Codice di Procedura Civile art. 703 - Domanda di reintegrazione e di manutenzione nel possesso (1).Domanda di reintegrazione e di manutenzione nel possesso (1). [I]. Le domande di reintegrazione [1168 1, 3 c.c.] e di manutenzione [1170 c.c.] nel possesso si propongono con ricorso [125 1] al giudice (2) competente a norma dell'articolo 21 [28]. [II]. Il giudice provvede ai sensi degli articoli 669-bis e seguenti, in quanto compatibili (3). [III]. L'ordinanza che accoglie o respinge la domanda è reclamabile ai sensi dell'articolo 669-terdecies (4). [IV]. Se richiesto da una delle parti, entro il termine perentorio di sessanta giorni decorrente dalla comunicazione del provvedimento che ha deciso sul reclamo ovvero, in difetto, del provvedimento di cui al terzo comma, il giudice fissa dinanzi a sé l'udienza per la prosecuzione del giudizio di merito. Si applica l'articolo 669-novies, terzo comma (4). (1) La Corte cost., con sentenza 14 novembre 2007, n. 379 ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, una questione di legittimità costituzionale del presente articolo e dell'art. 669-octies, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost. (2) V. sub art. 660. (3) Comma così sostituito, in sede di conversione, dall'art. 2 3 lett. e-bis) n. 7.1 d.l. 14 marzo 2005, n. 35, conv., con modif., in l. 14 maggio 2005, n. 80, con effetto dal 1° marzo 2006. Ai sensi dell'art. 2, 3-quinquies, d.l. n. 35, cit., le modifiche si applicano ai procedimenti instaurati successivamente al 1° marzo 2006. Il testo in vigore, recitava: «[II] Il giudice provvede ai sensi degli articoli 669-bis e seguenti.». Precedentemente il comma era stato sostituito agli originari secondo e terzo comma dall'art. 77 l. 26 novembre 1990, n. 353. (4) Comma aggiunto, in sede di conversione, dall'art. 2 3 lett. e-bis) n. 7.2 d.l. n. 35, cit., con effetto dal 1° marzo 2006. Ai sensi dell'art. 2, 3-quinquies, d.l. n. 35, cit., le modifiche si applicano ai procedimenti instaurati successivamente al 1° marzo 2006. Inquadramento.Gli artt. 703, 704 e 705 delineano i profili processuali dell'azione di spoglio e dall'azione di manutenzione, i cui contenuti sostanziali, sono invece regolati, com'è noto, dagli artt. 1168, 1169 e 1170 c.c. Il codice di procedura civile disciplina il procedimento possessorio come un rito sommario, che costituisce una figura intermedia tra il processo di merito a cognizione piena ed il processo puramente cautelare: esso non accerta, né costituisce diritti soggettivi, e neppure tende a preservare diritti al fine di assicurare la fruttuosità del giudizio di merito. L'oggetto sostanziale delle azioni possessorie ha, infatti, una sua piena autonomia rispetto alla situazione petitoria, mirando alla protezione della situazione di fatto, con la conseguenza che la relativa tutela processuale non è strumentale, né, quindi, cautelare: il giudizio possessorio è finalizzato a dare tutela ad una mera situazione di fatto avente i caratteri esteriori della proprietà o di un altro diritto reale. Le differenze fra l'oggetto della tutela possessoria e quello della tutela petitoria si riverberano sull'efficacia dei rispettivi giudicati, nel senso che la sentenza resa sulla domanda possessoria non può avere autorità di cosa giudicata nel giudizio petitorio, essendo diversi sia il "petitum" e la "causa petendi". Il giudicato formatosi sulla domanda possessoria è, quindi, sempre privo di efficacia nel giudizio petitorio (Cass. n. 13450/2016), quand'anche questo concerna l'accertamento dell'avvenuto acquisto della proprietà per usucapione, in quanto il possesso utile ad usucapire deve avere requisiti che non vengono in rilievo nei giudizi possessori (Cass. II, n. 10925/2024; Cass. II, n. 27513/2020; Cass. n. 21233/2009). L'azione possessoria è volta soltanto al ripristino dello stato di fatto, e perciò culmina in un provvedimento suscettibile di giudicato sostanziale indipendentemente dall'esistenza o meno del diritto al quale il possesso corrisponde. L'esame dei titoli costitutivi dei diritti fatti valere dalle parti è compiuto nel procedimento possessorio al solo fine di ricavarne elementi sulla sussistenza del possesso, restando impregiudicata ogni questione sulla conformità a diritto della situazione di fatto oggetto di