (Cass. n. 22092/2019) . «Ultima notifica» è quella eseguita nei confronti di una delle più controparti cui il ricorso deve essere notificato e non lo sia ancora stato in precedenza, non già quella reiterata nei confronti della medesima parte, a meno che la prima notificazione alla medesima parte non debba essere considerata viziata da nullità (Cass. n. 24715/2017; Cass. n. 23264/2017; Cass. n. 1958/2016; Cass. n. 14411/2012; Cass. n. 9967/2008 ; Cass. n. 1635/2006). Ma si è precisato come, ove il ricorso per cassazione sia stato notificato a più parti, alcune delle quali, sebbene convenute nel giudizio di appello, risultino ormai estranee alla materia del contendere, il deposito in cancelleria del ricorso, previsto a pena di improcedibilità ex art. 369 c.p.c. va eseguito entro il termine di venti giorni decorrenti dalla data della notificazione effettuata nei confronti della controparte sostanziale, unica legittimata ed interessata a contraddire, irrilevanti essendo le eventuali successive notifiche nei confronti delle altre parti (Cass. n. 24715/2017; Cass. 7194/2016; Cass. n. 26773/2009); onde, poi, il termine di ulteriori venti giorni, concesso a tale parte sostanziale per la notificazione del proprio controricorso ex art. 370 c.p.c. decorre dalla data dell'avvenuto deposito del ricorso, eseguito rispetto alla notificazione che la riguarda. Si noti che, quando la legge prevede la riduzione a metà dei termini processuali nel giudizio di cassazione, la regola vige anche per il termine di venti giorni, da ridursi conseguentemente a dieci, stabilito nel primo comma della norma in commento (per il giudizio elettorale, cfr. Cass. n. 27326/2011; Cass. n. 17203/2004). Il contrario, peraltro, si è ritenuto (Cass. n. 25218/2013) nel caso di ricorso per cassazione avverso la dichiarazione di fallimento, essendo il primo correlato ad un'espressa previsione e non ad una norma che ne disponga la dimidiazione. La prova dell'avvenuta notificazione del ricorso, dal suo canto, può essere data, con la produzione dei relativi avvisi, sino all'udienza di discussione di cui all'art. 379, ma prima che abbia inizio la relazione di cui al comma 1 della citata disposizione, o fino all'adunanza in camera di consiglio di cui all'art. 380-bis (Cass. S.U., n. 14124/2010). Infatti, sussiste un preciso termine ultimo per la produzione dell'avviso di ricevimento del piego raccomandato contenente la copia del ricorso spedita per la notificazione a mezzo del servizio postale, ai sensi dell'art. 149 c.p.c., o della raccomandata con la quale l'ufficiale giudiziario dà notizia al destinatario dell'avvenuto compimento delle formalità di cui all'art. 140 c.p.c.: ove, infatti, l'avviso non sia allegato al ricorso, esso può essere prodotto fino all'udienza di discussione ex art. 379 c.p.c., ma prima che abbia inizio la relazione, ovvero fino all'adunanza della corte in camera di consiglio ex art. 380-bis c.p.c.; né, al riguardo, è permessa la concessione di un termine per il deposito, salva la rimessione in termini per il deposito dell'avviso che il difensore affermi di non aver ricevuto, offrendo la prova documentale di essersi tempestivamente attivato nel richiedere all'amministrazione postale un duplicato dell'avviso stesso, secondo quanto stabilito dall'art. 6, comma 1, l. n. 890/1982 (Cass. n. 18361/2018; Cass. n. 19623/2015; Cass. S.U. , n. 627/2008). Pertanto, è stato dichiarato inammissibile il ricorso, in un caso in cui il ricorrente aveva richiesto all'amministrazione postale il rilascio del duplicato della ricevuta di ritorno solo dopo sei anni dalla data di spedizione dell'atto, senza verificare in precedenza la sorte del plico postale (Cass. n. 8641/2019). Sino all’attivazione del sistema del deposito in via telematica nei giudizi innanzi alla corte di cassazione, quando pur esso sia stato trasmesso in via telematica nei termini di cui all’art. 369 c.p.c., è ancora necessario il tempestivo deposito dell'originale del ricorso, a pena di improcedibilità (Cass. n. 104/2020). Si è chiarito (Cass. n. 9097/2019; Cass. n. 1930/2017) poi che, nell'ipotesi in cui la Corte abbia disposto, ai sensi dell'art. 291 c.p.c., il rinnovo della notificazione del ricorso, esso va depositato in cancelleria entro il termine perentorio di venti giorni dalla scadenza del termine assegnato, in applicazione estensiva dell'art. 371-bis c.p.c.; in caso di inottemperanza all'ordine, il ricorso è inammissibile. Per quanto riguarda, invece, i termini per proporre