Codice di Procedura Civile art. 808 quinquies - Efficacia della convenzione d'arbitrato 1 .Efficacia della convenzione d'arbitrato1. [I]. La conclusione del procedimento arbitrale senza pronuncia sul merito, non toglie efficacia alla convenzione d'arbitrato. [1] Articolo inserito dall'art. 20, d.lg. 2 febbraio 2006, n. 40, a far data dal 2 marzo 2006. Ai sensi dell'art. 27, comma 3, d.lg. n. 40, cit., la disposizione si applica alle convenzioni di arbitrato stipulate dopo la data di entrata in vigore del decreto. InquadramentoLa norma, inserita nella riforma del 2006, stabilisce che la convenzione di arbitrato conserva efficacia fino alla pronuncia sul merito: una volta resa detta pronuncia, al contrario, l'efficacia della clausola viene meno (fatte salve le ipotesi di dichiarazione di nullità del lodo e di svolgimento dinanzi agli arbitri, ex art. 830, al cui commento si rinvia, del successivo giudizio rescissorio) e gli arbitri rimangono privi di potestas iudicandi sulla stessa controversia. In precedenza, viceversa, era stato affermato in giurisprudenza che il decorso del termine per la pronuncia del lodo fa tornare in essere la competenza dell'autorità giudiziaria (Cass. n. 11383/1999; Cass. n. 8739/1998; Cass. n. 5771/1984; Cass. n. 5662/1979; Cass. n. 2214/1972; Cass. n. 177/1970; il principio è stato ribadito anche dopo la riforma, sebbene in relazione a vicende sottoposte alla normativa precedente, da Cass. n. 10599/2013; Cass. n. 21468/2013; in senso diverso v. però Cass. n. 890/2001 secondo cui, nel caso considerato, l'esaurimento del potere decisorio del collegio arbitrale in ordine alla definizione della lite preclude di ogni possibilità di trasferire la controversia dinanzi al giudice ordinario, essendosi il procedimento arbitrale svolto e concluso con un provvedimento esaustivo della funzione decisoria degli arbitri). Anche in questo caso, come si è visto nel commento all'art. 808-ter, l'intervento legislativo appare dunque essere stato rivolto a capovolgere un pregresso orientamento giurisprudenziale. L'estinzione del patto compromissorioLa norma in commento non esclude che la convenzione di arbitrato possa perdere efficacia per effetto di evenienze diverse dalla pronuncia di un lodo di merito; ciò anzitutto per concorde volontà delle parti, comunque manifestata, come nel caso della novazione del contratto che prevedeva la clausola (Cass. n. 25159/2010; Cass. n. 12175/2000), ovvero della proposizione della domanda giudiziale, altrimenti rientrante nell'ambito del patto compromissorio, dinanzi al giudice ordinario, senza che l'altra parte nulla eccepisca (v. Cass. n. 12736/2007; Cass. n. 13121/2004; Cass. n. 18643/2003; in tal caso, secondo Cass. n. 13121/2004, Cass. n. 874/1995, resta preclusa la possibilità di far successivo ricorso al procedimento arbitrale, ma tale soluzione va rimeditata alla luce dell'attuale art. 819-ter, comma 1, il quale stabilisce che la mancata proposizione dell'eccezione esclude la competenza arbitrale limitatamente alla controversia decisa in quel giudizio), ovvero dell'astensione dalla nomina dell'arbitro, con invito all'altra parte a «presentare le sue istanze nelle sedi competenti onde invocare i rimedi di legge» (Cass. n. 1111/1998), ovvero dell'instaurazione di un giudizio sommario finalizzato ad ottenere un'ordinanza di sfratto per morosità con contestuale richiesta, nel merito, della risoluzione del contratto di locazione per inadempimento (Cass. n. 15452/2014). Viceversa, una rinuncia agli effetti della convenzione arbitrale non è ravvisabile nell'inerzia di una delle parti, che non eccepisca, prima del processo, l'incompetenza del giudice ordinario (Cass. n. 1995/1981). D'altronde, la rinunzia ad avvalersi della clausola compromissoria in occasione di una controversia insorta tra i contraenti non implica, di per sé, una definitiva e complessiva abdicazione alla stessa in relazione ad ogni altra controversia, a meno che le parti, con accordo la cui validità presuppone il rispetto delle condizioni di forma e di sostanza proprie di un patto risolutivo degli effetti del patto compromissorio, non abbiano rinunziato definitivamente alla clausola compromissoria nel suo complesso (Cass. n. 3464/2015). Allo stesso modo, in tema di arbitrato irrituale, la proposizione del ricorso per decreto ingiuntivo avente ad oggetto il pagamento dei canoni scaduti non si configura come rinuncia ad avvalersi della clausola compromissoria relativa per la controversia avente ad oggetto il rilascio dei locali ceduti in affitto, trattandosi di azioni diverse per petitum e causa petendi (Cass. n. 23651/2011). Inoltre, qualora l'arbitro sia stato designato intuitu personae, la sua scomparsa travolge lo stesso patto compromissorio, salvo che le parti non provvedano concordemente alla sostituzione, senza che possa provvedersi alla sostituzione giudiziale (App. Torino 4 giugno 1997, in Giur. mer., 1998, 436, con nota di Riccardi). L'estinzione del patto compromissorio discende ancora dalla scadenza del termine in esso previsto per l'instaurazione del giudizio arbitrale ovvero di quello fissato per la durata del procedimento arbitrale (Cass. n. 13212/2014; Cass. n. 574/1985, concernenti arbitrato irrituale, ove si chiarisce che, qualora si tratti di controversia immobiliare, il patto di proroga del termine richiede la forma scritta ad substantiam). Più in generale, con riguardo all'arbitrato irrituale, nel quale è insita la rinuncia delle parti alla tutela giurisdizionale dei diritti nascenti dal rapporto controverso, il potere di esercitare le azioni derivanti dal contratto e di richiedere al giudice la decisione già rimessa agli arbitri risorge quando, per qualsiasi ragione, il compromesso abbia esaurito la propria efficacia, per la sopravvenuta impossibilità di far regolare dagli arbitri il rapporto controverso, per essere il mandato rimasto ineseguito o per avere gli arbitri emesso un responso nullo (Cass. n. 24137/2006; Cass. n. 6648/1994; Cass. n. 4245/1983). La convenzione di arbitrato diviene inefficace anche in conseguenza della sopravvenuta inarbitrabilità della controversia per effetto di modifiche legislative (Cass. n. 9394/2011). Per ulteriori ipotesi di estinzione del patto compromissorio desumibili dagli artt. 816-quater e 816-septies v. nei relativi commenti. Con riguardo ai rapporti tra arbitrato e fallimento (su cui v., Zucconi Galli Fonseca, 2014, 1; Bove, 2012, 293), occorre rammentare che, secondo l'art. 83-bis l. fall.(per la nuova disciplina v. d.lgs. n. 14/2019, “Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza”), se il contratto in cui è contenuta una clausola compromissoria è sciolto a norma delle disposizioni dettate dalla stessa legge, il procedimento arbitrale pendente non può essere proseguito. BibliografiaAuletta F., Dell'arbitrato, in Sassani B. (a cura di), La riforma delle società. Il processo, Torino, 2003, 336; Bertoldi, Art. 813-bis. Decadenza degli arbitri, in Consolo (diretto da), Codice di procedura civile commentato, I, Milano, 2013; Borghesi, L'arbitrato del lavoro dopo la riforma, in Riv. trim. dir. proc. civ. 2006, 823; Bove, L'arbitrato nelle controversie societarie, in Giust. civ. 2003, II, 476; Bove, L'arbitrato irrituale dopo la riforma, in judicium.it 2006; Bove, Art. 808-ter. 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