tutela. Un eventuale contrasto del giudicato possessorio sul “fatto” col giudicato petitorio sul “diritto” va quindi risolto attraverso le opportune restitutiones in integrum (Cass. n. 2300/2016; Cass. n. 14979/2015). Le due fasiLe ragioni di urgenza, che sono proprie della tutela della situazione possessoria, comportano l'articolazione del giudizio in due fasi, di cui la prima culmina con l'adozione di un interdetto cautelare e provvisorio, che deve essere poi confermato o revocato nella sentenza finale. Non è, tuttavia, configurato un giudizio sul merito retto da propri criteri di competenza, sicché anche la seconda fase (il cui oggetto coincide con quello della prima) viene istruita e trattata dallo stesso tribunale competente a norma dell'art. 21. L 'attuale disciplina del procedimento possessorio è dettata dall'art. 703, come modificato nel secondo comma ed integrato con un comma 3 e un comma 4 dal d.l. n. 35/2005, conv. in l. n. 80/2005. La Riforma del 2005 discende da Cass. S.U. , n. 1984/1998, sentenza nella quale si era affermato che l'iniziale riformulazione del medesimo art. 703, operata dalla l. n. 353/1990, con il rinvio agli artt. 669-bis e ss., non avesse eliminato la duplicità strutturale delle fasi del procedimento possessorio, di cui una primaria, volta all'emanazione dei provvedimenti immediati, ed una successiva, a cognizione piena, sul merito della pretesa possessoria, comprensiva delle impugnazioni ordinarie. Sicché, concesse dal giudice del segmento sommario, con ordinanza, le misure interdittali, il giudizio sarebbe dovuto proseguire per l'esame del merito innanzi allo stesso giudice all'udienza all'uopo fissata, senza necessità di notificare una nuova citazione ai sensi dell'art. 669-octies. Questa ricostruzione aveva ricevuto adesione unanime dalla giurisprudenza di legittimità degli anni a venire. Con riguardo a procedimento possessorio cui era ancora applicabile l'art. 703 nella formulazione risultante dalla l. n. 353/1990, ma prima delle modifiche apportate dal d.l. n. 35/2005, conv. nella l. n. 80/2005, ed alla luce dell'insegnamento dettato da Cass. S.U., n. 1984/1998, e poi precisato da Cass. S.U. n. 480/1999, si è ribadito così, ancora di recente, come l'ordinanza del giudice designato che aveva rigettato la domanda possessoria, statuendo sulle spese processuali, senza rimettere le parti dinanzi a sé per la trattazione della causa, dovesse qualificarsi come vera e propria sentenza di primo grado, impugnabile mediante appello. Di conseguenza, ove un siffatto provvedimento non fosse stato tempestivamente appellato, nel susseguente giudizio, avente ad oggetto la stessa pretesa possessoria, si sarebbe dovuto rilevare, anche d'ufficio ed in ogni stato e grado, la formazione del giudicato (Cass. n. 14762/2016). Sempre con riferimento alla duplicità di fasi del procedimento possessorio originariamente introdotta dalla l. n. 353/1990, ed in ipotesi in cui il giudice adito con ricorso ex art. 703 avesse concluso il procedimento con ordinanza, provvedendo sulle spese, senza fissare l'udienza di prosecuzione del giudizio di merito, è stato ancora da ultimo riaffermato che il convenuto doveva poter espletare in appello tutte quelle attività difensive che avrebbe potuto compiere nella fase omessa del cd. merito possessorio (Cass. n. 8101/2016). Per effetto degli interventi della Riforma del 2005, il richiamo dell'intera disciplina dei procedimenti cautelari è stato attenuato con una clausola di compatibilità prima mancante; peraltro, i commi 3 e 4 del novellato art. 703 c.p.c. sanciscono la reclamabilità dell'ordinanza possessoria, come la soggezione della stessa alla conseguenza dell'inefficacia nelle ipotesi di cui all'art. 669-novies, comma 3. Si è precisato come il diniego di reintegra o manutenzione nel possesso, anche quando motivato in base al ravvisato difetto di giurisdizione del giudice ordinario, sia reclamabile ai sensi dell'art. 669-terdecies, integrando quella decisione che "respinge la domanda" di cui all'art. 703, comma 3, né sussiste, in tale ipotesi, a carico del giudice che abbia denegato la concessione dell'interdetto possessorio, alcuna necessità di fissare "ex officio" il termine per la prosecuzione del giudizio di merito (Cass. S.U., n. 26037/2013). La