Codice di Procedura Civile art. 645 - (Opposizione) 1 .Opposizione 1. [I]. L'opposizione si propone davanti all'ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice che ha emesso il decreto. L'atto introduttivo e' notificato al ricorrente nei modi di cui all'articolo 638. Contemporaneamente l'ufficiale giudiziario deposita copia dell'atto nel fascicolo d'ufficio contenente il decreto affinche' il cancelliere ne prenda nota. [II]. In seguito all'opposizione il giudizio si svolge secondo le norme del processo di cognizione davanti al giudice adito. Quando si svolge nelle forme del rito ordinario, l'anticipazione di cui all'articolo 163-bis, secondo comma, deve essere disposta fissando l'udienza per la comparizione delle parti non oltre trenta giorni dalla scadenza del termine minimo a comparire.
[1] Articolo così sostituito dall'art. 13 d.P.R. 17 ottobre 1950, n. 857. V. art. 14 d.ls. 1° settembre 2011, n. 150 e successivamente sostituito dall'art. 3, comma 8, lett. c) d.lgs. 31 ottobre 2024, n. 164. Il testo precedente alla sostituzione operata dal d.lgs. n. 164/2024 , modificato dall'art. 1 della l. 29 dicembre 2011, n. 218 e dall'articolo 78, comma 1, lettera a), del d.l. 21 giugno 2013, n. 69, conv., con modif., in l. 9 agosto 2013, n. 98 era il seguente: « [I]. L'opposizione si propone davanti all'ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice che ha emesso il decreto [6411], con atto di citazione notificato al ricorrente nei luoghi di cui all'articolo 638. Contemporaneamente l'ufficiale giudiziario deve notificare avviso dell'opposizione al cancelliere affinché ne prenda nota sull'originale del decreto. [II]. In seguito all'opposizione il giudizio si svolge secondo le norme del procedimento ordinario davanti al giudice adito. L'anticipazione di cui all'articolo 163-bis, terzo comma, deve essere disposta fissando udienza per la comparizione delle parti non oltre trenta giorni dalla scadenza del termine minimo a comparire»; ai sensi dell’art. 7, comma 1, del medesimo decreto, le disposizioni di cui al d.lgs. n. 164/2024 cit. si applicano ai procedimenti introdotti successivamente al 28 febbraio 2023. InquadramentoIl d.lgs. 31 ottobre 2024 n. 164 è intervenuto sulla norma sostituendo il riferimento all'atto di citazione con il più generico concetto di «atto introduttivo», alla luce del fatto che l'opposizione a decreto ingiuntivo può essere proposta anche nelle forme del rito semplificato o del rito del lavoro e dunque con ricorso. Al contempo, la norma è stata armonizzata con le novità in tema di notifica e deposito telematici prevedendo che l'ufficiale giudiziario che ha notificato l'atto di opposizione non debba più notificare un avviso al cancelliere, ma debba depositare copia dell'atto stesso nel fascicolo informatico contenente il decreto, affinché il cancelliere possa avere contezza che il decreto non è divenuto esecutivo e annotare l'evento nel registro. Al secondo comma, inoltre, è aggiornato il riferimento al secondo comma dell'articolo 163-bis piuttosto che al terzo, coordinando così la norma con l'abrogazione dell'originario secondo comma dell'articolo 163-bis disposta dal d.lgs. n. 149 del 2022. L'opposizione si propone davanti all'ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice che ha emesso il decreto. La nuova formulazione della norma si applicherà anche ai procedimenti in corso introdotti dopo il 28 febbraio 2023. La giurisprudenza ha all'uopo rimarcato che la competenza funzionale del giudice che ha emesso il provvedimento è inderogabile ed immodificabile, anche per ragioni di litispendenza, continenza o connessione (Cass. VI, n. 16454/2015). L'opposizione a decreto ingiuntivo dà luogo ad un ordinario giudizio di cognizione, teso ad accertare il fondamento della pretesa fatta valere e non se l'ingiunzione sia stata legittimamente emessa in relazione alle condizioni previste dalla legge (Cass. n. 16767/2014). L'inversione formale della posizione processuale delle parti, rivestendo l'opponente il ruolo di convenuto in senso sostanziale e l'opposto quello di attore in senso sostanziale, determina alcune particolarità sia con riferimento al contenuto degli atti introduttivi, sia in relazione alla chiamata in causa del terzo ed alla limitata proponibilità da parte dell'opposto di domande riconvenzionali. La documentazione prodotta con il ricorso per ingiunzione è destinata, per effetto dell'opposizione al decreto e della trasformazione in giudizio di cognizione ordinaria, ad entrare nel fascicolo del ricorrente, restando a carico della parte opposta l'onere di depositarla. Qualora la parte opposta non abbia allegato al fascicolo, nel rispetto delle preclusioni di primo grado, detta documentazione la stessa può essere utilmente prodotta nel giudizio di appello, non potendosi considerare come nuova (Cass. S.U., n. 14475/2015). La natura del giudizio di opposizioneIn dottrina risulta controversa la natura giuridica dell'opposizione a decreto ingiuntivo (in arg. v. Garbagnati, 137; Ronco, 340; V alitutti-De Stefano, 222). Alcuni autori hanno configurato l'opposizione avverso il decreto ingiuntivo come un mezzo di impugnazione del decreto, altri invece ritengono che l'opposizione sia il mezzo di realizzazione di un contraddittorio posticipato assimilando, per identità di funzione, la citazione in opposizione alla comparsa di risposta. La giurisprudenza prevalente ritiene che la fase che si apre con la presentazione del ricorso e si chiude con la notifica del decreto non costituisce un processo autonomo, rispetto a quello che si apre con l'opposizione, ma dà luogo a un unico giudizio (Cass. II, n. 11817/2011; Cass. I, n. 19120/2009). Le Sezioni Unite hanno chiarito che l'opposizione prevista dall'art. 645 non è una "actio nullitatis" o un'azione di impugnativa nei confronti dell'emessa ingiunzione, ma un ordinario giudizio sulla domanda del creditore che si svolge in prosecuzione del procedimento monitorio, non quale giudizio autonomo, ma come fase ulteriore - anche se eventuale - del procedimento iniziato con il ricorso per ottenere il decreto ingiuntivo (Cass. S.U., n. 927/2022). In questo giudizio ordinario il giudice non deve stabilire se il decreto ingiuntivo fu legittimamente emesso ma deve accertare il fondamento della pretesa azionata con il ricorso per decreto ingiuntivo e, laddove la domanda risulti fondata, deve accoglierla, indipendentemente dalla regolarità, sufficienza e validità degli elementi sulla cui base fu emesso il decreto, i quali possono, semmai, influire solo sul regolamento delle spese processuali. La conferma, o meno, del decreto ingiuntivo è, quindi, collegata, nel giudizio di opposizione, non tanto a un giudizio di legalità e controllo riferito esclusivamente al momento della sua emanazione, quanto piuttosto a un giudizio di piena cognizione in ordine all'esistenza e alla validità del credito posto a base della domanda di ingiunzione (Cass. VI, n. 14486/2019; Cass. II, n. 10503/2013). Pertanto il giudice, ove la ritenga fondata l'opposizione, non deve limitarsi a revocare il decreto, ma, dopo aver operato l'autonoma valutazione di tutti gli elementi offerti dalle parti, se ritenga la prova del credito insussistente, deve provvedere al rigetto della domanda proposta dal creditore (Cass. I, n. 10263/2021). Poiché il giudice del merito non deve limitare la propria indagine al controllo circa la legittimità dell'ingiunzione con riferimento alle condizioni del relativo procedimento, ma procedere ad autonomo esame di tutti gli elementi forniti dal creditore per dimostrare la fondatezza della propria pretesa e dall'opponente per contestare la pretesa stessa, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo è possibile la produzione e la valutazione anche