il ricorso per cassazione, si rimanda al commento agli artt. 325 e 327. Qui si ricorda solo che le S.U., componendo un contrasto, hanno chiarito come la sospensione del termine per proporre ricorso per cassazione (o del processo medesimo), nel caso di istanza ex art. 398, comma 4, si verifica al momento della comunicazione del relativo provvedimento, non con la mera proposizione dell'istanza (Cass. S.U., n. 21874/2019). Il decreto di ammissione al patrocinio a spese dello StatoL'art. 369 prescrive anzitutto il deposito in giudizio del «decreto di concessione del gratuito patrocinio», a pena di improcedibilità. Il patrocinio a spese dello Stato nei giudizi civili ed amministrativi è stato introdotto con la l. n. 134/2001 (modifiche alla l. n. 217/1990, recante istituzione del patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti), stabilendosi che, per i giudizi civili e amministrativi (l'espressa estensione anche ai processi contabile e tributario è dovuta all'art. 2 d.lgs. n. 113/2002), le ragioni del non abbiente dovessero risultare non manifestamente infondate. Fra gli scarsi precedenti di applicazione del precetto in esame, si menzionano quelli in cui: - è stata respinta l'eccezione di improcedibilità del ricorso, allorché il ricorrente aveva affermato di essere stato ammesso al beneficio, senza specificamente indicare il documento fra gli allegati: ciò, in quanto il decreto di ammissione era stato prodotto e la norma non prescrive un onere di “indicazione” di tale documento nel ricorso, bensì di semplice deposito unitamente allo stesso (Cass. n. 2333/2018); - è stata (non condivisibilmente) respinta del pari l'eccezione di improcedibilità per mancato deposito del decreto di ammissione al gratuito patrocinio, in quanto risultava depositata all'atto dell'iscrizione a ruolo del ricorso la delibera del consiglio dell'ordine degli avvocati che aveva ammesso la parte ricorrente al beneficio per il giudizio di appello: «La circostanza che la ricorrente non potesse giovarsi di tale delibera per il giudizio di cassazione (a norma dell'art. 120 d.P.R. n. 115/2002, secondo cui “la parte ammessa rimasta soccombente non può giovarsi dell'ammissione per proporre impugnazione”) non vale ad escludere che l'onere previsto dall'art. 369, comma 2, n. 1, sia stato comunque assolto, dal momento che incide sul diverso profilo della (persistente) efficacia della delibera di ammissione» (Cass. n. 249/2017); - la mancata produzione del decreto del consiglio dell'ordine degli avvocati di ammissione del ricorrente al gratuito patrocinio non costituisce motivo di improcedibilità del ricorso, allorché, come prevede l'art. 144 d.P.R. n. 115/2002, vi sia l'attestazione del giudice delegato alla procedura fallimentare circa la indisponibilità del denaro necessario per le spese, posto che in tal caso la norma prevede che il fallimento si considera ammesso al patrocinio (Cass. n. 21363/2014, attestazione, nella specie, resa contestualmente al rilascio in favore del curatore dell'autorizzazione alla instaurazione del giudizio;Cass. n. 12947/2014; Cass. n. 4192/2014; e v. Cass. n. 7842/2015). Al riguardo, peraltro, si è affermato (Cass. n. 29747/2018) che solo il curatore è legittimato a proporre l'istanza di ammissione al patrocinio a spese dello stato, non potendo il giudice delegato procedere d'ufficio all'attestazione della mancata disponibilità del denaro. Non sarebbe peraltro neppure consentito al ricorrente (come invece opinava la relazione nel giudizio concluso da Cass. n. 21363/2014) depositare il decreto di ammissione al patrocinio a spese dello Stato come documento ex art. 372, non trattandosi affatto di un documento “relativo all'ammissibilità” del ricorso. Infine, si è precisato (Cass. n. 8295/2019) come poi, al di là della questione della improcedibilità, ai fini dell'esonero del ricorrente dal versamento dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dall'art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115/2002 non è sufficiente la prova del mero deposito della relativa istanza. Si noti come, quanto alla declaratoria della debenza del raddoppio del contributo unificato nel giudizio di cassazione, ove il ricorso sia disatteso, si è ora chiarito come, anche nel caso di ammissione del ricorrente al patrocinio a spese dello Stato, la Corte debba sempre darne atto: infatti, si tratta di una obbligazione (di importo predeterminato) che sorge ex lege nei casi predetti, esigendo la norma dal giudice unicamente