Codice di Procedura Civile art. 696 - Accertamento tecnico e ispezione giudiziale.

Antonio Scarpa

Accertamento tecnico e ispezione giudiziale.

[I]. Chi ha urgenza di far verificare, prima del giudizio, lo stato di luoghi o la qualità o la condizione di cose, può chiedere, a norma degli articoli 692 e seguenti, che sia disposto un accertamento tecnico [191 ss.] o un'ispezione giudiziale [118, 258 ss.]. L'accertamento tecnico e l'ispezione giudiziale, se ne ricorre l'urgenza, possono essere disposti anche sulla persona dell'istante e, se questa vi consente, sulla persona nei cui confronti l'istanza è proposta (1).

[II]. L'accertamento tecnico di cui al primo comma può comprendere anche valutazioni in ordine alle cause e ai danni relativi all'oggetto della verifica (2).

[III]. Il presidente del tribunale (3) o il giudice di pace provvede nelle forme stabilite negli articoli 694 e 695, in quanto applicabili, nomina il consulente tecnico e fissa la data dell'inizio delle operazioni.

(1) Periodo aggiunto, in sede di conversione, dall'art. 2 3 lett. e-bis) n. 5.1 d.l. 14 marzo 2005, n. 35, conv., con modif., in l. 14 maggio 2005, n. 80, con effetto dal 1° marzo 2006. Ai sensi dell'art. 2 3-quinquies d.l. n. 35, cit., le modifiche si applicano ai procedimenti instaurati successivamente al 1° marzo 2006. Precedentemente la Corte cost., con sentenza 22 ottobre 1990, n. 471, aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo nella parte in cui non consentiva di disporre accertamento tecnico o ispezione giudiziale sulla persona dell'istante. Inoltre la Corte cost., con sentenza 19 luglio 1996, n. 257 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del primo comma nella parte in cui non prevedeva che il giudice potesse disporre accertamento tecnico o ispezione giudiziale anche sulla persona nei cui confronti l'istanza è proposta, dopo averne acquisito il consenso.

(2) Comma inserito, in sede di conversione, dall'art. 2 3 lett. e-bis) n. 5.2 d.l. n. 35, cit., con effetto dal 1° marzo 2006. Ai sensi dell'art. 2 3-quinquies d.l. n. 35, cit., le modifiche si applicano ai procedimenti instaurati successivamente al 1° marzo 2006.

(3) V. sub art. 694.

Inquadramento

L'art. 696 individua i presupposti di ammissibilità dell'accertamento tecnico e dell'ispezione giudiziale preventivi ed il relativo procedimento. Nell'ordinanza con cui dispone l'accertamento o l'ispezione, il presidente del tribunale (o il giudice di pace), nomina altresì il consulente e fissa la data dell'inizio delle operazioni.

La Riforma del 2005

La l. n. 80/2005 ha riformulato l'art. 696, senza, peraltro, una reale portata innovativa, essendosi il legislatore limitato a recepire la progressiva sedimentazione della giurisprudenza costituzionale e di legittimità in tema di accertamento tecnico ed ispezione giudiziale in via preventiva. Il testo riformato prevede, così, al comma 1 che l'accertamento tecnico e l'ispezione giudiziale, se ne ricorre l'urgenza, possono essere disposti anche sulla persona dell'istante e, se questa vi consente, sulla persona nei cui confronti l'istanza è proposta”; il comma successivo, invece, chiarisce che l'accertamento compiuto dal solo consulente tecnico (e mai, dunque, l'ispezione eseguita dal giudice) può “comprendere anche valutazioni in ordine alle cause e ai danni relativi all'oggetto della verifica”.

Era stata dapprima Corte cost. n. 471/1990, a dichiarare costituzionalmente illegittimo l'art. 696, comma 1, nella parte in cui non vi si consentiva di disporre accertamento tecnico o ispezione giudiziale sulla persona dell'istante. Poi Corte cost. n. 257/1996, aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale dello stesso art. 696, comma 1, nella parte in cui non era previsto che il giudice potesse disporre accertamento tecnico o ispezione giudiziale anche sulla persona nei cui confronti l'istanza fosse proposta, dopo averne acquisito il consenso a sottoporvisi.

