Codice di Procedura Civile art. 495 - Conversione del pignoramento 1Conversione del pignoramento1 [I]. Prima che sia disposta la vendita o l'assegnazione a norma degli articoli 530, 552 e 569, il debitore può chiedere di sostituire alle cose o ai crediti pignorati una somma di denaro pari, oltre alle spese di esecuzione, all'importo dovuto al creditore pignorante e ai creditori intervenuti, comprensivo del capitale, degli interessi e delle spese2. [II]. Unitamente all'istanza deve essere depositata in cancelleria, a pena di inammissibilità, una somma non inferiore a un sesto dell'importo del credito per cui è stato eseguito il pignoramento e dei crediti dei creditori intervenuti indicati nei rispettivi atti di intervento, dedotti i versamenti effettuati di cui deve essere data prova documentale. La somma è depositata dal cancelliere presso un istituto di credito indicato dal giudice 3. [III]. La somma da sostituire al bene pignorato è determinata con ordinanza dal giudice dell'esecuzione [487], sentite le parti [4851] in udienza non oltre trenta giorni dal deposito dell'istanza di conversione. [IV]. Quando le cose pignorate siano costituite da beni immobili o cose mobili, il giudice con la stessa ordinanza può disporre, se ricorrono giustificati motivi, che il debitore versi con rateizzazioni mensili entro il termine massimo di quarantotto mesi la somma determinata a norma del terzo comma, maggiorata degli interessi scalari al tasso convenzionale pattuito ovvero, in difetto, al tasso legale. Ogni sei mesi il giudice provvede, a norma dell'articolo 510, al pagamento al creditore pignorante o alla distribuzione tra i creditori delle somme versate dal debitore 4. [V]. Qualora il debitore ometta il versamento dell'importo determinato dal giudice ai sensi del comma 3, ovvero ometta o ritardi di oltre trenta giorni il versamento anche di una sola delle rate previste nel comma 4, le somme versate formano parte dei beni pignorati. Il giudice dell'esecuzione, su richiesta del creditore procedente o creditore intervenuto munito di titolo esecutivo, dispone senza indugio la vendita di questi ultimi 5. [VI]. Con l'ordinanza che ammette la sostituzione, il giudice, quando le cose pignorate siano costituite da beni immobili o cose mobili, dispone che le cose pignorate siano liberate dal pignoramento con il versamento dell'intera somma 6. [VII]. L'istanza può essere avanzata una sola volta, a pena di inammissibilità.
[1] Articolo già sostituito dall'art. 71 l. 26 novembre 1990, n. 353, e successivamente così sostituito dall'art. 13 l. 3 agosto 1998, n. 302. [2] Le parole « Prima che sia disposta la vendita o l'assegnazione a norma degli articoli 530, 552 e 569 » sono state sostituite, in sede di conversione, alle parole « In qualsiasi momento anteriore alla vendita » dall'art. 2 , comma 3, lett. e), n. 6.1, d.l. 14 marzo 2005, n. 35, conv. con modif., in l. 14 maggio 2005, n. 80, con effetto dalla data indicata sub art. 476. Per la disciplina transitoria v. art. 2, comma 3-sexies, d.l. n. 35, cit., sub art. 476. [3] Le parole «non inferiore a un sesto» sono state sostituite alle parole «non inferiore a un quinto» dall'art. 4, comma 1, lett. a) d.l. 14 dicembre 2018, n. 135, conv., con modif., in l. 11 febbraio 2019, n. 12, in vigore dal 15 dicembre 2018. Ai sensi dell'art. 4, comma 4, d.l. n. 135, cit. «le disposizioni introdotte con il presente articolo non si applicano alle esecuzioni iniziate anteriormente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto» . [4] Comma precedentemente sostituito dall'art. 13 d.l. 27 giugno 2015, n. 83, conv. con modif. in l. 6 agosto 2015, n. 132, per l'applicazione vedi l'art. 23, comma 9, del d.l. n. 83 del 2015 medesimo. Il testo del comma, come da ultimo modificato dall'art. 2, comma 3, lett. e), n. 6.2 d.l. n. 35, cit., era il seguente: «Qualora le cose pignorate siano costituite da beni immobili, il giudice con la stessa ordinanza può disporre, se ricorrono giustificati motivi, che il debitore versi con rateizzazioni mensili entro il termine massimo di diciotto mesi la somma determinata a norma del comma 3, maggiorata degli interessi scalari al tasso convenzionale pattuito ovvero, in difetto, al tasso legale». Da ultimo le parole «di quarantotto mesi» sono state sostituite alle parole «di trentasei mesi» dall'art. 4, comma 1, lett. b) d.l. 14 dicembre 2018, n. 135, conv., con modif., in l. 11 febbraio 2019, n. 12, in vigore dal 15 dicembre 2018. Ai sensi dell'art. 4, comma 4, d.l. n. 135, cit. «le disposizioni introdotte con il presente articolo non si applicano alle esecuzioni iniziate anteriormente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto» . [5] Le parole «oltre trenta giorni» sono state sostituite alle parole «oltre quindici giorni» dall'art. 