Codice di Procedura Civile art. 813 bis - Decadenza degli arbitri 1 .Decadenza degli arbitri1. [I]. Se le parti non hanno diversamente convenuto, l'arbitro che omette, o ritarda di compiere un atto relativo alle sue funzioni, può essere sostituito d'accordo tra le parti o dal terzo a ciò incaricato dalla convenzione d'arbitrato. In mancanza, decorso il termine di quindici giorni da apposita diffida comunicata per mezzo di lettera raccomandata all'arbitro per ottenere l'atto, ciascuna delle parti può proporre ricorso al presidente del tribunale a norma dell'articolo 810, secondo comma. Il presidente, sentiti gli arbitri e le parti, provvede con ordinanza non impugnabile e, se accerta l'omissione o il ritardo, dichiara la decadenza dell'arbitro e provvede alla sua sostituzione. [1] Articolo inserito dall'art. 21, d.lg. 2 febbraio 2006, n. 40, a far data dal 2 marzo 2006. Ai sensi dell'art. 27, comma 4, d.lg. n. 40, cit., la disposizione si applica ai procedimenti arbitrali, nei quali la domanda di arbitrato è stata proposta successivamente alla data di entrata in vigore del decreto. InquadramentoLa disposizione dettata dall’articolo in esame, dal d.lgs. n. 40/2006, e precedentemente contenuta nell’art. 813, comma 3, consente alle parti (ovvero al terzo da esse incaricato) di sostituire l’arbitro che omette o ritardi il compimento di un atto relativo alle sue funzioni. La sostituzione può aver luogo attraverso due diversi meccanismi: essa può essere direttamente disposta dalle parti di comune accordo ovvero dal terzo dalle stesse incaricato di provvedere alla nomina; altrimenti, può essere richiesta al presidente del tribunale da una delle parti (la quale può in tal modo contrastare eventuali atteggiamenti ostruzionistici posti in essere soprattutto dall’arbitro di parte), nel contraddittorio delle altre parti e degli arbitri. La disposizione nel suo complesso opera «se le parti non hanno diversamente convenuto»: ciò vuol dire che le parti, al momento della stipula del patto compromissorio, possono rinunciare, in tutto o in parte, a far valere la decadenza dell’arbitro per omissione o ritardo nel compimento di un atto dovuto (Vaccarella, 614). L’inerzia dell’arbitroNell'arbitrato rituale le parti non hanno il potere di revocare per giusta causa, ai sensi dell'art. 1723 c.c., il mandato agli arbitri: la speciale disciplina dettata in proposito prevede infatti rimedi di tipo diverso, come la sostituzione dell'arbitro che ometta o ritardi di compiere un atto relativo alle sue funzioni o la ricusazione, più coerenti con la natura giurisdizionale di tale istituto (Cass. n. 25735/2013). La sostituzione dell'arbitro consegue particolare alla sua inerzia, per avere egli omesso o ritardato il compimento di un atto del suo ufficio. La norma va letta in combinato disposto con il successivo art. 813-ter, il quale subordina l'azione di responsabilità nei confronti degli arbitri per omissione o ritardo di atti dovuti all'intervenuta dichiarazione di decadenza. Si tratta di un'ipotesi di sostituzione distinta da quella, fisiologica, prevista dall'art. 811 c.p.c.: in quest'ultimo caso la sostituzione è il frutto di una situazione obbiettiva creatasi per il venire a mancare, per qualunque motivo, dell'arbitro; nel caso disciplinato dalla norma in commento viene invece sanzionata una condotta dell'arbitro contraria ai doveri nascenti dall'assunzione dell'incarico. Nondimeno, è generalmente ritenuto che la disposizione non richieda che l'omissione o il ritardo sia da attribuire a condotta colpevole dell'arbitro. Va peraltro sottolineato che detta condotta si risolve in pregiudizio della parte che ha nominato l'arbitro, alla quale viene in tal modo sottratto il potere unilaterale di nomina: difatti l'arbitro nominato in sostituzione è scelto di comune accordo tra le parti ovvero dal presidente del tribunale. Le procedure di sostituzioneIn caso di sostituzione per accordo delle parti non occorre la preventiva diffida cui la norma si riferisce per la sola ipotesi di sostituzione ad istanza di una delle parti. Si ritiene che l'arbitro sostituito dalle parti abbia diritto al compenso per l'opera prestata fino alla sostituzione nonché al risarcimento danni ove la sostituzione sia stata effettuata in mancanza dei presupposti di legge (Bertoldi, 1659). La S.C. ha invece affermato che l'arbitro che rifiuti senza giustificato motivo di partecipare alla deliberazione del lodo arbitrale, impedendo l'assunzione della decisione nel termine fissato (o, come nel caso di specie, determinandone la nullità), è responsabile per inadempimento del mandato collettivo ricevuto, con conseguente perdita del diritto al compenso ed obbligo di risarcire il danno (Cass. n. 4823/2009). È stato inoltre sostenuto, che l'arbitro sostituito possa contestare l'esistenza del ritardo o dell'omissione sia nell'eventuale giudizio di responsabilità promossa ai sensi dellart. 813-ter sia in separato giudizio (Bertoldi,1659). In mancanza di accordo delle parti, l'interessato deve inviare all'arbitro una lettera raccomandata, contenente diffida a porre in essere entro 15 giorni l'atto dovuto. Decorso il termine la stessa parte o l'altra può ricorrere al presidente del tribunale perché, sentite le parti e gli arbitri, provveda alla sostituzione. Il presidente del tribunale decide con ordinanza non impugnabile e, se ritiene vi siano i presupposti, procede a dichiarare decaduto l'arbitro dal suo incarico e a sostituirlo. Il procedimento si inquadra nella volontaria giurisdizione di carattere non contenzioso e sostanzialmente suppletivo della carente attività negoziale di parte, con la conseguenza che, al provvedimento di nomina (così come a quello di revoca), non può legittimamente riconoscersi portata decisoria, giacché, se la nomina viene effettuata, ne potrà essere controllata la validità in qualsiasi sede (e, anzitutto, dallo stesso collegio arbitrale), mentre, se essa viene negata, sarà sempre la parte inadempiente a dover rispondere dell'eventuale pregiudizio subito dalla controparte nelle normali sedi contenziose (Cass. n. 3129/2002; Cass. n. 6115/2001). BibliografiaAuletta F., Dell'arbitrato, in Sassani B. (a cura di), La riforma delle società. Il processo, Torino, 2003, 336; Bertoldi, Art. 813-bis. 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