Codice di Procedura Civile art. 669 sexies - Procedimento (1).Procedimento (1). [I]. Il giudice, sentite le parti, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione indispensabili in relazione ai presupposti e ai fini del provvedimento richiesto, e provvede con ordinanza all'accoglimento [669-octies 1] o al rigetto [669-septies 1] della domanda. [II]. Quando la convocazione della controparte potrebbe pregiudicare l'attuazione [669-duodecies] del provvedimento, provvede con decreto motivato [135 4] assunte ove occorra sommarie informazioni. In tal caso fissa, con lo stesso decreto, l'udienza di comparizione delle parti davanti a sé entro un termine non superiore a quindici giorni assegnando all'istante un termine perentorio [153] non superiore a otto giorni per la notificazione del ricorso e del decreto. A tale udienza il giudice, con ordinanza, conferma, modifica o revoca i provvedimenti emanati con decreto. [III]. Nel caso in cui la notificazione debba effettuarsi all'estero, i termini di cui al comma precedente sono triplicati. (1) La sezione (comprendente gli articoli da 669-bis a 669-quaterdecies ) è stata inserita dall'art. 74, comma 2, l. 26 novembre 1990, n. 353, entrata in vigore il 1° gennaio 1993. L' art. 92 stabilisce inoltre: « Ai giudizi pendenti a tale data si applicano, fino al 30 aprile 1995, le disposizioni anteriormente vigenti ». L'art. 90, comma 1, l. n. 353, cit., come sostituito dall'art. 9 d.l. 18 ottobre 1995, n. 432, conv., con modif., nella l. 20 dicembre 1995, n. 534, estende ulteriormente l'applicabilità delle disposizioni ai giudizi pendenti alla data del 30 aprile 1995. InquadramentoL'art. 669-sexies enuclea i due principi intorno a cui ruota la struttura normativa del procedimento cautelare: il principio del contraddittorio e il principio di libertà delle forme. delineando in termini di eccezionalità l'ipotesi della pronuncia inaudita altera parte. La concessione della misura nella forma del decreto viene correlata dalla disposizione in esame ad una speciale consistenza delle esigenze cautelari. Principio del contraddittorio e principio di libertà delle formeL'art. 669-sexies compone nella struttura normativa del procedimento cautelare due principi solo apparentemente antitetici: il principio del contraddittorio, che postula come regola fondante l'effettiva partecipazione all'udienza di discussione di tutti i destinatari degli effetti della misura invocata (compresi i litisconsorti necessari), e il principio di libertà delle forme, il quale trova invece estrinsecazione sia nelle non vincolate modalità di convocazione delle parti, sia nell'assenza di preclusioni in ordine alla allegazione dei fatti ed alle deduzioni probatorie, sia nell'elastico criterio di “opportunità” che orienta il compimento degli atti di istruzione teleologicamente volti alla pronuncia sull'istanza. Soltanto in ipotesi di concessione del provvedimento d'urgenza con decreto, è specificamente indicata dal legislatore la modalità di attuazione del contraddittorio, onerandosi l'istante di notificare alla controparte (entro un termine perentorio di cui sono controversi tanto il dies a quo, quanto la sanzione collegata al suo mancato rispetto) il decreto stesso, recante altresì la data dell'udienza di comparizione, nella quale il giudice, poi, confermerà, modificherà o revocherà la sua iniziale statuizione. Come chiarito in giurisprudenza (Cass. I, n. 23674/2013), deve intendersi, in ogni caso, che l'art. 669-sexies, comma 2, richiede, ai fini della conservazione dell'efficacia del decreto inaudita altera parte, sia la notificazione entro otto giorni al destinatario, sia la fissazione dell'udienza di comparizione nel termine (non perentorio) di quindici giorni dall'adozione del decreto. In tale udienza, la misura cautelare viene sottoposta ad un ulteriore esame del giudice alla luce delle prospettazioni difensive del resistente e può essere, perciò, revocata o sostituita da un nuovo provvedimento. Ove ricorra questa seconda ipotesi, se sono state rispettate le condizioni di tempestività della notificazione di ricorso e decreto, viene conservata l'efficacia pregressa della misura, altrimenti il nuovo provvedimento riveste efficacia ex nunc. Allorché, invece, il decreto inaudita altera parte vada integralmente mantenuto, il giudice non è tenuto ad una pronuncia formale di «conferma», ben potendo emettere una statuizione implicita in tal senso che risulti univocamente consequenziale, semmai pure soltanto disponendo, quando si tratti di misura concessa in corso di causa, la mera prosecuzione delle attività proprie del giudizio a cognizione piena. Si sostiene maggioritariamente