4, comma 1, lett. c) d.l. 14 dicembre 2018, n. 135, conv., con modif., in l. 11 febbraio 2019, n. 12, in vigore dal 15 dicembre 2018. Ai sensi dell'art. 4, comma 4, d.l. n. 135, cit. «le disposizioni introdotte con il presente articolo non si applicano alle esecuzioni iniziate anteriormente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto» . [6] Comma sostituito dall'art. 13, d.l. 27 giugno 2015 n. 83, conv. con modif. in l. 6 agosto 2015, n. 132, per l'applicazione vedi l'art. 23, comma 9, del d.l. n. 83 del 2015 medesimo. Il testo precedente recitava: «Con l'ordinanza che ammette la sostituzione, il giudice dispone che le cose pignorate siano liberate dal pignoramento e che la somma versata vi sia sottoposta in loro vece. I beni immobili sono liberati dal pignoramento con il versamento dell'intera somma». InquadramentoCon il deposito dell'istanza di conversione, il debitore chiede di sostituire ai beni pignorati una somma di denaro comprensiva dei crediti azionati nella procedura, degli interessi e delle spese dell'esecuzione: si determina quindi una sostituzione nell'oggetto del pignoramento. A seguito di un'apposita udienza, è il giudice dell'esecuzione a determinare la somma dovuta per accedere al beneficio. Il debitore può proporre opposizione agli atti esecutivi avverso il provvedimento di conversione senza che, in difetto, tuttavia, gli sia preclusa la contestazione dei crediti in sede distributiva. In presenza di giusti motivi, sia nell'espropriazione immobiliare che in quella mobiliare, il giudice può autorizzare il debitore al pagamento rateale della somma, entro un termine massimo di trentasei mesi, elevato a quarantotto mesi dal d.l. n. 135/2018, conv. in l. n. 12/2019. Ogni sei mesi dovrà provvedere alla distribuzione parziale del ricavato. Se il debitore omette o ritarda il pagamento decade dal beneficio della conversione, con acquisizione delle somme già versate in modo definitivo alla procedura esecutiva. Istanza di conversioneMediante un'istanza, depositata prima dell'autorizzazione delle operazioni di vendita, il debitore può chiedere di sostituire alle cose o ai crediti pignorati una somma pari all'importo del credito del procedente, nonché dei creditori intervenuti sino a quel momento, degli interessi e delle spese della procedura. Mediante l'istanza di conversione si viene così soltanto a sostituire l'oggetto del pignoramento, senza che le somme versate in ottemperanza al provvedimento di conversione costituiscano pagamento, alla medesima stregua della fattispecie disciplinata dall'art. 494 (Tarzia, 453; Verde, 405). A pena di inammissibilità, l'istanza dovrà essere corredata del deposito di una somma non inferiore ad un quinto dell'importo dei crediti azionati nella procedura; detta somma è stata ridotta a quella inferiore ad un sesto da parte dello stesso d.l. n. 135/2018, conv. in l. n. 12/2019. La S.C. ha chiarito che qualora il debitore, per un errore che egli addebiti a se stesso (nella specie definendolo “materiale”) e che abbia compiuto all'atto del versamento, abbia depositato, ai sensi del comma 2 dell'art. 495, una somma inferiore alla misura del quinto, deve escludersi che la sanzione della inammissibilità della conversione possa essere in concreto evitata invocandosi da parte del debitore stesso il principio della idoneità dell'atto al raggiungimento dello scopo per essere stata versata una somma non di molto inferiore a quella che si sarebbe dovuta versare e per doversi, quindi, configurare come effettiva la volontà del debitore di procedere alla conversione, giacché il suddetto principio non può venire in rilievo quando la legge commina la sanzione della inammissibilità (Cass. III, n. 17957/2007). Sotto un distinto profilo, la S.C. ha precisato che il disposto dell'ultima parte dell'art. 187-bis disp. att. per il quale l'istanza di conversione del pignoramento diviene improcedibile successivamente all'assegnazione o all'aggiudicazione anche provvisoria, rimanendo il bene definitivamente acquisito all'assegnatario o all'aggiudicatario che provveda al pagamento del conguaglio o del saldo del prezzo, si applica anche quando la suddetta istanza sia stata presentata nel vigore del previgente testo dell'art. 495, in base al quale l'esercizio della facoltà di conversione era consentito «in qualsiasi momento anteriore alla vendita», risultando ora individuato il termine ultimo — alla stregua della indicata nuova norma di attuazione — in quello dell'aggiudicazione, anche provvisoria, o dell'assegnazione (Cass. III, n. 8017/2009). È stato precisato che il terzo resosi acquirente (in forza di una pronuncia emessa ai sensi dell'art. 2932 c.c. e sotto condizione del pagamento del residuo prezzo) di un bene immobile sottoposto ad espropriazione