Codice di Procedura Civile art. 598 - Approvazione del progetto 1Approvazione del progetto1 [I]. Se il progetto è approvato o si raggiunge l'accordo tra tutte le parti, se ne dà atto nel processo verbale e il professionista delegato a norma dell'articolo 591-bis o il giudice dell'esecuzione nell'ipotesi di cui all'articolo 596, quarto comma, ordina il pagamento agli aventi diritto delle singole quote entro sette giorni. [I]. Se vengono sollevate contestazioni innanzi al professionista delegato, questi ne dà conto nel processo verbale e rimette gli atti al giudice dell'esecuzione, il quale provvede ai sensi dell'articolo 512.
[1] Articolo così modificato dall'art. 23 lett. e) n. 35 d.l. 14 marzo 2005, n. 35, conv. con modif., in l. 14 maggio 2005, n. 80 e successivamente così sostituito dall'art. 3, comma 43, lett. c) del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 (ai sensi dell'art. 52 d.lgs. n. 149 /2022 , il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale). Per la disciplina transitoria v. art. 35 d.lgs. n. 149/2022 , come da ultimo modificato dall'art. 1, comma 380, lett. a), l. 29 dicembre 2022, n.197, che prevede che : "1. Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti.". Si riporta il testo prima della sostituzione: «[I].Se il progetto è approvato o si raggiunge l'accordo tra tutte le parti, se ne dà atto nel processo verbale e il giudice dell'esecuzione o professionista delegato a norma dell'articolo 591-bis ordina il pagamento delle singole quote, altrimenti si applica la disposizione dell'articolo 512 [179 att.].». InquadramentoAll'udienza fissata per l’approvazione del progetto di riparto o, rectius, d’ora in avanti, all’adunanza per la discussione del progetto dinanzi al professionista delegato, se si raggiunge l'accordo tra i creditori o non sorgono contestazioni sullo stesso, il progetto è approvato con conseguente conclusione della procedura esecutiva immobiliare ed ordine di pagamento delle singole quote ai creditori (Cass. n. 15826/2005). Ove invece sorga una controversia distributiva il professionista delegato dovrà rimettere le parti dinanzi al giudice dell’esecuzione affinché decida sulla stessa ex art. 512. Approvazione del pianoSe i creditori raggiungono un accordo sulla ripartizione delle somme all'attivo della procedura, approvano il piano (anche con un comportamento processuale concludente ex art. 597) il professionista delegato ovvero il il giudice dell'esecuzione nell’ipotesi in cui non sia stata delegata la vendita ne dà atto nel processo verbale ed ordina il pagamento delle quote. La norma prevede che il pagamento delle quote può essere ordinato anche dal professionista delegato: di qui potrebbe ritenersi che nel sistema attuale l'adunanza dei creditori per l'approvazione del progetto possa svolgersi anche non in udienza bensì in presenza del delegato. Mediante l'approvazione del progetto di riparto si conclude ad ogni effetto la procedura esecutiva immobiliare, (anche se pende un’opposizione distributiva: Cass. n. 32146/2023), sicché: a) termina l'efficacia interruttiva permanente del decorso del termine di prescrizione (Cass. n. 2534/1982); b) non è più proponibile l'opposizione all'esecuzione (Cass. n. 15826/2005). Il provvedimento di approvazione del progetto di distribuzione è impugnabile con l'opposizione agli atti esecutivi, essendo irrilevante che il giudice abbia contestualmente dichiarato l'estinzione del processo, in quanto tale dichiarazione è solo una presa d'atto della chiusura fisiologica del processo di espropriazione, e non è idonea a precludere l'impugnazione dell'approvazione del progetto finale di distribuzione, che è l'ultimo atto di quel processo (Cass. n. 9175/2018). Peraltro, è ammissibile la revoca del progetto di distribuzione di cui all'art. 596 fino a quando esso non abbia avuto esecuzione, ai sensi dell'art. 487, ovvero finché il cancelliere non abbia emesso i mandati di pagamento e questi non siano stati riscossi (Cass. VI, n. 23993/2012). Il mandato alla