che la mancata o tardiva notifica del decreto cautelare emesso inaudita altera parte ex art. 669-sexies comporti l'inefficacia della cautela, che può esser dichiarata anche d'ufficio, senza possibilità di concedere un termine per la rinnovazione della notifica. Nella pratica giudiziaria, tuttavia, anche nel normale procedimento cautelare a contraddittorio anticipato, in assenza di esplicita previsione normativa, si grava l'istante di notificare al resistente il ricorso ed il decreto di fissazione dell'udienza entro un termine, però, da intendersi rinnovabile in ipotesi di inosservanza. La scadenza del termine ordinatorio, che il giudice, senza adottare provvedimenti immediati inaudita altera parte, abbia fissato per la notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza di comparizione, non osta, perciò, a che l'istante possa chiedere ed ottenere dallo stesso giudice la fissazione di una nuova udienza di comparizione, integrando ciò non una illegittima proroga di termine già scaduto, ma l'esercizio dell'autonomo potere di convocare le parti per una nuova udienza, mediante un distinto decreto (Cass. II, n. 1582/1987). Sussiste, poi, anche nel procedimento cautelare la necessità di integrare il contraddittorio ai sensi dell'art. 102, comma 2; ciò, peraltro, si spiega bene in dottrina, in relazione non soltanto alla situazione sostanziale cautelando, ma pure in ragione del periculum in mora da neutralizzare con lo specifico provvedimento. Dunque, l'esigenza di coinvolgere più persone nel medesimo giudizio cautelare sussisterebbe solo quando, in relazione ad un unitario rapporto sostanziale plurisoggettivo, sia apprezzabile un medesimo tipo di periculum a carico di tutti i componenti del rapporto stesso. Si parlare al riguardo di doppia inscindibilità: oltre all'inscindibilità degli effetti della pronuncia deve sussistere anche l'inscindibilità del periculum in mora (Sapone, 2096) L'art. 669-sexies prevede come eccezionale la concessione della misura cautelare mediante decreto reso inaudita altera parte, ammissibile (anche nel corso della causa di merito) soltanto quando il giudice ravvisi concreti pericoli di vanificazione dell'esigenza cautelare correlati alla preventiva notificazione della domanda alla controparte: l'esempio più immediato di un periculum così qualificato viene spiegato avendo riguardo al rischio (semmai confortato dalle “sommarie informazioni” che il magistrato designato può nel frattempo assumere) che il resistente, approfittando del tempo necessario per la realizzazione del contraddittorio, compia atti di disposizione, giuridici o materiali, sui beni oggetto della pretesa di cautela. Sembra pure consigliabile limitare l'adozione del provvedimento con decreto alle situazioni in cui risulti particolarmente consistente il fumus boni iuris dedotto a sostegno dell'istanza. Si reputa maggioritariamente da evitare il ricorso alla forma del decreto (seguito, o meno, dalla successiva udienza per la conferma o la revoca) allorché il giudice intenda, piuttosto, rigettare la domanda cautelare, sia pure essa manifestamente infondata nel merito o insanabilmente viziata in rito: si evidenzia, invero, come il legislatore abbia subordinato l'ammissibilità della pronuncia a contraddittorio differito all'urgenza sostanziale di concedere la cautela, e non a quella economico-processuale di definire il più rapidamente possibile il procedimento. Residuerebbe, inoltre, il problema della reclamabilità del decreto reiettivo, emanato inaudita altera parte, senza nemmeno fissare l'udienza di comparizione, vieppiù ora che l'art. 669-terdecies, comma 4, prescrive al collegio, in ogni caso, il divieto di rimessione al primo giudice. Ciò non di meno, il rilievo d'ufficio da parte del giudice designato del difetto di giurisdizione o di competenza, o di altra questione assorbente, di rito o di merito, in forma di decreto inaudita altera parte, senza la preventiva instaurazione del contraddittorio nei confronti del resistente, appare ispirato dal rispetto del canone della ragionevole durata del processo, evitando al ricorrente la notificazione della domanda di cautela (ovvero un'attività processuale che nel singolo caso potrebbe apparire del tutto ininfluente sull'esito del procedimento) ed al resistente un'onerosa costituzione in giudizio volta solo per far valere l'inammissibilità o l'infondatezza della domanda (Trib. Torino 28 aprile 2010, Giur. mer. 2011, I, 78; Trib. Pescara 4 maggio 2007, Giur. mer. 2008, I, 732; Trib. Monza, 26 aprile 1997, Giur. mer. 1997, I, 690). La «mutatio libelli» della domanda cautelare proposta con ricorso iniziale deve ritenersi consentita nella fase