Codice di Procedura Civile art. 599 - Pignoramento

Rosaria Giordano

Pignoramento

[I]. Possono essere pignorati i beni indivisi [1100 ss. c.c.] anche quando non tutti i comproprietari sono obbligati verso il creditore. 

[II]. In tal caso del pignoramento [492 ss.] è notificato avviso, a cura del creditore pignorante, anche agli altri comproprietari, ai quali è fatto divieto di lasciare separare dal debitore la sua parte delle cose comuni senza ordine di giudice [160, 180 att.].

 

Inquadramento

La disposizione in esame e quelle successive disciplinano l'espropriazione dei beni indivisi, ossia quella avente ad oggetto la sola quota del debitore.

Tale quota deve essere specificamente indicata nell'atto di pignoramento, a pena di nullità (Cass. n. 6833/2015).

La peculiarità della comunione tra i coniugi, che è una comunione senza quote, comporta che il creditore personale di uno dei coniugi debba pignorare per intero il bene in comunione legale (Cass. n. 6575/2013).

Il creditore ha l'onere di notificare avviso del pignoramento ai comproprietari onde evitare l'opponibilità della divisione del bene (Cass. n. 2145/2000).

Espropriazione di beni indivisi

Le norme dettate dagli artt. 599 e ss. trovano applicazione nell'ipotesi in cui il creditore proceda in sede esecutiva soltanto nei confronti di uno dei comproprietari di un bene indiviso.

A differenza del codice previgente che vietava in tale ipotesi l'espropriazione, la stessa è oggi consentita salve alcune peculiarità processuali (Tarzia, 899).

Il pignoramento deve avere ad oggetto esclusivamente la quota del debitore esecutato, che va specificamente indicata nell'atto a pena di nullità (Cass. n. 6833/2015, la quale ha precisato, tuttavia, che tale vizio non sussiste, attesa la reciproca integrazione tra i due atti ed il principio di conservazione degli atti processuali, qualora la quota dell'esecutato si ricavi con chiarezza dalla nota di trascrizione).

Costituisce jus receptum, peraltro, il principio per il quale mentre è consentita l'espropriazione dell'intera quota delle cose comuni spettante ad uno dei comproprietari, limitatamente a tutti i beni di una determinata specie (immobili, mobili o crediti), non è ammissibile l'espropriazione forzata della quota di un singolo bene indiviso, quando la massa in comune comprenda più cose della stessa specie, atteso che, potendosi assegnare al debitore, in sede di divisione, una parte di altro bene compreso nella medesima massa, il pignoramento rischierebbe di non conseguire i suoi effetti, per inesistenza, nel patrimonio del debitore, dell'oggetto dell'esecuzione (Cass. n. 6809/2013).

Comunione tra coniugi

Dopo alcuni contrasti emersi nella giurisprudenza di merito, la Corte di Cassazione ha ormai da tempo chiarito che la natura di comunione senza quote della comunione legale dei coniugi comporta che l'espropriazione, per debiti personali di uno solo dei coniugi, di un bene (o di più beni) in comunione, abbia a oggetto il bene nella sua interezza e non per la metà, con scioglimento della comunione legale limitatamente al bene staggito all'atto della sua vendita o assegnazione e diritto del coniuge non debitore alla metà della somma lorda ricavata dalla vendita del bene stesso o del valore di questo, in caso di assegnazione (Cass. n. 6575/2013, Foro it., 2013, n. 11, 3274, con note di Acone e R. Lombardi).

In tal senso nella giurisprudenza di merito precedente, si era osservato che la comunione legale dei beni dà vita ad una comproprietà solidale di ciascun coniuge sull'intera massa dei beni che vi ricadono e su ciascun bene singolarmente, sicché il creditore personale di uno dei coniugi può pignorare ogni singolo cespite della comunione per intero, purché rispetti il limite del valore complessivo della metà dell'intero patrimonio in comunione legale, posto dall'art. 189 comma 2 c.c. Il coniuge non debitore che intenda fare valere tale limite ha l'onere di proporre opposizione all'esecuzione, promuovendo contestualmente la domanda di separazione giudiziale ex art. 193 comma 2 c.c. Anche nel caso di pignoramento ricadente sull'intero bene in comunione legale, debbono essere seguite le formalità previste dagli art. 599 e 600 e 180 comma 2 disp. att., a tutela del coniuge non debitore (Trib. Pisa, 28 novembre 2008, Giur. mer., 2012, n. 3, 604, con nota di Cardino).