di nuove prove integranti con efficacia retroattiva quelle prodotte in sede monitoria (Cass. VI, n. 14473/2019). Con l'opposizione al decreto ingiuntivo si apre un ordinario giudizio di cognizione, nel quale il giudice non deve limitarsi ad accertare se, all'atto dell'emissione del decreto ingiuntivo, sussistevano tutte le condizioni all'uopo richieste dalle norme processuali, ma deve tener conto anche degli elementi acquisiti attraverso le deduzioni delle parti e le prove da esse offerte. E, poiché le condizioni dell'azione debbono essere accertate con riferimento alla situazione esistente al tempo della pronuncia e non a quello della domanda, si deve ritenere fondata l'originaria pretesa se i fatti costitutivi di essa, ancorché insussistenti al momento in cui fu chiesto ed emesso il decreto ingiuntivo, concorrano al momento della decisione sull'opposizione (Cass. VI, n. 32792/2021). Va rammentato che la S.C. ha ritenuto che il giudice dell'opposizione a decreto ingiuntivo può rilevare d'ufficio l'inammissibilità dell'opposizione per inosservanza del termine prescritto dall'art. 641, solo se dagli atti emerga con certezza la tardività dell'opposizione in riferimento sia al "dies a quo", ossia alla data di notificazione del decreto, che al "dies ad quem", ossia alla data della relativa opposizione, ma, qualora sia noto soltanto il "dies ad quem", non può adottare analoga statuizione officiosa presumendo tale tardività in assenza di dati significativi e, segnatamente, addebitando all'opponente la mancata produzione della busta contenente il decreto notificato, in quanto recante la data di smistamento del plico presso l'ufficio postale, ma non anche quella di effettivo recapito al destinatario (Cass. VI, n. 13594/2019). Costituisce principio pacifico in giurisprudenza che l'opponente, che assume la posizione sostanziale di convenuto, può proporre domanda riconvenzionale, a fondamento della quale può anche dedurre un titolo non strettamente dipendente da quello posto a fondamento della ingiunzione, quando non si determini in tal modo spostamento di competenza e sia pur sempre ravvisabile un collegamento obiettivo tra il titolo fatto valere con l'ingiunzione e la domanda riconvenzionale, tale da rendere opportuna la celebrazione del "simultaneus processus" (Cass. II, n. 6091/2020;Cass. II, n. 13410/2014). La fase monitoria e quella di opposizione del procedimento di ingiunzione fanno parte di un unico processo, il cui complessivo svolgimento ed esito finale determinano la regolamentazione delle spese processuali (Cass. II, n. 24482/2022). Pertanto, ove anteriormente all'emissione del decreto ingiuntivo il debitore provveda all'integrale pagamento della sorte capitale, le spese relative alla fase monitoria ben possono essere poste a carico dell'ingiungente, dovendo la fondatezza del decreto essere verificata, ai fini della soccombenza, non al momento del deposito del ricorso, ma a quello di notificazione del decreto (Cass. III, n. 29642/2020). La competenzaIn tema di opposizione a decreto ingiuntivo, la competenza funzionale del giudice che ha emesso il provvedimento è inderogabile ed immodificabile, anche per ragioni di litispendenza, continenza o connessione (Cass. VI, n. 16454/2015). Pertanto, qualora l'opponente formuli domanda riconvenzionale eccedente i limiti di valore della competenza del giudice di pace adito, questi è tenuto a separare le due cause, trattenendo quella relativa all'opposizione e rimettendo l'altra al tribunale, il quale, in difetto, qualora gli sia stata rimessa l'intera causa, può richiedere nei limiti temporali fissati dall'art. 38 il regolamento di competenza ex art. 45 (Cass. VI, n. 272/2015). Allo stesso modo, in caso sia proposta domanda riconvenzionale di competenza della sezione specializzata delle imprese di altro tribunale, il giudice dell'opposizione è tenuto a separare le due cause, rimettendo quella relativa a quest'ultima domanda dinanzi al tribunale competente, ferma restando nel prosieguo l'eventuale applicazione delle disposizioni in tema di sospensione dei processi (Cass. VI, n. 8693/2022). La S.C. ha peraltro evidenziato che, nel caso in cui la domanda riconvenzionale sia stata proposta non dall'opponente - unica parte legittimata - ma dall'opposto, la stessa è inammissibile e come tale è inidonea ad incidere sia sulla competenza per valore del giudice adito, sia sulle sorti del processo, ovvero non produce la necessità che si separino le due domande per indirizzare ciascuna di esse al giudice competente a deciderne il merito (Cass. VI, n. 18863/2017). Nell'ipotesi in cui alla data di notificazione di un decreto ingiuntivo sia pendente, davanti ad altro giudice, una diversa domanda la cui causa petendi sia (in tutto o in parte) identica a quella della domanda proposta nel procedimento monitorio, e nel cui petitum sia contenuto quello della domanda monitoria, il giudice dell'opposizione al decreto ingiuntivo è tenuto, con pronuncia esaustiva della sua competenza funzionale, a dichiarare la propria incompetenza, la nullità del decreto ingiuntivo e a rimettere la causa al primo giudice (Cass. VI, n. 15532/2011). Va, invero, rimarcato che la dichiarazione di incompetenza del giudice che ha emanato il decreto ingiuntivo, pronunciata dallo stesso giudice funzionalmente competente ex art. 645 — configurandosi il requisito della competenza come condizione di ammissibilità del decreto — determina in ogni caso la caducazione del decreto, della quale non possono disporre né quel giudice né le parti (Cass. III, n. 16744/2009). Deriva da quanto precede, pertanto, che qualora il predetto giudice, nel dichiararsi incompetente, non abbia espressamente dichiarato caducato il decreto ingiuntivo, l'eventuale riassunzione dinanzi al giudice competente non concerne la causa di opposizione, ormai definita, ma soltanto la causa relativa alla pretesa azionata dal creditore e, ove le parti riassumano formalmente l'opposizione al decreto ingiuntivo come tale, il giudice ad quem è tenuto a interpretare la domanda contenuta nell'atto di riassunzione esclusivamente come diretta a investirlo della cognizione dell'azione di cognizione ordinaria sulla pretesa del creditore e sulle altre eventualmente introdotte (Cass.VI, n. 1121/2022; Cass. III, n. 41230/2021). La giurisprudenza ha altresì rimarcato che, poiché il provvedimento recante la dichiarazione di incompetenza del giudice che ha emanato il decreto monitorio emesso dal giudice dell'opposizione non è una decisione soltanto sulla competenza, ma presenta un duplice contenuto, di accoglimento in rito dell'opposizione e di caducazione per nullità del decreto, ad esso non si applica la previsione della forma conclusiva dell'ordinanza, di cui all'art. 279, comma 1, come modificato dall'art. 46 l. n. 69/2009 (Cass. VI, n. 15579 /2019; Cass. VI, n. 14594/2012), dovendo dunque la relativa pronuncia rendersi con sentenza. È discussa l'applicabilità al giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo dell'art. 44 nella parte in cui prevede che il giudice nel dichiararsi incompetente debba anche indicare il giudice ritenuto competente (Asprella, 2014; Giordano, 489). In giurisprudenza esistono due orientamenti. Una prima impostazione opta per la soluzione negativa in virtù della natura funzionale della competenza il giudice esaurisce il suo compito con la dichiarazione di incompetenza e di nullità del decreto ingiuntivo (Cass. III, n. 5105/2007; Cass. I, n. 1584/1996). Altro orientamento, invece, ritiene che il giudice nel dichiararsi incompetente debba anche indicare il giudice ritenuto competente onde consentire la traslatio iudicii ex art. 50 (Cass. III, n. 10981/2003). La S.C. ha, inoltre, ritenuto ammissibile il regolamento di competenza avverso