l'attestazione dell'avere egli adottato una decisione di inammissibilità o improcedibilità o di reiezione integrale dell'impugnazione, anche incidentale, competendo poi in via esclusiva all'Amministrazione di valutare se, nonostante l'attestato tenore della pronuncia, vi sia in concreto, a motivo di fattori soggettivi, la possibilità di esigere la doppia contribuzione (cfr. Cass. n. 9660/2019). In tal senso, hanno provveduto anche le Sezioni unite (es. Cass. S.U., n. 23535/2019). Copia autentica della sentenzaLa copia della sentenza impugnata, che deve accompagnare a pena di improcedibilità il ricorso, può, in ambiente analogico, essere dichiarata conforme all'originale solo dal cancelliere presso il giudice a quo, in quanto unico depositario dell'originale, autorizzato a spedirne copia autentica (Cass. n. 10008/2011; Cass. n. 1914/2009). Bisogna però considerare che tale previsione è oggi superata dall’obbligo di deposito telematico, di cui si è detto: l’adempimento dell’onere di produzione della copia autentica della sentenza impugnata ha luogo mediante estrazione di copia dal fascicolo informatico con attestazione di conformità ex art. 16-bis, co. 9-bis, d.l. n. 179/2012. Nel richiamare gli orientamenti formatisi con riguardo al deposito cartaceo, occorre rammentare che, secondo un orientamento ampiamente ribadito, l’onere di deposito della copia autentica della sentenza impugnata era ritenuto non fungibile con la copia depositata dalla controparte o con la sentenza rinvenuta nel fascicolo d'ufficio (Cass. n. 14207/2015; Cass. n. 6712/2013; Cass. n. 17587/2006; Cass. n. 22108/2006). La questione è stata tuttavia sottoposta alle Sezioni unite, che con sentenza del 2019 (Cass. S.U., n. 8312/2019), hanno rielaborato la interpretazione normativa, come meglio si esporrà v. infra. Il deposito della copia autentica della sentenza impugnata è richiesto anche nel caso di ricorso contro una sentenza non definitiva, pur quanto il ricorrente l'abbia impugnata insieme alla definitiva (Cass. n. 9538/2014; Cass. n. 18844/2008). La copia autentica, inoltre, deve essere integrale, in quanto solo in tal modo la S.C. può venire a conoscenza del decisum (Cass. n. 1012/2015; Cass. n. 28460/2013); peraltro, quando manchino solo alcune pagine, potrebbe non essere compromesso l'intero ricorso, ove altri motivi siano regolarmente scrutinabili (Cass. n. 28460/2013). Ed anche più di recente, le Sezioni unite (Cass. S.U. n. 19675/2016) hanno statuito che la copia incompleta non produce improcedibilità,se, ai sensi dell’art. 156, il ricorso possa essere esaminato sulla base della sola parte prodotta, a ciò idonea. Copia notificata della sentenzaIl n. 2 del comma 2 prescrive non solo che sia depositata la copia autentica della sentenza impugnata. Il deposito è oggi pressocché esclusivamente digitale, ed è al riguardo importante ricordare che la S.C. tende giustamente a marginalizzare la distinzione tra copia informatica e duplicato informatico. Dunque, nel regime di deposito telematico degli atti, l'onere del deposito di copia autentica del provvedimento impugnato, imposto a pena di improcedibilità del ricorso dall'art. 369, comma 2 n. 2, c.p.c., è assolto non solo dal deposito della relativa copia informatica, recante la stampigliatura dei dati esterni concernenti la sua pubblicazione (numero cronologico e data), ma anche dal deposito del duplicato informatico di detto provvedimento, il quale ha il medesimo valore giuridico, ad ogni effetto di legge, dell'originale informatico e che, per sue caratteristiche intrinseche, non può recare alcuna sovrapposizione o annotazione che ne determinerebbe, di per sé, l'alterazione; ne consegue che, ai fini della verifica della tempestività dell'impugnazione, i dati relativi alla pubblicazione, ove in contestazione e non desumibili dai sistemi informatici in uso alla Corte di cassazione, vanno desunti dalla consultazione del fascicolo di merito, acquisito d'ufficio ex art. 137-bis disp. att. c.p.c. per i giudizi introdotti con ricorso notificato a decorrere dal 1° gennaio 2023, ovvero, per i giudizi precedentemente introdotti, tramite richiesta di attestazione dei dati stessi alla cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato, in presenza di istanza del ricorrente ex art. 369, ultimo comma, c.p.c., nella formulazione antecedente all'abrogazione disposta dal d.lgs. n. 149 del 2022 (Cass. n. 12971/2024). Il deposito deve estendersi alla «relazione di notificazione» della decisione, se