Codice di Procedura Civile art. 815 - Ricusazione degli arbitri 1Ricusazione degli arbitri1 [I]. Un arbitro può essere ricusato: 1) se non ha le qualifiche espressamente convenute dalle parti; 2) se egli stesso, o un ente, associazione o società di cui sia amministratore, ha interesse nella causa; 3) se egli stesso o il coniuge è parente fino al quarto grado o è convivente o commensale abituale di una delle parti, di un rappresentante legale di una delle parti, o di alcuno dei difensori; 4) se egli stesso o il coniuge ha causa pendente o grave inimicizia con una delle parti, con un suo rappresentante legale, o con alcuno dei suoi difensori; 5) se è legato ad una delle parti, a una società da questa controllata, al soggetto che la controlla, o a società sottoposta a comune controllo, da un rapporto di lavoro subordinato o da un rapporto continuativo di consulenza o di prestazione d'opera retribuita, ovvero da altri rapporti di natura patrimoniale o associativa che ne compromettono l'indipendenza; inoltre, se è tutore o curatore di una delle parti; 6) se ha prestato consulenza, assistenza o difesa ad una delle parti in una precedente fase della vicenda o vi ha deposto come testimone; 6-bis) se sussistono altre gravi ragioni di convenienza, tali da incidere sull'indipendenza o sull'imparzialità dell'arbitro2. [II]. Una parte non può ricusare l'arbitro che essa ha nominato o contribuito a nominare se non per motivi conosciuti dopo la nomina. [III]. La ricusazione è proposta mediante ricorso al presidente del tribunale indicato nell'articolo 810, secondo comma, entro il termine perentorio di dieci giorni dalla notificazione della nomina o dalla sopravvenuta conoscenza della causa di ricusazione. Il presidente pronuncia con ordinanza non impugnabile, sentito l'arbitro ricusato e le parti e assunte, quando occorre, sommarie informazioni. [IV]. Con ordinanza il presidente provvede sulle spese. Nel caso di manifesta inammissibilità o manifesta infondatezza dell'istanza di ricusazione condanna la parte che l'ha proposta al pagamento, in favore dell'altra parte, di una somma equitativamente determinata non superiore al triplo del massimo del compenso spettante all'arbitro singolo in base alla tariffa forense. [V]. La proposizione dell'istanza di ricusazione non sospende il procedimento arbitrale, salvo diversa determinazione degli arbitri. Tuttavia, se l'istanza è accolta, l'attività compiuta dall'arbitro ricusato o con il suo concorso è inefficace. [1] Articolo sostituito dall'art. 21, d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, a far data dal 2 marzo 2006. Ai sensi dell'art. 27, comma 4, d.lgs. n. 40, cit., la disposizione si applica ai procedimenti arbitrali, nei quali la domanda di arbitrato è stata proposta successivamente alla data di entrata in vigore del decreto. Il testo recitava: «[I]. La parte può ricusare l'arbitro, che essa non ha nominato, per i motivi indicati nell'articolo 51. [II]. La ricusazione è proposta mediante ricorso al presidente del tribunale indicato nell'articolo 810, secondo comma, entro il termine perentorio di dieci giorni dalla notificazione della nomina o dalla sopravvenuta conoscenza della causa di ricusazione. Il presidente pronuncia con ordinanza non impugnabile, sentito l'arbitro ricusato e assunte, quando occorre, sommarie informazioni». Precedentemente l'articolo era stato modificato dall'art. 7 l. 5 gennaio 1994, n. 25. [2] Comma così modificato dall'art. 3, comma 51, lett. c), del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 che al numero 6) il segno di interpunzione «;» ha sostituito «.» ed è aggiunto, in fine, il seguente numero: «6-bis) se sussistono altre gravi ragioni di convenienza, tali da incidere sull'indipendenza o sull'imparzialità dell'arbitro.» (ai sensi dell'art. 52 d.lgs. n. 149 /2022, il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale). Per la disciplina transitoria v. art. 35 d.lgs. n. 149/2022, come da ultimo modificato dall'art. 1, comma 380, lett. a), l. 29 dicembre 2022, n.197, che prevede che : "1. Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti.". InquadramentoL'art. 815, nella sua prima parte, indica espressamente i casi di ricusazione degli arbitri, perlopiù corrispondenti a quelli previsti dall'art. 51. In particolare, oltre alle fattispecie costruite sulla falsariga di tale norma, la disposizione menziona la mancanza delle qualifiche convenute dalle parti. La riforma del 2022 (d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149) ha aggiunto alle ipotesi preesistenti quella della ricusazione se sussistono altre gravi ragioni di convenienza, tali da incidere sull'indipendenza o sull'imparzialità dell'arbitro. La seconda parte della disposizione disciplina il procedimento di ricusazione, contemplando il dovere del presidente del tribunale di liquidare le spese ed il suo potere di sanzionare la manifesta infondatezza dell'istanza, con una condanna al pagamento di una somma. Il comma 2 ammette la ricusazione dell'arbitro di propria designazione soltanto solo nel caso in cui la parte sia venuta a conoscenza di circostanze rilevanti successivamente alla nomina. La ricusazione dell'arbitro va proposta con ricorso (contenente l'indicazione dei motivi di ricusazione e del relativo supporto probatorio) al presidente del tribunale entro il termine perentorio di dieci giorni dalla notificazione della nomina dell'arbitro, o dalla conoscenza della causa di ricusazione. Il ricorso non sospende il procedimento (a differenza di quanto previsto dall'art. 52), salva diversa determinazione degli arbitri. Tuttavia, l'istanza viene accolta, l'attività compiuta dall'arbitro ricusato è inefficace. Il presidente del tribunale provvede con ordinanza, previa audizione dell'arbitro ricusato e delle parti; può assumere sommarie informazioni. L'ordinanza non è impugnabile, né ricorribile per Cassazione ex art. 111 Cost., non avendo natura decisoria (v. Cass. n. 10359/2012; Cass. n. 20615/2017). In caso di accoglimento della ricusazione, l'arbitro ricusato va sostituito, in conformità alla previsione della convenzione di arbitrato, ovvero ai sensi dell'art. 810. FattispecieNel procedimento arbitrale, l'esistenza di situazioni di incompatibilità, idonee a compromettere l'imparzialità dei componenti del collegio, dev'essere fatta valere mediante istanza di ricusazione da proporsi, a norma dell'art. 815, entro il termine perentorio di dieci giorni dalla notificazione della nomina o dalla sopravvenuta conoscenza della causa di ricusazione, restando, invece, irrilevanti, ai fini della validità del lodo, le situazioni d'incompatibilità di cui la parte sia venuta a conoscenza dopo la decisione, che, ove non si traducano in una incapacità assoluta all'esercizio della funzione arbitrale e, in genere, della funzione giudiziaria, non possono essere fatte valere mediante l'impugnazione per nullità, attesa l'ormai acquisita efficacia vincolante del lodo e la lettera dell'art. 829, comma 1, n. 2, , che circoscrive l'incapacità ad essere arbitro alle ipotesi tassativamente previste dall'art. 812 (Cass. n. 20558/2015). Nell'arbitrato rituale le parti non hanno il potere di revocare per giusta causa, ai sensi dell'art. 1723 c.c., il mandato agli arbitri, in quanto la disciplina speciale prevede rimedi di tipo diverso, come la sostituzione dell'arbitro che ometta o ritardi di compiere un atto relativo alle sue funzioni o la ricusazione, più coerenti con la natura giurisdizionale di tale istituto (Cass. n. 25735/2013). L'ordinanza pronunciata dal presidente del tribunale sull'istanza di ricusazione di un arbitro non è impugnabile, neanche con ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost., attesi l'espresso disposto dell'art. 815, comma 3, e la sua natura di provvedimento a contenuto ordinatorio, in quanto tale non qualificabile come sentenza in senso sostanziale (Cass. n. 10359/2012). Attesa la ricostruzione del sistema normativo, nel senso di adeguare la lettura della disposizione di cui all'art. 1 l. n. 742/1969 al principio costituzionale di effettività della tutela giurisdizionale, deve escludersi che la portata della nozione di termini processuali sia da limitare all'ambito del compimento degli atti successivi all'introduzione del processo, dovendo, invece, ricomprendere anche il ristretto termine iniziale entro il quale il processo deve essere introdotto, quando la proposizione della domanda costituisca l'unico rimedio per la tutela del diritto che si assume leso. (Fattispecie