Codice di Procedura Civile art. 670 - Sequestro giudiziario.Sequestro giudiziario. [I]. Il giudice può autorizzare il sequestro giudiziario [818]: 1) di beni mobili o immobili [812 c.c.], aziende [2555 c.c.] o altre universalità di beni [816 c.c.], quando ne è controversa la proprietà [832 c.c.] o il possesso [1140 1 c.c.], ed è opportuno provvedere alla loro custodia o alla loro gestione temporanea [676 1]; 2) di libri, registri, documenti, modelli, campioni e di ogni altra cosa da cui si pretende desumere elementi di prova, quando è controverso il diritto alla esibizione [210 ss.] o alla comunicazione [2711 c.c.], ed è opportuno provvedere alla loro custodia temporanea. InquadramentoIl sequestro giudiziario di beni può essere concesso in presenza di una controversia sulla proprietà o il possesso di beni e sia opportuno provvedere alla loro custodia o gestione temporanea. La giurisprudenza ha interpretato in senso estensivo l'ambito di applicazione dell'istituto, ricomprendendovi anche l'esercizio di uno jus ad rem riferito ad una mera detenzione, da cui derivi, nell'ipotesi di accoglimento della domanda, la condanna alla consegna o alla restituzione del bene controverso (Trib. Rimini 24 marzo 2015). È controverso se possa ottenersi anche il sequestro giudiziario di immobili, atteso che, per alcuni, il periculum sarebbe scongiurato dalla possibilità di trascrivere la domanda giudiziale. Il sequestro giudiziario può inoltre avere ad oggetto la documentazione necessaria per desumere elementi di prova in giudizio: sono discussi i rapporti tra tale istituto e l'ordine di esibizione. Provvedimenti cautelari conservativiI sequestri sono le tipiche misure cautelari conservative. In generale, si può affermare che hanno carattere conservativo le misure cautelari le quali sono volte a garantire, mediante diversi strumenti, la fruttuosità della tutela nelle more del tempo necessario per la definizione della controversia nel merito (Calamandrei 1936, 21 ss.). Peraltro, autorevole dottrina ha criticato siffatta distinzione, osservando che lo stesso sequestro conservativo, paradigma delle misure cautelari di natura “conservativa”, finisce con il risolversi in un mutamento della situazione di fatto tutte le volte che sia necessario, ad es., uno spostamento della cosa sequestrata: ne deriva che la distinzione dovrebbe essere piuttosto operata avendo riguardo agli scopi del processo cautelare, di talché, da un lato, vi sarebbe il processo cautelare strumentale, che tende a garantire i mezzi del processo definitivo (es. sequestro conservativo), dall'altro il processo cautelare volto a garantire l'utilità pratica del processo definitivo (ad esempio, provvedimento d'urgenza ex art. 700 a tutela di un credito alimentare: Carnelutti 1942, 3a ed., spec. 43-44). Secondo una tesi dottrinaria rimasta pressocché isolata, anche il sequestro giudiziario di beni, misura tradizionalmente considerata di carattere conservativo, potrebbe essere ritenuta di natura anticipatoria laddove anticipi per la parte beneficiaria il risultato pratico che deriverebbe da una conclusione positiva per la stessa del giudizio di merito, ad esempio, attribuendole la custodia delle azioni sequestrate e così l'anelato diritto di voto in un'importante assemblea della società (Dalmotto in Chiarloni 2007, 1248). La natura conservativa dei sequestri implica che ai fini della permanente efficacia degli stessi, ove emanati ante causam, debba essere incardinato il giudizio di merito entro il termine previsto ex art. 669-octies, che ha invece introdotto il regime della strumentalità cd. attenuata per le sole misure cautelari anticipatorie. In questa prospettiva è stato affermato che il sequestro giudiziario diviene inefficace ai sensi dell'art. 669-novies se la parte non instaura tempestivamente il giudizio di merito ai sensi dell'art. 669-octies, a nulla rilevando che, in ossequio alla clausola compromissoria per arbitrato libero, sia stato nei termini iniziato il giudizio arbitrale, non essendo l'arbitrato libero sottoposto alla speciale disciplina introdotta dall'art. 669-quinquies (v., tra le altre,Trib. Civitavecchia 11 marzo 2005, in Corr. merito, 2005, n. 5, 514). Per altro verso, i provvedimenti cautelari conservativi concessi ante causam perdono efficacia anche nell'ipotesi di estinzione del giudizio di merito regolarmente instaurato. E' discusso se la regola per la quale l'estinzione del giudizio di merito determina l'inefficacia delle misure cautelari c.d. a strumentalità forte trovi applicazione anche nelle ipotesi in cui l'estinzione dipenda dal trasferimento dell'azione civile nel processo penale. Il problema dipende dal fatto che l'art. 75, comma 1, equipara il trasferimento dell'azione civile in sede penale alla rinuncia agli atti del giudizio cui di regola si riconnette, ex art. 306, l'estinzione del medesimo. L'orientamento prevalente, che merita di essere condiviso, facendo leva sia su argomentazioni di carattere letterale sia sulla peculiarità del trasferimento dell'azione civile nel processo penale nega, peraltro, che le misure cautelari perdano efficacia a seguito di tale trasferimento. Sotto il profilo letterale va, invero, evidenziato che: - l'art. 669-quater detta una regola di competenza sussidiaria del giudice civile anche per l'ipotesi