esistente. Anche tale mancata produzione è rilevabile d'ufficio (Cass. S.U., n. 11932/1998), con la precisazione che l’omessa produzione della relata di notifica della sentenza impugnata comporta anch’essa l'improcedibilità del ricorso ex art. 369, comma 2, n. 2, c.p.c. e tale sanzione non contrasta con gli artt. 24 e 111 Cost. e 6 CEDU, trattandosi di un adempimento preliminare, tutt'altro che oneroso e complesso, che non mette in discussione il diritto alla difesa ed al giusto processo, essendo finalizzato a verificare, nell'interesse pubblico, il passaggio in giudicato della decisione di merito ed a selezionare la procedura più adeguata alla definizione della controversia (Cass. n. 19475/2024; per l’ovvia officiosità del rilievo dell’improcedibilità Cass. n. 17014/2024). La stessa regola opera in ambiente digitale: va perciò dichiarata l'improcedibilità ex art. 369, comma 2, n. 2, c.p.c. dell'impugnazione proposta contro una sentenza notificata a mezzo posta elettronica certificata, di cui il ricorrente non abbia depositato, unitamente al ricorso, la relata di notifica, mediante inserimento nella busta telematica, con la quale l'atto è depositato, del messaggio di posta elettronica certificata in formato .eml o .msg, che non risulti neppure prodotto dal controricorrente nel termine di cui all'art. 370, comma 3, c.p.c. (Cass. n. 14790/2024). Si è deciso (Cass. n. 6864/2019; Cass. n. 19750/2014) che, in caso di notifica della sentenza a mezzo posta, il ricorrente ha l'onere di depositare, insieme al ricorso, copia autentica della sentenza corredata di documentazione comprovante la spedizione dell'atto, spettando al controricorrente, anche in ossequio al principio di vicinanza della prova, l'onere di contestare il rispetto del termine breve d'impugnazione, depositando l'avviso di ricevimento. Le Sezioni Unite avevano in passato affermato che l'adempimento non è fungibile: nell'ipotesi, cioè, in cui il ricorrente alleghi essergli stata la sentenza notificata, il ricorso va dichiarato improcedibile se ne manchi il deposito, perché allora la Corte non è posta in grado di controllare la tempestività del ricorso (Cass. S.U., n. 9004/2009; Cass. S.U., n. 9005/2009; Cass. S.U., n. 11932/1998; in seguito, giurisprudenza costante: fra le altre, Cass. n. 1295/2018; Cass. n. 20883/2015; Cass. n. 7469/2014). Quindi, era stata rimessa alle Sezioni Unite la questione relativa alla procedibilità del ricorso per cassazione quando la copia notificata della sentenza impugnata, non prodotta dal ricorrente che pur abbia dichiarato l'esistenza di tale evento, sia stata depositata da altra parte (Cass. n. 1081/2016, ord. interl.): e le Sezioni Unite (Cass. S.U., n. 10648/2017), rivedendo il loro precedente orientamento, hanno escluso la possibilità di applicare la sanzione della improcedibilità, ex art. 369, comma 2, n. 2, al ricorso contro una sentenza notificata di cui il ricorrente non abbia depositato, unitamente al ricorso, la relata di notifica, ove questa risulti comunque nella disponibilità del giudice, perché prodotta dalla parte controricorrente ovvero acquisita mediante l'istanza di trasmissione del fascicolo di ufficio. Ciò, richiamando l'art. 6 § 1 della CEDU che tutela il «diritto a un tribunale», di cui il diritto di accesso costituisce un aspetto particolare, e l'esigenza di proporzionalità delle restrizioni, nonché il ripetuto superamento da parte delle Sezioni semplici e delle Sezioni Unite dei rigori formalistici con riguardo ad altri oneri di produzione documentale. Nello stesso senso, molte altre decisioni (es. Cass. n. 25105/2020). Si è ancora precisato che , in mancanza del fascicolo di ufficio di cui pure risulti chiesta l'acquisizione, deve comunque dichiararsi l'improcedibilità, atteso che non è previsto che nel fascicolo d'ufficio debba inserirsi copia della relata di notifica, trattandosi di attività che non avviene su iniziativa dell'ufficio e che interviene in un momento successivo alla definizione del giudizio (Cass. 13751 /2018; Cass. n. 21386/2017). Inoltre, ove la sentenza impugnata sia stata notificata con modalità telematiche, l'attestazione di conformità agli originali digitali della copia, formata su supporto analogico, della sentenza e della relazione di notificazione da depositare in cancelleria deve essere eseguita dal difensore del ricorrente mediante sottoscrizione autografa ai sensi dell'art. 9, comma 1-bis e comma 1-ter, l. n. 53/1994, senza che un'attestazione implicita ad essa equipollente