Codice di Procedura Civile art. 618 - Provvedimenti del giudice dell'esecuzione.

Rosaria Giordano

Provvedimenti del giudice dell'esecuzione.

[I]. Il giudice dell'esecuzione [487] fissa con decreto l'udienza di comparizione delle parti davanti a sé [185 att.] e il termine perentorio [153] per la notificazione del ricorso e del decreto, e dà, nei casi urgenti, i provvedimenti opportuni.

[II]. All'udienza dà con ordinanza [487] i provvedimenti che ritiene indilazionabili ovvero sospende la procedura. In ogni caso fissa un termine perentorio per l'introduzione del giudizio di merito, previa iscrizione a ruolo a cura della parte interessata, osservati i termini a comparire di cui all'articolo 163-bis, o altri se previsti, ridotti della metà. Quando il giudizio di merito è introdotto nelle forme del rito ordinario di cognizione, sono ridotti della metà anche i termini di cui agli articoli 165,166, 171-bis e 171-ter.  La causa è decisa con sentenza non impugnabile [530, 569; 187 att.]1.

[III]. Sono altresì non impugnabili le sentenze pronunciate a norma dell'articolo precedente primo comma.

 

[1] Comma così modificato dall'art. 3, comma 7, lett. s), d.lgs. 31 ottobre 2024, n. 164 , che ha aggiunto dopo  il  secondo periodo con le seguenti parole «Quando il giudizio di merito è introdotto nelle forme del rito ordinario di cognizione, sono ridotti della metà anche i termini di cui agli articoli 165,166, 171-bis e 171-ter». Ai sensi dell’art. 7, comma 1, del medesimo decreto, le disposizioni di cui al d.lgs. n. 164/2024 cit. si applicano ai procedimenti introdotti successivamente al 28 febbraio 2023. Precedentemente il comma era stato modificato dall'art. 99 d.lg. 19 febbraio 1998, n. 51. Il testo recitava: «All'udienza dà con ordinanza i provvedimenti che ritiene indilazionabili e provvede a norma degli articoli 175 e seguenti all'istruzione della causa, che è poi decisa con sentenza non impugnabile. ». Successivamente 'art. 15 l. 24 febbraio 2006, n. 52, ha così sostituito il secondo comma.

Inquadramento

Le opposizioni esecutive, dopo la riforma di cui alla l. n. 52/2006, sono strutturate secondo una prima fase necessaria, che si svolge nelle forme camerali ex art. 185 disp. att., dinanzi al giudice dell'esecuzione ed una seconda fase eventuale a cognizione piena di fronte al giudice della cognizione.

La giurisprudenza più recente tende a configurare le due fasi come procedimento unitario, ad esempio con riguardo alla questione della procura alle liti (Cass. n. 7999/2015).

Nella fase sommaria il giudice dell'esecuzione può sospendere la procedura o emanare gli altri provvedimenti indilazionabili.

L'ordinanza mediante la quale a conclusione della fase sommaria viene concesso dal giudice dell'esecuzione il termine per l'introduzione del giudizio di merito non è impugnabile ex art. 111 Cost. per difetto di definitività e ciò anche qualora manchi l'indicazione di detto termine che la parte può ottenere presentando ricorso ai sensi dell'art. 289 (Cass. n. 16525/2012).

L'introduzione del giudizio di merito nel termine perentorio fissato dal giudice dell'esecuzione, all'esito dell'esaurimento della fase sommaria, deve avvenire con la forma dell'atto introduttivo relativa al rito con cui va trattata l'opposizione nella fase a cognizione piena (Cass. n. 27527/2014).

Struttura bifasica delle opposizioni esecutive

Le opposizioni esecutive, dopo la riforma di cui alla l. n. 52/2006, sono strutturate secondo una prima fase necessaria, che si svolge nelle forme camerali ex art. 185 disp. att., dinanzi al giudice dell'esecuzione ed una seconda fase eventuale a cognizione piena di fronte al giudice della cognizione.

Come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità più recente, il rapporto tra le due fasi è peraltro molto stretto.

