Codice di Procedura Civile art. 810 - Nomina degli arbitri 1 2[I]. Quando a norma della convenzione d'arbitrato gli arbitri devono essere nominati dalle parti, ciascuna di esse, con atto notificato per iscritto, rende noto all'altra l'arbitro o gli arbitri che essa nomina, con invito a procedere alla designazione dei propri. La parte, alla quale è rivolto l'invito, deve notificare per iscritto, nei venti giorni successivi, le generalità dell'arbitro o degli arbitri da essa nominati. [II]. In mancanza, la parte che ha fatto l'invito può chiedere, mediante ricorso, che la nomina sia fatta dal presidente del tribunale nel cui circondario è la sede dell'arbitrato. Se le parti non hanno ancora determinato la sede, il ricorso è presentato al presidente del tribunale del luogo in cui è stata stipulata la convenzione di arbitrato oppure, se tale luogo è all'estero, al presidente del tribunale di Roma. [III]. Il presidente del tribunale competente provvede alla nomina richiestagli, se la convenzione d'arbitrato non è manifestamente inesistente o non prevede manifestamente un arbitrato estero. La nomina avviene nel rispetto di criteri che assicurano trasparenza, rotazione ed efficienza e, a tal fine, della nomina viene data notizia sul sito dell'ufficio giudiziario3. [IV]. Le stesse disposizioni si applicano se la nomina di uno o più arbitri è demandata dalla convenzione d'arbitrato all'autorità giudiziaria o se, essendo demandata a un terzo, questi non vi ha provveduto. [1] Articolo sostituito dall'art. 21, d.lg. 2 febbraio 2006, n. 40, a far data dal 2 marzo 2006. Ai sensi dell'art. 27, comma 4, d.lg. n. 40, cit., la disposizione si applica ai procedimenti arbitrali, nei quali la domanda di arbitrato è stata proposta successivamente alla data di entrata in vigore del decreto. . Il testo recitava: «Nomina degli arbitri. [I]. Quando a norma del compromesso o della clausola compromissoria, gli arbitri debbono essere nominati dalle parti, ciascuna di esse, con atto notificato a mezzo d'ufficiale giudiziario, può rendere noto all'altra l'arbitro o gli arbitri che essa nomina, con invito a procedere alla designazione dei propri. La parte, alla quale è rivolto l'invito, deve notificare, nei venti giorni successivi, le generalità dell'arbitro o degli arbitri da essa nominati. [II]. In mancanza, la parte che ha fatto l'invito può chiedere, mediante ricorso, che la nomina sia fatta dal presidente del tribunale nella cui circoscrizione è la sede dell'arbitrato. Se le parti non hanno ancora determinato tale sede, il ricorso è presentato al presidente del tribunale del luogo in cui è stato stipulato il compromesso o il contratto al quale si riferisce la clausola compromissoria oppure, se tale luogo è all'estero, al presidente del tribunale di Roma. Il presidente, sentita, quando occorre, l'altra parte, provvede con ordinanza non impugnabile. [III]. La stessa disposizione si applica se la nomina di uno o più arbitri sia dal compromesso o dalla clausola compromissoria demandata all'autorità giudiziaria o se, essendo demandata a un terzo, questi non vi abbia provveduto». Precedentemente l'articolo era stato modificato dall'art. 5 l. 5 gennaio 1994, n. 25. [2] In materia di obblighi dei difensori e tutela della riservatezza, v. art. 9 d.l. 12 settembre 2014, n. 132, conv., con modif., in l. 10 novembre 2014, n. 162. [3] Comma così modificato dall'art. 3, comma 51, lett. a), del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 che ha aggiunto i fine, il periodo: «La nomina avviene nel rispetto di criteri che assicurano trasparenza, rotazione ed efficienza e, a tal fine, della nomina viene data notizia sul sito dell'ufficio giudiziario.» (ai sensi dell'art. 52 d.lgs. n. 149 /2022, il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale) Per la disciplina transitoria v. art. 35 d.lgs. n. 149/2022, come da ultimo modificato dall'art. 1, comma 380, lett. a), l. 29 dicembre 2022, n.197, che prevede che : "1. Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti.". InquadramentoLa norma in commento, applicabile analogicamente anche all'arbitrato irrituale (v. Cass. n. 17114/2010; Cass. n. 1112/2003; Cass. n. 1021/1993; il precedente contrasto sul punto è stato risolto nel senso indicato da Cass. S.U., n. 3189/1989, in Giust. civ., 1990, I, 178, con nota di Ciccotti), regola il procedimento di nomina degli arbitri. Al tempo stesso l'atto di nomina (che deve provenire personalmente dalle parti o da procuratore munito del relativo potere negoziale non essendo valida la nomina effettuata da difensore privo di detto potere: Cass. n. 15134/2000; in caso di subentro nel diritto controverso il potere di nomina spetta al subentrante: Cass. n. 5457/2003; la nomina effettuata da non legittimato può essere ratificata: Cass. n. 2490/2001; Cass. n. 3389/2001), nonostante la sua indubbia natura negoziale (Cass. n. 18428/2011), contenendo la domanda arbitrale con i suoi elementi essenziali, ossia parti, petitum e causa petendi, produce anche gli effetti della vocatio in ius: nel quadro normativo formatosi già con l. 5 gennaio 1994, n. 25, cioè, la notifica della domanda di arbitrato segna a tutti gli effetti l'inizio del procedimento arbitrale (Cass. n. 17099/2013; Cass. n. 5457/2003; Cass. n. 10922/2002). Difatti, la prescrizione dell'art. 810 muove dal presupposto della naturale contestualità tra domanda di arbitrato ed attivazione del procedimento di nomina degli arbitri (Cass. n. 2400/2012, ove si evidenzia la differente disciplina in proposito dettata per l'arbitrato societario ai sensi dell'art. 34 d.lgs. n. 5/2005). La disposizione richiede per la nomina (che, costituendo un atto integrativo del patto compromissorio, deve avere la stessa forma scritta richiesta per il medesimo: Cass. n. 9453/1997) l'atto notificato per iscritto. Cancellato dalla riforma del 2006 il riferimento alla notifica «a mezzo di ufficiale giudiziario», è da ritenere che essa possa essere effettuata anche da avvocati in conformità alla l. n. 53/1994. La previsione è considerata derogabile, sicché la convenzione di arbitrato può prevedere la nomina in altro modo, ad esempio a mezzo lettera raccomandata (in tal senso con riguardo all'atto introduttivo del giudizio arbitrale Cass. S.U., n. 9839/2011, in Riv. arb. 2011, 629, con nota di Romano). Quanto all'invito all'avversario di procedere alla designazione dei propri arbitri, reso noto senza il rispetto delle forme previste per la notificazione degli atti nel processo civile, il giudice è chiamato ad accertare non solo che l'atto sia stato portato a conoscenza del destinatario, ma anche che tale conoscenza sia intervenuta in tempo utile a consentire a quest'ultimo l'esercizio del diritto di scelta del proprio arbitro (Cass. n. 23974/2023). È importante sottolineare, qui, che il vizio afferente l'invalida o irregolare costituzione del collegio arbitrale (anche costituito per obbligo di legge), derivante dal fatto che la nomina sia stata effettuata in violazione dei modi e delle forme di cui ai Capi I e II del titolo VIII del libro IV del codice civile, va ricondotto non già all'art. 158 c.p.c., relativo al vizio di costituzione del giudice, ma alle nullità previste dall'art. 829, comma 1, n. 2, c.p.c, in quanto il lodo arbitrale, che costituisce una decisione per la soluzione della controversia sul piano privatistico, non può accostarsi a un dictum giurisdizionale; tale carattere è stato accentuato dalla l. n. 25 del 1994, senza che le modifiche apportate dall'art. 819-ter c.p.c., introdotto dal d.lgs.n. 40 del 2006, possano condurre ad una diversa linea ricostruttiva dell'istituto (Cass. n. 7335/2024; e già Cass. n. 13246/2011 ). L'art. 810 disciplina altresì l'intervento del presidente del tribunale, al quale può farsi ricorso in caso di inerzia di una delle parti, in caso di inerzia del terzo designato per l'effettuazione della nomina (ricomprendendo in ciò anche l'ipotesi che gli arbitri nominati dalle parti non abbiano provveduto alla nomina del terzo arbitro, ad esempio per non essersi accordati: Cass. n. 17152/2009), in caso di conferimento diretto del potere di nomina all'autorità giudiziaria. A tal riguardo bisogna segnalare che la norma è stata modificata dalla riforma del 2022 (d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149), che vi ha aggiunto l'inciso secondo cui la nomina va effettuata nel rispetto di criteri che assicurano trasparenza, rotazione ed efficienza e, a tal fine, della nomina viene data notizia sul sito dell'ufficio giudiziario. A tale previsione si