possa desumersi dalla sottoscrizione della nota di iscrizione a ruolo e di deposito nella cancelleria (Cass. n. 12609/2018). Sulla questione e su altre connesse è ora intervenuta Cass. S.U., n. 8312/2019, si cui si dirà infra. Ed è reputato improcedibile il ricorso per cassazione nel caso in cui il ricorrente alleghi che la sentenza impugnata è stata notificata, limitandosi però a produrre una copia autentica della sentenza, senza la relata di notificazione (Cass. n. 21941/2019). Infine, quando il ricorrente abbia depositato la sola copia autentica della sentenza priva della relata di notifica, il ricorso è improcedibile, ai sensi della disposizione in commento, non rilevando che il ricorso sia stato notificato nel termine breve decorrente dalla data di notificazione della sentenza, ponendosi la procedibilità come verifica preliminare rispetto alla stessa ammissibilità (Cass. n. 14360/2021;Cass. n. 21386/2017). Depositi in “ambiente digitale”La giurisprudenza ha esaminato talune questioni concernenti il deposito telematico: si ricordi però che si tratta di pronunce formatesi nella fase in cui il deposito telematico era consentito, ma non obbligatorio. A) Per quanto riguarda il ricorso per cassazione, la S.C., in passato, aveva affermato che il deposito di copia analogica del ricorso per cassazione predisposto in originale telematico e notificato a mezzo PEC, con attestazione di conformità priva di sottoscrizione autografa del difensore exart. 9, commi 1-bis e 1-ter, l. n. 53/1994 ne comporta l'improcedibilità, a nulla rilevando la mancata contestazione della controparte ovvero il deposito di copia del ricorso ritualmente autenticata oltre il termine perentorio di venti giorni dall'ultima notifica, non essendo ammissibile il recupero di una condizione di procedibilità mancante al momento della scadenza del termine per il deposito del ricorso (fra le tante, Cass. n. 16822/2018; Cass. n. 18288/2018; Cass. n. 16496/2018; Cass. n. 12605/2018; Cass. S.U. n. 10266/2018;Cass. n. 7900/2018; Cass. n. 30918/2017). Ma l'orientamento (inutile dire, superato ormai dall’obbligatorietà del deposito telematico, e che comunque conserva interesse in relazione ai ricorsi cui tale obbligatorietà non si applica ratione temporis), dovuto ai dubbi sorti in merito all'osservanza dei princìpi del giusto processo e dell'accesso alla giustizia, è nel senso che il deposito in cancelleria di copia analogica del ricorso per cassazione predisposto in originale telematico e notificato a mezzo PEC, senza attestazione di conformità del difensore ex art. 9 cit., o con attestazione priva di sottoscrizione autografa, non ne comporta l'improcedibilità ove il controricorrente (anche tardivamente costituitosi) depositi copia analogica del ricorso ritualmente autenticata ovvero non abbia disconosciuto la conformità della copia informale all'originale notificatogli; viceversa, ove il destinatario della notificazione rimanga solo intimato, o non tutti i destinatari della notifica depositino controricorso, o si disconosca la conformità all'originale della copia analogica non autenticata del ricorso tempestivamente depositata, per evitare di incorrere nella dichiarazione di improcedibilità sarà onere del ricorrente depositare l'asseverazione di conformità all'originale della copia analogica sino all'udienza di discussione o all'adunanza in camera di consiglio (Cass. S.U., n. 22438/2018; e poi, es., Cass. n. 27480/2018). B) Sulla stessa linea, la questione della sanzione di improcedibiltà del ricorso per cassazione, ai sensi dell'art. 369, comma 1, n. 2, con riguardo ai requisiti della sentenza e della relata da depositare, è stata sottoposta, sotto vari profili, alle Sezioni Unite (Cass. S.U., n. 8312/2019), le quali hanno fissato plurimi principi di diritto, stabilendo che: 1) «Il deposito in cancelleria, nel termine di venti giorni dall'ultima notificazione, di copia analogica della decisione impugnata predisposta in originale telematico e notificata a mezzo PEC, priva di attestazione di conformità del difensore ex art. 9, commi 1-bis e 1-ter, l. n. 53/1994, oppure con attestazione priva di sottoscrizione autografa, non determina l'improcedibilità del ricorso per cassazione laddove il controricorrente (o uno dei controricorrenti), nel costituirsi (anche tardivamente), depositi a sua volta copia analogica della decisione ritualmente autenticata, ovvero non disconosca ex art. 23, comma 2, d.lgs. n. 82/2005, la conformità della copia informale all'originale