Invero, modificando l'orientamento già espresso in precedenza (Cass. n. 22838/2012), la S.C. ha affermato che l'opposizione agli atti esecutivi, pur essendo distinta, in due fasi, la prima sommaria e la seconda a cognizione piena, costituisce un unico procedimento, sicché ai fini dell'applicazione del termine d'impugnazione di sei mesi, previsto dall'art. 327, nella nuova formulazione, ed applicabile ai giudizi instaurati dopo l'entrata in vigore della l. n. 69/2009, rileva il momento in cui è stata introdotta la fase sommaria, con il deposito del ricorso dinanzi al giudice dell'esecuzione (Cass. n. 9246/2015).

Sempre in ragione dell'assunto per il quale il giudizio di opposizione agli atti esecutivi, alla luce delle modifiche apportate agli artt. 618 e art. 185 disp. att. dalla l. n. 52/2006, pur essendo diviso in due fasi, conserva una struttura unitaria, nel senso che la fase eventuale di merito è in collegamento con la fase sommaria, è stato poi precisato che la procura, rilasciata al difensore per l'opposizione agli atti esecutivi dinanzi al giudice dell'esecuzione, è da intendersi conferita anche per il successivo eventuale giudizio di merito, in mancanza di una diversa ed esplicita volontà della parte che limiti il mandato alla fase sommaria e che, peraltro, l'atto di citazione per il giudizio di merito che segue la fase sommaria dinanzi al giudice dell'esecuzione è validamente notificato presso il difensore nominato con la procura alle liti rilasciata già nella prima fase, in mancanza di una diversa ed esplicita volontà della parte che ne limiti la validità alla prima fase (Cass. n. 7999/2015).

Pertanto, è onere di chi eccepisce la nullità della notificazione provare che la procura conferita nella fase sommaria del giudizio fosse stata espressamente limitata a tale fase.

Fase sommaria e regime dell'ordinanza conclusiva della stessa

Dopo la riforma di cui alla l. n. 52/2006 è stato previsto espressamente il potere, sulla sussistenza del quale in precedenza si dibatteva, del giudice dell'esecuzione di sospendere la stessa anche nell'ipotesi di proposizione di un'opposizione agli atti esecutivi.

Potrà quindi essere emanato tale provvedimento o pronunciati altri provvedimenti occorrenti ed indilazionabili.

L'opposizione agli atti esecutivi è improcedibile se la notificazione del ricorso, pur tempestivamente depositato in cancelleria nel termine previsto dall'art. 617, e dell'unito decreto di fissazione di udienza sia mancata del tutto ovvero sia giuridicamente inesistente, mentre ove essa sia affetta da vizi che ne comportino la nullità il giudice dell'esecuzione può concedere un termine per la rinnovazione (Cass. n. 25308/2015).

Già nella fase sommaria il ricorso ed il decreto di fissazione dell'udienza dinanzi al giudice dell'esecuzione dovranno essere notificati a tutte le parti della procedura e ad eventuali (es. aggiudicatario) altri contraddittori necessari.

Nella prima fase dinanzi al giudice dell'esecuzione l'opposizione può essere proposta in forma orale e verbalizzata all'udienza ovvero con ricorso, da notificarsi alle altre parti nel termine indicato dal giudice dell'esecuzione. Qualora il ricorso in opposizione agli atti esecutivi con il pedissequo decreto che fissa l'udienza di comparizione non sia stato notificato nel termine perentorio fissato dal giudice ex art. 618  a tutti i legittimi contraddittori, il giudice non può dichiarare l'estinzione del procedimento, ma deve ordinare l'integrazione del contraddittorio ai sensi dell'art. 102 nel termine perentorio da lui stabilito (Cass. n. 3890/2016).

Assunti i predetti provvedimenti il giudice dell'esecuzione, a conclusione della fase sommaria, concede il termine perentorio per l'introduzione del giudizio di merito.

Tale termine non decorre dal deposito del provvedimento sommario, ma dal momento in cui l'interessato ne abbia avuto conoscenza legale o di fatto, senza che assuma rilevanza, ai fini del rispetto del predetto termine, il compimento delle formalità di iscrizione della causa a ruolo, che, pur richiamata nell'art. 618, ha la sola funzione di rimarcare la diversa cognizione, sommaria nella prima fase, piena nella seconda, tipica della struttura bifasica del giudizio di opposizione (Cass. n. 17306/2015).