L'orientamento poi avallato dalla S.C. era stato affermato, sempre in sede applicativa, evidenziando anche che nell'istituto della comunione legale la quota non è un elemento strutturale, ma ha soltanto la funzione di stabilire la misura entro cui i beni della comunione possono essere aggrediti dai creditori particolari (art. 189 c.c.), la misura della responsabilità sussidiaria di ciascuno dei coniugi con i propri beni personali verso i creditori della comunione (art. 190 c.c.), ed infine la proporzione in cui, sciolta la comunione, l'attivo ed il passivo saranno ripartiti tra i coniugi ed i loro eredi (art. 194 c.c.). La quota nella comunione legale fornisce quindi solo l'astratta misura del riparto, suscettibile di applicazione (e quindi di concreta realizzazione del proprio contenuto patrimoniale) nella sola fase di scioglimento della comunione. Corollario del principio di indisponibilità della quota nella comunione legale è l'inespropriabilità da parte del creditore personale del coniuge della “quota” di pertinenza di quest'ultimo. Ove peraltro si ammettesse l'espropriazione della quota si giungerebbe alla conclusione, incompatibile con la natura ed il fondamento della comunione legale dei beni, della sostituzione del coniuge, all'interno della comunione legale, con un terzo estraneo al rapporto coniugale, l'aggiudicatario della quota escussa. Per giungere a tale risultato, si dovrebbe dapprima passare attraverso lo scioglimento della comunione, e dunque si dovrebbe concepire l'espropriazione forzata da parte del creditore particolare come causa di scioglimento della comunione legale, in modo che il creditore possa soddisfarsi sulla quota di liquidazione. Una tale soluzione, tuttavia, contrasta con il principio di tassatività delle cause di scioglimento della comunione legale così come elencate dall'art. 191 c.c. Ne consegue che oggetto dell'azione esecutiva può essere solo il singolo bene comune, e non la quota indivisa, mentre in sede di riparto finale, poi, assegnato ai creditori il valore corrispondente alla quota del coniuge obbligato, il residuo dovrà essere restituito alla comunione legale, e non all'altro coniuge. La comunione legale, infatti, per effetto dell'espropriazione forzata, non si è sciolta, ma soltanto materialmente ristretta. Occorre, pertanto, in ipotesi di beate ricadente in comunione legale, vendere l'intero e soddisfare i creditori del coniuge debitore sulla metà del ricavato, con restituzione alla comunione dell'altra metà (Trib. Bari II, 21 marzo 2007, n. 766, Il merito, 2008, n. 1-2, 34).

In accordo con una differente impostazione interpretativa, l'azione esecutiva promossa dal creditore personale di uno dei coniugi può ricadere, una volta che il pignoramento sia stato eseguito negativamente sui beni personali del coniuge obbligatosi, su qualunque cespite della comunione, ma limitatamente ad una quota pari alla metà spettante al debitore, con ricorso esclusivo e necessario alle norme relative all'espropriazione dei beni indivisi, da applicare analiticamente e individualmente a ciascun cespite, e non alla massa indivisa (Trib. Genova, 30 gennaio 1982, Dir. fam., 1982, 1324).

Sotto altro profilo, è stato evidenziato che qualora il coniuge non esecutato intenda preservare la propria quota in comunione, evitando l'espropriazione per l'intero, nel caso in cui il valore del bene pignorato superi quello della quota spettante al coniuge debitore in comunione, egli dovrà far valere le sue ragioni nelle forme della opposizione all'esecuzione introducendo in quella sede la domanda di separazione giudiziale dei beni ai sensi dell'art. 193 c.c., fino a quando il processo esecutivo non sia terminato con l'assegnazione del bene o la distribuzione della somma ricavata (Trib. Roma, 25 marzo 2005, Giur. mer., 2006, n. 7-8, 1641, con nota di Lombardi).