novità più significativa della Riforma del 2005 è, tuttavia, nell'ulteriore contenuto del comma 4 dell'art. 703, ove si dispone che, soltanto se richiesto con apposita nuova istanza dalla parte interessata, entro sessanta giorni dalla comunicazione del provvedimento finale della fase interdittale (di accoglimento o di rigetto), il giudizio prosegua per il merito, il quale diviene, pertanto, prolungamento eventuale e non automatico. In caso di mancato prosieguo per la cognizione piena della vicenda, l'ordinanza rimane la statuizione definitiva sulla vicenda possessoria, senza, però, acquisire efficacia di giudicato (Cass. n. 19720/2016; in dottrina, De Santis, La fase sommaria, in I procedimenti possessori, a cura di Carratta, Bologna 2015, 122 ss.). Il ricorso introduttivo è, peraltro, atto unico capace di instaurare entrambe le fasi del procedimento, mentre l'istanza di fissazione dell'udienza di trattazione della causa, rivela natura di mero impulso endoprocessuale. L'istanza per la prosecuzione del giudizio di merito può pervenire anche da chi era resistente nel giudizio interdittale, e non necessita di apposito mandato alle liti, bastando a tal fine la procura conferita al difensore per l'introduzione di un giudizio possessorio, in mancanza di una diversa ed esplicita volontà della parte (Cass. n. 4845/2012). Ribadita la struttura unitaria del procedimento possessorio, come risultante dalle modifiche apportate all'art. 703 dal d.l. n. 35 del 2005 (convertito dalla legge n. 80 del 2005), è stato altresì deciso che l'istanza di prosecuzione non deve essere notificata al contumace, non essendo introduttiva di un nuovo giudizio, né essendo tale incombenza prevista dall'art. 292 (Cass. VI-2, n. 32350/2022). ProcedimentoL'azione si propone, per il caso in cui non penda il giudizio petitorio, nella forma del ricorso al giudice competente dove si è verificato lo spoglio. Indubbiamente il ricorso diretto al giudice consente una maggior speditezza nella procedura ed una più rapida emissione dei provvedimenti urgenti. La forma del ricorso non è però richiesta a pena di nullità del procedimento possessorio, potendo questo instaurarsi anche con citazione (Cass. II, n. 1122/1988). La competenza per territorio del tribunale del luogo in cui è avvenuto il fatto denunziato (art. 21, comma 2), in caso di azione posta in essere in un dato luogo ma sviluppante i suoi effetti in un vasto territorio, si individua con riguardo al posto in cui sia stata posta in essere la condotta umana che ha determinato gli effetti privativi del possesso (Cass. II, n. 5317/2005). L'art. 704 consente, invece, la proposizione del ricorso possessorio altresì davanti al giudice del procedimento petitorio, in deroga agli ordinari principi di competenza, deroga che però non trova applicazione quando i fatti lesivi del possesso siano stati commessi anteriormente all'instaurazione del giudizio petitorio; è fatta salva la possibilità di domandare la reintegrazione al tribunale individuato a norma dell'art. 21, che darà i provvedimenti temporanei indispensabili e rimetterà poi le parti davanti al giudice del petitorio. L'art. 704 è, quindi, volto a consentire la decisione sulle distinte domande nello stesso processo, avendo i provvedimenti possessori, comunque emessi in pendenza di giudizio petitorio, carattere puramente incidentale ed essendo destinati ad essere assorbiti dalla sentenza definitiva che decide la controversia petitoria, la quale costituirà l'unico titolo in grado di regolare in via definitiva i rapporti in contestazione tra le parti, sulla base dell'accertamento dell'esistenza del diritto da cui si pretende derivare il possesso (Cass. II, n. 16220/2008; Cass. II, n. 14607/2007). Alla presentazione del ricorso introduttivo segue una fase preliminare, strumentale rispetto alla successiva fase di cognizione. Il giudice può, infatti, immediatamente provvedere in ordine all'azione proposta, assumere sommarie informazioni e, sulla base delle stesse, ai sensi dell'art. 669-sexies, comma 2, ove sussista l'obiettiva urgenza di contenere una lesione in atto o di evitare il pericolo di un danno o dell'aggravamento di esso, disporre con decreto, inaudita altera parte, i provvedimenti necessari. Si spiega, peraltro, che le dichiarazioni