La S.C. ha più volte ribadito che l'ordinanza del giudice dell'esecuzione, che ai sensi dell'art. 618, comma 2, chiude la fase sommaria e fissa il termine per l'introduzione del giudizio di merito, non è impugnabile con il ricorso straordinario per cassazioneexart. 111, comma 7, Cost., in quanto priva del carattere della definitività (Cass. n. 25169/2014). Tale soluzione è stata affermata anche con riferimento all'ipotesi nella quale il giudice dell'esecuzione abbia omesso di fissare, nel provvedimento in questione, il termine per l'introduzione del giudizio a cognizione piena e provveda sulle spese, atteso che il provvedimento, di accoglimento o di rigetto, con il quale si chiude la fase sommaria, è privo di definitività ma deve contenere necessariamente la statuizione relativa alle spese, eventualmente riesaminabile nel giudizio di merito, mentre la mancanza del provvedimento ordinatorio relativo all'introduzione della successiva fase (eventuale) del procedimento può essere sanata mediante richiesta d'integrazione formulata ai sensi dell'art. 289, o mediante autonoma iniziativa di parte rivolta all'introduzione del giudizio a cognizione piena, in mancanza delle quali il procedimento si estingue ai sensi dell'art. 307, con conseguente impossibilità di rimettere in discussione la statuizione sulle spese (Cass. n. 25111/2015Cass. n. 16525/2012).

È stato poi precisato che il provvedimento del giudice dell'esecuzione di reiezione dell'istanza di revoca dell'ordinanza di chiusura della fase sommaria,non può essere impugnato con ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 111, comma 7, Cost., essendo appartenente esclusivamente alla fase sommaria e comunque privo del carattere della definitività anche quando sia stata erroneamente omessa la fissazione del termine perentorio per l'instaurazione del giudizio a cognizione piena, atteso che l'iniziativa dell'iscrizione a ruolo, e la conseguente scelta di intraprendere tale successiva fase, è rimessa esclusivamente all'impulso di parte (Cass. n. 15227/2011).

Più di recente, si è puntualizzato, inoltre, che l'ordinanza con la quale il giudice dell'esecuzione provvede a definire la fase sommaria, quand'anche dichiari illegittimamente inammissibile l'opposizione, non è impugnabile con il ricorso straordinario ex art. 111, comma 7, Cost., in quanto priva del carattere della definitività (Cass. VI, n. 24037/2022).

Inoltre, è inammissibile il ricorso per cassazione contro l'ordinanza con la quale il giudice dell'esecuzione, a conclusione della fase sommaria, decida il merito della controversia senza fissare il termine per l'introduzione del giudizio di merito, potendo la parte introdurre comunque tale giudizio per far valere in quella sede ogni doglianza; ove, invece, il provvedimento adottato abbia forma di sentenza, quest'ultima dev'essere cassata senza rinvio, precludendo in radice la relativa emissione l'introduzione del giudizio di merito, in forza del principio del ne bis in idem (Cass. III, n. 11848/2022).

Introduzione del giudizio di merito

Nella giurisprudenza di legittimità è stato più volte affermato che ai sensi della disposizione in esame l'introduzione del giudizio di merito nel termine perentorio fissato dal giudice dell'esecuzione, all'esito dell'esaurimento della fase sommaria, deve avvenire con la forma dell'atto introduttivo relativa al rito con cui va trattata l'opposizione nella fase a cognizione piena, sicché ove si applichi ex art. 618-bis, comma 1, il rito del lavoro, il giudizio di merito va introdotto con ricorso da depositare nella cancelleria del giudice competente entro il termine perentorio fissato dal giudice (Cass. n. 27527/2014), mentre nelle ipotesi in cui trovi applicazione il rito ordinario di cognizione il rispetto del termine deve essere verificato avendo riguardo alla notifica dell'atto di citazione.

A riguardo, è stato recentemente precisato che l'opposizione agli atti esecutivi proposta dal creditore, quale difensore distrattario delle spese di lite tale riconosciuto in un titolo per crediti di lavoro, non è disciplinata dal rito del lavoro, non condividendo il suo credito la natura di quello oggetto del titolo e, pertanto, è soggetta al rito ordinario, sicché essa va introdotta con atto di citazione e non con ricorso e, così, è tempestivamente proposta - e quindi ammissibile - solo in caso di notifica del relativo atto introduttivo entro il termine a tale scopo fissato all'esito della fase sommaria dell'opposizione stessa (Cass. n. 5809/2018).