in cui l'azione civile sia stata trasferita in ambito penale; - l'art. 669-decies riconosce al giudice che ha concesso il provvedimento cautelare il potere di revocare o modificare lo stesso anche nell'ipotesi in cui l'azione civile sia stata trasferita in sede penale, presupponendo quindi la permanente efficacia del provvedimento cautelare reso nel giudizio civile anche a seguito del trasferimento dell'azione nel processo penale; - lo stesso comma 1 dell'art. 75 c.p.p., in deroga all'art. 306 , prevede che sia il giudice penale a pronunciare sulle spese di lite in caso di trasferimento dell'azione civile in sede penale (cfr. De Matteis 2006, 493). Il trasferimento dell'azione in sede penale postula, invero, non un abbandono del giudizio già promosso, quanto la prosecuzione dello stesso in un'altra sede. Consonamente in giurisprudenza si è ritenuto che il sequestro conservativo disposto a tutela di un diritto fatto valere in sede civile non perde efficacia in caso di estinzione conseguente al trasferimento dell'azione nel processo penale (Trib. Roma 15 febbraio 1995, in Giust. civ., 1995, I, 2235, con nota di Noviello). Per altro verso, problematica di particolare complessità, anche perché il silenzio del legislatore sul punto potrebbe giustificare ogni soluzione (Recchioni 2005, 645), è quella relativa alla sopravvivenza della misura cautelare a seguito dell'accertamento positivo in sede di merito in ordine all'esistenza del diritto cautelando. Tale questione non si poneva, naturalmente, prima dell'introduzione del procedimento cautelare uniforme poiché l'art. 683 riconnetteva, come detto, la sopravvenuta inefficacia della misura cautelare a seguito dell'accertamento negativo in sede di merito in ordine all'esistenza del diritto cautelato al passaggio in giudicato della sentenza di merito (cfr. Samorì 1987, 942 ss.). Secondo autorevole dottrina, infatti, le misure cautelari potrebbero conservare efficacia anche a seguito dell'emanazione di una sentenza favorevole al beneficiario delle stesse poiché in alcune ipotesi sussiste, effettivamente, un concreto interesse al permanente efficacia della misura (in tal senso Merlin 1992, 954 ss; conf., più di recente, Recchioni 2005, 646; De Matteis 2006, 511 ss.). Ciò si verificherebbe, senz'altro, nei casi in cui la sentenza di primo grado non sia provvisoriamente esecutiva ex art. 282, ossia, almeno volendo seguire l'orientamento dominante, qualora i provvedimenti cautelari siano strumentali a sentenze di mero accertamento o costitutive (Merlin 1992, 954 ss.). Naturalmente l'interesse al permanere dell'efficacia delle misure cautelari a seguito dell'accertamento positivo nel giudizio di merito circa l'esistenza del diritto cautelato si riduce per i fautori della tesi secondo cui tutte le sentenze, anche diverse da quelle di condanna, sono provvisoriamente esecutive ex art. 282 (v., di recente, Impagnatiello 2005, 751 ss.): così Dominici 2003, 1838 ss. Nel senso della sopravvivenza della misura cautelare all'accoglimento della domanda di merito formulata dal beneficiario del provvedimento provvisorio si segnala anche una decisione della Corte di Appello di Torino la quale ha evidenziato che il sequestro giudiziario di beni (art. 670 n. 1) è una misura cautelare di carattere conservativo i cui effetti non sono assorbiti nella sentenza di condanna provvisoriamente esecutiva favorevole alla parte sequestrante. Pertanto, se il giudice di primo grado ha autorizzato il sequestro, accogliendo l'istanza di tutela cautelare dell'attore, il provvedimento è efficace anche nelle fasi di impugnazione della sentenza che accoglie la domanda di merito e il convenuto appellante non ha interesse a richiedere il sequestro del bene già sottoposto alla tutela cautelare (App. Torino 29 maggio 2002, in Giur. it., 2003, 1838, con nota critica di Dominici). Sequestro giudiziario di beniAi sensi dell'art. 670, n. 1, il giudice può autorizzare il sequestro giudiziario di beni mobili o immobili, aziende o altre universalità di beni, quando ne è controversa la proprietà o il possesso, ed è opportuno provvedere alla loro custodia o alla loro gestione temporanea. Il sequestro giudiziario di beni è una misura cautelare strumentale alla conservazione ed alla gestione di beni mobili o immobili, aziende o altre universalità di beni oggetto di una controversia, attuale o anche soltanto potenziale (Zumpano, 1990, 113). Il custode di beni sottoposti a sequestro giudiziario, in quanto rappresentante di ufficio, nella sua qualità di ausiliario del giudice, di un patrimonio separato, costituente centro di imputazione di rapporti giuridici attivi e passivi, risponde direttamente degli atti compiuti in tale veste, anche se in esecuzione di provvedimenti del giudice ai sensi dell'art. 676, ed è pertanto legittimato a stare in giudizio, attivamente e passivamente, limitatamente alle azioni relative a tali rapporti, attinenti alla custodia ed amministrazione dei beni sequestrati (v., di recente, Cass. n. 16057/2019). Controversia sulla proprietà o il possesso La giurisprudenza appare incline ad individuare estensivamente il novero delle controversie in ordine alla proprietà o al possesso che giustificano la richiesta di un sequestro giudiziario di beni: si è costantemente affermato, infatti, che la controversia