Codice di Procedura Civile art. 659 - Rapporto di locazione d'opera.

Rosaria Giordano

Rapporto di locazione d'opera.

[I]. Se il godimento di un immobile è il corrispettivo anche parziale di una prestazione d'opera [2094, 2222 c.c.], l'intimazione di licenza o di sfratto con la contestuale citazione per la convalida, a norma degli articoli precedenti, può essere fatta quando il contratto viene a cessare per qualsiasi causa [2118 ss., 2227 ss. c.c.].

Inquadramento

La norma in esame disciplina l'ipotesi in cui il godimento di un immobile non discende da un contratto di locazione tipico, ma è un elemento accessorio e secondario di un contratto d'opera o di lavoro subordinato, costituendo il corrispettivo, anche parziale, della prestazione d'opera (Trisorio Liuzzi, 2005, 612).

La S.C. ha affermato che tale fattispecie ricorre in tutte quelle situazioni di « concessione in godimento di un immobile funzionalmente collegata con un rapporto di prestazione d'opera in modo da costituirne anche parzialmente il corrispettivo » (Cass. n. 3680/1984, Giur. it., 1985, I, 1, 308, con nota di Del Prato).

La norma è applicabile anche quando il datore di lavoro conceda al lavoratore il godimento di un immobile con contratto distinto rispetto a quello di lavoro subordinato, purché sussista un collegamento tra i due contratti, il cui accertamento è riservato all'apprezzamento di fatto del giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità se sorretto da motivazione concreta, coerente e completa (Cass. n. 6800/2003).

Premessa

La disposizione in commento regola l'ipotesi in cui il godimento di un immobile non discende da un contratto di locazione tipico, ma è un elemento accessorio e secondario di un contratto d'opera o di lavoro subordinato, costituendo il corrispettivo, anche parziale, della prestazione d'opera (Trisorio Liuzzi, 2005, 612).

In tale situazione l'art. 659 consente al datore di lavoro, quando il contratto venga a cessare per qualsiasi causa, di intimare licenza (nell'ipotesi di scadenza futura del rapporto) o sfratto (se il rapporto sia già cessato) al prestatore d'opera, citandolo contestualmente per la convalida.

Secondo una parte della dottrina, tuttavia, nulla esclude che possa presentarsi la fattispecie speculare di un rapporto di locazione nel quale il canone sia in parte costituito dallo svolgimento di un’attività lavorativa: il criterio discretivo tra le due ipotesi è costituito dalla diversa importanza che la prestazione lavorativa riveste nell’economia generale del contratto, atteso che nel caso del rapporto di lavoro oggetto principale è la prestazione di lavoro, mentre il godimento dell’alloggio è solo una parte della retribuzione, mentre in quello della locazione oggetto principale del contratto è il godimento dell’immobile e la prestazione del conduttore è solo una parte del corrispettivo dovuto (cfr. D'Arcangelo,  3051).

Si ritiene che quando il godimento di un immobile sia stato concesso in considerazione di un rapporto di lavoro o di impiego e questo venga a cessare, la domanda di rilascio non debba necessariamente essere preceduta dalla disdetta, essendo l'obbligo della restituzione dell'immobile consequenziale alla cessazione del rapporto di lavoro (Cass. n. 330/1973) e, pertanto, neppure possa invocarsi la disposizione dell'art. 1597 c.c. in tema di rinnovazione tacita del contratto di locazione (Cass. n. 1674/1986).