la sentenza con cui il tribunale, investito di un'opposizione a decreto ingiuntivo, dopo avere ritenuto che il decreto è stato emesso da giudice incompetente per ragioni di territorio per essere competente il giudice di altro foro, dichiari la nullità dell'opposto decreto senza indicare nel dispositivo questo diverso giudice. L'omissione di tale indicazione, infatti, non incide sulla natura di statuizione sulla competenza della sentenza, sia in ragione della integrabilità del dispositivo con la motivazione, sia perché la statuizione di incompetenza a emettere il provvedimento monitorio implica necessariamente la declaratoria dell'incompetenza a decidere sul merito della controversia relativa al diritto di credito monitoriamente azionato (Cass. III, n. 6652/2007). L'eccezione di incompetenza per territorio deve essere sollevata, ai sensi dell'art. 38, nell'atto di opposizione, che deve intendersi come prima difesa utile poiché tiene luogo della comparsa di risposta nella procedura ordinaria (Cass. VI, n. 4779/2021; Cass. I, n. 5161/1999). L'adesione dell'opposto all'eccezione dell'opponente di incompetenza territoriale del giudice che ha emesso il decreto ingiuntivo comporta, a norma dell'art. 38, che viene escluso ogni potere del giudice adito di decidere sulla competenza e conseguentemente di pronunciare sulle spese processuali relative alla fase svoltasi davanti a lui, dovendo provvedervi il giudice al quale è rimessa la causa (Cass. II, n. 21300/2024). La S.C. ha all'uopo chiarito che l'ordinanza con la quale il giudice dell'opposizione a decreto ingiuntivo, prendendo atto dell'adesione dell'opposto all'eccezione, dispone la cancellazione della causa dal ruolo, deve contenere la revoca dell'ingiunzione, essendo a tal fine necessario un provvedimento espresso, e non implicito, che impedisca al decreto di produrre gli effetti provvisori di cui esso è capace in pendenza dell'opposizione (Cass. III, n. 6106/2006). Le S.U. hanno ritenuto che, in presenza di una clausola compromissoria di arbitrato estero avente ad oggetto tutte le controversie nascenti dal contratto ad esclusione dei procedimenti sommari o conservativi, il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, non potendo essere ricompreso in tali procedimenti, rimane soggetto ad arbitrato (Cass. S.U., n. 21550/2017). Le S.U. hanno altresì chiarito che, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, quando all'esito del regolamento preventivo di giurisdizione sia stato dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice nazionale, si determina una improseguibilità del giudizio di merito, in quanto il giudice italiano, pure avendo avuto il potere di adottare il provvedimento poi opposto, non ha più quello di decidere la relativa controversia, se non limitandosi a dichiarare la nullità del ridetto decreto monitorio (Cass. S.U., n. 20633/2022; Cass. S.U., n. 22433/2018). La costituzione delle partiL'inversione formale della posizione processuale delle parti comporta che l'atto di citazione in opposizione deve avere tutti i requisiti formali previsti dagli artt. 163,163-bis , ma non quelli concernenti il contenuto del normale atto di citazione, previsti dall'art. 163, comma 3, n. 4, in quanto ha in sostanza il contenuto di una comparsa di risposta, poiché mediante lo stesso l'ingiunto potrà proporre eccezioni concernenti la sussistenza di fatti impeditivi, modificativi o estintivi dell'avversa pretesa creditoria o mere difese (Giordano, 490). Costituisce orientamento consolidato della giurisprudenza che, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, la costituzione tardiva dell'opponente equivale alla mancata costituzione e determina l'improcedibilità dell'opposizione (Cass. S.U., n. 19246/2010). Il provvedimento dichiarativo dell'improcedibilità dell'opposizione a decreto ingiuntivo per difetto di costituzione dell'opponente ha valore sostanziale di sentenza, sicché è impugnabile con l'appello e non mediante ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost. (Cass. II, n. 9772/2016). L'opponente a decreto ingiuntivo che abbia proposto opposizione non seguita da costituzione in giudizio, ovvero seguita da ritardata costituzione, può peraltro legittimamente riproporre l'opposizione entro il termine fissato nel decreto ingiuntivo ai sensi dell'art. 641, commi 1 e 2, accompagnata da rituale e tempestiva costituzione in giudizio (Cass. I, n. 25621/2008; Cass. I, n. 22502/2004). La S.C. ha inoltre chiarito che, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, in applicazione della norma di interpretazione autentica dell'art. 165, comma 1 — dettata dall'art. 2 l. n. 218/2011 — la riduzione alla metà del termine di costituzione dell'opponente si applica solo se questi abbia assegnato all'opposto un termine di comparizione inferiore a quello di cui all'art. 163-bis, comma 1 (Cass. VI, n. 6989/2013; Cass. I, n. 16673/2012). La riduzione alla metà del termine di costituzione dell'opponente costituisce, peraltro, effetto automatico dell'assegnazione all'opposto di un termine di comparizione inferiore a quello previsto dalla summenzionata norma (Cass. I, n. 17763/2016). La Cassazione ha, peraltro, ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della menzionata disposizione, atteso che la portata retroattiva ed innovativa della stessa non contrasta con i principi del giusto processo ed è ragionevole la correlazione tra la dimidiazione del termine di costituzione dell'opponente e la scelta acceleratoria da lui compiuta attraverso l'assegnazione all'opposto di un termine di comparizione ridotto (Cass. I, n. 2483/2017). I Giudici di legittimità hanno inoltre rimarcato che, nell'ipotesi di decreto ingiuntivo emesso nei confronti di debitori solidali, l'ingiunto il quale non abbia proposto opposizione non è legittimato ad intervenire, neppure «ad adiuvandum», nel giudizio di opposizione instaurato da altro debitore, in quanto non potrebbe giovarsi della sentenza a questi favorevole, poiché l'art. 1306, comma 2, non opera a vantaggio di chi sia vincolato da un giudicato formatosi direttamente nei suoi riguardi (Cass. II, n. 22696/2015). La S.C. ha inoltre chiarito che il difensore antistatario in favore del quale siano state distratte le spese, liquidate con decreto ingiuntivo emesso a favore del suo assistito, non è legittimato ad intervenire nel giudizio di opposizione se non quando nello stesso si controverta anche sulla disposta distrazione, e con una possibilità di interlocuzione limitata al profilo della distrazione e non anche estesa alla sussistenza del credito azionato in via monitoria o alla misura delle spese liquidate (Cass. III, n. 27166/2016). Va poi ricordato che nell'opposizione a decreto ingiuntivo, legittimato passivo è esclusivamente il beneficiario dell'ingiunzione, sicché, ove la citazione in opposizione venga proposta e notificata nei confronti di un soggetto diverso da quello a favore del quale il decreto ingiuntivo sia stato pronunciato, si determina la nullità della stessa ex artt. 163 n. 2 e 645 n. 1, c.p.c. salvo che, nel caso di giudizi iniziati dopo il 30 aprile 1995, rispetto ai quali trova applicazione l'art. 164, comma 3, c.p.c. nel testo novellato dall'art. 90 l. n. 353/1990, il ricorrente in sede monitoria, non provveda a costituirsi in giudizio, sanando "ex tunc" il vizio di nullità e, con essa, la correlata inammissibilità dell'opposizione per decorrenza dei relativi termini di proposizione (Cass. II, n. 15946/2019). La documentazione prodotta con il ricorso per ingiunzione Secondo l'orientamento tradizionale in giurisprudenza, la documentazione prodotta con il ricorso per ingiunzione è destinata, per effetto dell'opposizione al decreto e della trasformazione in giudizio di cognizione ordinaria, ad