procedimentale di cui all'art. 669-sexies, col solo rispetto delle formalità essenziali al contraddittorio, e quindi facendo salva la necessità di concedere un termine a difesa alla controparte, non essendo invocabili i limiti posti per il giudizio a cognizione piena ed esauriente. Occorre altresì tener conto dei rapporti tra le scansioni del giudizio di merito già pendente e la strumentalità della giurisdizione cautelare, nel senso che l'invocato provvedimento cautelare, ove sia richiesto in corso di causa ex art. 669-quater . deve risentire delle eventuali preclusioni in ordine alla proponibilità della correlata domanda di cognizione, non potendosi dare cautela a pretese non ammissibilmente e tempestivamente introdotte nel processo di cognizione. Nel corso del procedimento cautelare ante causam o in corso di causa è altresì esperibile il rinvio pregiudiziale di cui all'art. 363-bis c.p.c. (Cass. S.U., n. 11399/2024). La tutela del terzoLa dottrina, per lo più, reputa ammissibile l'intervento del terzo nel giudizio cautelare, purché esso avvenga in forme compatibili con l'esigenza di celerità che connota tale giudizio e serva a scongiurare una lesione discendente in capo all'interveniente dall'attuazione del provvedimento richiesto. Pure la giurisprudenza, quando è stata chiamata ad interessarsi delle garanzie del terzo che, sebbene non evocato in lite, risultasse l'effettivo destinatario del provvedimento, ha accordato a costui la possibilità della tutela immediata della sua posizione giuridica attraverso l'intervento nello stesso procedimento cautelare (Cass. I, n. 2903/1995); sostenendo altrimenti che la difesa del terzo contro la minacciata attuazione di un provvedimento cautelare andrebbe svolta nell'ambito del processo relativo alla domanda di merito, e comunque mai mediante un giudizio d'opposizione all'esecuzione. In realtà, fino all'insorgere della l. n. 80/2005, poteva essere rassicurante invitare il terzo, che lamentasse una lesione proveniente proprio dalla misura cautelare, a spiegare intervento ad excludendum nel giudizio di merito pendente (magari dopo aver fatto ricorso al giudice dell'attuazione per ottenere i “provvedimenti opportuni” di cui parla l'art. 669-duodecies) in maniera da far accertare in sentenza la sussistenza del proprio diritto incompatibile con quello cautelato. Una volta intervenuto nel giudizio ordinario, il terzo pregiudicato dalla cautela ne avrebbe potuto in quella sede richiedere la modifica o la revoca a norma dell'art. 669-decies. Le modifiche poi apportate agli artt. 669-octies e 669-decies (prevedendo ormai la facoltatività dell'instaurazione della causa di merito in ipotesi di misure anticipatorie) privano però il giudizio di merito e le istanze di revoca o modifica del connotato di indefettibile strumento di tutela a disposizione del terzo danneggiato dal provvedimento cautelare. Trattazione ed istruzioneA differenza del procedimento di cognizione ordinario, il processo cautelare non conosce preclusioni assertive ed istruttorie. Se ne trae conferma dal novellato art. 669-terdecies, comma 4, il quale ammette la possibilità di far valere in sede di reclamo circostanze prima non dedotte e di avvalersi di nuovi mezzi di prova. Ciò non di meno, la facoltà di introdurre nova nel procedimento ex art. 669-bis e ss. deve incontrare alcuni limiti di garanzia: se, così, può concedersi al ricorrente di operare una "mutatio libelli" della domanda cautelare, modificando nella fase procedimentale di cui all'art. 669-sexies sia il "petitum" immediato (ossia il provvedimento richiesto al giudice), sia il "petitum" mediato (cioè la richiesta di attribuzione di un altro determinato bene), occorre preservare il rispetto delle formalità essenziali al contraddittorio, e quindi concedere un termine a difesa alla controparte. Occorre altresì tener comunque conto dei rapporti tra le scansioni del giudizio di merito già pendente e la strumentalità della giurisdizione cautelare, nel senso che l'invocato provvedimento cautelare, ove sia richiesto in corso di causa ex art. 669-quater, deve risentire delle eventuali preclusioni in ordine alla proponibilità della correlata domanda di cognizione, non potendosi dare cautela a pretese non ammissibilmente e tempestivamente introdotte nel processo di cognizione (cfr. Trib. Salerno, 16 giugno 2009 e Trib. Salerno 10 febbraio 2009; pure Trib. Avezzano, 18 giugno 2004, in Giur. mer. 2004, I, 1685, per il quale, ai fini delle valutazioni imposte dall'art. 669-sexies, il momento dell'introduzione della domanda cautelare costituisce elemento determinante per delimitare il campo di indagine sul fumus boni iuris, nel rispetto dei limiti e delle preclusioni eventualmente maturate nell'istruzione della causa di merito. Per l’inammissibilità, invece, del mutamento dell’originaria domanda nel corso del procedimento cautelare: Trib. Roma, 5 giugno 2000, in Giur. it. 2001, 497; Trib. Roma, 20 luglio 2000, in Giur. it. 2001, 497; Trib. Firenze, 27 maggio 1995, in Foro it. 1996, I, 1864). Analogamente, si è affermato che i documenti depositati nel corso di un procedimento cautelare instaurato in pendenza del giudizio di merito sono utilizzabili anche in quest'ultimo processo, purché la relativa produzione sia avvenuta prima che in esso siano maturate le preclusioni istruttorie.