E’ stato altresì chiarito che il diritto del lavoratore (nella specie, portiere di uno stabile) al godimento dell'alloggio di servizio è funzionalmente collegato con la prestazione lavorativa, costituendone un parziale corrispettivo, e viene meno al momento della cessazione del rapporto di lavoro, senza che sulla esecuzione della conseguente obbligazione restitutoria possa incidere il mancato adempimento da parte del datore di lavoro alla obbligazione, derivante da una particolare pattuizione (nella specie, da una clausola contrattuale collettiva) che lo vincoli a concedere in locazione all'ex dipendente un'altra abitazione o, in caso di non disponibilità di alloggi , a corrispondergli un'indennità sostitutiva. La S.C. ha rilevato, a riguardo, che, infatti, la mancata restituzione dell'alloggio di servizio non ha alcuna fonte di legittimazione, dato che il lavoratore può solo vantare il diritto alla stipulazione di un contratto di locazione relativamente ad un diverso immobile, mentre mancano i presupposti per la proposizione da parte sua di un'eccezione di inadempimento, poiché un nesso di corrispettività è configurabile solo nell'ambito di un medesimo rapporto contrattuale; d'altra parte, il godimento dell'abitazione rimarrebbe privo di causa e neanche potrebbe farsi valere un diritto di ritenzione, facoltà giuridica non rispondente ad un principio generale e prevista dalla legge, in via eccezionale, solo in fattispecie determinate (Cass. n. 8477/1996).

Ambito applicativo

La fattispecie disciplinata dalla norma in commento deve essere ricollegata, almeno secondo la giurisprudenza di legittimità, non soltanto alle ipotesi in cui il godimento dell'immobile risulta più o meno direttamente strumentale rispetto all'esecuzione della controprestazione ricadente sul prestatore d'opera, come nel caso del custode, del portiere, o del guardiano, ma a tutte quelle situazioni di « concessione in godimento di un immobile funzionalmente collegata con un rapporto di prestazione d'opera in modo da costituirne anche parzialmente il corrispettivo » (Cass. n. 3680/1984, Giur. it., 1985, I, 1, 308, con nota di Del Prato).

In accordo con tale orientamento, deve essere riconosciuta l'applicabilità dell'art. 659 anche in quei casi di lavoro subordinato in cui il corrispettivo è integrato dall'attribuzione del godimento di un immobile, come nell'ambito del rapporto di lavoro domestico, quando l'alloggio sia stato concesso al dipendente in ragione della reperibilità richiesta, al fattore in considerazione del lavoro da lui svolto, nonché nelle ricorrenti ipotesi di c.d. fringe benefits, i.e. compensi in natura, erogati in aggiunta alla retribuzione ordinaria, costituiti da beni e servizi di cui i lavoratori possono usufruire gratuitamente ovvero a condizioni più vantaggiose rispetto a chi si rivolge al mercato per acquistarli e che le imprese concedono a taluni loro dipendenti di livello elevato (Tallaro (-Giordano), 167).

In senso diverso opina parte autorevole della dottrina la quale ritiene, in un'ottica restrittiva, che la norma in esame sia applicabile soltanto qualora il godimento dell'immobile sia strumentalmente indispensabile per l'adempimento della prestazione lavorativa, sicché la concessione dello stesso in godimento costituisce elemento di rilevanza accessoria e non primaria nell'economia del contratto (Trisorio Liuzzi, 2005, 615).

Seguendo tale prospettiva di carattere restrittivo, la norma non potrebbe operare nell’ipotesi in cui lo scopo economico principale del negozio sia l’attribuzione in uso dell’immobile, il cui corrispettivo sia una prestazione d’opera o di lavoro come avviene nel caso del professionista al quale venga concesso di usufruire di un immobile dietro compenso costituito dalla sua assistenza in alcuni affari, venendo in rilievo, invero, la causa locativa, accidentalmente regolata con una particolare contropartita a carico del conduttore (v., tra gli altri, Frasca, 2001, 48 ss.).

 

Sotto un distinto profilo, la S.C. ha chiarito che la disposizione in commento è applicabile anche quando il datore di lavoro conceda al lavoratore il godimento di un immobile con contratto distinto rispetto a quello di lavoro subordinato, purché sussista un collegamento tra i due contratti, il cui accertamento è riservato all'apprezzamento di fatto del giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità se sorretto da motivazione concreta, coerente e completa (Cass. n. 6800/2003).