immobiliare, il quale sia stato autorizzato, dalla stessa sentenza costitutiva, ad impiegare detta somma per la cancellazione dei pignoramenti trascritti, è legittimato, a tutela del proprio interesse, a chiedere ed ottenere la conversione del pignoramento a norma dell'art. 495 (Cass. III, n. 8250/2009). Determinazione della sommaIl giudice dell'esecuzione, all'esito di un'apposita udienza nel contraddittorio tra le parti, determina l'importo complessivo che il debitore è tenuto a versare per ottenere la conversione del pignoramento. Il giudice dell'esecuzione deve determinare la somma da sostituire ai beni pignorati tenendo conto, oltre che delle spese di esecuzione, dell'importo, comprensivo del capitale, degli interessi e delle spese, dovuto al creditore pignorante e ai creditori intervenuti fino al momento dell'udienza in cui è pronunciata l'ordinanza di conversione (Cass. n. 6086/2015). La S.C. ha precisato che per richiedere, in sede esecutiva, i ratei di credito successivi a quelli quantificati nel precetto, e basati sul medesimo titolo, non è necessario, per il creditore, intimare un ulteriore precetto, potendo tener luogo di un formale atto di intervento, ove tanto non leda i diritti del debitore o di altri eventuali creditori, la menzione di detti ratei nella cd. nota di precisazione del credito, depositata ai fini dell'ordinanza determinativa delle somme necessarie per la conversione (Cass. n. 22645/2012). Nella determinazione delle somme dovute per la conversione del pignoramento, si deve tenere conto anche dei creditori intervenuti successivamente alla relativa istanza, fino all'udienza nella quale il giudice provvede (ovvero si riserva di provvedere) sulla medesima con l'ordinanza di cui dell'art. 495, comma 3°, specificando che tali interventi, peraltro, non incidono ex post sull'ammissibilità della domanda, con specifico riferimento alla quantificazione dell'importo che deve essere versato, a titolo cauzionale, al momento di presentazione della stessa (Cass. n. 411/2020). Costituisce principio incontroverso quello secondo cui l'ordinanza di conversione del pignoramento prevista dall'art. 495 non esplica alcuna funzione risolutiva delle contestazioni sulla sussistenza e sull'ammontare dei singoli crediti o sulla sussistenza di diritti di prelazione, né ha un contenuto decisorio rispetto al diritto di agire in executivis (Cass. III, n. 4046/2009). In sostanza, il provvedimento col quale il giudice dell'esecuzione, in sede di conversione del pignoramento, determina la somma di denaro da versare in sostituzione delle cose pignorate, implica una valutazione soltanto sommaria delle pretese del creditore pignorante e dei creditori intervenuti nonché delle spese già anticipate o da anticipare, ma prescinde dalle controversie su sussistenza o ammontare di crediti e diritti di prelazione che possono sorgere soltanto in sede di distribuzione della somma ricavata (Cass. III, n. 18358/2007). Rimedi avverso il provvedimento di conversione Il debitore può contestare la determinazione della somma da sostituire alle cose o ai crediti pignorati proponendo avverso la relativa ordinanza opposizione agli atti esecutivi. Mediante tale rimedio possono essere sollevate non solo contestazioni relative all'inosservanza formale dei criteri di determinazione stabiliti da tale norma e delle regole procedimentali da essa espresse o sottese, ma anche contestazioni in ordine all'ammontare del credito del creditore procedente e all'ammontare nonché alla stessa esistenza dei crediti dei creditori intervenuti: l'accertamento che così si sollecita é richiesto, nella detta sede, soltanto in funzione dell'ottenimento del bene della vita costituito dall'annullamento o dalla modificazione dell'ordinanza determinativa della somma di conversione, in funzione del doversi provvedere sull'esecuzione a seguito dell'istanza di conversione, ed il giudicato che ne scaturirà avrà ad oggetto esclusivamente questo bene (Cass. III, n. 20733/2009, la quale ha precisato che, di conseguenza, l'esecuzione potrà evolversi sulla base della nuova determinazione della somma di conversione accertata nel giudizio di opposizione agli atti, nel senso che dovrà considerare il credito di cui trattasi nel modo accertato oppure non dovrà considerarlo affatto ma tale accertamento resterà ininfluente al di fuori del processo esecutivo). Peraltro, la mancata proposizione di dell'opposizione agli atti esecutivi non fa venir meno la possibilità del debitore di contestare i crediti come determinati nel provvedimento di conversione in sede di distribuzione del ricavato (Cass. n. 6733/2011). Pertanto, il debitore istante per la conversione non ha l'onere di proporre tempestivamente opposizione agli atti esecutivi, avverso l'ordinanza che determina