cancelleria per il pagamento delle quote oggetto di riparto può essere dato anche con provvedimento separato rispetto a quello di approvazione del progetto (cfr. Cass. n. 2607/1975). ContestazioniNell'espropriazione immobiliare, per poter procedere alla distribuzione del ricavato della vendita forzata, è necessario che non vi siano contestazioni in ordine all'esistenza o all'ammontare del credito, perché in tal caso il progetto di distribuzione non può essere approvato, in attesa degli accertamenti sulle contestazioni (Cass. III, n. 15370/2005). Laddove insorgano, quindi , contestazioni tra creditori concorrenti o tra il debitore ed uno o più creditori trova applicazione la disciplina dettata dall'art. 512. Ciò comporta che il professionista delegato debba rimettere il fascicolo al giudice dell’esecuzione affinché decida sulle contestazioni. In particolare, il primo comma dell'art. 512 stabilisce che le controversie distributive che possono sorgere in sede di riparto sono le seguenti: a) controversie tra creditori concorrenti in ordine all'esistenza del credito o alla ricorrenza di una causa di prelazione; b) controversie tra il debitore ed uno o più creditori in ordine all'esistenza del credito. A quest'ultimo riguardo, si è precisato che nella fase di distribuzione della somma ricavata dall'espropriazione forzata, l'azione svolta dal debitore esecutato contro il creditore procedente, che, nella esecuzione da lui promossa e proseguita, sia intervento in forza di un secondo credito, del quale soltanto si intenda contestare la sussistenza, la misura o la collocazione, si qualifica necessariamente come azione ex art. 512 (Cass. III, n. 5961/2001). La S.C. ha chiarito, inoltre, che in tema di controversie sulla distribuzione del ricavato di una espropriazione forzata, ove il giudice, in sede di progetto di distribuzione, abbia escluso un creditore intervenuto per insufficiente prova del credito e della legittimazione ad intervenire, la relativa controversia ex art. 512 ha, quale unico oggetto, la prova del credito, senza che possa essere dedotta o rilevata d'ufficio l'eventuale tardività dell' intervento (Cass. L, n. 6212/2009). La l. n. 80/2005, ha modificato significativamente il procedimento per la decisione sulle controversie distributive, nell'intento di accelerare la soddisfazione concreta dei creditori concorrenti. Infatti, mentre prima di tale intervento normativo, insorte le controversie distributive le stesse dovevano essere risolte in sede giurisdizionale attraverso una ordinaria causa cognitiva soggetta ad appello, e se l'ufficio giudiziario al quale apparteneva il giudice dell'esecuzione era anche competente secondo le norme sulla competenza ordinaria, questi assumeva la veste di giudice istruttore, con la predetta disposizione è stato conferito al giudice dell'esecuzione il potere di risolverle non più con sentenza ma, con ordinanza, previa sospensione totale o parziale della distribuzione, ora non più obbligatoria ma facoltativa, con il solo obbligo di ascoltare preventivamente le parti e di compiere, se del caso, i necessari accertamenti. È stato chiarito che il nuovo regime giuridico della risoluzione delle controversie in sede distributiva, non si applica ai procedimenti di opposizione distributiva pendenti alla data dell'1 marzo 2006, in cui è entrata in vigore la norma, ma solo a quelli introdotti a partire da tale data, in quanto la disposizione transitoria che ha stabilito l'applicabilità delle nuove norme in materia di esecuzione forzata anche ai procedimenti esecutivi pendenti al 1 marzo 2006 non può estendersi alle controversie ai sensi dell''art. 512 pendenti secondo il vecchio rito (Cass. III, n. 10866/2012). È discusso se nello svolgere i predetti accertamenti il giudice dell'esecuzione possa avvalersi di tutti i mezzi di prova a tal fine utilizzabili nel processo ordinario di cognizione. Parte della dottrina risponde in senso affermativo a tale interrogativo, precisando che l'unico limite è quello dell'inammissibilità degli