aggiunge quella dell'art. 809 (cui si rinvia), ove è previsto il ricorso all'autorità giudiziaria per la nomina del terzo arbitro. Alla norma in commento rinviano altresì gli artt. 811 e 813-bis. La ratio sottesa a detta previsione sta nell'impedire che lo svolgimento del giudizio arbitrale possa rimanere paralizzato per effetto della mancata nomina degli arbitri. Il ricorso all'autorità giudiziariaLa nomina del o degli arbitri va chiesta al presidente del tribunale del circondario in cui si trova la sede dell'arbitrato; oppure, qualora la sede non sia stata ancora determinata, del luogo in cui è stata stipulata la convenzione di arbitrato; se tale luogo è all'estero, la richiesta va fatta al presidente del tribunale di Roma. L'ammissibilità del ricorso all'autorità giudiziaria interferisce sotto un duplice profilo con la natura del termine di 20 giorni assegnato al destinatario dell'invito dal comma 1 della disposizione in esame per procedere alla nomina del proprio arbitro. Da un lato, ritenendosi il carattere meramente ordinatorio del termine di 20 giorni (derogabile dalle parti in virtù dell'art. 816-bis), si è affermato che le parti, nella convenzione di arbitrato, possono contemplare un termine diverso ed abbreviato (App. Firenze 29 giugno 2007, in Riv. arb. 2008, 549, con nota di Bugliani). Dall'altro lato occorre interrogarsi sulla sussistenza del potere di nomina in capo al presidente del tribunale, investito ai sensi dell'art. 810, comma 2, una volta che il destinatario dell'invito abbia tardivamente provveduto alla nomina del proprio arbitro; poiché tale termine non ha carattere perentorio (non essendo ciò previsto esplicitamente dalla legge, né essendo ricavabile dalla funzione del termine stesso), la parte invitata può provvedere alla nomina anche successivamente alla scadenza del termine, sino a quando non sia intervenuta la nomina ad opera del presidente del tribunale su richiesta della controparte: ciò significa che il presidente del tribunale, pur ritualmente adito ai sensi dell'art. 810, comma 2, rimane privo del detto potere ove la parte interessata abbia nel frattempo provveduto, pur dopo lo spirare del termine, alla nomina; da tanto deriva l'irregolarità della costituzione del collegio arbitrale (e con essa la nullità del lodo pronunciato) composto da arbitro nominato in via sostitutiva dal presidente del tribunale pur in presenza di precedente, ancorché tardiva, nomina notificata dalla parte interessata alla controparte, la quale ha l'onere di informare della nomina sopraggiunta il presidente del tribunale da essa adito, e salva la responsabilità della parte tardivamente adempiente al dovere di nominare il proprio arbitro per gli eventuali danni (Cass. n. 26257/2005). Più di recente è stato ribadito che il termine di 20 giorni previsto dalla norma non è perentorio (Cass. n. 15184/2017). Sono perentori — è stato osservato — i termini che, al loro spirare, determinano ineluttabilmente, ex se, la decadenza dal potere di compiere l'atto. Essi sono tali o perché direttamente indicati come perentori dalla legge (ovvero fissati dal giudice, purché la legge lo permetta espressamente), o perché la perentorietà discende dalla loro intrinseca conformazione: in tal senso la perentorietà si ha «tutte le volte che il termine, per lo scopo che persegue e per le funzioni che è destinato ad assolvere, debba essere rigorosamente osservato» (Cass. n. 4787/1980). Quanto al termine in discorso, allora, si è osservato che esso né è dichiarato espressamente perentorio, né è intrinsecamente tale: ed anzi la natura essenzialmente privatistica dell'arbitrato esclude in radice che alle parti sia interdetto di disporre del termine in questione, ad esempio fissando nella convenzione di arbitrato un termine sia maggiore che minore. Detta natura vale a risolvere anche la questione dell'interferenza tra il potere di nomina dell'arbitro ad opera della parte ed il potere spettante al presidente del tribunale perché investito della nomina dalla controparte. È stato dunque confermato che il presidente del tribunale non debba provvedere se l'istanza sia rimasta in se stessa caducata dalla nomina mancante, medio tempore effettuata del soggetto a cui le regole negoziali la demandano: nel qual caso occorrerà per