cui fa riferimento l'art 670 n. 1, non presuppone soltanto il jus in rem delle azioni di rivendicazione della proprietà e di reintegrazione o manutenzione del possesso, ma anche l'esercizio di uno jus ad rem riferito ad una mera detenzione, da cui derivi, nell'ipotesi di accoglimento della domanda, la condanna alla consegna o alla restituzione del bene controverso (v., ex multis, Trib. Roma V, 27 luglio 2017; Trib. Palermo II, 29 novembre 2016;Trib. Rimini 24 marzo 2015; Trib. Foggia 21 agosto 2013, Giur. mer., n. 11, 2369; Trib. Monza 13 dicembre 2004, Corr. mer., 2005, 269). Pertanto, si ritiene ammissibile la concessione di un sequestro giudiziario di beni anche in presenza di controversie nelle quali la proprietà ed il possesso saranno attribuiti in conseguenza della decisione su azioni contrattuali, come la risoluzione, la nullità, l'annullamento, la simulazione, la rescissione e l'esecuzione in forma specifica dell'obbligo di concludere un contratto traslativo (cfr. Trib. Nola 4 aprile 2012). Sulla scorta di tale principio di carattere generale, si è ad esempio ritenuto ammissibile il sequestro giudiziario: a) di azienda in caso di esercizio dell'azione revocatoria ordinaria o fallimentare da parte del curatore (Trib. Genova 13 marzo 1998, in Foro it., I, 1997, con nota di Fabiani); b) strumentale all'esercizio del diritto di opzione (Trib. Roma 27 luglio 1994, Gius, 79); c) strumentale ad azione di risoluzione per inadempimento del contratto di compravendita con riserva di proprietà (Trib. Monza 23 settembre 2004; Trib. Trani 13 agosto 2002, Foro it., 2003, I, 947). Fumus boni juris e periculum in mora È discussa la portata del requisito del fumus boni juris per ottenere la concessione di una misura cautelare. Invero, in accordo con una prima tesi, dominante nella prassi, per l'emanazione del sequestro giudiziario non soltanto deve ricorrere, sul piano dell'ammissibilità, una controversia tra le parti sulla proprietà o sul possesso del bene ma, inoltre, sotto il profilo del fumus boni iuris, è necessaria la sommaria dimostrazione da parte del ricorrente della sussistenza del proprio diritto, all'esito del giudizio di merito, ad ottenere la restituzione del bene (Trib. Nola 25 giugno 2010, Giur. mer., n. 10, 2248 ; Trib. Napoli 4 marzo 2003, Gius, 1907; Trib. Brindisi 30 novembre 1990, in Riv. soc., 1992, 115, con nota di Vidiri; Trib. Viterbo 15 luglio 1983, Nuovo dir. amm., 1983, 656). Sulla questione si è inoltre espressa, in termini analoghi, in un precedente risalente la S.C. evidenziando che qualora si controverta sulla restituzione di una cosa da altri detenuta, il sequestro giudiziario può essere concesso e convalidato solo se, in relazione al fumus boni iuris, sussista, oltre alla possibilità di accoglimento della pretesa di chi ha richiesto la misura cautelare, anche la probabilità che da tale accoglimento consegua, in concreto, il diritto dell'attore all'immediata restituzione del bene (Cass. n. 3831/1982). In senso diverso, peraltro, si segnala un orientamento minoritario per il quale ai fini della concessione del sequestro giudiziario sarebbe necessaria, oltre al periculum in mora, soltanto l'esistenza di una controversia sulla proprietà o sul possesso (Trib. Torino 14 gennaio 1989, Foro it., 1990, I, 2655). In tale prospettiva si è ritenuto, ad esempio, che il giudice può autorizzare, ai sensi dell'art. 670, il sequestro giudiziario di una farmacia privata nei casi in cui la proprietà della stessa sia controversa ed appaia opportuno, in vista dell'attuazione in via definitiva del diritto in favore di una o dell'altra parte, provvedere alla sua conservazione poiché sussistono fatti che tendono a modificarne lo stato (App. Caltanissetta 3 giugno 1999, Riv. dir. fall., 2002, 702). Il periculum in mora tipico è invece costituito dall'opportunità di provvedere alla custodia o alla gestione temporanea del bene controverso. Sotto un profilo generale, la giurisprudenza ha evidenziato che il periculum in mora a fronte del quale può essere richiesta la concessione di un sequestro giudiziario costituisce un particolare forma di periculum in mora, più leggera del periculum «standard» e consistente nel pericolo anche astratto (conf., tra le tante, Trib. Latina I, 20 gennaio 2020,Trib. Grosseto, 17 novembre 2016;Cass. n. 854/1982; Trib. Monza 17 aprile 2001, Gius, 2292) che i beni controversi subiscano deterioramenti, alterazioni o sottrazioni nel corso del giudizio di merito, nonché nella conseguente necessità di sottrarre i beni stessi alla libera disponibilità del sequestrato, allo scopo di assicurare l'utilità pratica del futuro eventuale provvedimento sul merito della controversia (Trib. Bari III, 16 novembre 2014, in giustiziacivile.com, 2015, con nota di Costabile). Nel ribadire tale principio si è osservato che non rileva, quale pericolo di pregiudizio, ai fini della concessione del sequestro giudiziario la mera capacità di gestione dei beni da parte di chi li possiede (Trib. Bologna I, 12 febbraio 2018). La nozione di conservazione nel sequestro giudiziario, a differenza di quanto accade per il sequestro conservativo, non si sostanzia necessariamente nel pericolo, concreto ed attuale, di sottrazione od alterazione del bene, essendo invece sufficiente che lo stato di fatto esistente