notificatogli; nell'ipotesi in cui, invece, la controparte (o una delle controparti) sia rimasta soltanto intimata, ovvero abbia effettuato il suddetto disconoscimento, per evitare di incorrere nella dichiarazione di improcedibilità il ricorrente ha l'onere di depositare l'asseverazione di conformità all'originale della copia analogica, entro l'udienza di discussione o l'adunanza in camera di consiglio»; 2) «Il deposito in cancelleria, nel termine di venti giorni dall'ultima notificazione, di copia analogica della decisione impugnata – redatta in formato elettronico e sottoscritta digitalmente, e necessariamente inserita nel fascicolo informatico –, priva di attestazione di conformità del difensore ex art. 16-bis, comma 9-bis, d.l. n. 179/2012, conv. dalla l. n. 221/2012, oppure con attestazione priva di sottoscrizione autografa, non determina l'improcedibilità del ricorso per cassazione laddove il controricorrente (o uno dei controricorrenti), nel costituirsi (anche tardivamente), depositi a sua volta copia analogica della decisione ritualmente autenticata, ovvero non disconosca la conformità della copia informale all'originale; nell'ipotesi in cui, invece, la controparte (o una delle controparti) sia rimasta soltanto intimata, ovvero abbia effettuato il suddetto disconoscimento, per evitare di incorrere nella dichiarazione di improcedibilità il ricorrente ha l'onere di depositare l'asseverazione di conformità all'originale della copia analogica, entro l'udienza di discussione o l'adunanza in camera di consiglio»; 3) «Il deposito in cancelleria, nel termine di venti giorni dall'ultima notificazione, di copia analogica della decisione impugnata, sottoscritta con firma autografa e inserita nel fascicolo informatico, priva di attestazione di conformità del difensore, oppure con attestazione priva di sottoscrizione autografa, non determina l'improcedibilità del ricorso per cassazione laddove il controricorrente (o uno dei controricorrenti), nel costituirsi (anche tardivamente), depositi a sua volta copia analogica della decisione ritualmente autenticata, ovvero non disconosca la conformità della copia informale all'originale; nell'ipotesi in cui, invece, la controparte (o una delle controparti) sia rimasta soltanto intimata, ovvero abbia effettuato il suddetto disconoscimento, per evitare di incorrere nella dichiarazione di improcedibilità il ricorrente ha l'onere di depositare l'asseverazione di conformità all'originale della copia analogica, entro l'udienza di discussione o l'adunanza in camera di consiglio»; 4) «Ai fini della verifica d'ufficio della tempestività del ricorso per cassazione, il ricorrente è tenuto al deposito della decisione comunicatagli a mezzo PEC (nel suo testo integrale) a cura della cancelleria; ai fini della procedibilità del ricorso, invece, ove la decisione non risulti autenticata, è necessario che il controricorrente (o uno dei controricorrenti), nel costituirsi (anche tardivamente), depositi a sua volta copia analogica della decisione ritualmente autenticata oppure non disconosca ex art. 23, comma 2, d.lgs. n. 82/2005, la conformità della copia informale all'originale notificatogli, mentre, nell'ipotesi in cui la controparte (o una delle controparti) sia rimasta soltanto intimata o abbia effettuato il suddetto disconoscimento, è necessario che il ricorrente depositi l'asseverazione di conformità all'originale della copia analogica entro l'udienza di discussione o l'adunanza in camera di consiglio». Tali soluzioni sono la risposta ai quesiti posti dalla ord. interl. Cass. n. 28844/2018, che ricordava i precedenti, quello più permissivo di cui a Cass. S.U., n. 22438/2018 e quello più restrittivo, di cui a Cass. n. 30765/2017: i quali, sebbene resi in situazioni parzialmente diverse (le citate S.U. del 2018 in riferimento alla notifica telematica del ricorso predisposto in forma di documento informatico e depositato in copia cartacea, e la seconda del 2017 in ordine alle modalità di deposito del provvedimento impugnato notificato in via telematica) ponevano questioni affini. L'estensione delle regole meno restrittive è fondata dalle S.U. sul fine di garantire una migliore «realizzazione dei princìpi del giusto processo evitando inutili formalismi anche con riguardo alla valutazione della procedibilità del ricorso, nella presente fase caratterizzata da una applicazione solo parziale delle regole del PCT al giudizio di cassazione». Tuttavia, per l'operatività della sanatoria, con