Codice di Procedura Civile art. 809 - Numero e modo di nomina degli arbitri1.

Mauro Di Marzio

Numero e modo di nomina degli arbitri1.

[I]. Gli arbitri possono essere uno o piu', purche' in numero dispari.

[II]. La convenzione d'arbitrato deve contenere la nomina degli arbitri oppure stabilire il numero di essi e il modo di nominarli.

[III]. In caso d'indicazione di un numero pari di arbitri, un ulteriore arbitro, se le parti non hanno diversamente convenuto, è nominato dal presidente del tribunale nei modi previsti dall'articolo 810. Se manca l'indicazione del numero degli arbitri e le parti non si accordano al riguardo, gli arbitri sono tre e, in mancanza di nomina, se le parti non hanno diversamente convenuto, provvede il presidente del tribunale nei modi previsti dall'articolo 810.

[1] Articolo sostituito dall'art. 21, d.lg. 2 febbraio 2006, n. 40, a far data dal 2 marzo 2006. Ai sensi dell'art. 27, comma 4, d.lg. n. 40, cit., la disposizione si applica ai procedimenti arbitrali, nei quali la domanda di arbitrato è stata proposta successivamente alla data di entrata in vigore del decreto. Il testo recitava: «Numero e modo di nomina degli arbitri. [I]. . Gli arbitri possono essere uno o più, purché in numero dispari. [II]. Il compromesso o la clausola compromissoria deve contenere la nomina degli arbitri oppure stabilire il numero di essi e il modo di nominarli. [III]. In caso di indicazione di un numero pari di arbitri, l'ulteriore arbitro, se le parti non hanno diversamente convenuto, è nominato dal presidente del tribunale nei modi previsti dall'articolo 810. Qualora manchi l'indicazione del numero degli arbitri e le parti non si accordino al riguardo, gli arbitri sono tre e, in mancanza di nomina, se le parti non hanno diversamente convenuto, provvede il presidente del tribunale nei modi previsti dall'articolo 810». Precedentemente l'articolo era stato modificato dall'art. 4 l. 5 gennaio 1994, n. 25.

Inquadramento

La disposizione in esame prevede che l'arbitrato sia espletato a mezzo di un arbitro (necessariamente persona fisica: La China, 81; è perciò nulla la clausola per arbitrato rituale che attribuisce la funzione di arbitro ad una persona giuridica: Cass. n. 12336/1999; Cass. n. 2587/1962, secondo cui, peraltro, le persone giuridiche potrebbero assumere le funzioni di arbitri liberi; di diversa opinione parte della dottrina: v. es. Cusa, 779) unico ovvero di un collegio, che, in tal caso, deve essere costituito da arbitri, in numero dispari: ciò all'evidente scopo di garantire la funzionalità del collegio, chiamato a decidere in applicazione del principio maggioritario (La China, 85).

In passato la giurisprudenza, giudicando inderogabile la disposizione dettata dall'art. 809 (Cass. n. 695/1970) considerava nulla la clausola compromissoria che prevedesse la nomina da parte dei contraenti di due soli arbitri e, solo in caso di disaccordo di questi, l'elezione di un terzo arbitro da parte degli stessi (Cass. n. 5599/1981; Cass. n. 6054/1979; Cass. n. 3854/1978; contra Cass. n. 5408/1983), ponendosi in contrasto tale modalità con il principio di diritto processuale che vuole il giudice precostituito al procedimento. Tale indirizzo è stato capovolto, nell'ottica del favor arbitrati, già dalla riforma della norma in commento ad opera della l. n. 25/1994, la quale ha introdotto l'attuale sistema, in forza del quale, se le parti hanno indicato gli arbitri in numero pari, un ulteriore arbitro, a meno che le stesse parti non abbiano diversamente convenuto, è nominato dal presidente del tribunale nei modi previsti dall'art. 810. In ipotesi di omissione nell'indicazione del numero degli arbitri, esso è fissato dalla norma in tre, e, se le parti non provvedono alla nomina, entra nuovamente in gioco il presidente del tribunale.

La stessa disposizione, nel prevedere che la convenzione d'arbitrato deve contenere la nomina degli arbitri oppure stabilire il numero di essi e il modo di nominarli, pone il principio della nomina diretta degli arbitri ad opera delle parti e soddisfa in tal modo un'insopprimibile esigenza di imparzialità (Cass. n. 13306/1999, la quale precisa che tale esigenza ricorre tanto nell'arbitrato rituale che in quello irrituale).

La norma va coordinata con quanto previsto per l'arbitrato con pluralità di parti dall'art. 816-quater.

Per l'arbitrato societario occorre richiamare l'art. 34 d.lgs. n. 5/2003, secondo cui la clausola compromissoria contenuta negli statuti e negli atti costitutivi delle società commerciali deve prevedere il numero e le modalità di nomina degli arbitri, conferendo in ogni caso, a pena di nullità, il potere di nomina di tutti gli arbitri a soggetto estraneo alla società.