in pendenza del giudizio comporti la mera possibilità, sia pure astratta, che si determinino situazioni tali da pregiudicare l'attuazione del diritto controverso (Cass. n. 854/1982). In particolare è stato ritenuto che detto periculum, in tema di sequestro giudiziario di beni ereditari, sussisteva quando alcuni degli eredi abbiano di tali beni il godimento esclusivo e gli altri chiedano che se ne attui la divisione, previo l'accertamento dei loro diritti sulla massa ereditaria (Cass. n.13546/1992). Per un'applicazione in sede di merito v. Trib. Savona 30 ottobre 2013. Peraltro, anche se quello di opportunità è concetto diverso e meno pregnante di quello di periculum, nondimeno le ragioni di opportunità della custodia (il periculum) devono sussistere in concreto e devono emergere sulla base di specifici elementi fattuali (quali, ad esempio, la sussistenza di trattative con terzi, la presenza di altri atti dispositivi che facciano presumere la volontà di dismettere tutto il proprio patrimonio ecc.: Trib. Venezia, 10 marzo 2017). La prima forma di periculum che può venire in rilievo a fronte della domanda di concessione di un sequestro giudiziario è quindi quella concernente l'opportunità di una custodia o gestione temporanea del bene che, qualora lasciato nella disponibilità del convenuto sino all'emanazione della decisione di merito, potrebbe essere danneggiato o disperso, così vanificando la fruttuosità dell'eventuale esecuzione in forma specifica per la consegna del bene al termine della lite (Caponi, 2000, 157 ss.). Questa situazione può verificarsi, ad esempio, laddove nelle more dell'emanazione della pronuncia di merito la natura “produttiva” del bene renda opportuna la custodia del medesimo (ex ceteris, Trib. Monza 17 aprile 2001; Trib. Napoli 21 settembre 1999, Gius, 2000, n. 4, 455; Trib. Bologna 13 gennaio 1997, Dir. fall., II, 1032;Trib. Pescara 7 agosto 1995, Giur. mer., 1996, 242). In sede applicativa si è, ad esempio, affermato che il perdurare della detenzione del ramo di azienda in capo ad un soggetto che ne ha ridotto l'avviamento commerciale e che non è in condizioni di adempiere agli obblighi contrattuali configura un danno irreparabile, che giustifica la concessione del provvedimento cautelare richiesto diretto ad ottenere l'immediata restituzione dell'azienda e, in subordine, il sequestro giudiziario, a norma dell'art. 670, dello stesso ramo di azienda (Trib. Milano XIII, 27 dicembre 2016). Sulla stessa questione, nella medesima giurisprudenza di merito, si è ritenuto che, in tema sequestro giudiziario, la funzione del provvedimento è essenzialmente conservativa ed, in caso di beni produttivi, gestoria, mentre esula dal proprio ambito la finalità propulsiva: il sequestro di azienda, quindi, può essere disposto solo ove si ravvisi la concreta esigenza di conservare la già sussistente funzionalità produttiva delle cose che la compongono e non, invece, per la finalità di ripristinare l'attitudine produttiva di un'azienda (Trib. Latina II, 29 ottobre 2016, in Il processo civile.it, 8 novembre 2016). Mediante la richiesta di un sequestro giudiziario di beni la parte ricorrente può, in secondo luogo, tutelarsi dal pericolo derivante dall'art. 1153 c.c., ossia dalla possibilità che un terzo di buona fede acquisiti il bene a titolo originario dal sequestrato: a riguardo è opportuno ricordare che, sebbene l'art. 111 disponga in via generale che la decisione resa tra le parti originarie ha effetto anche nei confronti dell'avente causa, fa salvo il caso dell'acquisto in buona fede dei beni mobili ai sensi dell'art. 1153 c.c. In altri termini, l'emanazione del sequestro giudiziario è in questo caso funzionale a sottrarre la materiale disponibilità del bene a colui che potrebbe far acquistare ad un terzo l'acquisto a titolo originario a seguito della consegna (Luiso, 2014, IV, 244). È, invece, oggetto di dibattito in dottrina come in giurisprudenza l'ammissibilità di un sequestro giudiziario di beni immobili o beni mobili registrati finalizzata a tutelare il sequestrante contro l'alienazione del bene a terzi di buona fede da parte del sequestrato: occorre, infatti, tenere conto anche delle norme sulla trascrizione delle domande giudiziali. Più in particolare, secondo una prima posizione, il sequestro giudiziario che ha ad oggetto beni immobili o beni mobili registrati è finalizzato esclusivamente a conservare la consistenza materiale del bene controverso, mentre la cautela contro atti di disposizione giuridica sarebbe assicurata compiutamente dalle norme sulla trascrizione delle domande giudiziali, cui dovrebbe essere propriamente attribuita la funzione cautelare di neutralizzare i danni che potrebbero derivare all'attore vittorioso all'esito del processo da atti di disposizione giuridica del bene compiuti dal convenuto nel corso dello stesso (Corsini, in Consolo - Chiarloni, 2005, II, 872). Nello stesso senso in giurisprudenza, v. Trib. Rossano 2 luglio 2011; Trib. Nocera Inferiore 26 giugno 2006, in Giur. mer., 2007, n. 9, 2261, con nota di A. Lombardi. Secondo un diverso orientamento, suffragato da una parte della dottrina e da alcune decisioni della S.C., la trascrizione di una domanda suscettibile di prenotare gli effetti di una sentenza sanzionante l'acquisto di diritti dominicali sul cespite