entrare nel fascicolo del ricorrente, restando a carico della parte opposta l'onere di costituirsi in giudizio depositando il fascicolo contenente i documenti offerti in comunicazione con la conseguenza che, in difetto di tale produzione, questi ultimi non entrano a fare parte del fascicolo d'ufficio e il giudice non può tenerne conto (Cass. I, n. 17603/2013; Cass. III, n. 8955/2006; Cass. S.U., n. 8203/2005). Si era successivamente formato un diverso orientamento che aveva ritenuto che, poiché il procedimento che si apre con la presentazione del ricorso per decreto ingiuntivo e si chiude con la notifica del decreto stesso non è autonomo rispetto a quello che si apre con l'opposizione di cui all'art. 645, nel giudizio di opposizione, ove la parte opposta non abbia allegato al fascicolo, nel rispetto delle preclusioni di primo grado, la documentazione posta a fondamento del ricorso monitorio, tale documentazione può essere utilmente prodotta nel giudizio di appello, non potendosi considerare come nuova (Cass. I, n. 17063/2013; Cass. II, n. 11917/2011). Le Sezioni Unite (Cass. S.U., n. 14475/2015), a composizione di detto contrasto, hanno affermato il principio secondo il quale l'art. 345, comma 3 (nel testo introdotto dall'art. 52 l. n. 353/1990, con decorrenza dal 30 aprile 1995, applicabile nel caso di specie), deve essere interpretato nel senso che i documenti allegati alla richiesta di decreto ingiuntivo, anche qualora non siano stati nuovamente prodotti nella fase di opposizione, non possono essere considerati nuovi, e, pertanto, se allegati all'atto di appello contro la sentenza che definito il giudizio di primo grado, devono essere ritenuti ammissibili (Cass. II, n. 8693/2017). La Suprema Corte ha all'uopo teorizzato un principio “di non dispersione della prova” acquisita al processo, principio che, con specifico riferimento al procedimento per decreto ingiuntivo, implica che i documenti allegati al ricorso, in base ai quali sia stato emesso il decreto, devono rimanere nella sfera di cognizione del giudice anche nella, eventuale, fase di opposizione, che completa il giudizio di primo grado (Cass. VI, n. 3745/2017). In considerazione della mancanza di autonomia tra il procedimento che si apre con il deposito del ricorso monitorio e quello originato dall'opposizione exart. 645, i documenti allegati al primo, rimasti a disposizione della controparte, agli effetti dell'art. 638, comma 3, ed esposti, pertanto, al contraddittorio tra le parti, benché non prodotti nella fase di opposizione nel termine di legge, non possono essere considerati "nuovi", talché, ove depositati nel giudizio di appello, devono essere ritenuti ammissibili, non soggiacendo la loro produzione alla preclusione di cui l'art. 345, comma 3 (Cass. I, n. 32020/2019; Cass. lav., n. 21626/2019). La chiamata in causa del terzo Costituisce ormai principio consolidato in giurisprudenza che qualora l'opponente intenda chiamare un terzo non può provvedere direttamente alla sua citazione, ma, ai sensi dell'art. 269, deve chiedere al giudice, con l'atto di opposizione, di essere autorizzato alla chiamata del terzo al quale ritenga comune la causa sulla base dell'esposizione dei fatti e delle considerazioni giuridiche contenute nel ricorso per decreto (Cass. VI, n. 16336/2020; Cass. II, n. 21706/2019). Ciò in quanto, per effetto dell'opposizione non si verifica alcuna inversione della posizione sostanziale delle parti nel giudizio contenzioso, nel senso che il creditore mantiene la veste di attore e l'opponente quella di convenuto con riguardo sia alla ripartizione dell'onere della prova che ai poteri ed alle preclusioni processuali rispettivamente previsti per ciascuna delle parti (Cass. I, n. 21101/2015). Sussiste contrasto in giurisprudenza in ordine alle conseguenze della chiamata del terzo da parte dell'opponente con citazione diretta per la prima udienza di comparizione, anziché previa autorizzazione del giudice. Secondo un primo orientamento verrebbe a determinarsi una decadenza rilevabile d'ufficio ed insuscettibile di sanatoria per effetto della costituzione del terzo chiamato, ancorché questi non abbia, sul punto, sollevato eccezioni, in quanto il principio della non rilevabilità di ufficio della nullità di un atto per raggiungimento dello scopo si riferisce esclusivamente all'inosservanza di forme in senso stretto, e non di termini perentori, per i quali vigono apposite e distinte norme (Cass. II, n. 21706/2019; Cass. I, n. 22113/2015). Secondo altra impostazione la chiamata in causa così operata risulterebbe lesiva dei soli interessi del terzo chiamato, unico soggetto legittimato a far valere la relativa nullità, secondo il disposto dell'art. 157, comma 2. La relativa eccezione, inoltre, deve essere proposta nella prima udienza successiva all'atto e, quindi, nell'atto di costituzione in giudizio del terzo (Cass. I, n. 883/2015). La S.C. ha, peraltro, ritenuto che allorché l'opponente a decreto ingiuntivo, pur avendo citato direttamente un terzo che intenda chiamare in causa, richieda al giudice nell'atto di opposizione, in via subordinata, l'autorizzazione di cui all' art. 269 , rimane impedita la decadenza della chiamata, dovendosi peraltro intendere implicitamente autorizzata tale chiamata ove il giudice pronunci nel merito nei confronti del terzo (Cass. V, n. 16336/2020). In passato vi sono state posizioni contrastanti nella giurisprudenzadi merito in ordine alla ipotesi della chiamata in causa del terzo da parte dell'opposto (Asprella, 2025; Valitutti-De stefano, 353). Secondo una prima impostazione, infatti, sposata dalla maggior parte dei tribunali di merito, l'opposto può chiamare un terzo soltanto quando il suo interesse sia sorto a seguito delle difese svolte dall'opponente nell'atto di citazione e deve, obbligatoriamente, chiedere a pena di decadenza l'autorizzazione al giudice nella prima udienza, ai sensi degli artt. 183 comma 5 e 269 comma 3 (Trib. Nola 17 gennaio 2008; Trib. Torino 29 marzo 2005; Trib. Verona 19 aprile 2003). Secondo altro orientamento, invece, l'opposto che intende chiamare in causa un terzo deve chiedere lo spostamento dell'udienza di prima comparizione e trattazione, ex art. 269 comma 2 senza necessità di domandare l'autorizzazione alla chiamata al giudice (Trib. Torino 26 febbraio 2008; Trib. Catania 10 settembre 2004). I Giudici di legittimità intervenuti sul tema hanno aderito alla prima impostazione chiarendo che ai fini della chiamata in causa del terzo da parte dell'opposto - la cui autorizzazione è subordinata alla valutazione discrezionale, da parte del giudice istruttore, che l'esigenza di estensione del contraddittorio sia effettivamente derivata dalle difese dell'opponente, convenuto in senso sostanziale - trova applicazione l'art. 269, comma 3, dovendosi pertanto ritenere corretta la relativa istanza avanzata nella prima udienza (Cass. II, n. 25499/2021). In ultimo, va evidenziato che la S.C. ha precisato che nel giudizio di opposizione a decreto di ingiunzione, che va considerato un ordinario processo di primo grado che devolve al giudice il completo esame del rapporto giuridico controverso e non il semplice controllo della legittimità del decreto, è ammissibile l'intervento volontario del terzo, nelle sue tre forme di intervento principale, litisconsortile e adesivo (Cass. II, n. 29406/2022). La reconventio reconventionis Secondo la tradizionale impostazione della giurisprudenza in tema di opposizione a decreto ingiuntivo soltanto l’opponente, nella sua posizione sostanziale di convenuto, può proporre domande riconvenzionali, mentre l’opposto, rivestendo la posizione sostanziale di attore, non può avanzare domande diverse da quelle fatte valere con l’ingiunzione. Si riteneva, tuttavia, consentito