Codice di Procedura Civile art. 428 - Incompetenza del giudice 1 .Incompetenza del giudice1. [I]. Quando una causa relativa ai rapporti di cui all'articolo 409 sia stata proposta a giudice incompetente [413], l'incompetenza può essere eccepita dal convenuto soltanto nella memoria difensiva di cui all'articolo 416 ovvero rilevata d'ufficio dal giudice non oltre l'udienza di cui all'articolo 420. [II]. Quando l'incompetenza sia stata eccepita o rilevata ai sensi del comma precedente, il giudice rimette la causa al tribunale in funzione di giudice del lavoro, fissando un termine perentorio non superiore a trenta giorni per la riassunzione con rito speciale [414]2.
[1] Articolo sostituito dall'art. 1, comma 1, l. 11 agosto 1973, n. 533. [2] Comma così modificato dall'art. 84 d.lg. 19 febbraio 1998, n. 51, con effetto, ai sensi dell'art. 247 comma 1 dello stesso decreto quale modificato dall'art. 1 l. 16 giugno 1998, n. 188, dal 2 giugno 1999. InquadramentoLa lettera non chiarisce se la disposizione trovi applicazione nel solo caso dell'incompetenza territoriale, o anche in ipotesi di incompetenza per materia, oggi prospettabile nei riguardi del solo giudice di pace (in dottrina, tra gli altri, per la prima soluzione Montesano e Vaccarella, 249; per l'altra Fabbrini, 39). In giurisprudenza, tuttavia, è fermo il principio secondo cui la norma in commento si riferisce alla sola incompetenza territoriale, e non anche alla incompetenza per materia, rilevabile anche d'ufficio in ogni stato e grado del processo (Cass. n. 14379/2000). Merita segnalare, in proposito, che la questione ha progressivamente perso di rilievo per l'avvicinamento normativo tra i diversi congegni di eccezione e rilevazione delle due forme incompetenza. Eccezione e rilevazione dell'incompetenzaCon riguardo al regime dell'eccezione e della rilevazione d'ufficio dell'incompetenza per territorio, dunque, occorre fare applicazione della previsione secondo cui l'incompetenza territoriale può essere eccepita dal convenuto soltanto nella memoria difensiva di cui all'art. 416 ovvero rilevata d'ufficio dal giudice non oltre l'udienza di cui all'art. 420 (art. 428, comma 1). Ciò detto, non possono sorgere dubbi con riguardo all'identificazione del momento in cui scatta la preclusione al rilievo dell'incompetenza territoriale da parte del convenuto, incompetenza che va eccepita nella memoria difensiva tempestivamente depositata (Cass. n. 7180/1996). E, seppure è di regola possibile che il convenuto, dopo aver depositato la memoria difensiva, vi faccia seguire il deposito di ulteriori memorie integrative dell'originaria comparsa di costituzione, sicché devono ritenersi tempestive le eccezioni e le deduzioni di prova contenute in scritti successivi e separati dalla suddetta memoria, purché depositati nel termine di cui all'art. 416, tale regola incontra un'eccezione proprio per l'ipotesi di formulazione dell'eccezione di incompetenza territoriale, che, dovendo essere proposta nel primo scritto difensivo, va necessariamente esplicitata nella memoria di costituzione (Cass. n. 5629/1997). L'art. 428 consente solo al convenuto la possibilità di eccepire l'incompetenza per territorio del giudice, mentre l'attore che dubiti della competenza territoriale del giudice da lui stesso adito non può più porla in discussione (Cass. n. 9539/1997). Nel formulare l'eccezione di incompetenza territoriale, il convenuto deve indicare il giudice ritenuto competente (Cass. n. 6572/1998). L'eccezione di parte convenuta idonea ad impedire che la causa rimanga radicata presso il giudice adito secondo il criterio del foro non contestato, deve essere valutata non solo nella sua tempestività, ma anche sotto l'aspetto della completezza, dovendo la contestazione riguardare tutti i fori speciali, alternativamente previsti dall'art. 413 (Cass. n. 5368/1996; Cass. n. 7901/1996). Più discussa l'identificazione del momento in cui la barriera preclusiva alla rilevazione dell'incompetenza territoriale scatta non per la parte, ma per il giudice, il quale può rilevare la propria incompetenza anche in caso di mancata contestazione di essa da parte del convenuto (Cass. n. 2494/1990). Si discute, cioè, su cosa debba intendersi per « udienza di cui all'art. 420 », dal momento che tale espressione indica l'udienza di discussione, nella quale, in definitiva, si svolgono tutte le attività (attività preparatoria, trattazione, istruzione probatoria) che, dall'istituzione del contraddittorio, conducono alla pronuncia della sentenza. A fronte delle diverse opinioni dottrinali formatesi in ordine alla preclusione della rilevazione officiosa dell'incompetenza territoriale, da collocarsi secondo alcuni alla prima udienza in senso cronologico, secondo altri al momento del rilascio dei provvedimenti istruttori, secondo altri ancora al momento della decisione della causa, la giurisprudenza è rimasta ferma per un lungo