evidenti ragioni informare l'ufficio della sopravvenuta carenza di interesse ad effettuare la nomina. È per altro verso del tutto intuitivo — ha ulteriormente precisato la S.C. nella citata Cass. n. 15184/2017 — che la nomina ad opera della parte non può più intervenire quando il presidente del tribunale ha provveduto, in ossequio alla previsione dell'art. 810, a nominare l'arbitro della parte inerte. Ciò per l'ovvia ragione che, una volta nominato l'arbitro dal presidente del tribunale, non si verserebbe più in ipotesi di nomina ad opera della parte, bensì della sostituzione di un arbitro ormai legittimamente nominato, sostituzione viceversa consentita nei soli limiti dell'art. 811. In definitiva, il termine di venti giorni, previsto dall'art. 810, per la nomina del proprio arbitro ad opera della parte che ha ricevuto il relativo invito, non ha carattere perentorio, sicché la medesima parte può provvedere alla nomina anche successivamente alla scadenza di tale termine, sino a quando non sia intervenuta la nomina ad opera del presidente del tribunale su richiesta della controparte, ai sensi del comma 2 della norma in commento; per converso, una volta effettuata la nomina dal presidente del tribunale, la parte che non abbia ottemperato all'invito, perde il potere di nominare il proprio arbitro. Quella del presidente del tribunale individuato dall'art. 810 è competenza funzionale ed inderogabile ai sensi dell'art. 28 (anche nell'ipotesi di nomina convenzionalmente affidata all'autorità giudiziaria: La China, 91; contra Briguglio, 1993, 430), sulla quale non può incidere una eventuale clausola derogativa stipulata tra le parti, poiché la procedura di cui all'art. 810, comma 2, appartiene al modello dei procedimenti camerali, relativamente ai quali l'art. 28 stabilisce che la competenza per territorio non può essere derogata per accordo delle parti. Ne consegue che la nomina dell'arbitro effettuata dal presidente di un tribunale diverso da quello competente ex art. 810 comma 2, ed anche se indicato come competente da una clausola pattizia, determina il vizio di nullità del lodo di cui al n. 2 dell'art. 829, comma 1 (Cass. n. 12188/1992, in Riv. arb. 1993, 421, con nota di Briguglio). Il provvedimento con cui il presidente del tribunale nomina o sostituisce gli arbitri, a norma degli artt. 810 e 811 non riveste carattere decisorio, ma ha funzione sostitutiva di un'attività negoziale manchevole delle parti, onde esso non è suscettibile di produrre effetti sostanziali e processuali di cosa giudicata; pertanto, deve ritenersi che detto provvedimento non sia impugnabile per cassazione neppure ai sensi dell'art. 111 Cost., comma 7, (Cass. n. 11665/2007, in Riv. arb. 2007, 397, con nota di Grossi; in precedenza Cass. n. 115/1964, n. 9159/1992, n. 2452/1995, n. 1413/1998; contra Cass. n. 459/1983). Ne discende che eventuali violazioni delle regole dettate per il procedimento di nomina (tra cui quella concernente la competenza del tribunale) possano essere fatte valere solo dinanzi agli arbitri, la cui determinazione in proposito si rifletterà sul lodo, che potrà essere impugnato in riferimento al vizio già denunciato agli arbitri, alla stregua dell'art. 829, comma 1, n. 2. Il presidente del tribunale, adito ai sensi dell'art. 810, comma 2, istituito se del caso il contraddittorio (con la riforma del 2006 non è espressamente previsto che il presidente possa sentire le parti, il che non è però vietato ed appare di regola opportuno, potendo la parte interessata così interloquire sia sulla notificazione dell'invito, sia sull'effettività della mancata nomina), verificherà che l'istante abbia previamente notificato alla controparte l'atto di invito alla nomina e che sia decorso il termine di 20 giorni previsto dalla norma, ovvero il diverso termine stabilito dalla convenzione di arbitrato. Nell'individuazione dell'arbitro, il presidente del tribunale, secondo un indirizzo, non è vincolato da eventuali previsioni dettate dal patto compromissorio: è dunque pienamente legittimo il provvedimento del presidente del tribunale che proceda alla designazione dell'arbitro, non nominato tempestivamente da una delle parti, al di fuori delle categorie professionali previste nella clausola compromissoria, poiché questa