Quando è richiesta, per l'introduzione del giudizio di merito, l'adozione di un atto di citazione, può ritenersi idoneo allo scopo - in ossequio al principio dell'equipollenza degli atti - anche un atto diverso nella forma, purché contenente tutti gli elementi di cui all'art. 163, comma 3 (Cass. n. 7117/2015, con riguardo alla comparsa di risposta integrata con il provvedimento del giudice dell'esecuzione con cui si fissava non solo il termine per notificare, ma anche la data dell'udienza di trattazione).

Il giudizio di opposizione agli atti esecutivi, come disciplinato dagli artt. 618 e 185 disp. att. (nel testo modificato dalla l. 24 febbraio 2006, n. 52), sebbene abbia struttura bifasica presenta natura unitaria, sicché l'atto di citazione per la fase di merito che segua, eventualmente, quella sommaria dinanzi al giudice dell'esecuzione è validamente notificato presso il difensore nominato con la procura alle liti rilasciata già nella prima fase, in mancanza di una diversa ed esplicita volontà della parte destinataria che abbia limitato, a tale fase, la validità del mandato difensivo (Cass. n. 7997/2015).

Occorre per altro verso considerare che quando il giudizio di merito è introdotto nelle forme del rito ordinario di cognizione, oltre ai termini a comparire, sono ridotti della metà anche i termini di cui agli artt.165, 166, 171-bis e 171-ter (d.lgs. n. 164/2024).

Nella fase di merito, stante il disposto dell'art. 186-bis disp. att., l'opposizione agli atti esecutivi non può essere assegnata al giudice dell'esecuzione che ha emesso l'atto oggetto della stessa. Peraltro, ove ciò avvenga la parte interessata è tenuta a ricusare il giudice ex artt. 52 c.p.c. e ss. ed, in mancanza, non può impugnare la sentenza pronunciata dallo stesso (Cass. n. 22854/2014).

È discusso in dottrina se il richiamo al procedimento camerale operato dall'art. 185 disp. att. valga solo per l'udienza di comparizione davanti al giudice dell'esecuzione o debba estendersi all'intero procedimento, ma la prima opzione appare più aderente ala ratio legis di contenere la sommarietà del procedimento solo ad una prima fase per poi riservare alla fase di merito l'applicabilità delle norme processuali del procedimento civile di cognizione ordinaria (Capponi, 603).

Sulla questione è ormai intervenuta, peraltro, la S.C. chiarendo che in tema di opposizioni in materia esecutiva ai sensi degli artt. 615, comma 2, e 619, la previsione, — nell'art. 185 disp. att., novellato dalla l. 24 febbraio 2006, n. 52 dell'applicabilità del rito camerale si riferisce esclusivamente alla fase a cognizione sommaria davanti al giudice dell'esecuzione, e sottende che la cognizione non segue le regole della cognizione piena, che si applicano, invece, alla fase di merito, quando abbia luogo sia davanti allo stesso giudice dell'esecuzione, sia se si svolga davanti ad un diverso giudice competente nel merito (Cass. n. 3550/2013, la quale ha ritenuto che deve quindi essere escluso che la trattazione della fase a cognizione piena su dette opposizioni sia soggetta al rito camerale, e che la composizione del giudice di merito dell'opposizione in sede decisoria possa essere quella collegiale ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 50-bis).

Se quindi la causa di merito è soggetta al rito ordinario, il giudizio di merito va introdotto con citazione da notificare alla controparte entro il termine perentorio fissato dal giudice. L'eventuale concessione di un ulteriore termine per la notifica o per una nuova citazione, se non è andata a buon fine la prima, sarà ammissibile solo a condizione che sia stato rispettato il termine perentorio a suo tempo stabilito dal giudice dell'esecuzione. Qualora, invece, la causa appartenga alla competenza per materia del giudice del lavoro e, ai sensi dell'art. 618-bis, comma 1, sia disciplinata dalle norme previste per le controversie individuali di lavoro, in quanto relativa ad esecuzione forzata promossa in base a provvedimenti emessi dal giudice del lavoro, il giudizio di merito va introdotto con ricorso da depositare nella cancelleria del giudice competente entro il termine perentorio fissato dal giudice dell'esecuzione (Cass. n. 12055/2014).