riguardo al comportamento del controricorrente e dello stesso ricorrente entro l'udienza o adunanza, è necessario ricorra il presupposto giustificativo del c.d. “ambiente digitale”, situazione ravvisabile nelle ipotesi di: a) sentenza impugnata redatta in formato elettronico e firmata digitalmente, necessariamente inserita nel fascicolo informatico; b) sentenza impugnata sottoscritta con firma autografa ed inserita nel fascicolo informatico; c) deposito di provvedimento comunicato dalla cancelleria a mezzo PEC. Inoltre, il ricorso è improcedibile, quando la sentenza impugnata sia stata redatta in formato digitale e l'attestazione di conformità della copia analogica prodotta risulti sottoscritta, ai sensi dell'art. 9, commi 1-bis e 1-ter, l. n. 53/1994, dal difensore che ha assistito la parte nel precedente grado di giudizio, dopo che il cliente aveva già conferito il mandato alle liti per il giudizio di legittimità ad un altro difensore (Cass., n. 4401/2021), mentre, in caso contrario, di regola l'attestazione di conformità può essere redatta dal difensore che ha assistito la parte nel precedente grado di giudizio, i cui poteri processuali e di rappresentanza permangono (Cass. n. 6907/2020;Cass. n. 10941/2018). Si è, ancora, affermato (Cass. n. 15712 /2019) che il deposito in cancelleria, nel termine di venti giorni dall'ultima notificazione, di copia della decisione impugnata priva della certificazione di conformità all'originale non determina l'improcedibilità del ricorso per cassazione, ove il ricorrente produca la predetta certificazione con la nota di deposito ex art. 372. Atti e documentiIl ricorso deve, inoltre, allegare atti e documenti rilevanti per la decisione, e ciò sin dal momento del suo deposito. Infatti, in seguito è ammessa, ai sensi dell'art. 372, solo la produzione dei documenti ivi indicati, non invece dei documenti relativi alla fondatezza del ricorso (Cass. n. 10967/2013). Naturalmente, ove manchi il deposito con il ricorso di alcuni documenti, i quali siano irrilevanti per la definizione delle questioni proposte, ciò non produce inammissibilità (Cass. S.U., n. 6496/2015, in materia di regolamento preventivo di giurisdizione). Peraltro, componendo un contrasto, le S.U. hanno precisato che l'onere in esame è soddisfatto: a) quanto agli atti e ai documenti contenuti nel fascicolo di parte, anche mediante la produzione del fascicolo nel quale essi siano contenuti; b) quanto agli atti e ai documenti contenuti nel fascicolo d'ufficio, mediante il deposito della richiesta di trasmissione di detto fascicolo alla cancelleria del giudice a quo, munita di visto (Cass. S.U., n. 22726/2011; e, sulla scia di essa, Cass. n. 11805/2021, es. Cass. n. 11599/2019; Cass. 21554/2017; Cass. 195/2016). Per quanto riguarda, in particolare, i contratti e gli accordi collettivi, la norma richiede, a pena di improcedibilità del ricorso, di depositare i contratti od accordi collettivi di diritto privato sui quali il ricorso si fonda. Si è ammesso che, in base al principio di strumentalità delle forme processuali e nel rispetto degli artt. 111 Cost. e art 6 CEDU, l'onere possa essere adempiuto anche mediante la riproduzione nel corpo dell'atto della sola norma contrattuale collettiva sulla quale si basano le doglianze, purché il testo integrale del contratto collettivo sia stato prodotto nei precedenti gradi e vi sia, nell'elenco degli atti depositati, la richiesta di trasmissione del fascicolo d'ufficio (Cass. n. 15437/2014). La Corte (Cass. n. 6255/2019; Cass. n. 15580/2018; Cass. n. 4350/2015) ha chiarito che l'onere di deposito si assolve unicamente con la produzione del testo integrale del contratto collettivo. Non supererebbe, pertanto, il vaglio di procedibilità del ricorso il mero riferimento, nel corpo del medesimo, ad alcune disposizioni di un CCNL, né il deposito del mero estratto, recante le singole disposizioni collettive invocate nel ricorso, se il contratto non venga anche allegato per intero: ed infatti, l' adempimento è ritenuto funzionale alla «funzione nomofilattica» assegnata alla Corte di cassazione nel sindacato sull'interpretazione della contrattazione collettiva di livello nazionale (Cass. S.U., n. 20075/2010), e necessario per l'applicazione del canone ermeneutico previsto dall'art. 1363 c.c. (Cass. n. 6255/2019), poiché «la mancanza del testo integrale del contratto collettivo non consente di escludere che in altre parti dello stesso vi siano disposizioni indirettamente rilevanti per