le somme da lui dovute per la conversione, quando contesti la congruità di una o più componenti del credito azionato e, quindi, anche soltanto l'importo liquidato per le spese, a tanto potendo indursi sino al momento della fase distributiva, mediante proposizione di opposizione ex art. 617 avverso la ordinanza di distribuzione o attribuzione delle somme versate in ottemperanza della precedente ordinanza determinativa del dovuto (Cass. n. 7537/2014). Beneficio del versamento ratealeÈ possibile per il debitore ottenere, in presenza di giusti motivi, una rateizzazione nel pagamento della somma determinata nel provvedimento di conversione. L'art. 13, comma 1, lett. c) e c-bis) d.l. n. 83/2015, è intervenuto sulla norma in commento con alcune importanti previsioni, immediatamente applicabili anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del decreto, proprio sui profili concernenti il beneficio della rateizzazione. Invero, sino a tale riforma sussisteva un'evidente disparità di trattamento per il debitore esecutato, a seconda che la conversione del pignoramento fosse richiesta dallo stesso nell'ambito di una procedura esecutiva immobiliare o mobiliare, essendo consentita soltanto nel primo caso la possibilità allo stesso di richiedere una rateizzazione, sino al termine massimo di mesi diciotto, in presenza di giusti motivi, per il pagamento della somma determinata dal Giudice dell'esecuzione (cfr. Castoro, 250). Proprio al fine di superare tale disparità di trattamento, è stato previsto che il debitore possa richiedere, in sede di istanza di conversione, il beneficio della rateizzazione anche nell'espropriazione mobiliare. Un altro intervento operato dal legislatore con il d.l. n. 83/2015 è stato quello volto a rideterminare in aumento, per tener conto delle difficoltà derivanti dalla crisi economica, il termine massimo della rateizzazione che può essere concessa da diciotto a trentasei mesi. Peraltro, contestualmente all'ulteriore raddoppio del termine previsto per la realizzazione, al fine di bilanciare le contrapposte esigenze dei creditori, sono state introdotte due disposizioni. In primo luogo, infatti, si stabilisce che, nel rispetto delle cause legittime di prelazione, ogni sei mesi il giudice dell'esecuzione debba provvedere al riparto delle somme versate a rate dal debitore esecutato: tale norma ha chiaramente l'obiettivo di evitare che i creditori debbano attendere un periodo di tempo troppo lungo per potersi soddisfare nonostante il puntuale pagamento delle rate da parte del debitore abbia consentito l'accantonamento di importi non trascurabili sul libretto intestato alla procedura. Inoltre, anche per i beni mobili nell'esecuzione relativa è stata consentita la possibilità di accedere al beneficio della rateizzazione viene stabilito — come già per l'esecuzione immobiliare — che la liberazione dei beni dal vincolo del pignoramento seguirà al versamento dell'intera somma ( i.e . al pagamento dell'ultima rata). Come rilevato, sulla disposizione è in seguito intervenuto il d.l. n. 135/2018, conv. in l. n. 12 del 2019, che ha elevato il termine massimo che il giudice dell'esecuzione può concedere al debitore quale beneficio della rateizzazione in quello di quarantotto mesi. DecadenzaSe il debitore omette il versamento della somma determinata in sede di conversione o anche il pagamento di una delle rate, decade dal beneficio della conversione e le somme versate vengono acquisite alla procedura esecutiva. Tuttavia, tali somme pur appartenendo al vincolo del pignoramento, non divengono gravate del diverso vincolo ipotecario esistente sui beni immobili pignorati (Cass. I, n. 17644/2007). L'istanza non potrà essere ripresentata nella medesima procedura atteso che l'ultimo comma della disposizione in esame precisa che la stessa può essere formulata solo una volta, a pena di inammissibilità. Sul punto, la S.C. ha chiarito che l'ultimo comma dell'art. 495, laddove prevede che l'istanza può essere avanzata una sola volta, a pena d'inammissibilità, va interpretato nel senso di escludere che l'istanza possa essere formulata più di una volta nello stesso processo esecutivo dal medesimo debitore esecutato o dai successori nella medesima posizione giuridica di quest’ultimo (Cass. n. 27852/2013). BibliografiaAA.VV., Il processo civile di riforma in riforma, II, Milano, 2006; Andolina, Cognizione ed esecuzione forzata nel sistema della tutela giurisdizionale, Milano, 1963; Auletta, La dichiarazione del debitore sulla propria responsabilità patrimoniale: per un ripensamento dei sistemi di compulsory revelation of assets a due secoli dall'abolizione dell'arresto per debiti, in Riv. esecuz. forzata 2014, 225 ss.; Bonsignori, Pignoramento, Nss. 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