immobiliare oggetto della vertenza non è ostativa all'accoglimento dell'istanza di sequestro giudiziario dell'immobile stesso, essendo tale misura cautelare intesa, ai sensi dell'art. 670, n. 1, al conseguimento di provvedimenti relativi alla custodia, alla gestione ed alla disponibilità materiale del bene, non garantiti dalla trascrizione (Guarnieri, in Tarzia, 2004, 75; Cass. n. 46/2000). Questa prospettiva è stata avallata anche dalla S.C., laddove ha affermato che la trascrizione di una domanda suscettibile di prenotare gli effetti di una sentenza sanzionante l'acquisto di diritti dominicali sul cespite immobiliare oggetto della vertenza non è ostativa all'accoglimento dell'istanza di sequestro giudiziario dell'immobile stesso, essendo tale misura cautelare intesa, ai sensi dell'art. 670, n. 1, al conseguimento di provvedimenti relativi alla custodia, alla gestione ed alla disponibilità materiale del bene, non garantiti dalla trascrizione (Cass. n. 46/2000; Cass. n. 4039/1994). In termini analoghi, in sede applicativa, si è osservato che la trascrizione di una domanda giudiziale suscettibile di prenotare gli effetti di una sentenza sanzionante l'acquisto di diritti dominicali sul cespite immobiliare oggetto di causa non è ostativa all'accoglimento dell'istanza di sequestro giudiziario dell'immobile stesso, essendo tale misura cautelare intesa, ai sensi dell'art. 67, n. 1, al conseguimento di provvedimenti relativi alla custodia, alla gestione ed alla disponibilità materiale del bene, non garantiti dalla trascrizione, palesandosi l'utilità e l'opportunità del sequestro solo laddove il pericolo evidenziato non possa essere scongiurato con la sola trascrizione (Trib. Napoli VIII, 13 luglio 2011). Oggetto L'oggetto del sequestro giudiziario è definito, in termini ampi, in quello di beni mobili, beni immobili, aziende o altre universalità di beni. Peraltro è discussa la possibilità di assoggettare a tale misura cautelare alcuni particolari beni mobili. Con riguardo, in primo luogo, ai titoli di credito, intesi come documenti materiali suscettibili di proprietà o possesso, l'opinione contraria è stata affermata evidenziando che si tratta di crediti, di per sé insuscettibili di sequestro, e che quest'ultima misura finirebbe con l'incidere sul regime di circolazione del titolo (Andrioli, 1968, IV, 150). La giurisprudenza più recente tende a ritenere ammissibile il sequestro giudiziario delle cambiali e dei titoli di credito in genere, potendo essere gli stessi oggetto di proprietà e possesso, qualora la controversia attenga alle titolarità del credito sotteso alla cambiale (Trib. Latina, ord. 27 ottobre 2009). Analogamente, si è evidenziato che i titoli di credito trasmissibili per girata sono suscettibili di essere sequestrati qualora possano risultare emessi sine causa per il venir meno del rapporto fondamentale a seguito di una pronuncia risolutoria ex art. 1453 c.c., sempreché sia certo che i titoli stessi siano nella disponibilità del prenditore diretto (Trib. Nola 1 aprile 2007). La medesima S.C., in un pur risalente precedente, affermando implicitamente l'ammissibilità del sequestro nelle altre ipotesi, ha affermato il principio per il quale non è ammissibile il sequestro giudiziario di cambiali che, a seguito di una serie continua di girate, siano in possesso di persona diversa dal contraente diretto di colui il quale richiede il sequestro, in quanto, ai sensi dell'art. 1994 c.c. il terzo portatore di un titolo di credito in conformità delle norme che ne disciplinano la circolazione non è soggetto a rivendicazione, onde nei suoi confronti non può essere invocato quello ius ad rem, che riposa soltanto su un rapporto diretto sottostante all'emissione o al trasferimento e che costituisce il presupposto della misura cautelare, fondata sulla possibilità di una controversia sulla proprietà o sul possesso (Cass. n. 106/1985). Resta fermo, come ribadito anche da ultimo nella prassi applicativa, che, poiché presupposto per la concessione del sequestro giudiziario è l'esistenza di una controversia, intesa quale contrasto attuale e palese tra le parti che presenti caratteri oggettivi, seri e concreti in merito alla proprietà o al possesso di beni mobili o immobili, è inammissibile il sequestro giudiziario avente ad oggetto la custodia o la gestione temporanea di beni fungibili, quali il denaro, non essendo configurabile, rispetto ad un bene fungibile, un'esigenza di tutela preordinata a garantire la fruttuosità dell'esecuzione coattiva di una sentenza che dirima la controversia insorta sulla titolarità o sul possesso del bene conteso mediante la consegna o il rilascio forzati di quello stesso bene sul quale è stato autorizzato e posto il vincolo, ma solo una generica esigenza di tutela della garanzia patrimoniale alla quale è preordinato il rimedio del sequestro conservativo in funzione della pronuncia di condanna al pagamento e della fruttuosità dell'espropriazione forzata (Trib. Varese I, 10 marzo 2021). L'art. 2471-bis c.c. introdotto dal d.lgs. n. 6/2003, ha espressamente risolto in senso affermativo il problema, precedentemente controverso, relativo alla sequestrabilità delle quote di società a responsabilità limitata. Pertanto, è stato affermato che in presenza di una seria controversia in merito alla