in tema di istanza di ricusazione di arbitro, giudicata erroneamente tardiva, sebbene proposta nel termine di cui all'art. 815, comma 2, in quanto soggetto alla sospensione feriale) (Cass. n. 23638/2011). In tema di ricusazione dell'arbitro, la formula contenuta nell'art. 51, numero 1 che (nel regime anteriore alla modifica dell'art. 815 operata dall'art. 21 d.lgs. n. 40/2006) prevede tra le cause di astensione obbligatoria la situazione di interesse nella causa o in altra vertente su identica questione di diritto, postula un legame attuale dell'arbitro, nella più varia configurazione giuridica, con una parte del processo per una coincidenza di interessi ad una determinata soluzione della causa e/o per un rapporto di consulenza ed assistenza con la stessa. (Nella fattispecie la Corte ne ha escluso la sussistenza in una fattispecie nella quale un arbitro aveva ricoperto in passato la carica di vicepresidente e componente del consiglio di amministrazione della società) (Cass. n. 23056/2010). È impugnabile con ricorso straordinario per cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost. l'ordinanza resa dal presidente del tribunale sull'istanza di ricusazione di un arbitro internazionale; infatti, diversamente dai provvedimenti sulla ricusazione dell'arbitro interno e del giudice ordinario, tale ordinanza ha contenuto non soltanto decisorio, avendo ad oggetto una situazione di diritto soggettivo, ma anche definitivo, non essendo suscettibile di riesame nel giudizio d'impugnazione del lodo attraverso il controllo sulla pronuncia resa dall'arbitrato, stante l'inapplicabilità all'arbitrato internazionale dell'art. 829, comma 2 (fattispecie precedente al d.lgs. n. 40/2006) (Cass. n. 2774/2007). In tema di arbitrato, non costituisce motivo d'invalidità della procura rilasciata per l'impugnazione del lodo, ma soltanto un comportamento valutabile sotto il profilo deontologico, la circostanza che l'avvocato al quale la stessa è conferita abbia precedentemente rivestito la carica di arbitro nel procedimento che ha condotto alla pronuncia del lodo impugnato (Cass. n. 16718/2006). In tema di ricusazione dell'arbitro, la formula contenuta nell'art. 51, numero 2, che prevede tra le cause di astensione obbligatoria la situazione di convivenza o di abituale commensalità con una delle parti o con taluno dei difensori, non può essere estesa fino al punto di ricomprendere l'ipotesi dell'arbitro esercente l'attività di avvocato che condivida lo studio o comunque lo stesso ambiente con i difensori di una delle parti del procedimento arbitrale, a meno che non risulti che la condivisione del medesimo ambiente di lavoro non si sia limitata all'utilizzazione di ambienti contigui, ma abbia dato luogo ad una reciproca compenetrazione delle rispettive attività professionali dal punto di vista tecnico-organizzativo (come, ad esempio, si verifica con la abituale condivisione della difesa tecnica nei medesimi processi), ovvero anche solo dal punto di vista economico, in misura tale da potersi assimilare alla confidenza ed alla reciproca fiducia che connotano i rapporti tra conviventi o tra commensali abituali (Cass. n. 17192/2004). La parte, che abbia visto rigettata la propria istanza di ricusazione dell'arbitro, può chiedere il riesame di tale pronuncia attraverso l'impugnazione per nullità del lodo alla cui deliberazione abbia concorso l'arbitro invano ricusato (Cass. n. 17192/2004). Nel procedimento arbitrale, la ricusazione dell'arbitro deve essere proposta mediante ricorso al presidente del tribunale, così come prescrive l'art. 815, comma 2; è pertanto assolutamente inidonea ad integrare tale atto di impulso processuale, e a dar vita agli effetti che alla proposizione dello stesso si ricollegano, l'istanza di ricusazione indirizzata con telegramma al presidente del collegio arbitrale, stante la radicale irritualità dello strumento formale utilizzato e l'improprietà nell'individuazione del destinatario (Cass. n. 13645/2004). Anche nel giudizio arbitrale vige il principio secondo cui la sola proposizione del ricorso per ricusazione non può determinare ipso iure la sospensione del procedimento e la devoluzione della questione al giudice competente a decidere della questione stessa, in quanto