(Cass. II, n. 13631/2017). Diversa è anche la dimensione del “diritto alla prova” del procedimento cautelare rispetto a quella che esso assume nel giudizio di cognizione ordinaria. Nel processo di cognizione piena, il giudice, dispone l’assunzione dei mezzi di prova che ritenga “ammissibili e rilevanti”. Nel procedimento cautelare, invece, coerentemente con le esigenze di celerità e quindi di sommarietà proprie di esso, il criterio di ammissibilità delle deduzioni probatorie è più ristretto, giacché dominato non dai canoni dell’ammissibilità e della rilevanza, ma da quello dell’indispensabilità dell’atto di istruzione in relazione ai presupposti ed ai fini del provvedimento richiesto. Sembra, in ogni caso, da negare che l’art. 669-sexies recida il potere dispositivo delle parti e attribuisca poteri istruttori officiosi in capo al giudice designato per la cautela, se non nei limiti delle sommarie informazioni utili per la pronuncia inaudita altera parte. Si è, così, ritenuta inammissibile nel corso del procedimento ex art. 669-sexies la proposizione della querela di falso incidentale e dell’istanza di verificazione, sicché, intervenuto il disconoscimento, la scrittura privata non potrebbe essere posta a fondamento di un provvedimento cautelare (Trib. Genova, 28 dicembre 1994, in Giust. civ. 1996, I, 547). Per Trib. Milano, 24 aprile 2002, in Giur. it. 2002, 2101, pur in presenza di una scrittura disconosciuta, il giudice cautelare conserva, tuttavia, il potere di valutare incidenter tantum la verosimiglianza della pretesa avanzata, potendo avvalersi nel modo più opportuno degli atti di istruzione indispensabili. Viceversa, l’espletamento della consulenza tecnica sarebbe ammissibile solamente nei casi in cui sia effettuabile in tempo utile una sommaria indagine tecnica per preservare il diritto del ricorrente, senza snaturare fini e struttura della tutela cautelare, dovendosi, altrimenti, rinviare tale istruttoria nella fase dinanzi al giudice di merito (Trib. Verona, 9 marzo 1998, in Giur. mer. 1998, I, 618). Trib. Belluno, 10 ottobre 2011, in Foro it. 2012, 5, I, 1595, ammette nel procedimento cautelare l'utilizzazione di dichiarazioni scritte dei terzi, pure a prescindere dai limiti stabiliti dall'art. 257-bis sulla testimonianza scritta, facultando il giudice a disporre anche d'ufficio l'acquisizione delle sommarie informazioni per iscritto senza il preventivo accordo delle parti, e senza dover utilizzare il modello previsto dall'art. 103-bis disp. att., pur facendo salvo il requisito minimo dell'autenticazione della sottoscrizione del terzo, affinché ne sia provata la provenienza e la veridicità formale. Secondo Cass. VI, n. 22778/2013, le sommarie informazioni rese nel corso del procedimento cautelare possono essere equiparate, a tutti gli effetti, alle testimonianze, qualora gli informatori abbiano prestato l'impegno di rito e siano stati sentiti nel contraddittorio delle parti. Da ultimo, vedi anche Cass. II, n. 107/2016). In senso difforme, Cass. II, n. 18865/2013, per la quale, nel giudizio di merito in cui si controverte sull'esistenza di un diritto contrattuale, le dichiarazioni rese dagli informatori nella fase cautelare "ante causam", pur se assunte in contraddittorio e previo impegno di dire la verità, non hanno mai il valore probatorio delle deposizioni testimoniali, poiché, in questo tipo di causa, a differenza che nei procedimenti possessori e nunciatori, le dichiarazioni degli informatori non vertono unicamente su situazioni di fatto, ma anche sull'esistenza del contratto, il cui accertamento incontra, nel giudizio a cognizione piena, i limiti stabiliti dagli artt. 2721 ss. c.c. 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Questioni processuali, Milano, 2010; Saletti, Il processo cautelare, oggi, in Riv. dir. proc. 2014, 541 ss.; Sapone, Litisconsorzio necessario e procedimenti cautelari, in Giur. mer. 2008, 7-8-, 2096 ss.; Tarzia, Saletti, Processo cautelare, in Enc. dir., App. aggiorn., V, Milano, 2002, 837 ss. |