proprietà delle quote di una società a responsabilità limitata, di cui entrambe le parti si affermano titolari, qualora si profili il rischio di compromettere la funzionalità della società, può essere disposto, ai sensi dell'art. 670, comma 1, n. 1, il sequestro giudiziario delle quote con nomina di un custode, per fare fronte alle indifferibili necessità gestionali della società, dal momento che i due originari soci paritari non sono più in grado di arrivare ad una gestione concorde (Trib. Milano 15 gennaio 2014). Nel senso che è ammissibile il sequestro giudiziario di marchi nazionali ed internazionali, oggetto di contratti di cessione di cui si assume l'inadempimento, su istanza dell'originario cedente v. Trib. Torino 18 luglio 2011, Foro it., 2012, n. 2, 619. Si è ritenuto, sotto altro profilo, che in ragione del mandato senza rappresentanza per il quale la società fiduciaria ha la formale titolarità delle quote societarie del fiduciante, i terzi non potranno che fare riferimento ad essa per agire in rivendica ovvero per ottenere il sequestro giudiziario delle quote che assumono proprie (Trib. Milano, sez. spec. impresa, 16 maggio 2015). Sempre nella prassi applicativa, si è affermato che in accoglimento dell'istanza proposta dalla curatela del fallimento di una società di fatto, sussistono i presupposti per autorizzare, con decreto reso inaudita altera parte, il sequestro giudiziario di beni immobili, beni mobili e partecipazioni sociali, finalizzato alla fruttuosità delle domande principali di merito, configurate ed azionate dalla curatela stessa, di nullità, di simulazione e di revocatoria di alcuni trust istituiti dai soci falliti o dai loro familiari (Trib. Napoli, sez. spec. impresa, 1 aprile 2015, in Foro it., 2015, n. 4, 1388, con nota di Palmieri). Analogamente si è evidenziato che in accoglimento dell'istanza proposta dalla curatela del fallimento di una società di fatto, sussistono i presupposti per concedere il sequestro giudiziario di beni conferiti dai falliti o da loro familiari ad alcuni trust, posto che: a) il periculum in mora è evidente alla luce del rilevantissimo danno dedotto nel ricorso e della possibilità di ulteriori atti dispositivi volti a impedire il recupero dei beni; b) il fumus boni iuris emerge dalla nullità di detti trust per violazione di norme imperative, posto che gli stessi non sembrano realizzare alcun effetto di segregazione patrimoniale (Trib. Torre Annunziata 3 dicembre 2014, in Foro it., 2015, n. 4, 1388, con nota di Palmieri). Profili processuali Qualora il ricorso per sequestro conservativo venga proposto ante litem, deve essere indicata l'instauranda azione di merito. Questa prospettiva è pressoché pacifica in giurisprudenza, all'interno della quale si è affermato che, poiché il sequestro giudiziario è strumentale non solo all'esperimento di azioni reali, ma anche di azioni di natura personale, volte comunque ad ottenere la restituzione del bene: nel rispetto del principio di conservazione degli atti giuridici e di economia dei mezzi processuali, il giudice investito di una cautela ante causam deve accertare il requisito della strumentalità anche e soprattutto sulla base di un esame complessivo del ricorso avanzato: pertanto, laddove non sia invece indicata in alcun modo la proponenda domanda di merito (cui il provvedimento cautelare richiesto sarebbe strumentale), deve dichiararsi inammissibile il ricorso cautelare (Trib. Roma III, 22 aprile 2016, in Ilprocessocivile.it, 22 luglio 2016). In senso opposto si segnala un altro orientamento per il quale il sequestro giudiziario può essere autorizzato anche se nella domanda cautelare proposta ante causam non è indicato il giudizio di merito che si intende instaurare, atteso che l'istanza volta ad ottenere detto provvedimento sottintende necessariamente la richiesta della restituzione e/o del rilascio del bene di cui è controversa la proprietà o il possesso (Trib. Como 27 novembre 1997, in Giur. it., 1999, 1215). Il sequestro può, come le altre misure cautelari, essere richiesto sia ante causam che in corso di causa. Peraltro, tende a prevalere l'impostazione per la quale anche in questa ipotesi l'esigenza che il ricorso cautelare sia comunque contenuto in uno specifico atto è stata inoltre affermata alla luce dell'autonomia tra processo cautelare e giudizio di merito (cfr. per l'inammissibilità dell'istanza di sequestro contenuta nella citazione introduttiva del giudizio di merito, Trib. Roma 17 gennaio 1996, in Giust. civ., 1996, I, 2425, con nota critica di Navarrini; v. anche Trib. Bologna 2 luglio 1996, in Giur. merito, 1997, I, 13 ss.). Sul piano procedurale, il giudizio cautelare è disciplinato dall'art. 669-sexies, in omaggio a regole che mirano ad evidenziare una discontinuità rispetto all'assetto antecedente alla novella realizzata dalla l. n. 353/1990. Proprio con riferimento ai sequestri, non è superfluo ricordare che le norme vigenti prima di tale riforma prevedevano una diversa disciplina per le singole misure cautelari: tuttavia sussisteva la possibilità per il giudice, soprattutto per alcuni provvedimenti, di concedere la misura cautelare richiesta prima dell'instaurazione del contraddittorio nei confronti della controparte. In particolare, l'art. 689 per le denunce di nuova opera e di danno