anche all’opposto, con la comparsa di costituzione e risposta, l’esercizio dello ius variandi, quando l’opponente aveva a sua volta proposto una domanda riconvenzionale o introdotto, con l’atto di opposizione, difese, in fatto o in diritto, finalizzate al rigetto della domanda, ma integranti un tema di indagine tale da giustificare, da parte dell’opposto, una domanda nuova ( Cass. III, n. 28615/2019; Cass. I, n. 16564/2018; Cass. III, n. 22754/2013). Negli ultimi anni un diverso indirizzo della giurisprudenza di legittimità – alla luce dei mutati orientamenti in ordine ammissibilità della modifica della domanda ex art. 183, comma 6 (Cass. III, n. 4031/2021) – ha evidenziato che il convenuto opposto può proporre con la comparsa di costituzione e risposta tempestivamente depositata una domanda nuova, diversa da quella posta a fondamento del ricorso per decreto ingiuntivo, anche nel caso in cui l’opponente non abbia proposto una domanda o un’eccezione riconvenzionale e si sia limitato a proporre eccezioni chiedendo la revoca del decreto opposto, qualora tale domanda si riferisca alla medesima vicenda sostanziale dedotta in giudizio, attenga allo stesso sostanziale bene della vita e sia connessa per incompatibilità a quella originariamente proposta, ciò rispondendo a finalità di economia processuale e di ragionevole durata del processo e dovendosi riconoscere all’opposto, quale attore in senso sostanziale, di avvalersi delle stesse facoltà di modifica della domanda riconosciute, nel giudizio ordinario, all’attore formale e sostanziale dall’art. 183 c.p.c. (Cass. III, n. 7592/2024; Cass. I, n. 9633/2022). Atteso il contrasto giurisprudenziale, la questione è stata rimessa Sezioni Unite che si sono recentemente pronunciate statuendo che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, la proposizione da parte dell'opposto nella comparsa di risposta di domande alternative a quella introdotta in via monitoria è ammissibile se tali domande trovano il loro fondamento nel medesimo interesse che aveva sostenuto la proposizione della originaria domanda nel ricorso diretto all'ingiunzione (Cass. S.U., n. 26727/2024). Gli Ermellini hanno all’uopo evidenziato che dall'avvio monitorio del contenzioso non deriva alcuna cristallizzazione delle facoltà difensive in termini di formazione del thema decidendum, come se l'opposto le avesse esaurite nella fase monitoria. Per cui, anche nel caso in cui la controparte sia "ferma" sulla costruzione del thema decidendum perché non ha attivato il work in progress riconvenzionale, nella propria comparsa di risposta il soggetto che aveva chiesto e ottenuto il decreto ingiuntivo può aggiungere pretese non correlate a quella originaria se non mediante lo strumento teleologico dell'interesse. Il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo concernente rapporti soggetti al rito del lavoroIl giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo concernente rapporti soggetti al rito del lavoro deve osservare la «forma della domanda» di cui all'art. 414 (Valitutti-De Stefano, 311): l'opposizione, pertanto, deve essere proposta tramite ricorso (Cass. III, n. 8014/2009). La giurisprudenza è ormai da tempo assolutamente univoca nel ritenere la validità, nel caso di decreto ingiuntivo emesso sulla base di un credito derivante da un rapporto soggetto al rito del lavoro, dell'opposizione proposta con citazione (oltre che con ricorso) ma a condizione che la stessa sia in ogni caso depositata, per l'iscrizione a ruolo, nella cancelleria del giudice dell'opposizione, entro il termine di cui all'art. 641, non essendo sufficiente che, entro il suddetto termine, sia avvenuta la sola notificazione (Cass. VI, n. 27343/2016; Cass. III, n. 797/2013). Va, peraltro, rimarcato che tale orientamento ha superato indenne il vaglio della Corte Costituzionale che, anzi, ha rimarcato che non è necessario che il decreto ingiuntivo pronunciato nelle materie di cui all'art. 447-bis debba indicare all'ingiunto quali siano le modalità attraverso le quali proporre opposizione (Corte cost. ord., n. 152/2000). Sul punto va ricordato che il mutamento del rito ai sensi dell'art. 426 non può incidere sulla questione, essendo notorio che il mutamento delle forme processuali non consente il superamento delle preclusioni già verificatesi (Cass. III, n. 27519/2014; Cass. III, n. 9550/2010). Di conseguenza, ove l'opposizione a decreto ingiuntivo emesso in materia soggetta al rito del lavoro venga proposta con atto di citazione, tale irritualità, quanto alle forme di rito, può venire sanata con lo strumento processuale previsto dall'art. 426 solo nelle ipotesi in cui l'atto introduttivo venga depositato entro il termine di quaranta giorni exart. 641. In caso di corretta proposizione dell'opposizione avverso il decreto ingiuntivo mediante ricorso, il giudice deve provvedere ad emettere il decreto di fissazione dell'udienza di comparizione delle parti. Peraltro le Sezioni Unite hanno recentemente statuito che allorché l'opposizione a decreto ingiuntivo concesso in materia di locazione di immobili urbani, soggetta al rito speciale di cui all'art. 447-bis c.p.c., sia erroneamente proposta con citazione, anziché con ricorso, non opera la disciplina di mutamento del rito di cui all'art. 4, d.lg. n. 150 del 2011 - che è applicabile quando una controversia viene promossa in forme diverse da quelle previste dai modelli regolati dal medesimo d.lgs. n. 150 del 2011 -, producendo l'atto gli effetti del ricorso, in virtù del principio di conversione, se comunque venga depositato in cancelleria entro il termine di cui all'art. 641 (cfr. Cass. S.U., n. 927/2022). Sul punto si era verificato un contrasto giurisprudenziale in ordine alle conseguenze della omissione, da parte del ricorrente, della notifica del ricorso in opposizione e del decreto di fissazione di udienza alla controparte. Contrasto composto dalle Sezioni Unite che hanno sancito che la mancata notifica del ricorso in opposizione e del decreto di fissazione dell'udienza determina l'improcedibilità dell'opposizione e, con essa l'esecutività del decreto ingiuntivo opposto (Cass. S.U.,n. 20604/2008). Le S.U. hanno invero ritenuto applicabile al giudizio di opposizione avverso decreto ingiuntivo, per identità di ratio di regolamentazione, il principio secondo cui nel rito del lavoro l'appello, pur tempestivamente proposto nel termine previsto dalla legge, è improcedibile ove la notificazione del ricorso depositato e del decreto di fissazione dell'udienza non sia avvenuta, non essendo consentito — alla stregua di un'interpretazione costituzionalmente orientata imposta dal principio della cosiddetta ragionevole durata del processo ex art. 111, comma 2, Cost. — al giudice di assegnare, ex art. 421, all'appellante un termine perentorio per provvedere ad una nuova notifica a norma dell'art. 291. L'opposizione contro il decreto ingiuntivo riguardante onorari, diritti o spese spettanti ad avvocatiIl primo comma dell'art. 14 d.lgs. n. 150/2011 ha stabilito che le controversie previste dall'art. 28 l. n. 794/1942, e l'opposizione proposta ex art. 645 contro il decreto ingiuntivo riguardante onorari, diritti o spese spettanti ad avvocati per prestazioni giudiziali sono regolate dal rito sommario di cognizione, con le eccezioni procedurali delineate dalla norma (competenza del tribunale in composizione collegiale, possibilità di stare in giudizio di persona e non appellabilità dell'ordinanza conclusiva). Con riferimento alla previgente formulazione, autorevole dottrina aveva ritenuto che il summenzionato art. 28 dovesse essere interpretato restrittivamente, nel senso che non ogni opposizione ad un decreto d'ingiunzione per prestazioni giudiziali civili, ma soltanto quella al decreto