rese dai cd. «informatori» nella fase urgente del procedimento possessorio, pur non essendo assimilabili alla prova testimoniale, possono comunque essere utilizzate anche quali indizi, liberamente valutabili ai fini della decisione, dovendo, piuttosto, considerarsi alla stregua di vere e proprie prove testimoniali laddove assunte in contraddittorio tra le parti e sotto il vincolo del giuramento (Cass. II, n. 21072/2021; Cass. II, n. 12089/2019; Cass. II, n. 1386/ 2009; Cass. II, n. 24705/2006). E’ stata ritenuta inammissibile la richiesta di assunzione di prove testimoniali, effettuata nella seconda fase, a cognizione piena sul merito della pretesa possessoria, ove sia stata omessa l'indicazione dei nominativi dei testi (Cass. II, n. 23860/2023). Con il decreto che contiene i provvedimenti immediati il giudice deve disporre ad udienza fissa la comparizione delle parti davanti a sé per confermare, modificare o revocare in contraddittorio i provvedimenti già resi (art. 669-sexies , comma 2). Il ricorso introduttivo ed il decreto dovranno essere notificati alla parte avversaria a cura dello stesso ricorrente entro un termine perentorio. Se non ritiene di emettere l'interdetto inaudita altera parte, il giudice dispone la comparizione delle parti. La scadenza del termine che il giudice, senza adottare provvedimenti immediati, abbia assegnato per la notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza non impedisce all'istante, peraltro, di chiedere ed ottenere la fissazione di una nuova udienza di comparizione, integrando ciò non una proroga illegittima del termine già scaduto, ma l'esercizio dell'autonomo potere di convocare le parti mediante un distinto decreto (Cass. II, n. 248/1992). Così, in contraddittorio, il giudice procede senza alcuna formalità agli indispensabili atti di istruzione, come l'audizione degli informatori che gli vengono presentati dalle parti, ovvero individuati personalmente, quando a seguito di ispezione li trovi sul posto, e demandare, eventualmente, al consulente tecnico singole indagini: questa prima fase, definita dalla dottrina di «cognizione sommaria», si conclude con la pronuncia dei provvedimenti necessari con ordinanza. Se richiesto da una delle parti, poi, il giudice fisserà successiva udienza per procedere alla trattazione ed alla formale istruzione della causa (cosiddetta seconda fase del procedimento possessorio) e, quindi, statuire sul merito della situazione possessoria, intesa in senso stretto, atteso che il provvedimento interdittale è comunque destinato a perdere efficacia a seguito della decisione a cognizione piena ed è quindi inidoneo a produrre effetti di diritto sostanziale e processuale con autorità di giudicato; solo il ristabilimento dell'originaria situazione conseguibile attraverso l'esecuzione coattiva della sentenza può, invero, consentire l'eliminazione di ogni situazione di contrasto con il possesso spogliato (Cass. II, n. 8446/2006; Cass. II, n. 9202/2001). Le descritte due fasi non si devono intendere contrapposte tra di loro ed al tempo stesso vincolate da un nesso di successione inderogabile, al punto che, almeno nella struttura procedimentale antecedente alla Riforma del 2005, si sosteneva che le stesse potessero essere di fatto unificate, quando il giudice, non ravvisando la necessità o l'opportunità di provvedimenti immediati, avesse proceduto senz'altro, in contraddittorio tra le parti e con la piena osservanza delle norme di rito, all'istruzione e alla trattazione del merito (Cass. II, n. 22833/2005). Se l'attore, che invochi la tutela possessoria, intende ottenere la condanna dell'autore dello spoglio o della turbativa anche al risarcimento dei danni, deve necessariamente richiedere al giudice, nel termine previsto dall'art. 703, comma 4, la fissazione dell'udienza per la prosecuzione del giudizio di merito, ovvero proporre un autonomo giudizio, in quanto le questioni inerenti le pretese risarcitorie possono essere esaminate solo nel giudizio di cognizione piena. Ne consegue che, qualora il giudice adito con azione possessoria, esaurita la fase a cognizione sommaria, non si limiti a pronunciare sulla domanda di reintegrazione o di manutenzione, ma, travalicando i limiti del contenuto del provvedimento interdittale, decida