Codice di Procedura Civile art. 816 quinquies - Intervento di terzi e successione nel diritto controverso1.Intervento di terzi e successione nel diritto controverso1. [I]. L'intervento volontario o la chiamata in arbitrato di un terzo sono ammessi solo con l'accordo del terzo e delle parti e con il consenso degli arbitri. [II]. Sono sempre ammessi l'intervento previsto dal secondo comma dell'articolo 105 e l'intervento del litisconsorte necessario. [III]. Si applica l'articolo 111. [1] Articolo inserito dall'art. 22, d.lg. 2 febbraio 2006, n. 40, a far data dal 2 marzo 2006. Ai sensi dell'art. 27, comma 4, d.lg. n. 40, cit., la disposizione si applica ai procedimenti arbitrali, nei quali la domanda di arbitrato è stata proposta successivamente alla data di entrata in vigore del decreto. InquadramentoSecondo la norma in commento — introdotta al fine di supplire alla precedente mancanza di una disposizione concernente l'intervento e la chiamata del terzo — l'intervento volontario di cui al comma 1 dell'art. 105 (intervento principale e intervento adesivo autonomo) o la chiamata in arbitrato di un terzo sono ammessi solo con l'unanime accordo degli interessati, ivi compresi gli arbitri. Sono tuttavia sempre ammessi, alla stregua della stessa norma, l'intervento previsto dal comma 2 dell'art. 105 (ossia l'intervento ad adiuvandum) e l'intervento del litisconsorte necessario: tali intervenienti (anche quello ad adiuvandum) non necessitano dell'accordo delle altre parti. Trova infine applicazione del procedimento arbitrale l'art. 111, dettato per la successione a titolo particolare nel diritto controverso. Con riguardo tanto all'intervento volontario che a quello su istanza di parte occorre dunque l'accordo del terzo, delle parti e degli arbitri. Sembra da credere, tuttavia, che la norma non intenda riferirsi al caso in cui il terzo sia già parte della convenzione arbitrale, occorrendo in tale ipotesi il solo consenso degli arbitri. Il consenso va prestato per iscritto e può risultare dal verbale di arbitrato: in tal caso, tuttavia, se proveniente dal difensore, occorre che questi sia dotato del relativo potere. Il litisconsorte necessario pretermesso può però sempre intervenire, anche se non abbia sottoscritto la convenzione di arbitrato e senza necessità di altrui consenso. Se è parte dell'accordo, la chiamata in causa (arbitrale) può avvenire ad opera delle parti direttamente o in conseguenza dell'ordine degli arbitri di integrare il contraddittorio. Non può, invece, essere obbligato a partecipare al processo arbitrale il terzo che non abbia sottoscritto l'accordo compromissorio. Il richiamo all'art. 111 fa sì che, in caso di successione a titolo particolare nel diritto controverso, il procedimento arbitrale prosegue tra le parti originarie e il successore può intervenire o essere chiamato nel processo. Il successore nel diritto, anche se non ha partecipato al giudizio arbitrale, ha diritto di impugnare il lodo. BibliografiaAuletta F., Dell'arbitrato, in Sassani B. (a cura di), La riforma delle società. Il processo, Torino, 2003, 336; Bertoldi, Art. 813-bis. Decadenza degli arbitri, in Consolo (diretto da), Codice di procedura civile commentato, I, Milano, 2013; Borghesi, L'arbitrato del lavoro dopo la riforma, in Riv. trim. dir. proc. civ. 2006, 823; Bove, L'arbitrato nelle controversie societarie, in Giust. civ. 2003, II, 476; Bove, L'arbitrato irrituale dopo la riforma, in judicium.it 2006; Bove, Art. 808-ter. 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