Per converso, invece, la Corte cost. n. 388/1999, aveva ritenuto infondata la questione di legittimità costituzionale, sempre dell'art. 696. nella parte in cui la norma in esame sembrava non consentire che, nel corso di un accertamento tecnico sullo stato dei luoghi o sulla condizione di cose, potesse verificarsi altresì l'entità dei danni, in vista di un futuro giudizio di risarcimento. La Corte aveva tuttavia in quell'occasione ricordato: che il diritto di agire in giudizio, garantito dall'art. 24 Cost., implica una ragionevole durata del processo, perché la decisione giurisdizionale, alla quale è preordinata l'azione, promossa a tutela del diritto, assicuri l'efficace protezione di questo e, in definitiva, la realizzazione della giustizia; che il potere di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti trova la concreta esplicazione nella disciplina del processo, con una molteplicità di istituti destinati a rendere effettiva questa garanzia; che nel processo civile rispondono a questa esigenza i procedimenti sommari di istruzione preventiva, diretti a raccogliere, ancor prima che sia instaurato un giudizio, gli elementi necessari per la formazione della prova, al fine di evitare che la modifica delle situazioni o gli eventi che si possono verificare impediscano, poi, la formazione e l'acquisizione della prova stessa nel giudizio di merito; e che l'accertamento tecnico preventivo, giustificato da questa necessità cautelare, non deve necessariamente trasformarsi, perché si realizzi la garanzia del diritto ad ottenere in tempi ragionevoli una decisione di merito, da atto di istruzione preventiva in sostanziale anticipazione del giudizio, il quale verrebbe così ricondotto sino ad esaurirsi nella fase del procedimento sommario. Per questo, la Corte Costituzionale raccomandava un'interpretazione dell'art. 696 nel senso che l'accertamento tecnico preventivo potesse comprendere tutti gli elementi conoscitivi considerati necessari per le valutazioni da effettuare in seguito nel giudizio di merito, ed includesse, quindi, ogni acquisizione preordinata alla successiva valutazione che in quel giudizio si dovesse esprimere per determinare la causa del danno o l'entità di esso; il che significava autorizzare l'anticipata e tempestiva raccolta di ogni elemento di fatto necessario per il giudizio, anche in vista della quantificazione del pregiudizio.

L'ampliamento interpretativo dell'ambito di operatività dell'art. 696, auspicato dalla Corte Costituzionale, era apparso ben gradito pure alla Cassazione, che, infatti, comunque già ammetteva che il giudice, in sede di accertamento tecnico preventivo, potesse demandare al consulente indagini anche concernenti cause ed entità del danno lamentato, purché dette indagini risultassero compatibili con le finalità cautelari del provvedimento. D'altra parte, vale il principio che una relazione di accertamento tecnico preventivo può in ogni caso essere liberamente apprezzata dal giudice della causa di merito in ogni sua parte (e, dunque, anche in relazione alle cause del danno), se essa sia stata ritualmente acquisita al giudizio senza opposizione delle parti, con conseguente sanatoria della nullità in cui sia incorso il consulente per aver sconfinato dai tipici compiti meramente descrittivi istituzionalmente affidatigli (Cass. II, n. 19563/2009; Cass. III, n. 20819/2006)

È comunque innegabile che la riformulazione dell'art. 696 realizzata dalla l. n. 80 del 2005, fosse volta ad un ampliamento funzionale degli istituti dell'accertamento tecnico preventivo e dell'ispezione giudiziale, sotto il profilo sia dell'ampiezza dell'oggetto, sia della qualificazione delle relative risultanze probatorie poi acquisibili al processo di merito.

La relazione conclusiva di un accertamento tecnico preventivo, se ritualmente acquisita al giudizio di cognizione, entra a far parte del materiale probatorio regolarmente prodotto e sottoposto al contraddittorio anche se una delle parti del giudizio di merito non ha partecipato al procedimento di istruzione preventiva e, perciò, è liberamente apprezzabile e utilizzabile, quale elemento di prova idoneo a fondare il convincimento del giudice nel raffronto con le altre risultanze istruttorie acquisite, nei confronti di tutte le parti del processo (Cass. III, n. 8496 /2023).

In dottrina si osserva che al consulente tecnico, in tal modo, viene affidato il compito di svolgere attività valutative che, per converso, dovrebbero essere oggetto di esclusive prerogative giudiziali, quali appunto l'accertamento del nesso di causalità fra gli eventi e la quantificazione, in base a criteri normativi, dei relativi danni (Ansanelli, 1245).

È concreto il rischio che, con la vigente formulazione dell'art. 696, si attribuisca al consulente tecnico il compito di accertare le cause, nonché la sussistenza del nesso eziologico fra causa ed effetto, di valutare i danni e quantificarli, poi motivando la sentenza «per relationem» sulla base di quanto esposto dall'esperto nella relazione di istruzione preventiva.