strumenti istruttori che implicano la disposizione del diritto oggetto della contesa (ad esempio, confessione e giuramento) in ragione dell'ambiente esecutivo nel quale si innesta la controversia distributiva e ferma la possibilità, in considerazione della natura camerale del procedimento, di assumere in forma atipica prove tipiche (es. esame di persone informate sui fatti senza previa capitolazione ovvero acquisizione in forma scritta di dichiarazioni di terzi senza il rispetto dei presupposti richiesti dall'art. 257-bis in tema di testimonianza c.d. scritta: Castoro, 390; Tommaseo, 232). Secondo altri, invece, il giudice dell'esecuzione dovrebbe invece limitarsi all'acquisizione di prove precostituite ed all'assunzione di sommarie informazioni (Merlin). Quando al riparto dell'onere probatorio nelle controversie distributive, in una recente decisione si è affermato che in caso di controversia insorta in sede di distribuzione della somma ricavata all'esito di procedura esecutiva la cognizione sommaria del giudice dell'esecuzione è regolata, sul piano della ripartizione degli oneri probatori, dal principio per cui chi contesta la posizione di vantaggio altrui coinvolta nella distribuzione - in quanto non sorretta, per la parte contestata, da elementi certi risultanti dal titolo - non è tenuto a fornire la prova, negativa, dell'insussistenza di quegli elementi, spettando a colui che rivendica la posizione di vantaggio dimostrarne l'esistenza (Cass. n. 10752/2016). L'ordinanza che il giudice dell'esecuzione emette dopo aver compiuto gli accertamenti ritenuti necessari è suscettibile di opposizione agli atti esecutivi, la proposizione della quale dà luogo, secondo le regole generali, prima ad una fase sommaria dinanzi al giudice dell'esecuzione e, poi, ad un giudizio eventuale di merito incardinato su iniziativa della parte interessata. E' stato precisato che qualora il giudice dell'esecuzione abbia deciso con ordinanza ai sensi dell'art. 512 le contestazioni mosse al progetto depositato in cancelleria ai sensi dell'art. 596, l'opposizione avverso questa ordinanza va proposta nelle forme e nei termini dell'art. 617, anche qualora con essa non sia stato approvato e reso esecutivo il progetto di distribuzione definitivo (Cass. n. 1673/2016). A seguito della riforma realizzata dalla l. n. 80/2005, è sorto in dottrina, l'interrogativo in ordine all'incidenza o meno delle modifiche processuali sull'oggetto del rimedio. In particolare, secondo alcuni, la controversia distributiva da strumento di risoluzione della lite volto all'accertamento pieno del diritto alla distribuzione, con decisione idonea al giudicato, sarebbe divenuto mezzo di indagine endoprocessuale inidoneo a produrre effetti al di fuori della sede esecutiva (Luiso, 184; Saletti, 2006, 894). Per altri, la modifica dell'art. 512 si sarebbe limitata ad incidere sul procedimento e non già sull'oggetto delle controversie distributive, né sull'idoneità della decisione, resa all'esito dell'eventuale opposizione avverso l'ordinanza emessa dal Giudice dell'esecuzione al giudicato sostanziale (Capponi, 2006, 1760 ss.; Tiscini, 1 ss.; Vincre, 64). In tale direzione è stato osservato che è ormai acquisito nella più recente legislazione processuale che possa aversi una decisione su diritti soggettivi in un “ambiente” procedimentale differente da quello del giudizio ordinario di cognizione, ed a fronte di forme di cognizione di carattere sommario e non è ragionevole ritenere che qualora l'ordinanza del giudice dell'esecuzione venga opposta ex art. 617 la sentenza che decide sull'opposizione agli atti esecutivi, suscettibile anche di ricorso straordinario per cassazione ai sensi dell'art. 111, comma 7, Cost., possa considerarsi priva di effetti diversi da quelli meramente endoprocessuali (Castoro, 392). In ordine al rapporto tra controversie distributive ed opposizioni esecutive, resta peraltro fermo, almeno in giurisprudenza, l'orientamento per il quale tali rimedi possono concorrere avendo un differente