altresì sulla domanda accessoria di risarcimento danni, il provvedimento adottato, anche se emesso nella forma dell'ordinanza, va qualificato come sentenza e, come tale, è impugnabile con appello (Cass. II, n. 20635/2014; Cass. II, n. 10869/2023, secondo la quale la domanda risarcitoria, connessa alla lesione del possesso, è riservata alla fase di merito possessorio, dato che le questioni inerenti alle pretese risarcitorie possono essere esaminate solo nel giudizio a cognizione piena, sicché detta azione non è tardiva ove sia spiegata nel corso della fase sommaria e fino al momento della prosecuzione del procedimento possessorio). Nel regime del procedimento possessorio successivo alle modifiche introdotte dalla l. n. 353/1990, ma anteriore alle innovazioni di cui al d.l. n. 35/2005, conv. con mod. dalla l. n. 80/2005, si riteneva comunque ammissibile la domanda di risarcimento del danno da lesione del possesso avanzata per la prima volta all'udienza di trattazione individuata con il provvedimento interinale, ove fosse consequenziale alla domanda riconvenzionale o alle eccezioni del convenuto (Cass. II, n. 5154/2019). È ammissibile il regolamento preventivo di giurisdizione proposto nel corso del procedimento possessorio, ancorché, nella fase sommaria o in sede di reclamo, sia stata risolta, in senso affermativo o negativo, una questione attinente alla giurisdizione, trattandosi di provvedimento che mantiene carattere di provvisorietà ed essendo comunque possibile richiedere la prosecuzione del giudizio, ai sensi dell'art. 703, comma 4, per la rivalutazione della stessa questione. In difetto, tuttavia, di istanza di parte per la fissazione del giudizio di merito, non è proponibile il ricorso ex art. 41, in quanto l'interesse a promuovere l'accertamento sulla giurisdizione postula necessariamente la pendenza di un processo (Cass. S.U., n. 15155/2015). Si è da ultimo, tuttavia, ritenuto inammissibile il ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione prima della conclusione della fase sommaria o interdittale, e della introduzione della fase di merito ai sensi dell'art. 703, comma 4, atteso che l'art. 41, nello stabilire che la richiesta alle Sezioni unite della Corte di cassazione può essere formulata "finché la causa non sia decisa nel merito in primo grado", richiede, quale condizione per la proposizione del detto regolamento, che sia in corso l'esame di una causa nel merito in primo grado e che essa non sia stata ancora decisa (Cass. S.U., n. 11220/2019). Esecuzione forzata o attuazione dei provvedimenti possessoriLa giurisprudenza, quanto meno con riferimento al provvedimento possessorio emesso nel corso del giudizio petitorio, ha affermato la natura esclusivamente interinale dello stesso, giacché destinato ad essere assorbito dalla pronuncia che conclude il procedimento a cognizione piena nel quale è stato emesso. Ciò ha indotto ad escluderne l'assoggettabilità ad esecuzione forzata, trovando esclusiva applicazione il procedimento di attuazione regolato dall'art. 669-duodecies, proponibile davanti al giudice che ha emesso l'interdetto (Cass. n. 16220/2008). Parimenti, sempre partendo dal presupposto che per procedere all'esecuzione dei provvedimenti possessori di natura sommaria non deve essere seguita la disciplina normativa dell'esecuzione forzata relativa agli obblighi di fare stabilita negli artt. 612, 613 e 614, si è esclusa la necessità della notificazione del precetto, bastando la notifica del titolo esecutivo, mentre, in caso di contestazione relativa alle modalità di attuazione del provvedimento, deve essere proposto ricorso, ai sensi dell'art. 669-duodecies, allo stesso giudice che ha emesso il provvedimento sommario (Cass. n. 6621/2008). In realtà, le pronunce, nella disciplina anteriore alla Riforma del codice di procedura civile del 1990, si erano in un primo momento orientate nel senso che il provvedimento di reintegrazione nel possesso fosse un titolo esecutivo, la cui attuazione non potesse realizzarsi che nelle forme dell'esecuzione forzata (Cass. n. 603/1957), per poi mutare indirizzo, in maniera da escludere che l'attuazione dell'interdetto possessorio richiedesse l'osservanza delle forme proprie del procedimento esecutivo (Cass. n. 778/1965, n. 778; Cass. n. 