Si è già rammentato altrove che la clausola compromissoria contenuta nello statuto di una società a responsabilità limitata che preveda la nomina di un arbitro unico ad opera delle parti e, nel caso di disaccordo, del presidente del tribunale, è affetta, sin dalla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 5 /2003, da nullità sopravvenuta rilevabile d'ufficio, se non adeguata al dettato dell'art. 34, comma 2 d.lgs. n. 5 /2003, con la conseguenza che tale clausola non produce effetti e la controversia può essere introdotta solo davanti al giudice ordinario (Cass. n. 23485/2017; Cass. n. 21422/2016).

La nomina degli arbitri

Si discute, nel quadro del dibattito sull'applicabilità all'arbitrato irrituale della disciplina posta per l'arbitrato rituale (v. sub art. 808-ter), se la norma in commento si applichi o meno anche al primo.

Indipendentemente da tale dibattito, occorre rammentare che la giurisprudenza della S.C. ha riconosciuto l'applicabilità all'arbitrato irrituale, per via di analogia, dell'art. 810: analogo ragionamento sembrerebbe da accogliere anche nei riguardi dell'art. 809, dal momento che, come si è visto, il congegno di nomina degli arbitri è funzionale al rispetto dell'esigenza, che prescinde dalla natura rituale o irrituale dell'arbitrato, della imparzialità della decisione (Cass. n. 7262/2008; Cass. n. 13306/1999; per l'opposta affermazione secondo cui le norme processuali dettate dagli artt. 806 ss., in particolare circa il numero e il modo di nomina degli arbitri ed i criteri di liquidazione del compenso loro dovuto, attengono unicamente alla disciplina dell'arbitrato rituale, ma non si applicano all'arbitrato irrituale o libero, in considerazione del suo carattere contrattuale e, quindi, extraprocessuale, v. Cass. n. 6054/1979).

La nomina dell'arbitro, quale atto negoziale di integrazione del compromesso e della clausola compromissoria, deve essere fatta personalmente dalle parti e da procuratore munita del relativo potere negoziale, mentre la procura alle liti non legittima il difensore ad effettuare per conto e nell'interesse dei suoi rappresentanti detta nomina, non potendo peraltro la stessa essere configurata, ove manchi qualsiasi riferimento al contenuto dell'atto, come mandato speciale rispetto alla designazione dell'arbitro. Tuttavia, per la nomina dell'arbitro effettuata dal procuratore priva del relativo potere negoziale, è configurabile la ratifica, con conseguente sanatoria del vizio della designazione, attraverso una scrittura giudiziale o stragiudiziale che manifesti comunque la volontà della parte di investire l'arbitro del potere di decidere la controversia (Cass. n. 6866/1992; Cass. n. 15134/2000). A conclusioni diverse non può pervenirsi neppure sulla base del disposto dell'art. 816-bis, secondo cui la procura al difensore si estende a qualsiasi atto processuale, tenuto conto della natura sostanziale dell'atto di nomina.

La clausola compromissoria c.d. binaria, che devolve determinate controversie alla decisione di tre arbitri, due dei quali da nominare da ciascuna delle parti ed il terzo, in caso di disaccordo fra questi, dal presidente del tribunale, non può operare (salva l'applicazione dell'art. 816-quater) con riguardo a liti coinvolgenti una pluralità di parti sostanziali (Cass. n. 2983/1988; Cass. n. 9022/2000). Se, però, più parti hanno contrattualmente stabilito di devolvere la decisione di determinate controversie tra le stesse alla competenza di un collegio arbitrale costituito da tre arbitri, da nominare ai sensi dell'art. 809, tale clausola compromissoria è valida se si accerta, a posteriori e in base al petitum e alla causa petendi, che i centri di interesse sono polarizzati in due soli gruppi omogenei, ossia sostanzialmente in due parti, sì da giustificare l'applicazione di un meccanismo binario per la nomina degli arbitri (Cass. n. 4831/1997, in Resp. civ. prev. 1998, 693, con nota di Muroni; Cass. n. 14788/2007; Cass. n. 1090/2014).

La clausola compromissoria che stabilisce un modo di nomina degli arbitri impossibile è nulla, ma non travolge automaticamente il lodo arbitrale (Cass. n. 19994/2004, concernente clausola compromissoria che devolveva la nomina del terzo arbitro ad un inesistente «Collegio degli Ingegneri e degli Architetti», sicché detta nomina era stata affidata all'ordine professionale degli architetti, vertendosi in controversia avente ad oggetto la liquidazione del compenso ad un professionista appartenente a tale ordine).

L'eccezione di invalidità della clausola compromissoria per quanto attiene alle modalità di nomina degli arbitri deve essere dedotta nel giudizio arbitrale e non può essere sollevata per la prima volta nel giudizio di impugnazione del lodo (Cass. n. 2139/2003).

Il principio di imparzialità sancito dall'art. 809 è soddisfatto anche se la convenzione d'arbitrato rinvia al regolamento di un'istituzione arbitrale permanente che faccia salvo il diritto di ciascuna parte a cooperare nella formazione del collegio arbitrale (Cass. n. 1842/1978; Cass. S.U., n. 836/1982), o attribuisca il potere di nominare chi arbitri ad un terzo (Cass. n. 8608/1990) o all'autorità giudiziaria (Cass. n. 3044/2000; v. oggi art. 810, comma 4), o infine rinvii ad un successivo accordo delle parti la nomina degli arbitri (Cass. n. 5489/1982; Cass. n. 348/1976).

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