temuto e l'art. 703 per i procedimenti possessori sancivano espressamente la possibilità per il giudice di emanare immediatamente la misura cautelare con decreto, allorché non fosse necessario ispezionare luoghi o ascoltare testi, decreto peraltro soggetto a conferma, modifica o revoca con ordinanza resa a contraddittorio integro. Questo modello si riteneva applicabile, in virtù del rinvio operato dall'abrogato art. 702, agli artt. 689 ss., anche ai provvedimenti di urgenza emanati dal pretore. Maggiori problematiche in termini di tutela del resistente cautelare erano invece sollevate dalla disciplina vigente per i sequestri. Infatti, l'abrogato art. 672, ultimo comma, sanciva la regola generale per la quale i sequestri potevano essere concessi sempre a prescindere dall'instaurazione del contraddittorio nei confronti del resistente, contraddittorio quindi instaurato soltanto in un momento successivo in via differita (Olivieri 1991,702). La misura cautelare emanata inaudita altera parte era quindi assoggettata a controllo nell'ordinario giudizio di convalida, con un'efficacia posposta sino al momento della formazione del giudicato (in senso critico Consolo 1989, I, 2, 102). A fronte di tale situazione, che poteva rivelarsi anche fatalmente pregiudizievole per il ricorrente cautelare, parte della giurisprudenza di merito aveva introdotto una peculiare prassi praeter legem in base alla quale il giudice della cautelare adito ante causam emanava non il sequestro, bensì un provvedimento atipico di urgenza finalizzato alla fruttuosità del futuro provvedimento di sequestro concesso a contraddittorio integro (Trib. Milano 8 luglio 1987, in Giur. it., 1989, I, 2, 100, con nota adesiva di Consolo, ove diffusi riferimenti). La regola generale introdotta dalla l. n. 353/1990, invece, è quella opposta dell'emanazione delle misure cautelari soltanto a seguito dell'instaurazione del contraddittorio nei confronti della controparte(così, tra i molti, Merlin 1996,403; Saletti 1991, 367). E' questo il c.d. modulo ordinario del procedimento cautelare, derogato soltanto eccezionalmente a favore del vecchio sistema del contraddittorio differito nell'ipotesi in cui la convocazione della controparte potrebbe pregiudicare l'attuazione della misura richiesta. La riforma è stata salutata con favore dalla dottrina (Picardi 2004, 2210), poiché, in ragione dell'accresciuta sensibilità nei confronti del rispetto del principio del contraddittorio, realizza in modo più soddisfacente il bilanciamento tra le esigenze, spesso configgenti nel processo cautelare, dell'instaurazione del contraddittorio nei confronti del destinatario passivo degli effetti del provvedimento cautelare e quelle di riservatezza “interna” del procedimento per il ricorrente cautelare (Consolo (-Luiso–Sassani) 1996, 616) È inammissibile il ricorso straordinario per cassazione avverso l'ordinanza, pronunciata in sede di reclamo ex art. 669-terdecies che autorizza il sequestro giudiziario, costituendo la stessa una misura cautelare provvisoria che, pur coinvolgendo diritti soggettivi, non statuisce su di essi a definizione di una controversia, né ha attitudine ad acquisire autorità di giudicato sostanziale (Cass. n. 23763/2016). Casistica Il bene immobile che, per dato incontroverso, è luogo di dimora della prole e che, quindi, potrebbe essere oggetto di un futuro provvedimento di assegnazione ex art. 337-sexies c.c. può essere oggetto di sequestro giudiziario prima dell'udienza presidenziale, sussistendo il requisito della necessità di provvedere alla custodia del bene in presenza di un contratto preliminare di compravendita posto in essere dal genitore proprietario dell'immobile (Trib. Viterbo, 4 agosto 2017, in Dir. famiglia persone, 2018, n. 1, I, 144) In tema di società per azioni, qualora sussista il fumus boni iuris dell'avvenuta conclusione di contratti in conflitto di interessi ex art. 2475-ter c.c. e si prospetti una possibilità di pregiudizio all'attuazione del proprio diritto nelle more della decisione di merito, a prescindere dal timore della sottrazione, alterazione o dispersione dei beni stessi, può essere concesso il sequestro giudiziario (Trib. Brescia, 11 febbraio 2017). Il sequestro giudiziario è configurabile quando il ricorrente, promuovendo un giudizio di accertamento dei diritti reali ovvero d'impugnativa del contratto, voglia conseguire, tramite la condanna alla restituzione o al rilascio, la disponibilità giuridica del bene: esso è, dunque, ammissibile quale strumento di tutela urgente rispetto all'azione revocatoria ordinaria esercitata dalla curatela che, secondo la lettura coordinata degli artt. 66, 70 l. fall., ha la funzione di determinare l'acquisizione del bene nell'attivo fallimentare (Trib. Napoli Nord III, 24 luglio 2017). In mancanza di un'esplicita disposizione di legge si deve affermare, da un lato, la perdurante efficacia del sequestro giudiziario anche dopo la pronuncia della sentenza di primo grado di accoglimento della domanda cautelata e, dall'altro lato, la possibilità per la parte vittoriosa di mettere in esecuzione la sentenza, ancorché non passata in giudicato, in modo che sia l'esecuzione forzata – e non la sentenza – a sostituirsi al provvedimento cautelare e ad assorbirlo (Trib. Udine II, 24 gennaio 2018, in Ilprocesso