pronunciato dallo stesso giudice di cui all'art. 28 l. n. 794/1942, dovesse svolgersi col procedimento regolato dall'art. 30 (Garbagnati, 241). Impostazione questa seguita anche dalla giurisprudenza di legittimità, che aveva rimarcato come il procedimento speciale previsto dagli artt. 28, 29 e 30 l. n. 794/1942 fosse posto in alternativa a quello monitorio per ingiunzione di cui agli artt. 633 ss., con la scelta tra i due riti demandata esclusivamente al professionista. Con la conseguenza che, qualora l'avvocato abbia optato per il procedimento di ingiunzione e la domanda sia stata accolta, il debitore, che ritenga la somma liquidata non dovuta in tutto o in parte, deve proporre opposizione al decreto ingiuntivo mediante atto di citazione (Cass. II, n. 1283/1999; Cass. II, n. 3225/1981). Anche le S.U., in tempi più recenti, avevano ritenuto che nel caso in cui il decreto ingiuntivo sia stato emesso per i compensi professionali di un avvocato, ai sensi degli artt. 28 e 29 l. n. 794/1942, al giudizio di opposizione va applicato l'art. 30 l. n. 794/1942, mentre, per quanto non previsto da tale disposizione speciale, il processo deve intendersi regolato dalle norme del codice di rito sull'ordinario giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo (Cass. S.U., n. 4071/2010). Tuttavia, le stesse Sezioni Unite, nel ribadire il costante orientamento secondo cui l'opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto dall'avvocato per prestazioni giudiziali in materia civile deve proporsi con atto di citazione — e non con ricorso — con riferimento alla previgente formulazione dell'art. 30 l. n. 794/1942, avevano con un obiter dictum rilevato che tali conclusioni erano «destinate ad essere radicalmente rivisitate a seguito dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 150/2011, a mente del quale l'atto di opposizione all'ingiunzione dovrà avere la forma del ricorso ex art. 702-bis (secondo il rito speciale), e non più dell'atto di citazione» (Cass. S.U., n. 21675/2013). Ad avviso della dottrina, dopo la novella del 2011 la fase di opposizione al decreto ingiuntivo dovrebbe ritenersi sempre soggetta al rito sommario speciale delineato dall'art. 14 d.lgs. n. 150/2011 con necessità di introdurre l'opposizione con ricorso ex art. 702-bis (Valitutti-De Stefano, 326 ss.). Anche la giurisprudenza di legittimità è espressamente pervenuta a tale conclusione statuendo che, a seguito della riforma, il cliente, ove voglia proporre opposizione a decreto ingiuntivo ottenuto dall'avvocato per il recupero dei propri compensi, deve, necessariamente, utilizzare il procedimento sommario di cognizione, introducendo il giudizio con ricorso in luogo della citazione ex art. 645 (Cass. VI, n. 11479/2017; Cass. VI, n. 5843/2017; Cass. II, n. 3993/2017; Cass. VI, n. 22447/2016). Sul punto sono poi intervenute le Sezioni Unite che hanno chiarito che la fase di opposizione al decreto ingiuntivo per crediti giudiziali dell'avvocato è soggetta al rito sommario speciale delineato dall'art. 14 d.lgs. n. 150/2011 con necessità di introdurre l'opposizione con ricorso ex art. 702-bis, ferma restando l'applicabilità degli artt. 648, 649, 653 (quest'ultimo da applicarsi in combinato disposto con l'ultimo comma dell'art. 14 d.lgs. n. 150/2011 e con il penultimo comma dell'art. 702-ter). Le S.U. hanno altresì precisato che nel caso di introduzione dell'opposizione con la citazione, la congiunta applicazione dei commi 1 e 5 dell'art. 4 d.lgs. n. 150/2011 renderà l'errore privo di conseguenze (Cass. S.U., n. 4485/2018). Invero, l'ultimo comma dell'art. 4 d.lgs. n. 150/2011 sancisce che gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono secondo le norme del rito seguito prima del mutamento e che restano ferme le decadenze e le preclusioni maturate secondo le norme del rito seguito prima del mutamento. Pertanto, qualora l'opposizione sia proposta con atto di citazione, anziché con ricorso ai sensi dell'art. 702-bis e della integrativa disciplina speciale di cui all'art. 14 d.lgs. n. 150/2011, è da reputare utilmente esperita qualora l'atto di citazione in opposizione sia stato comunque notificato entro il termine di quaranta giorni - di cui all'art. 641 - dal di della notificazione dell'ingiunzione di pagamento: in simile evenienza, ai sensi del d.lgs. n. 150/2011, art. 4, comma 5, gli effetti sostanziali e processuali correlati alla proposizione dell'opposizione si producono alla stregua del rito tempestivamente attivato ancorché erroneamente prescelto in simile evenienza, ai sensi del d.lgs. n. 150/2011, art. 4, comma 1, il giudice adito con l'opposizione dispone con ordinanza il mutamento del rito (Cass. II, n. 23683/2021; Cass. II, n. 28199/2020; Cass. II, n. 24069/2019). Nelle ipotesi in cui l'opposizione al decreto ingiuntivo venga introdotto con citazione anziché con ricorso, il mutamento del rito può essere disposto, anche d'ufficio, non oltre la prima udienza di comparizione delle parti (Cass. II, n. 186/2020). Le Sezioni Unite hanno sancito, inoltre, che la controversia di cui all'art. 28 l. n. 794/1942, sia se introdotta col rito sommario ex art. 14 d.lgs. n. 150/2011, sia in via monitoria, ha ad oggetto la domanda di condanna del cliente al pagamento delle spettanze giudiziali dell'avvocato, tanto se prima della lite vi sia una contestazione sull'an debeatur quanto se non vi sia; una volta introdotta, essa resta soggetta al rito di cui all'art. 14 d.lgs. n. 150/2011, anche quando il cliente sollevi contestazioni riguardo all'an. Soltanto qualora il convenuto svolga una difesa che si articoli con la proposizione di una domanda (riconvenzionale o di compensazione o di accertamento pregiudiziale) ulteriore a quella originaria ed esorbitante dal rito di cui all'art. 14 (sempre che non si ponga anche un problema di spostamento della competenza per ragioni connessione, da risolversi in applicazione degli artt. 34, 35 e 36, o sia stata adita la corte di appello, con conseguente soggezione della domanda del cliente alla competenza di un giudice di primo grado che ne impone la rimessione ad esso), si deve dar corso alla trattazione di detta domanda con il rito sommario, qualora anche la domanda introdotta dal cliente si presti ad una istruzione sommaria mentre, in caso contrario, si impone una trattazione separata con il rito per essa previsto (Cass. S.U., n. 4485/2018). Da ultimo i giudici di legittimità hanno chiarito che la domanda per il pagamento del compenso per il patrocinio in materia penale non è sottoposta al rito sommario speciale ex art. 14 d.lg. n. 150/2011, ma al rito ordinario di cognizione , per cui l'opposizione deve essere proposta con citazione (e non con ricorso) da notificare nel rispetto del termine ex art. 641 (Cass. VI, n. 15220/2022). Con riferimento ai procedimenti instaurati dopo il 28 febbraio 2023, l'opposizione dovrà essere proposta nelle forme del nuovo procedimento semplificato di cognizione di cui agli artt. 281-decies e ss. (art. 14 d.lgs. n. 150/2011, come modificato dal decreto legislativo 10 ottobre 2022 n. 149 di attuazione della legge delega 26 novembre 2021, n. 206 per l'efficienza del processo civile). L’opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali
Risultava controverso in giurisprudenza se, nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione dei contributi per le spese condominiali, ai sensi dell'art. 63 disp. att. c.c., il giudice potesse sindacare le eventuali ragioni di nullità della deliberazione assembleare di ripartizione delle spese su cui è fondata l'ingiunzione di pagamento ovvero se, invece, la delibazione della nullità della deliberazione dovesse essere riservata al giudice davanti al quale la medesima sia stata impugnata in via immediata nelle forme di cui all'art. 1137 c.c. Le S.U. sono intervenute chiarendo che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali, il giudice può sindacare sia la nullità, dedotta dalla parte o rilevata d'ufficio, della deliberazione assembleare posta a fondamento dell'ingiunzione, sia l'annullabilità di tale deliberazione, a condizione che quest'ultima sia dedotta in via di azione - mediante apposita domanda riconvenzionale di annullamento contenuta nell'atto di citazione in opposizione - ai sensi dell'art. 1137, comma 2, c.c., nel termine perentorio ivi previsto, e non in via di eccezione (Cass. S.U., n. 9839/2021; Cass. II, n. 16635/2024). I giudici di legittimità hanno, invero, rimarcato che l'opposizione a decreto ingiuntivo apre un ordinario giudizio di cognizione sulla domanda proposta dal creditore con il ricorso per ingiunzione, il cui oggetto non è ristretto alla verifica delle condizioni di ammissibilità e di validità del decreto stesso, ma si estende all'accertamento dei fatti costitutivi del diritto in contestazione, ossia al merito del diritto fatto valere dal creditore con la domanda di ingiunzione: pertanto, non può ritenersi che il giudice dell'opposizione possa confermare il decreto ingiuntivo senza verificare la validità del titolo (ovvero la delibera assembleare) posto a fondamento dell'ingiunzione, non potendo ritenersi consentito, in assenza di previsione di legge, creare uno ius singulare per la materia condominiale. Le S.U. hanno altresì chiarito che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali, l'eccezione con la quale l'opponente deduca l'annullabilità della deliberazione assembleare posta a fondamento dell'ingiunzione, senza chiedere una pronuncia di annullamento di tale deliberazione, è inammissibile e tale inammissibilità va rilevata e dichiarata d'ufficio dal giudice (Cass. S.U., n. 9839/2021; Cass. II, n. 1139/2022). Va poi ricordato che sussiste contrasto in giurisprudenza in ordine alla sussistenza della legittimazione attiva del singolo condomino a proporre l'opposizione avverso il decreto ingiuntivo pronunciato nei confronti del condominio. Secondo un primo orientamento il singolo condominio non è legittimato in quanto nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo oggetto della domanda è un credito vantato dall'ingiungente nei confronti dell'ingiunto, con la conseguenza che, dal punto soggettivo, le parti del processo possono essere esclusivamente colui che ha proposto la domanda e colui contro cui tale domanda è diretta (Cass. II, n. 7053/2024; Cass. VI, n. 15567/2018). Secondo altre pronunce, invece, sussiste la legittimazione del singolo condomino a proporre l'opposizione avverso il decreto ingiuntivo pronunciato nei confronti del condominio giacché tale provvedimento può estendere i propri effetti ed essere posto in esecuzione anche contro i singoli condòmini, la cui responsabilità, in proporzione delle rispettive quote, deriva dall'esistenza dell'obbligazione assunta nell'interesse dello stesso condominio (Cass. II, n. 40857/2021). Tentativo obbligatorio di mediazione: conseguenze del mancato esperimentoL'art. 5 d.lgs. n. 28/2010 (come modificato dall'art. 84 d.l. n. 69/2013 conv., con modif., in l. n. 98/2013) ha introdotto, quale condizione di procedibilità per alcune tipologie di controversie l'esperimento di un procedimento di mediazione ai sensi del medesimo decreto, prevedendo altresì che, qualora il mancato esperimento della mediazione venga eccepito dal convenuto o rilevato dal giudice entro la prima udienza, quest'ultimo assegni alle parti il termine di quindici giorni per l'avvio del procedimento in parola. Ai sensi dell'art. 5 d.lgs. n. 28/2010, cit., poi, il mancato esperimento della mediazione delegata dal giudice comporta l'improcedibilità della domanda giudiziale. La giurisprudenza di merito si era, pertanto, interrogata sulla sorte del decreto ingiuntivo opposto in caso di mancato esperimento del tentativo obbligatorio di mediazione e conseguente improcedibilità del giudizio di opposizione. Le Sezioni Unite – intervenute a comporre il contrasto giudiziale venutosi a creare sul tema - hanno stauito che nelle controversie soggette a mediazione obbligatoria ai sensi dell'art. 5, comma 1-bis, del d.lgs. n. 28 del 2010, i cui giudizi vengano introdotti con un decreto ingiuntivo, una volta instaurato il relativo giudizio di opposizione e decise le istanze di concessione o sospensione del decreto, l'onere di promuovere la procedura di mediazione è a carico della parte opposta; con la conseguenza che, ove essa non si attivi, alla pronuncia di improcedibilità di cui al citato comma 1-bis conseguirà la revoca del decreto ingiuntivo (Cass. S.U., n. 19596/2020). Le Sezioni Unite hanno chiarito di non ritenere condivisibile la soluzione opposta (che era stata propugnata da Cass. III, n. 24629/2015) per una serie di ragioni di carattere testuale, logico e sistematico: 1) l'art. 4, comma 2, del d.lgs. n. 28/2010 stabilisce che l'istanza di mediazione deve indicare l'organismo, le parti, l'oggetto e le ragioni della pretesa: ed è caratteristica tipica del nostro ordinamento che sia l'attore, cioè chi assume l'iniziativa processuale, a dover chiarire l'oggetto e le ragioni della pretesa mentre sarebbe illogico pretendere che sia l'opponente, cioè il debitore, a dover precisare oggetto e ragioni di una pretesa “non sua”; 2) l'art. 5, comma 1-bis, del d.lgs. n. 28/2010 laddove stabilisce che “chi intende esercitare in giudizio un'azione” deve promuove la mediazione non può che alludere alla posizione di colui che è il c.d. “attore sostanziale” nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, ovvero il creditore opponente; 3) la domanda di mediazione, dal momento della comunicazione alle altre parti, produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale e ha un effetto impeditivo della decadenza per una sola volta (art. 5, comma 6, del d.lgs. n. 28/2010): risulterebbe, dunque, illogico che l'effetto di interruzione della prescrizione fosse conseguenza dell'iniziativa assunta dalla parte contraria a farla valere (il debitore opponente) e non dal creditore; 4) la tesi seguita dalla sentenza Cass. n. 24629/2015 si pone in contrapposizione con l'orientamento della Corte cost. n. 98/2014, secondo la quale le forme di giurisdizione condizionata al previo adempimento di oneri sono legittime solo in presenza di certi limiti e sono invece illegittime le norme che fanno derivare la decadenza dell'azione giudiziaria dal mancato esperimento di rimedi amministrativi; 5) un ulteriore argomento si fonda sulla considerazione delle diverse conseguenze che si verificano in caso di inerzia delle parti secondo l'una o l'altra tesi: se l'onere è a carico dell'opponente e questi non si attiva, l'opposizione verrà dichiarata improcedibile e il decreto diverrà irrevocabile; se invece l'onere è a carico dell'opposto, la sua inerzia causerà sì l'improcedibilità e la revoca del decreto ingiuntivo, ma non gli impedirà di riproporre la domanda senza alcuna preclusione. Impostazione recepita dalle successive pronunce (Cass. VI, n. 8015/22; Cass. III, n. 159/2021). Il decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149 di attuazione della legge delega 26 novembre 2021, n. 206 per l'efficienza del processo civile ha introdotto l'art. 5-bis d.lgs. n. 28/2010 individuando espressamente la parte che è tenuta a soddisfare la condizione di procedibilità, una volta sollevata la relativa eccezione, quando il procedimento è iniziato nelle forme del ricorso per decreto ingiuntivo. Recependo l'orientamento della giurisprudenza, il legislatore ha disposto che quando una delle azioni previste dall'articolo 5, comma 1, è proposta con ricorso monitorio, in caso di opposizione al decreto