Invero, ai fini dell'ammissibilita del procedimento per convalida di licenza o di sfratto, ex art. 659, in ipotesi di godimento d'immobile concesso in corrispettivo di un rapporto di prestazione d'opera, non è necessario che risulti dalla scrittura privata, con cui vengono regolati gli obblighi relativi al godimento dell'immobile, i termini e le condizioni, altresì, del rapporto di prestazione d'opera, essendo sufficiente anche solo il richiamo a tale rapporto, autonomamente regolato, per dedurne l'intento negoziale delle parti ed il collegamento tra i due distinti rapporti (Cass. n. 330/1973).

Qualora all'esito di tale indagine risulti che il contratto di locazione sia autonomo rispetto al rapporto di lavoro corrente tra locatore e conduttore e risulti l'irrilevanza della connessione tra i rapporti dichiarata dalle parti, il contratto di locazione, proprio perché conserva la propria autonomia, consentirà di esperire il procedimento per convalida di licenza o di sfratto rimane alle ordinarie condizioni (Tallaro (-Giordano), 167).

Per converso, è preclusa l'applicazione dell'art. 659 quando risulti accertata l'autonomia del contratto di locazione rispetto al rapporto di lavoro, in quanto la cessazione di questo non impedisce la prosecuzione della locazione, ritenendosi nulla — perché in contrasto con norme imperative ed in frode alla legge — la condizione risolutiva in contestualità con la cessazione del rapporto di lavoro (Cass. n. 5978/1981).

Casistica

L’utilizzo dell’alloggio concesso in godimento al portiere/custode dello stabile costituisce una prestazione accessoria al rapporto di lavoro - e non un autonomo rapporto di locazione - pertanto esso cessa con la risoluzione del rapporto di lavoro (Trib. Milano L, 6 dicembre 2016; Trib. Firenze L, 13 gennaio 2015, n. 18).

Competenza

Qualora nel procedimento di convalida di sfratto il convenuto contesti l’avvenuta cessazione del rapporto di lavoro quale presupposto indispensabile del preteso rilascio dell’immobile, disposto il mutamento del rito, la controversia la controversia promossa dal datore di lavoro, nei confronti del proprio dipendente, per conseguire il rilascio dell'alloggio concessogli per l'espletamento delle relative mansioni, in conseguenza dell'intervenuta risoluzione del rapporto di lavoro, negata dal convenuto, spetta alla cognizione del Tribunale in funzione di giudice del lavoro, dato che investe la cessazione o meno del suddetto rapporto (Cass. n. 6544/1988).

Sulla questione non può trascurarsi che era stata sollevata questione di legittimità costituzionale della disposizione in esame, nella parte in cui non prevede che le cause di lavoro introdotte con intimazione di sfratto, per il rilascio dell'immobile di servizio debbano essere proposte dinanzi al giudice del lavoro anche per la fase sommaria (Trib. Roma 29 maggio 2000, in  Giur. romana, 2000, 310).

La Corte Costituzionale ha ritenuto manifestamente infondata la questione prospettata, evidenziando che il giudice rimettente aveva fondato la propria prospettazione sull’erroneo presupposto secondo cui rientrerebbero tra le questioni di competenza anche quelle inerenti la sfera di ripartizione dei compiti e delle attribuzioni fra sezioni o fra magistrati dello stesso ufficio giudiziario, mentre la distinzione tra giudice ordinario e giudice del lavoro nell'ambito dello stesso ufficio giudiziario può assumere rilievo soltanto ai fini del rito applicabile alla controversia. In forza di tale rilievo la Corte ha osservato, poi, che  nel procedimento per convalida di sfratto soltanto la fase a cognizione sommaria è sottoposta al rito ordinario, mentre quella a cognizione piena, che si instaura con l'opposizione alla convalida, è regolata, ai sensi dell'art. 447-bis, dal rito speciale del lavoro, nelle cui forme il giudizio prosegue dopo la eventuale pronuncia delle ordinanze di rilascio o di pagamento delle somme non contestate e che, quindi, la distinzione tra giudice ordinario e giudice del lavoro appartenenti al medesimo ufficio giudiziario, già di per sé ininfluente ai fini della competenza, assume nella fattispecie un rilievo ancor più marginale (Corte cost. n. 181/2001).

Bibliografia

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