Il procedimento

L'accresciuto raggio d'azione dell'accertamento tecnico preventivo non snatura il procedimento ed il suo finale provvedimento, il quale mantiene natura cautelare, pur avendo ad oggetto non già, come le altre misure cautelari, un diritto soggettivo leso o minacciato di lesione, bensì l'assunzione di una prova. In specie, il periculum, contro cui si dirige la cautela insita nell'accertamento tecnico preventivo, consiste nel venir meno dell'oggetto della prova rilevante nel futuro giudizio di merito: il rimedio ha perciò come presupposto l'urgenza e come finalità l'acquisizione di prove prima che il trascorrere del tempo le renda impossibili o inutili.

L'accertamento tecnico preventivo può essere chiesto sia anteriormente all'instaurazione del processo che in corso di causa: se emesso fuori udienza, il provvedimento che lo dispone va, a pena di nullità dell'accertamento, comunicato alle parti perché possano parteciparvi, svolgendo le rispettive difese (Cass. III, n. 11598/2005).

L'opponibilità del risultato probatorio presuppone che il soggetto nei cui confronti debba utilizzarsi l’accertamento tecnico preventivo venga validamente evocato nel procedimento cautelare mediante comunicazione del provvedimento di fissazione dell'udienza, in modo che il chiamato possa presentarsi per addurre argomenti a proprio favore (Cass. III, n. 24981/2020).

Laddove il giudice dell'accertamento preventivo proceda, invece, alla liquidazione di tali spese, si è in presenza di un provvedimento non previsto dalla legge di natura decisoria, destinato ad incidere su una posizione di diritto soggettivo della parte a carico della quale risulta assunto e dotato di carattere di definitività, contro cui non è dato alcun mezzo d'impugnazione, sicché avverso il medesimo ben può essere esperito il ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost. (Cass. II, n. 28677/2023Cass. VI, n. 9735/2020; Cass. III, n. 14268/2017 ; Cass. II, n. 324/2017; Cass. VI, n. 21756/2015; Cass. III, n. 15672/ 2005; Cass. II, n. 21888/ 2004). Impugnabile con ricorso straordinario per cassazione ai sensi dell'art. 111, comma 7, Cost. è altresì l'ordinanza, emanata dopo il deposito della relazione del consulente, di rigetto del ricorso e di condanna dell'istante al pagamento delle spese processuali, in quanto il procedimento di accertamento tecnico preventivo si conclude con il medesimo deposito e il giudice, con il provvedimento reso agli effetti dell'art. 696, comma 3, esaurisce il proprio potere-dovere di verificare la sussistenza dei presupposti richiesti dalla legge ai fini dell'ammissione del mezzo di istruzione preventiva (Cass. II, n. 19498/2015).

E’ stata dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 8, commi 1 e 2, della legge n. 24 del 2017, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., nella misura in cui escludono che il giudice possa addebitare, in tutto o in parte, a carico di una parte diversa da quella ricorrente, il costo, comprensivo di compensi ed esborsi, dell’attività del collegio peritale nominato nel procedimento di cui all’art. 696-bis, che il predetto art. 8 della legge n. 24 del 2017 individua quale condizione di procedibilità della domanda giudiziale di merito in materia di responsabilità sanitaria (Corte cost. n. 87/2021).

Nel procedimento di opposizione al decreto di liquidazione del compenso all'ausiliare incaricato di un accertamento tecnico preventivo "ante causam", ex art. 170 d.P.R. n. 115/2002, ora disciplinato dall'art. 15 d.lgs. n. 150/2011, sono, tuttavia, contraddittori necessari, oltre al beneficiario, tanto la parte richiedente, a carico della quale tali spese vanno poste a conclusione della procedura, quanto le parti nei cui confronti è stata proposta l'istanza, potendo queste ultime sostenere il carico finale di tali spese in caso di soccombenza nel successivo giudizio di merito. Ne consegue che l'omessa notifica del ricorso e del decreto di comparizione delle parti ad uno dei soggetti indicati, ove sia mancata la partecipazione di costui al giudizio, determina la nullità del procedimento e della relativa decisione, rilevabile d'ufficio anche in sede di legittimità (Cass. II, n. 14137/2016; Cass. II, n. 29721/2017).