l'interpretazione esaustiva della questione che interessa» (Cass. n. 4350/2015; Cass. n. 15495/2009), non risultando a tal fine sufficiente nemmeno il richiamo o «l'allegazione dell'intero fascicolo di parte del giudizio di merito in cui sia stato effettuato il deposito di detti atti o siano state allegate per estratto le norme dei contratti collettivi», dal momento che «in tal caso, ove pure la S.C. rilevasse la presenza dei contratti e accordi collettivi nei fascicoli del giudizio di merito, in ogni caso non potrebbe procedere al loro esame, non essendo stati ritualmente depositati secondo la norma richiamata» (Cass. n. 11614/2010;Cass. 4373/2010; e, Cass. n. 15580/2018, che le altre richiama e conferma ) . L'onere non riguarda, invece, il C.C.N.L. di diritto pubblico, in quanto il peculiare procedimento formativo, il regime di pubblicità e la sottoposizione a controllo contabile della compatibilità economica dei costi previsti in esso palesano come l'esigenza di certezza e di conoscenza da parte del giudice sia già assolta, in maniera autonoma, mediante la pubblicazione nella G.U., ai sensi dell'art. 47, comma 8, d.lgs. n. 165/2001, sì che la norma in commento va riferita solo ai contratti collettivi di diritto comune (fra le altre, Cass. n. 24801/2015, che ha escluso costituisca ragione di improcedibilità del ricorso il deposito di copia del c.c.n.l. di settore oltre il termine previsto dalla norma in commento; Cass. S.U., n. 23329/2009). La trasmissione del fascicolo del meritoSi è affermato il passato che il mancato deposito dell'istanza di trasmissione del fascicolo d'ufficio– olim dovuta ai sensi del comma 3 e oggi non più prevista – nel termine fissato per il deposito del ricorso per cassazione determina l'improcedibilità del ricorso stesso soltanto se l'esame di quel fascicolo risulti indispensabile ai fini della decisione del giudice di legittimità (Cass. n. 7621/2017; Cass. n. 5108/2011; Cass. S.U., n. 20504/2006;Cass. n. 10665/2006). L'acquisizione del fascicolo d'ufficio è rimessa all'apprezzamento discrezionale del giudice dell'impugnazione, onde non è per ciò solo nullo il procedimento di appello; tuttavia detta mancanza può costituire motivo di ricorso per cassazione se dal fascicolo si sarebbero dovuti trarre elementi decisivi (Cass. n. 6939/2009; Cass. n. 8528/2006; Cass. n. 7237/2006; Cass. n. 3181/2006; Cass. n. 18006/2004; Cass. n. 8849/2004; Cass. n. 6910/1998). In sostanza, questi i due principi complementari al riguardo: la valutazione della necessità di richiedere alla cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza l'acquisizione del fascicolo d'ufficio è, in via generale, rimessa all'apprezzamento del giudice superiore (Cass. n. 17691/2009, che spiega anche le modalità di censura dell'omissione); tuttavia, si è anche affermato l'obbligo del giudice dell'impugnazione di operare tale acquisizione, tutte le volte che il documento sia necessario per la decisione, e potendo solo dall'inottemperanza trarre conseguenze a carico della parte cui la produzione sia stata ordinata (Cass. n. 332/2011; Cass. n. 4267/2005). La facoltà di deposito del controricorso ai fini delle spese.Si noti che la parte controricorrente, ove quella ricorrente abbia omesso di depositare il ricorso e gli altri atti indicati nell'art. 369, ha facoltà di richiedere l'iscrizione a ruolo del processo, al fine di far dichiarare l'improcedibilità del ricorso medesimo, quale potere ricompreso in quello più ampio di contraddire, che trova giustificazione nell'interesse al recupero delle spese ed in quello di evitare, mediante la dichiarazione di improcedibilità del ricorso, che il ricorrente possa riproporre il ricorso medesimo ove non sia ancora decorso il termine per l'impugnazione (Cass. n. 26265/2016; Cass. n. 6280/2015; Cass. n. 29297/11; Cass. n. 21969/2008;Cass. n. 6824/1988; e v. pure Cass. n. 26529/2017). Dunque, allorché il ricorrente abbia attivato il procedimento di legittimità mediante la notifica del ricorso, ma omettendo di iscriverlo a ruolo e di comunicare tempestivamente alla controparte la propria intenzione di non darvi corso, essa va condannata alla refusione delle spese di lite in favore del controricorrente. BibliografiaAa.Vv., I processi civili in cassazione, a cura di Didone e De Santis, Milano, 2018; Amoroso G., Il giudizio civile di cassazione, Milano, 2012; Amoroso G., La Corte di cassazione ed il precedente, in Aa.Vv., La Cassazione civile. 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