civile.it, 12 aprile 2018). Sequestro giudiziario di proveA norma dell'art. 670, n. 2, il giudice può autorizzare il sequestro giudiziario di libri, registri, documenti, modelli, campioni e di ogni altra cosa da cui si pretende desumere elementi di prova, quando è controverso il diritto alla esibizione o alla comunicazione, ed è opportuno provvedere alla loro custodia temporanea per evitare che siano dispersi o sottratti. Pertanto il documento del quale si domanda il sequestro deve, da un lato, risultare al giudice della cautela anche astrattamente utile quale mezzo di prova idoneo a dimostrare la fondatezza della pretesa già dedotta o che sarà fatta valere nell'instaurando giudizio di merito e, da un altro, deve esserne opportuna la custodia temporanea per evitarne un'alterazione o distruzione da parte dell'attuale detentore. Rapporti con l'ordine di esibizione È tradizionalmente controversa l'interpretazione della portata del riferimento, operato dall'art. 670, n. 2, alla sussistenza di una controversia sul diritto all'esibizione o alla comunicazione del documento poiché la stesa attiene direttamente ai rapporti tra il sequestro giudiziario di beni ed il diritto alla esibizione dei documenti ex art. 210 (Graziosi 2003, 355). In particolare, è dibattuto se mediante il sequestro probatorio si possa ottenere il risultato dell'esibizione del documento, anche in assenza di una condotta collaborativa della controparte o del terzo, così superando gli angusti limiti posti dall'art. 210 alla coercibilità dell'ordine di esibizione. Secondo una tesi, autorevolmente suffragata ma rimasta minoritaria, invero, il sequestro giudiziario di prove costituirebbe l'espressione cautelare del diritto processuale all'esibizione sancito dallo stesso art. 210, talché al quesito ora prospettato dovrebbe essere fornita una risposta positiva (Andrioli, 1968, IV, 151; La China, 1960, 257). Tale tesi è stata avallata da una non risalente decisione di merito edita (Trib. Verona 5 giugno 2006, in Corr. giur., 2007, 551, con note di Arieta e Gasperini). È tuttavia prevalente la differente impostazione secondo cui se il sequestro consente di porre il bene al riparo dai pericoli di deterioramento e distruzione mediante l'affidamento al custode, quest'ultimo non diventerà comunque titolare del diritto all'esibizione del documento, con la conseguenza che, se il giudice, nel corso del processo di cognizione, emanerà l'ordine di esibizione il sequestrato potrà anche evitare di adempiere allo stesso, con le limitate conseguenze previste dall'art. 118 (Cavallone, 1970, 155; Lancellotti, 1951, 522; Montanari, in Chiarloni-Consolo, 2005, II, 956). 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Profilo storico sistematico, Milano, 2000; Capponi, L'intervento del creditore sequestrante nel processo di espropriazione del bene successivamente pignorato, in Riv. dir. proc. 1987, 848; Capponi, Note in tema di concorso tra misure cautelari e misure esecutive: considerazioni sulla effettività della tutela giurisdizionale espropriativa e sulla “tecnica” di attuazione processuale della par condicio creditorum, in Giust. civ. 1989, I, 2001; Cavallone, Esibizione delle prove e sequestro giudiziario, in Riv. dir. proc. 1970, 155; Chiarloni - Consolo (a cura di), I procedimenti sommari e speciali, II. Procedimenti cautelari, Torino, 2005; Coniglio, Sul termine di efficacia del provvedimento di sequestro, in Giur. cass. 1947, XXIV, 287; Coniglio, Il sequestro giudiziario e conservativo, Milano, 1949; Conte, Il sequestro conservativo nel processo civile, Torino, 2000; Corsini, Sulle modalità di attuazione del sequestro giudiziario di azienda, in Giur. it. 2004, 1361; Corsini, Sequestro e circolazione dell'azienda, in Riv. trim. dir. proc. civ. 2004, 1173; Costa, Sequestro conservativo, in Nss. D.I., XVII, Torino, 1970, 44; C. Ferri, Procedimenti cautelari e tutela del credito. Il sequestro conservativo, in Riv. trim. dir. proc. civ. 2000, 75; Giordano, La tutela cautelare uniforme. Prassi e questioni, Milano, 2008; La China, L'esibizione delle prove nel processo civile, Milano, 1960; Lancellotti, Esibizione di prove e sequestro, in Studi in onore di Redenti, II, Milano, 1951, 522; Laserra, Il sequestro come vincolo “a porta aperta”, in Riv. dir. proc. 1976, 76; Luiso (a cura di), Processo civile efficiente e riduzione arretrato, Torino, 2014; Pototosching, L'esecuzione dei sequestri nel sistema della l. 353/90, in Riv. dir. proc. 1992, 496; Provinciali, Sequestro d'azienda, Napoli, 1961; Saletti, Competenza e giurisdizione nell'espropriazione di crediti, in judicium.it, 2015; Samorì, Ammissibilità del sequestro conservativo in presenza di titolo esecutivo, in Riv. dir. proc. 1985, 134; Scaglioni, Il sequestro nel processo civile, Milano, 1941; Scardaccione, Qualche appunto ancora sull'art. 684 c.p.c., in Riv. dir. proc. 1970, 496; Stolfi, Sequestro giudiziario e trascrizione, in Giur. it. 1975, I, 2, 386; Tarzia, Giudice e custode nel sequestro giudiziario, in Riv. dir. proc. 1992, 302; Tarzia (a cura di), Il processo cautelare, 2a ed., Padova, 2004; Vellani, La conversione del sequestro in pignoramento, Milano, 1955; Vullo, L'attuazione dei provvedimenti cautelari, Torino, 2001; Zumpano, voce Sequestro giudiziario, in Enc. dir., XIII, Milano, 1990, 111. |