Peraltro, l'opposizione agli atti esecutivi proposta dal creditore, che ha azionato, quale difensore distrattario delle spese di lite tale riconosciuto in un titolo giudiziario per crediti di lavoro, non è disciplinata dal rito del lavoro, non condividendo il suo credito la natura di quello oggetto del titolo e, pertanto, è soggetta al rito ordinario, sicché essa va introdotta con atto di citazione e non con ricorso e, così, è tempestivamente proposta - e quindi ammissibile - solo in caso di notifica del relativo atto introduttivo entro il termine a tale scopo fissato all'esito della fase sommaria dell'opposizione stessa (Cass. n. 5809/2018).

Laddove invece il termine per l'introduzione del giudizio di merito non sia rispettato ne conseguirà exart. 307 l'estinzione immediata del procedimento (Menchini-Motto, 183).

L'udienza che viene fissata per l'inizio del giudizio di merito è l'udienza ex art. 183 per cui se il convenuto opposto deve proporre eccezioni in senso stretto, chiamare terzi in giudizio o formulare domande riconvenzionali deve provvedervi venti giorni prima di questa udienza stabilita con l'atto introduttivo.

Con riferimento alle domande riconvezionali, la S.C. ha chiarito che nel giudizio di opposizione agli atti esecutivi la domanda riconvenzionale è ammissibile se il provvedimento del giudice dell'esecuzione incide contestualmente, oltre all'interesse dell'opponente, anche quello dell'opposto e a condizione che essa sia spiegata, a pena di decadenza, nel termine perentorio di cui all'art. 617, decorrente dal compimento o dalla conoscenza dell'atto esecutivo opposto, perché, in mancanza, si determina la sanatoria dell'atto stesso (Cass. n. 13151/2024).

L'opposizione agli atti esecutivi nella fase di merito può essere decisa dallo stesso magistrato persona fisica che ha svolto le funzioni di giudice dell'esecuzione, atteso che il disposto dell'art. 186 bis disp. att. è finalizzato ad escludere unicamente la coincidenza fra i magistrati persone fisiche che debbano trattare le due fasi (sommaria e ordinaria) del procedimento di opposizione agli atti esecutivi ex art. 617, e non implica quindi che il magistrato persona fisica cui sia demandata la trattazione della fase di merito dell'opposizione suddetta non possa coincidere con quello designato quale giudice dell'esecuzione ai sensi dell'art. 484(Cass. n. 26551/2018).

La sentenza all'esito del giudizio di merito sull'opposizione agli atti esecutivi è inappellabile, a differenza di quella resa nel procedimento di opposizione all'esecuzione.

Qualora una opposizione in materia esecutiva si possa scindere in un duplice contenuto, in parte riferibile ad una opposizione agli atti esecutivi e in parte riferibile ad una opposizione all'esecuzione, l'impugnazione della conseguente sentenza deve seguire il diverso regime previsto per i distinti tipi di opposizione (Cass. n. 18312/2014).

Qualora con il medesimo atto vengano proposte contestualmente un'opposizione all'esecuzione e un'opposizione agli atti esecutivi, se il giudice abbia ritenuto assorbente quest'ultima, pronunciandosi solo in merito ad essa, la sentenza è ricorribile per cassazione a norma degli artt. 618 e 111 Cost. (Cass. n. 19267/2015). Nelle opposizioni esecutive non trova applicazione la disciplina relativa alla sospensione feriale dei termini processuali. Sul punto è stato precisato che il principio sancito dall'art. 3 l. n. 742/1969, secondo cui le cause di opposizione all'esecuzione o agli atti esecutivi non sono sottoposte a sospensione durante il periodo feriale trova applicazione al ricorso per cassazione, attenendo detto articolo alla natura della controversia e ad ogni sua fase processuale, (con la conseguenza che l'eventuale tardività ed inammissibilità del ricorso che abbia disatteso la norma va rilevata d'ufficio: Cass. n. 10212/2019). Per le medesime ragioni, il principio opera anche in relazione al termine per proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza di opposizione all'esecuzione o agli atti esecutivi che sia stata impugnata per revocazione, nonché al termine per proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza che ha deciso sulla revocazione (Cass. n. 14972/2015).

Bibliografia

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