Casistica

In tema di comunione ereditaria, ove la vendita di una quota indivisa sia realizzata in presenza di un pignoramento di quest'ultima che, pur comprendendo tutti i beni di una certa specie, lasci tuttavia fuori beni di specie diversa, l'aggiudicatario non avrà una posizione uguale a quella degli altri compartecipi, in quanto estraneo ai beni non colpiti dal pignoramento. Pertanto, la divisione dei beni rispetto ai quali l'aggiudicatario è subentrato all'esecutato sarà fatta separatamente dalla divisione del resto, cosicché l'accordo paradivisorio stipulato dai condividenti e dall'aggiudicatario senza la partecipazione del coerede esecutato avrà efficacia purché limitato ai beni ricompresi nella quota che ha formato oggetto di vendita forzata (Cass. II, n. 24833/2022).

L’esecuzione per espropriazione di un appartamento di proprietà esclusiva in edificio condominiale, ancorché ad esso accedano le quote sulle parti comuni dell’edificio, esula dalla disciplina degli artt. 599 - 601, che riguarda la diversa ipotesi del pignoramento di un bene in comproprietà, nei limiti della quota di uno o di alcuni soltanto dei comproprietari (Cass. n. 4612/1985).

Avviso ai comproprietari

Nell'ipotesi di espropriazione dei beni indivisi, deve essere notificato a cura del creditore avviso del pignoramento ai comproprietari per renderli edotti del divieto di separare la propria parte dalla cosa comune senza ordine del giudice.

Peraltro, l'omessa notifica dell'avviso non incide sulla validità del pignoramento, trattandosi di una previsione dettata nell'interesse del creditore procedente, in quanto, laddove venga omesso l'avviso potrà vedersi opporre dal comproprietario la divisione della propria quota (Cass. n. 2145/2000; Trib. Bari II, 14 aprile 2009, n. 3706, in giurisprudenzabarese.it).

Invero, l'avviso di cui alla norma in esame non costituisce elemento essenziale del pignoramento, sicché la mancanza dello stesso non ne determina la nullità: tuttavia, l'omissione dello stesso implica, per i comproprietari non debitori, il venir meno della preclusione di procedere a divisione (contrattuale o giudiziale) del bene, con la conseguenza che, ove tali comproprietari procedano a detta divisione, anche dopo la trascrizione del pignoramento, possono opporre la divisione medesima al creditore, nella sua efficacia retroattiva a partire dalla data della costituzione della comunione, ai sensi dell'art. 757 c.c. questo principio non trova ostacolo nel disposto dell'art. 2913 c.c., circa l'inefficacia in pregiudizio del creditore degli atti successivi al pignoramento, il quale riguarda la diversa ipotesi degli atti con i quali il debitore trasferisca ad altri il diritto di proprietà, o costituisca in favore di altri diritti reali sull'immobile oggetto di esecuzione (cfr. Cass. n. 3648/1985).

Bibliografia

Acone, La separazione della quota in natura nell'espropriazione forzata di beni indivisi, in Foro it. 1960, IV, 297; Bonsignori, Espropriazione di quota di società a responsabilità limitata, Milano, 1961; Cardino, Comunione di beni ed espropriazione forzata, Torino, 2011; Castoro, Il processo di esecuzione nel suo aspetto pratico, Milano, 2017; Grasso, Espropriazione di beni indivisi, in Enc. dir., XV, Milano, 1966, 790; Grasso, L'espropriazione della quota, Milano, 1957; Lombardi A., Espropriazione forzata dei beni della comunione legale e responsabilità sussidiaria ex art. 189 comma 2 c.c., in Giur. mer. 2006, 1642; Merlin, L'espropriazione di beni indivisi, in AA.VV, Il processo civile di riforma in riforma, Milano, 2007, 133 ss.; Redenti, Sul pignoramento e sulla vendita forzata di beni indivisi, in Riv. dir. proc., 1948, 2330; Tarzia, Espropriazione dei beni indivisi, in Nss. D.I., VI, Torino, 1964, 886.

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