spetta pur sempre al giudice a quo una sommaria delibazione della sua ammissibilità all'esito della quale, ove risultino ictu oculi carenti i requisiti formali posti dalla legge per l'ammissibilità della stessa, tale circostanza, pur non potendo assumere valore ostativo della rimessione del ricorso a detto giudice competente, esclude non di meno l'automatismo dell'effetto sospensivo, risultando in tal guisa contemperate le contrapposte esigenze, sottese all'istituto, di assicurare alle parti l'imparzialità del giudizio nella specifica controversia di cui trattasi e di impedire nel contempo, l'uso distorto dell'istituto medesimo (Cass. n. 6309/2000). L'ordinanza resa dal presidente del tribunale sulla istanza di ricusazione di un arbitro non è impugnabile per cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost., così come non è impugnabile quella sulla ricusazione del giudice ordinario, trattandosi di provvedimento ordinatorio e strumentale, incidente non sull'organo giudicante o sui criteri di costituzione del medesimo, né, quindi, sul diritto della parte alla nomina del proprio arbitro, bensì soltanto sulla designazione, in esito ad un procedimento incidentale di tipo sostanzialmente amministrativo, di una determinata persona componente di tale organo, in relazione alla corretta composizione di esso e all'interesse generale all'imparzialità e alla obbiettività della relativa funzione (Cass. n. 4924/1998). Nel procedimento arbitrale, la ricusazione dell'arbitro può essere fatta valere oltre il termine perentorio di dieci giorni dalla notificazione della nomina, nel caso in cui la conoscenza dei motivi di ricusazione sia sopravvenuta a detto termine (principio espressamente riprodotto dall'art. 815, secondo comma, , nel testo modificato dall'art. 7 l. n. 25/1994, ma già in precedenza affermato dalla giurisprudenza argomentando dall'art. 820, che dispone la sospensione del termine per la pronuncia del lodo qualora sia stata presentata l'istanza di ricusazione), ma solo fino al momento in cui gli arbitri non abbiano ancora sottoscritto il lodo, in quanto, con la sottoscrizione, il lodo viene ad esistenza ed acquista efficacia vincolante per le parti, sicché non può avere alcuna efficacia l'istanza di ricusazione proposta oltre la data dell'indicata sottoscrizione (Cass. n. 7044/1995). Il provvedimento, con cui il Presidente del tribunale rigetti nel merito un'istanza di ricusazione di un arbitro irrituale, costituisce provvedimento abnorme, perché emesso in assoluta carenza di potere, stante la natura negoziale e non giurisdizionale dell'arbitrato irrituale, e, in quanto tale, non determinando alcun mutamento nella situazione giuridica preesistente, non è impugnabile con ricorso per Cassazione (Cass. n. 9325/1990). L'ordinanza resa dal Presidente del tribunale sull'istanza di ricusazione dell'arbitro (art. 815 ), al pari di quella che pronunci sull'istanza di ricusazione del giudice ordinario (art. 54), non è impugnabile con ricorso per Cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost., atteso che si esaurisce in un provvedimento ordinatorio e strumentale, incidendo non sull'organo giudicante, ne' quindi sul diritto della parte alla nomina del proprio arbitro, ma solo sulla designazione di una determinata persona a componente di tale organo, in funzione dell'interesse generale all'imparzialità ed obiettività della relativa funzione (Cass. n. 4432/1988). L'art. 829 n. 2 ammette l'impugnazione per nullità del lodo arbitrale, per vizi attinenti alle formalità prescritte per la nomina degli arbitri, nei limiti in cui la relativa questione sia già stata dedotta nel giudizio arbitrale, e, pertanto, non consente che con detta impugnazione vengano fatte valere ragioni di nullità, circa la composizione del collegio arbitrale, diverse da quelle in precedenza specificamente sollevate (Cass. n. 2300/1984). Gli atti processuali compiuti durante la sospensione del processo dovuta alla pendenza di istanza di ricusazione del giudice sono affetti da nullità, in quanto, a norma dell'art 298 , durante la sospensione non possono essere compiuti Atti del processo: tuttavia, la nullità che colpisce tali Atti e insanabile e travolge anche gli Atti compiuti prima della proposizione