Si consideri, da ultimo, come la proposizione del ricorso per accertamento tecnico preventivo comporta l'interruzione del termine prescrizionale ai sensi dell'art. 2943, comma 1, c.c., in relazione al diritto oggetto della richiesta istruttoria (Cass. II, n. 8637/2020; Cass. II, n. 11743/2009). L'accertamento tecnico preventivo rientra, infatti, nella categoria dei giudizi conservativi e, pertanto, la notificazione dell'atto con il quale è richiesto determina l'effetto interruttivo della prescrizione, che si protrae fino alla conclusione del procedimento e, cioè, fino al deposito della relazione del consulente (Cass. III, n. 17385/2007). Qualora, tuttavia, il procedimento si prolunghi oltre tale termine con l'autorizzazione al successivo deposito di una relazione integrativa, esso si trasforma in un procedimento atipico, con la conseguenza che la permanenza dell'effetto interruttivo della prescrizione non è più applicabile (Cass. II, n. 3357/2016) . Peraltro, perché l'accertamento tecnico preventivo possa spiegare tale efficacia interruttiva della prescrizione, occorre che esso sia richiesto dal titolare del diritto nella prospettiva ed in funzione della successiva instaurazione del procedimento di cognizione per l'accertamento e la tutela del diritto medesimo; non rileva, quindi, ai fini dell'art. 2943, comma 1, c.c. l'istanza di accertamento tecnico preventivo richiesto nei confronti di chi si assume titolare del diritto in vista dell'introduzione di un giudizio di accertamento negativo. L'effetto interruttivo della prescrizione a seguito dell'introduzione di un procedimento di accertamento tecnico preventivo si produce, in ogni caso, soltanto rispetto al soggetto o ai soggetti nei cui confronti l'accertamento medesimo è demandato, nella prospettiva della successiva instaurazione del procedimento cognitivo per l'accertamento e la tutela del diritto fatto valere (Cass. II, n. 29420/2017).

Nel giudizio di merito successivo ad un accertamento tecnico preventivo, ai fini della determinazione della competenza per valore del giudice adito, le spese sostenute dalla parte che ha ottenuto il provvedimento ex art. 696 si sommano con il valore della domanda di merito proposta, atteso che si tratta di credito, correlato ad un fatto costitutivo esterno e distinto dal giudizio nel quale la pretesa è fatta valere, che deve essere oggetto di espressa domanda (Cass. III, n. 15640/2024).

Viceversa, a proposito del procedimento di accertamento tecnico preventivo obbligatorio, di cui all'art. 445-bis, si è evidenziato che esso si distingue dagli atti di istruzione preventiva, che si esauriscono con il deposito della relazione tecnica e con la fase istruttoria, concludendosi con l'emissione di un provvedimento dichiarativo che rende incontestabile le risultanze del mezzo acquisito e che resta limitatamente impugnabile. Ciò comporta che le prestazioni del difensore non si limitano a quelle relative alla fase istruttoria ma comprendono, anche, quelle in tutto corrispondenti a quelle della fase decisoria, con la conseguente spettanza del relativo compenso professionale in analogia ai parametri previsti per gli altri procedimenti (Cass. II, n. 24347/2024). 

Bibliografia

Ansanelli, Esperti e risoluzione anticipata delle controversie civili nei nuovi artt. 696 e 696-bis c.p.c., in Riv. trim. dir. proc. civ. 2006, 4, 1245 ss.; Besso, Regolamento di competenza e reclamo contro il provvedimento di istruzione preventiva, in Giur. it. 1999, I, 4, 693 ss.; Corsini, La reclamabilità dell'ordinanza di rigetto dell'istanza di istruzione preventiva, in Riv. dir. lav. 2008, 4, 782 ss.; Granata, Limitazione della reclamabilità ex art. 669-terdecies c.p.c. al solo provvedimento di rigetto della domanda di istruzione preventiva, in Giust. civ. 2009, 11, 2357 ss.; Pisanu, Tentativo di conciliazione e sanzioni processuali, nel quadro dell'art. 696-bis c.p.c., in Giur. mer. 2011, 1, 104 ss.; Romano, Questioni sparse in tema di consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite, in Banca borsa tit. cred. 2009, 1, 51 ss.; Scalamogna, Alcune questioni controverse in tema di consulenza tecnica preventiva con funzione conciliativa, in Riv. trim. dir. proc. civ. 2010, 3, 957 ss.; Scibetta, Il nuovo art. 696-bis c.p.c.; la consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite, in Giur. mer. 2006, 2, 267 ss.

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