Codice di Procedura Civile art. 522 - Compenso del custode.

Rosaria Giordano

Compenso del custode.

[I]. Il custode non ha diritto a compenso se non l'ha chiesto e se non gli è stato riconosciuto dall'ufficiale giudiziario all'atto della nomina.

[II]. Nessun compenso può attribuirsi alle persone indicate nel primo comma dell'articolo precedente.

Inquadramento

Il diritto del custode al compenso sussiste solo se il medesimo lo richiede e gli sia riconosciuto dall'ufficiale giudiziario al momento della nomina.

Tale compenso rientra nelle spese dell'esecuzione; peraltro, ove il ricavato dalla vendita sia insufficiente, resterà a carico del creditore procedente.

Il provvedimento di liquidazione del compenso ha natura monitoria ed avverso lo stesso è esperibile l'opposizione a decreto ingiuntivo e non il ricorso straordinario per cassazione.

Le spese di custodia devono essere anticipate dal creditore o, in mancanza, dallo stesso custode che, in ogni caso, a prescindere dal diritto al compenso, potrà chiederne il rimborso.

Diritto al compenso

Il custode ha diritto al compenso laddove lo abbia richiesto e gli sia stato riconosciuto dall'ufficiale giudiziario al momento della nomina. Tale disciplina non sembra trovare applicazione, tuttavia, per l'Istituto Vendite Giudiziarie, i cui compensi sono fissati dal Ministero della Giustizia ai sensi dell'art. 159, comma 3, disp. att.

Inoltre è stato precisato in giurisprudenza che al custode nominato direttamente dal giudice che dispone il sequestro non è applicabile l'art. 522,  per la parte in cui stabilisce che il terzo che è stato nominato custode dall'ufficiale giudiziario non ha diritto a compenso se non l'ha chiesto e non gli è stato riconosciuto dall'ufficiale giudiziario all'atto della nomina (Cass. n. 4780/1997).

Non hanno diritto al compenso i soggetti indicati dal primo comma dell'art. 521, ovvero le parti e i loro familiari.

A riguardo, la S.C. ha evidenziato che deve escludersi il diritto a compenso in tutti i casi in cui sia nominata custode una delle parti in lite, anche se con il consenso della controparte, posto che, se il contendente nominato custode risultasse soccombente, non avrebbe titolo per ottenere dalla controparte il compenso per un'attività resa necessaria da una sua pretesa o da una sua resistenza prive di fondamento, e se, viceversa, risultasse vittorioso, la sua attività si sarebbe risolta nella gestione del bene in favore di sé medesimo, onde sarebbe incongruo attribuirgli un compenso da porre a carico della controparte (Cass. n. 4870/1997).

Sulla questione, in una successiva decisione, la S.C. ha inoltre precisato che l'ambito applicativo dell'art. 522, comma 2, che, attraverso il rinvio all'art. 521, esclude il diritto al compenso in tutti i casi in cui sia nominata custode del bene sequestrato una delle parti sostanziali del giudizio, non può estendersi al di là del suo significato letterale, onde la norma non è riferibile all'attività svolta dal curatore fallimentare, il quale sia stato nominato custode dal giudice del sequestro, trattandosi di attività che, non essendo riconducibile all'ambito delle funzioni spettanti al medesimo quale amministratore del patrimonio del creditore sequestrante, va remunerata separatamente (Cass. n. 24959/2011).

Parte tenuta alla corresponsione

Il compenso del custode rientra nell'ambito delle spese dell'esecuzione e, pertanto, ai sensi dell'art. 95 deve essere posto a carico del debitore in sede di distribuzione della massa attiva.

Se non si perviene alla distribuzione del ricavato (perché, ad esempio, il bene rimane invenduto) o se lo stesso è insufficiente il compenso resta a carico del creditore procedente (dovendo escludersi che sia invece a carico del creditore intervenuto che non abbia compiuto atti di impulso del procedimento: Cass. n. 24443/2010).

Con riferimento, invece, al compenso del custode nominato a fronte della concessione di un sequestro giudiziario, si è affermato che poiché lo stesso  assume la qualità di amministratore dei beni sequestrati per conto di colui il quale, in definitiva, ne sia dichiarato proprietario o possessore, sicché solo quest'ultimo resta vincolato per i negozi giuridici posti in essere dal sequestratario durante l'amministrazione, ne deriva che, mentre le spese di custodia ed il compenso dovuto al custode vanno posti a carico della parte soccombente, le passività della gestione gravano sul proprietario (o possessore), nel cui interesse l'amministrazione è stata tenuta e nei cui confronti il custode sarebbe stato responsabile per comportamento doloso o colposo, contrario ai doveri dell'ufficio (Cass. n. 2429/1988).

Regime del provvedimento di liquidazione

Il decreto con cui il giudice dell'esecuzione liquida il compenso al custode dei beni pignorati, pur se emesso in sede di distribuzione del ricavato della vendita, ha natura d'ingiunzione di pagamento nei confronti della parte indicata nel provvedimento come obbligata all'anticipazione del compenso e pertanto avverso lo stesso è esperibile l'opposizione a decreto ingiuntivo e non il ricorso straordinario cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost. (Cass. n. 2625/2003).

In accordo con la più risalente giurisprudenza di legittimità, invece,  il decreto di liquidazione del compenso costituisce titolo esecutivo contro la parte tenuta a corrispondere il compenso stesso (Cass. n. 2172/1969).

Spese di custodia

Il custode, anche se non ha diritto al compenso, deve essere rimborsato delle spese sostenute per la custodia dei beni pignorati.

Le spese devono essere anticipate dal creditore procedente e se ciò non avviene il custode può rifiutare l'incarico, dovendo altrimenti sostenerle e potendo richiederne il pagamento al giudice dell'esecuzione con il ricavato dalla vendita dei beni pignorati (Cass. n. 2875/1976).

Bibliografia

Bonsignori, L'esecuzione forzata, II ed., Torino, 1996; Bonsignori, Pignoramento, Nss. D.I., XIII, Torino, 1966, 75 ss.; Bucolo, Il processo esecutivo ordinario, Padova, 1994; Castoro, Il processo di esecuzione nel suo aspetto pratico, Milano, 2017; Gobio Casali, Prime osservazioni sul nuovo pignoramento di autoveicoli, motoveicoli e rimorchi ex art. 521-bis c.p.c., in judicium.it; Martinetto, Insequestrabilità ed impignorabilità, Nss. D.I., VIII, Torino 1962, 744; Picardi, L'ufficiale giudiziario: una figura ambigua, in Studi in onore di Mario Vellani, II, Milano, 1998, 721; Tarzia, Indicazione del bene da pignorare e opposizione per impignorabilità, in Giur. it. 1964, I, 2, 315; Tedoldi, Le novità in materia di esecuzione forzata nel d.l. 132/2014, in Corr. giur. 2015, n. 3, 390; Verde, Pignoramento mobiliare, Enc. Dir., XXXIII, Milano, 1983, 822; Ziino, Sub artt. 514, 515, 517, 518, 520, 521, 524, in La riforma del processo civile, a cura di Cipriani e Monteleone, Padova, 2007, 279 e ss.

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