dell'istanza di ricusazione solo nell'ipotesi in cui questa sia accolta, poiché in tal caso la nullità deriva da un vizio relativo alla Costituzione del giudice (art 158); se invece l'istanza di ricusazione viene respinta, la nullità può essere sanata se l'atto ha raggiunto lo scopo cui era destinato, e cioè se esso sia stato compiuto col rispetto delle regole del contraddittorio. Ne deriva che la pronuncia e il deposito del lodo in pendenza dell'istanza di ricusazione di un arbitro non sono viziati da nullità nel caso in cui l'istanza di ricusazione sia respinta, trattandosi di atti che non richiedevano alcuna specifica attività delle parti (Cass. n. 3523/1979). Nell'ipotesi di cooperative riunite in consorzio, questo ha personalità giuridica propria, costituendo esso un ente distinto ed autonomo rispetto alle singole cooperative da cui e formato. Ne consegue che la clausola di deferimento al consorzio (prevista nello statuto di una delle dette cooperative) del potere di designare il terzo arbitro per la risoluzione delle controversie tra cooperativa e soci, deve considerarsi legittima, in quanto la nomina e rimessa a soggetto diverso dai partecipanti alla lite. L'eventualità che, in astratto, ed in considerazione della appartenenza della cooperativa al consorzio, la scelta dell'arbitro possa cadere su persona avente qualche interesse nella controversia, trova il correttivo nell'istituto della ricusazione, ma non può avere efficacia invalidante della clausola compromissoria (Cass. n. 2395/1969). Il Presidente del tribunale, il quale abbia assunto le funzioni di arbitro o di componente del collegio arbitrale, deve astenersi, a norma dell'art. 51 n. 4, dall'emettere i provvedimenti previsti dagli artt. 814 e 825, cosi come deve astenersi dal partecipare al giudizio di impugnazione della sentenza arbitrale, e non può pronunciare sull'istanza di ricusazione proposta nei propri confronti a norma dell'art. 815. In tali casi le attribuzioni del presidente in materia di arbitrato vengono esercitate dal magistrato supplente, ai sensi dell'art. 104 dell'ordinamento giudiziario approvato con r.d. 30 gennaio 1941 n 12. Ma ove non si abbia ne astensione ne ricusazione, rimangono validi i provvedimenti emessi e rimane altresì valido il lodo arbitrale, al pari di quanto avviene nei giudizi ordinari, dove la mancata astensione del giudice incompatibile, contro cui non sia stata proposta istanza di ricusazione, non dà luogo a nullità del giudizio o della sentenza (Cass. n. 1466/1965). L'art. 815 consente alla parte di ricusare l'arbitro, che essa non ha nominato, nel termine perentorio di dieci giorni dalla notificazione della nomina e se, argomentandosi dall'art 820, che dispone la sospensione del termine per la pronuncia del lodo, qualora sia stata proposta l'istanza di ricusazione e fino alla decisione di essa, può ritenersi che l'istanza sia proponibile anche successivamente, nel termine di dieci giorni dalla conoscenza, nel caso che l'ipotesi di ricusazione sia stata conosciuta o addirittura sia venuta ad esistenza dopo la scadenza dei dieci giorni dalla notificazione della nomina, nondimeno codesta proponibilita deve arrestarsi quando gli arbitri abbiano proceduto al deposito del lodo. Di guisa che le ipotesi di ricusazione, che non determinino un'incapacita assoluta all'Esercizio della funzione arbitrale — e, in genere della funzione giudiziaria — se non siano fatte valere tempestivamente non solo non possono essere dedotte nel corso ulteriore del giudizio per ottenere la sostituzione dell'arbitro, ma non possono neppure essere poste a base dell'Azione di nullità, a ciò opponendosi la lettera dell'art. 829 (Cass. n. 108/1963). BibliografiaAuletta F., Dell'arbitrato, in Sassani B. (a cura di), La riforma delle società. Il processo, Torino, 2003, 336; Bertoldi, Art. 813-bis. Decadenza degli arbitri, in Consolo (diretto da), Codice di procedura civile commentato, I, Milano, 2013; Borghesi, L'arbitrato del lavoro dopo la riforma, in Riv. trim. dir. proc. civ. 2006, 823; Bove, L'arbitrato nelle controversie societarie, in Giust. civ. 2003, II, 476; Bove, L'arbitrato irrituale dopo la riforma, in judicium.it 2006; Bove, Art. 808-ter. 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