ingiuntivo, l'onere di avviare la procedura di mediazione grava sulla parte che ha proposto ricorso per decreto ingiuntivo. La conseguenza processuale a carico della parte che non adempie a tale onere consiste, ove il giudice ne verifichi l'inerzia, nella declaratoria di improcedibilità della domanda proposta in sede monitoria e nella conseguente revoca del decreto ingiuntivo opposto, e liquidazione delle spese. Si è inoltre previsto, per scongiurare problemi interpretativi, che in tali ipotesi il giudice possa procedere al rilievo di improcedibilità (entro la prima udienza) solo dopo avere provveduto, se tale richiesta è stata formulata entro la prima udienza, sulle istanze di adozione dei provvedimenti provvisori di cui agli articoli 648 e 649 sulla provvisoria esecutorietà del decreto opposto. La nuova disposizione trova applicazione ai procedimenti instaurati successivamente al 28 febbraio 2023 (art. 35 d.lgs. n. 149/2022 come modificato dall'art. 1, comma 380, l. 29 dicembre 2022 n. 197). L'opposizione al decreto ingiuntivo europeoAi sensi dell'art. 16, comma 2, Regolamento CE n. 1896/2006 il destinatario dell'ingiunzione di pagamento europea ha trenta giorni, decorrenti dalla notifica dell'ingiunzione, per proporre opposizione. L'opposizione va proposta dinanzi al giudice dello Stato membro di origine utilizzando il modulo standard F, nel quale deve essere unicamente indicato che il convenuto contesta il credito senza precisarne le ragioni (art. 16, § 3). Fa eccezione il caso in cui il ricorrente abbia esplicitamente richiesto, per l'evenienza dell'opposizione, l'estinzione del procedimento (art. 7, § 4, e 17, § 1). La dottrina ritiene che in siffatta ipotesi si sia in presenza di una rinuncia preventiva ad avvalersi dell'ordinaria prosecuzione del processo che non pregiudica il diritto del ricorrente a far valere il proprio credito in via ordinaria (Valitutti - De Stefano, 368). L'opposizione del convenuto dà corso ad un ordinario giudizio civile ed il passaggio a quest'ultimo avviene secondo le regole proprie dello Stato di origine. Le modalità di avvio del giudizio di opposizione sono oggetto di dibattito nel nostro ordinamento stante la mancanza di una normativa ad hoc. In applicazione della normativa comunitaria deve, invero, necessariamente ritenersi che l'opposizione possa concretarsi in una mera dichiarazione rivolta al giudice che ha emesso l'ingiunzione di pagamento europea (Valitutti - De Stefano, 369). A seguito della stessa il giudice italiano deve pertanto fissare l'udienza per la comparizione delle parti, con fissazione di termini perentori anche per l'integrazione degli atti, ed ordinare al ricorrente di comunicare il decreto al fine di completare gli adempimenti fiscali e di avvisare l'opponente che dovrà costituirsi in giudizio munito di difensore. Impostazione questa seguita dalle prime pronunce di merito sul tema (Trib. Verona, 26 maggio 2012; Trib. Firenze 25 settembre 2009). In ordine al rito da seguire a seguito della proposizione dell'opposizione avverso l'ingiunzione di pagamento è poi intervenuto il Regolamento UE n. 2421/2015 apportando delle modifiche agli artt. 7 e 17 del Regolamento CE n. 1896/2006 entrate in vigore a far data dal 14 luglio 2017. È stato, invero, previsto che a seguito dell'opposizione il procedimento deve proseguire in conformità delle norme: a) del procedimento europeo per le controversie di modesta entità di cui al regolamento (CE) n. 861/2007, laddove applicabile; b) oppure di un rito processuale civile nazionale appropriato. Il ricorrente può indicare in appendice alla domanda di ingiunzione quale di queste due procedure vuole che si applichi alla sua domanda in caso di opposizione (art. 7, § 4). Qualora il ricorrente non si sia avvalso di tale facoltà o abbia richiesto l'applicazione del procedimento europeo per le controversie di modesta entità ad una controversia che non rientra nel campo di applicazione del regolamento (CE) n. 861/2007, il procedimento dovrà essere trattato secondo il rito civile nazionale, a meno che il ricorrente non abbia esplicitamente chiesto che tale mutamento di rito non avvenga (art. 17, § 2). Le S.U. hanno chiarito in tema di ingiunzione di pagamento europea che, qualora l'ingiunzione emessa dal giudice italiano venga opposta dal debitore ingiunto a norma dell'art. 16 del Regolamento CE n. 1896/2006 e il creditore abbia chiesto, all'atto della domanda di emissione dell'ingiunzione europea oppure prima dell'emissione dell'ingiunzione, che il processo, in caso di opposizione, prosegua secondo la disciplina della procedura civile ordinaria, l'individuazione della disciplina applicabile per la fase dell'opposizione - non avendo lo Stato italiano esercitato il potere di dettare una apposita normativa - spetta non già al giudice, ma allo stesso creditore in forza del disposto dell'art. 17 Regolamento ed al lume del Considerando 24 di esso. Di conseguenza, per la prosecuzione il giudice italiano che emise l'ingiunzione, all'atto della comunicazione al creditore della proposizione dell'opposizione, deve fissare un termine per il creditore invitandolo ad introdurre la tutela secondo la disciplina processuale civile ordinaria italiana, con lo strumento idoneo in virtù alla natura della situazione giuridica creditoria azionata, restando precluso al giudice il potere di procedere a tale individuazione (Cass. S.U., n. 2841/2019). L'inosservanza del termine sarà regolata dal secondo inciso del terzo comma dell'art. 307 e produrrà l'estinzione del giudizio. Per effetto della prosecuzione del giudizio con la forma di introduzione dell'azione individuata dal creditore, la litispendenza resterà ricollegata alla proposizione, cioè al deposito, della domanda di ingiunzione europea (Cass. S.U. n. 2840/2019). I giudici di legittimità hanno, in particolare escluso che una volta proposta l'opposizione possa trovare applicazione l'art. 645 attesa la disomogeneità tra il procedimento monitorio italiano e l'IPE, il cui schema è quello del procedimento "puro attenuato" o "misto", per la considerazione che, a differenza che nel monitorio "puro" (per il quale è sufficiente la mera allegazione dell'oggetto e del titolo della pretesa creditoria) è richiesta anche, ai sensi dell'art. 7 lett. e), "una descrizione delle prove a sostegno della domanda". Con la conseguenza che la verifica richiesta al giudice ai fini della pronuncia dell'IPE è, nella sostanza, una verifica di "non manifesta infondatezza", così come è reso palese dalla lettura combinata degli artt. 8, 9, 11 e 12 del Regolamento; inoltre il controllo che essa presuppone è meramente estrinseco e formale, potendo avere esito negativo solo in caso di incompletezze e/o incongruenze interne alla domanda. BibliografiaAsprella, Opposizione a decreto ingiuntivo tra teoria e pratica, in Giur. mer. 2011, 7-8, 2013 ss.; Balbi, Ingiunzione (procedimento di), in Enc. giur., XVII, Roma, 1997; Franco, Guida al procedimento di ingiunzione, Milano, 2009; Garbagnati, Il procedimento d’ingiunzione, Milano, 1991; Giordano, Note in tema di giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, in Giust. civ. 2013, 9, 489 ss.; Ronco, Struttura e disciplina del rito monitorio, Torino, 2000; Scarselli, I compensi professionali forensi dopo il decreto sulle specializzazioni, in Corr. giur., Speciale, 2012, 2, 67 ss; Sciacchitano, Ingiunzione (dir. proc. civ.), in Enc. dir., XXI, Milano, 1971; Vaccari, Le modifiche alla disciplina del procedimento di ingiunzione derivanti dalla c.d. riforma parametri, Giur. mer. 2013, 4, 857 ss; Valitutti, Il procedimento di ingiunzione: le problematiche più controverse, in Giur. mer. 2010, 7-8, 2032 ss.; Valitutti - De Stefano, Il decreto ingiuntivo e la fase di opposizione, Padova, 2013. |