non può estendere i suoi effetti sui poteri di nomina di cui la legge investe, nell'inerzia delle parti, l'autorità giudiziaria, il cui intervento non è dunque soggetto ai limiti fissati dall'autonomia privata, vincolante solo per gli autori degli atti che ne costituiscono esercizio a norma dell'art. 1372 c.c., ma si attua con la discrezionalità tipica del magistrato, che opera secondo legge nell'esercizio dei suoi poteri e senza vincoli di mandato (Cass. n. 7450/2012, in Riv. arb. 2014, 153, con nota di Tuccillo). Successivamente è stato affermato che la nomina dell'arbitro in sede giudiziale, ai sensi dell'art. 810, comma 2, deve essere effettuata, in assenza di ragioni impeditive, tenendo conto della volontà manifestata dalle parti nella clausola compromissoria in relazione alla designazione di soggetti dotati di particolari qualità o appartenenti a determinate categorie, atteso che l'intervento del presidente del tribunale è di tipo integrativo-sostitutivo della volontà negoziale, ove questa non sia contra legem o non più concretamente attuabile (Cass. n. 7956/2016). Senz'altro l'indicazione di eventuali qualifiche degli arbitri operata dalle parti non vincola il presidente del tribunale quando essa incorre in un divieto (Cass. n. 15290/2001, concernente clausola compromissoria che prevedeva la nomina di un magistrato, in contrasto con le disposizioni del Csm). Il presidente del tribunale provvede alla nomina a meno che la convenzione di arbitrato non sia manifestamente inesistente ovvero preveda manifestamente un arbitrato estero, ossia un arbitrato la cui sede è all'estero. Il giudice può dunque rifiutare il proprio intervento, sulla base di una valutazione sommaria effettuata prima facie, quando è chiara la insussistenza del suo dovere di provvedere. La nomina dell'arbitro in violazione della regola, contenuta nell'art. 810, comma 2, che attribuisce tale competenza, funzionale ed inderogabile, al presidente del tribunale nel cui circondario è la sede dell'arbitrato, determina la nullità del lodo, ai sensi dell'art. 829, comma 1, ove disposta da giudice territorialmente non competente, nei limiti in cui la questione venga dedotta nel giudizio arbitrale ma non l'invalidità della convenzione arbitrale sia perché si tratta di una disposizione destinata a regolare l'ipotesi residuale del mancato accordo delle parti in merito alla nomina, sia perché la previsione di un foro inderogabile opera, nel processo, in modo simile al meccanismo di sostituzione di diritto delle clausole contrattuali nulle, perché in contrasto con norme imperative, di cui all'art. 1419, comma 2, c.c. (Cass. n. 14476/2019). La parte che invocando una clausola compromissoria, ricorra al presidente del tribunale per la nomina degli arbitri, ai sensi dell'art 810, non e tenuta a precisare, in tale sede, quale sia la pretesa che intenda avanzare dinanzi agli arbitri medesimi (Cass. n. 3622/1978). In mancanza di un'espressa previsione, è da ritenere che, avuto riguardo alla previsione dell'art. 134, il provvedimento del presidente del tribunale debba assumere la forma del decreto motivato, salvo il caso di instaurazione del contraddittorio, nel qual caso verrà pronunciata ordinanza. Si discute in dottrina se, una volta espunta la disposizione che, prima del 2006, qualificava l'ordinanza del presidente del tribunale come non impugnabile, il provvedimento adottato sia suscettibile di reclamo ai sensi dell'art. 739 (per l'ammissibilità del reclamo, v. Verde, 2010, 81; secondo La China, op. cit., 90, occorre ritenere che il provvedimento «resti non impugnabile e non reclamabile e non revocabile, se non si vuol fare della procedura lo sfogo d'ogni capriccio degli scontenti»). BibliografiaAuletta F., Dell'arbitrato, in Sassani B. (a cura di), La riforma delle società. Il processo, Torino, 2003, 336; Bertoldi, Art. 813-bis. Decadenza degli arbitri, in Consolo (diretto da), Codice di procedura civile commentato, I, Milano, 2013; Borghesi, L'arbitrato del lavoro dopo la riforma, in Riv. trim. dir. proc. civ. 2006, 823; Bove, L'arbitrato nelle controversie societarie, in Giust. civ. 2003, II, 476; Bove, L'arbitrato irrituale dopo la riforma, in judicium.it 2006; Bove, Art. 808-ter. 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