438/1970; Cass. n. 3520/1972; Cass. n. 955/1976; Cass. n. 2460/ 1979). Invero, in astratto è certo che l'esecuzione di una sentenza o di altro provvedimento di condanna per violazione di obblighi di fare o di non fare debba essere attuato, in difetto di spontaneo adempimento, nelle forme previste dagli artt. 612 e 613, le quali demandano esclusivamente al giudice dell'esecuzione la concreta determinazione delle modalità dell'esecuzione e il potere di dirimere le contestazioni che al riguardo dovessero sorgere. Tuttavia, l'esecuzione di provvedimenti interinali, quali sono quelli di reintegrazione o manutenzione del possesso, si colloca al di fuori del processo di esecuzione previsto e regolato dal libro terzo del codice di rito ed è soggetta ad una diversa disciplina (Cass. n. 9276/1991). La natura e la funzione proprie degli interdetti possessori consistono nel fatto che, come visto, gli stessi sono diretti a soddisfare in via temporanea ed urgente l'esigenza di tutelare il possessore dagli attentati, in forma di spoglio o di turbativa, che il suo potere di fatto sulla cosa abbia subito o stia subendo. Essi sono, pertanto, modificabili o revocabili dallo stesso giudice che li abbia emessi, per effetto del mutare della situazione di fatto o di una diversa valutazione della esistenza dei presupposti di invocabilità della tutela possessoria, a differenza dei provvedimenti oggetto dell'esecuzione regolata dagli artt. 612 e 613, caratterizzati dalla definitività del comando contenuto nel titolo esecutivo. Da ciò consegue che anche il meccanismo procedimentale volto ad assicurarne l'attuazione deve essere improntato ad un'estrema semplicità ed elasticità di forme, incompatibili con quelle proprie dell'esecuzione forzata degli obblighi di fare - consistenti nella previa notifica del precetto, nel ricorso al giudice per la fissazione delle modalità della esecuzione, nell'audizione della parte obbligata e nella determinazione delle indicate modalità da parte del giudice - e caratterizzato dalla stessa speditezza cui è improntato il giudizio possessorio nella fase di cognizione (Cass. n. 3277/1997). Viceversa, alla sentenza conclusiva del giudizio di merito possessorio instaurato ai sensi dell'art. 703 si applica la disciplina dell'esecuzione forzata degli obblighi di fare o di non fare di cui agli artt. 612 ss. (Cass. n. 17845/2014). Trovano altresì applicazione in tale fattispecie i limiti delle statuizioni contenute nella sentenza di condanna al “facere” o al "non facere", propri del procedimento di esecuzione coattiva disciplinato nell'art. 612 (Cass. n. 6665/2011). In dottrina, la soluzione che l'esecuzione dei provvedimenti interinali debba collocarsi al di fuori del procedimento esecutivo è ritenuta valida, nel sistema vigente, ove il giudizio prosegua per il merito possessorio, operando l'art. 669-duodecies, mentre si renderebbe necessario il ricorso alle norme sull'esecuzione forzata ove il giudizio possessorio si esaurisca con la pronuncia dell'interdetto (De Cristofaro, in Codice di procedura civile commentato, diretto da Consolo, IV ed., sub art. 704, Milano, 2010, 904-905; in senso analogo, Cecchella, Il nuovo processo possessorio, in Cecchella-Amadei-Buoncristiani, Il nuovo processo ordinario e sommario di cognizione, Milano, 2006, 142 ss.; per la soluzione propensa all'estraneità dell'esecuzione dei provvedimenti possessori al processo di esecuzione disciplinato dal Libro III del c.p.c., e per l'assoggettamento della stessa all'art. 669-duodecies, Poli, L'attuazione dei provvedimenti possessori, in I procedimenti possessori, a cura di Carratta, Bologna 2015, 257 ss.). 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Carratta, Bologna 2015; De Cristofaro, in Codice di procedura civile commentato, diretto da Consolo, IV ed., sub artt. 703 ss. c.p.c., Milano, 2010; Della Pietra, Brevi note sul divieto di eccezioni petitorie nel giudizio possessorio, in Riv. dir. proc. 1994, 1188 ss.; Della Pietra, Il procedimento possessorio, Contributo allo studio della tutela del possesso, Torino, 2003; De Santis, La fase sommaria, in I procedimenti possessori, a cura di Carratta, Bologna 2015; Giusti-Scarpa, Le azioni possessorie e di enunciazione. 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