oggetto. In giurisprudenza è stato invero ribadito che la diversità tra l'opposizione di cui all'art. 615, proponibile anche nella fase della distribuzione del ricavato dalla espropriazione forzata, e l'opposizione di cui all'art. 512, è data dal differente oggetto delle due impugnazioni, l'una concernente il diritto a partecipare alla distribuzione e l'altra il diritto di procedere all'esecuzione forzata, dovendosi ricercare l'ambito oggettivo e i limiti di applicazione dell'art. 512 nel fatto che non possa formare oggetto di controversia in sede di distribuzione, ai sensi di tale norma, la contestazione del diritto della parte istante di procedere ad esecuzione forzata (Cass. n. 22310/2010). In sostanza, le opposizioni regolate dall'art. 512 sono dirette ad accertare il diritto di partecipare alla distribuzione del ricavato, e hanno dunque ad oggetto il credito nella sua esistenza, nel suo ammontare e nel suo carattere privilegiato, mentre l'opposizione ex art. 615 ha ad oggetto il diritto di procedere in executivis e mira a travolgere l'intero processo, sicché la differenza tra i due rimedi risiede nel differente oggetto senza che, ove l'impugnazione sia proposta dal debitore esecutato, possa attribuirsi alcun rilievo alla presenza o meno del titolo esecutivo in capo al creditore contestato (Cass. n. 5961/2001, Giust. civ., 2002, I, 177, con nota diDelle Donne). Pertanto, costituisce principio assolutamente prevalente quello secondo cui la previsione del rimedio dell'opposizione distributiva, ex art. 512, non esclude che il debitore esecutato, il quale contesti l'esistenza o anche solo l'ammontare del credito di un creditore intervenuto, di cui si presume l'ammissione alla distribuzione, possa tutelarsi anche prima della suddetta fase attraverso lo strumento dell'opposizione all'esecuzione, di cui all'art. 615, comma 2, c.p.c., sussistendo in ogni momento dell'esecuzione il suo interesse a contestare l'an od il quantum di uno o più tra detti crediti, né rileva che, successivamente alla proposizione della relativa opposizione, il naturale sviluppo della procedura ne comporti il transito alla fase della distribuzione della somma ricavata, comprensiva anche di quanto ritualmente versato a seguito di ordinanza ammissiva di conversione (Cass. III, n. 7108/2015). In senso almeno in parte diverso, una più recente decisione della S.C. ha evidenziato — pur accedendo in motivazione alla tesi per la quale la riforma di cui alla l. n. 80/2005 non ha inciso sull'oggetto delle controversie distributive — che l'opposizione ex art. 512 e quella proposta ai sensi dell'art. 615 si pongono in un rapporto di successione cronologica, con conseguente esclusione della loro concorrenza, essendo l'una esperibile sino a che non si giunga alla fase della distribuzione, l'altra, invece, a partire da tale momento. Ne deriva che fino a quando l'opposizione ex art. 615 risulti ancora sub iudice, e fino al momento in cui la procedura esecutiva pervenga alla fase della distribuzione, i fatti con essa proposti non possono essere dedotti con l'opposizione di cui all'art. 512, né essere valutati automaticamente dal giudice dell'esecuzione (Cass. n. 15654/2013). Occorre peraltro interrogarsi sulle interferenze sulla problematica in esame di due recenti novellazioni normative. Più in particolare, infatti, l'art. 13, comma 1, lett. dd), d.l. 27 giugno 2015, n. 83, è intervenuto di recente sull'art. 615 allo scopo di specificare che quando il diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata è contestato solo in parte la sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo posto a fondamento della minacciata esecuzione forzata può essere solo parziale. La Relazione Illustrativa sottolinea che la modifica è volta solo ad avallare sul piano normativo quanto già riconosciuto dalla dottrina e giurisprudenza. Occorre evidenziare, in primo luogo, che la disposizione non riguarda, tuttavia, che l'opposizione a precetto, come si evince chiaramente dalla collocazione della