periodo, poi evolvendosi verso la soluzione più compatibile con le esigenze di ragionevole durata. È stato infatti ritenuto che la rilevazione dell'incompetenza rimanga preclusa a seguito dell'adozione dei provvedimenti istruttori (Cass. n. 6659/1991; Cass. n. 12381/1995). L'indirizzo che si è menzionato è stato oggetto di riesame critico da parte della S.C., che ha espressamente inteso la nozione di « udienza di cui all'art. 420 » in senso cronologico, quale prima udienza, come fissata dal giudice nel decreto in calce al ricorso introduttivo (Cass. n. 180/1998). L'affermazione secondo cui la rilevazione dell'incompetenza territoriale va effettuata in limine litis, pare essersi successivamente stabilizzata, essendo stata confermata più volte (Cass. n. 19410/2010; Cass. n. 1866/2005). Si è così detto che, nel rito del lavoro, ai sensi degli artt. 38 e 428, va escluso che il giudice possa provvedere al rilievo d'ufficio dell'incompetenza per territorio successivamente all'assunzione della prova testimoniale, in quanto mezzo istruttorio diverso dalle sommarie informazioni di cui al comma 4 del richiamato art. 38 (Cass. n. 14061/2017). I termini della questione sono stati da ultimo precisati con la formulazione del principio secondo cui la disposizione dell'art. 428, comma 1, c.p.c. va intesa nel senso che detta incompetenza può essere rilevata non oltre la prima udienza «in senso cronologico» e, cioè, in riferimento a quella fissata con il decreto ex art. 415 c.p.c.; peraltro, qualora nella prima udienza venga espletata soltanto un'attività, necessariamente preliminare alla delibazione da parte del giudice sulla sua competenza, che non si esaurisca con conseguente rinvio ad un'udienza successiva per il suo completamento, deve considerarsi tempestivo il rilievo dell'incompetenza svolto in tale seconda udienza, che, costituendo mero naturale sviluppo della precedente, va individuata come «prima udienza» agli effetti dell'art. 38, comma 3, c.p.c. (Cass. n. 2318/2024, che in una controversia agraria ha affermato la tempestività del rilievo ex officio della incompetenza effettuato nell'udienza, successiva alla prima, alla quale era stata rinviata la discussione al fine di consentire alle parti di espletare il tentativo di conciliazione, di cui si è poi accertato l'esito negativo; in precedenza v. (Cass. n. 10516/2019). Occorre infine dire, con riguardo al potere di rilevazione officioso dell'incompetenza territoriale, che al giudice non è imposto, come alla parte che sollevi la medesima eccezione, di indicare contestualmente il giudice ritenuto competente, essendo la sentenza il provvedimento esclusivamente idoneo per tale designazione (Cass. n. 6572/1998). La sentenza dichiarativa dell'incompetenzaIn seguito all'eccezione dell'incompetenza territoriale ovvero alla sua rilevazione d'ufficio, l'art. 428, comma 2, stabilisce che il giudice debba rimettere la causa al giudice competente, fissando un termine perentorio non superiore a trenta giorni per la riassunzione. Quantunque la norma non si esprima sul punto, occorre ritenere che la pronuncia di incompetenza debba essere resa con sentenza, secondo le regole ordinarie, dal momento che il citato art. 428, comma 2, non prevede alcuna deroga in merito, neppure potendosi applicare il congegno dell'adesione delle parti costituite di cui all'art. 38, comma 2, poiché l'incompetenza di cui si discute va ricondotta agli altri casi in cui, ai sensi dell'art. 28, « l'inderogabilità sia disposta espressamente dalla legge ». Allo stesso modo non possono ritenersi applicabili al rito del lavoro le modifiche introdotte con riguardo al rito ordinario dalla l. n. 69/2009, che prevedono oggi la pronuncia sulla competenza con ordinanza. Poiché l'art. 428, comma 2, prevede che il giudice, nell'indicare il giudice competente, debba fissare un termine perentorio per la riassunzione non superiore a trenta giorni, sorge il quesito sugli effetti di un eventuale pronuncia della competenza che abbia erroneamente assegnato un termine superiore, al quale l'attore in riassunzione si sia adeguato. La S.C., nello scrutinare la questione, ha affermato che, qualora il giudice fissi erroneamente un termine superiore a quello previsto dall'art. 428, comma 2, un'interpretazione conforme a Costituzione impone di ritenere tempestiva la riassunzione della causa effettuata dalla parte entro il più lungo termine indicato dal provvedimento (Cass. n. 7368/2000). La pronuncia che dichiari l'incompetenza, a seguito di eccezione o rilievo d'ufficio effettuati in violazione dei limiti temporali stabiliti dall'art. 428 non è impugnabile con il regolamento necessario di competenza ex art. 42, in quanto non pone un problema di competenza, bensì di rito attinente alla violazione delle norme del procedimento e, pertanto, deve essere impugnata con l'appello (Cass. S.U., n. 764/2000). 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