stessa nel comma 1 dell'art. 615 dedicato, per l'appunto, all'opposizione c.d. preventiva all'esecuzione forzata, mentre l'opposizione successiva al pignoramento si promuove nelle forme e dinanzi al giudice individuato dal comma 2 dello stesso art. 615. La previsione, in mancanza di un intervento contestuale sull'art. 624 che disciplina la sospensione dell'esecuzione già iniziata, sembra quindi in sé e per sé inapplicabile anche all'opposizione c.d. successiva all'esecuzione. Potrebbe ritenersi che ciò dipenda soltanto da una sciatteria del legislatore, considerato che nella stessa giurisprudenza di legittimità era stato affermato, anche di recente, il principio per il quale è ammessa la sospensione parziale dell'esecuzione (cfr. Cass., n. 22642/2012). Per converso, l'innovazione normativa potrebbe considerarsi, invece, effettivamente limitata all'opposizione a precetto ed essere orientata così anche a chiarire – disattendendo proprio la giurisprudenza richiamata - che, una volta iniziata l'esecuzione forzata, lo strumento dell'opposizione ex art. 615 può essere utilizzato esclusivamente per contestare integralmente il diritto del creditore a procedere in executivis, dovendosi attendere la fase della distribuzione del ricavato per contestare il quantum della pretesa esecutiva ai sensi dell'art. 512. Sotto un distinto profilo, il recente d.l. 3 maggio 2016, n. 59, intervenendo sul comma 2 dell'art. 615 ha previsto che l'opposizione all'esecuzione debba essere proposta, a pena di inammissibilità, entro il termine nel quale è disposta la vendita o l'assegnazione. A riguardo, la questione principale attiene alla possibilità di dedurre nell'ambito di una controversia distributiva contestazioni che sarebbero state proponibili mediante opposizione all'esecuzione. Ad una prima lettura della disposizione novellata, sembra che detto ostacolo non sussista, considerato l'ampio oggetto delle controversie distributive, limitatamente alle contestazioni con le quali, in sede distributiva ex art. 512, si contesti l'an e non soltanto il quantum debeatur, trattandosi ai sensi del comma 1 dell'art. 512 di una controversia tra creditori e debitore circa la sussistenza o l'ammontare di uno o più crediti, i.e. del complesso dei crediti azionati nell'ambito della procedura. Ciò potrà comportare, essendo ormai il bene stato oggetto di vendita forzata, anche pretese restitutorie da parte del debitore. Casistica La mancata opposizione all'ordinanza di vendita all'asta di un immobile pignorato, gravato da ipoteca a favore di un istituto di credito fondiario, nella quale sia stato previsto il diritto dello aggiudicatario di accollarsi il residuo mutuo previo pagamento allo istituto mutuante, delle semestralità scadute, degli accessori e delle spese, non preclude l'ammissibilità dell'opposizione al progetto di distribuzione, con la quale si contesti l'estensione della prelazione dell'istituto riguardo alle annualità e alla misura degli interessi (Cass. n. 7148/1986). BibliografiaBonsignori, Assegnazione forzata e distribuzione del ricavato, Milano, 1962; Bove, Capponi, Martinetto, Sassani, L’espropriazione forzata, Torino, 1988; Campese, L’espropriazione forzata immobiliare dopo la legge 14 maggio 2005, n. 80, Milano, 2005; Castoro, Il processo di esecuzione nel suo aspetto pratico, Milano, 2019; Cordopatri, Le nuove norme sull’esecuzione forzata, in Riv. dir. proc. 2006, 768; Denti, Distribuzione della somma ricavata, in Enc. dir., XIII, Milano 1964, 325; Giordano, Riforma del processo civile: i professionisti delegati nell’espropriazione immobiliare, in IUS processocivile.it; Saija, Il progetto di distribuzione parziale e anticipata: l’art. 596 c.p.c. dopo la riforma del 2016, in www.ilprocessocivile.it; Travi, Espropriazione immobiliare, in Nss. D.I., VI, Torino, 1960, 502 ss.; Travi, Espropriazione immobiliare, in Nss. D.I., App. III, Torino 1982, 517 ss.; Verde, Ancora sui rapporti tra opposizione all’esecuzione e contestazione dei debiti, in Riv. dir. proc. 1955, 302. |