Codice di Procedura Civile art. 817 - Eccezione d'incompetenza 1 .Eccezione d'incompetenza1. [I]. Se la validità, il contenuto o l'ampiezza della convenzione d'arbitrato o la regolare costituzione degli arbitri sono contestate nel corso dell'arbitrato, gli arbitri decidono sulla propria competenza. [II]. Questa disposizione si applica anche se i poteri degli arbitri sono contestati in qualsiasi sede per qualsiasi ragione sopravvenuta nel corso del procedimento. La parte che non eccepisce nella prima difesa successiva all'accettazione degli arbitri l'incompetenza di questi per inesistenza, invalidità o inefficacia della convenzione d'arbitrato, non può per questo motivo impugnare il lodo, salvo il caso di controversia non arbitrabile. [III]. La parte, che non eccepisce nel corso dell'arbitrato che le conclusioni delle altre parti esorbitano dai limiti della convenzione arbitrale, non può, per questo motivo, impugnare il lodo. [1] Articolo sostituito dall'art. 22, d.lg. 2 febbraio 2006, n. 40, a far data dal 2 marzo 2006. Ai sensi dell'art. 27, comma 4, d.lg. n. 40, cit., la disposizione si applica ai procedimenti arbitrali, nei quali la domanda di arbitrato è stata proposta successivamente alla data di entrata in vigore del decreto. L'articolo era stato precedentemente modificato dall'art. 9 l. 5 gennaio 1994, n. 25. Il testo anteriore alla riforma recitava: «[I]. La parte, che non eccepisce nel corso del procedimento arbitrale che le conclusioni delle altre parti esorbitano dai limiti del compromesso o della clausola compromissoria, non può, per questo motivo, impugnare di nullità il lodo». InquadramentoLa norma in commento stabilisce che spetta in ogni caso gli arbitri decidere sulla propria competenza, avuto riguardo alla validità, al contenuto o all'ampiezza della convenzione di arbitrato nonché alla regolare costituzione degli arbitri, quantunque i loro poteri vengano contestati, in qualsiasi sede per qualsiasi ragione sopravvenuta nel corso del procedimento. Essa, inoltre, sottopone l'eccezione di incompetenza nonché quella concernente l'esorbitanza delle conclusioni delle altre parti rispetto alla convenzione arbitrale ad un apposito congegno preclusivo. La disposizione opera dunque ad ampio spettro, sulla base di una nozione di competenza ampiamente dilatata. Quanto alla previsione dettata dal comma 2, secondo cui la norma si applica anche se i poteri degli arbitri sono contestati «in qualsiasi sede per qualsiasi ragione sopravvenuta nel corso del procedimento», sembra doversi intendersi — data la difficoltà di coordinare la previsione con il precetto derivante dall'art. 819-ter, secondo il quale il giudice dinanzi a cui venga eccepita l'esistenza di una convenzione di arbitrato, può conoscere della validità ed efficacia di questa al fine di decidere sull'eccezione — che il legislatore abbia inteso escludere che gli arbitri possano rimanere vincolati dalla decisione del giudice, dinanzi al quale penda per ipotesi la medesima controversia. Spetta al giudice italiano, e non agli arbitri, la decisione sull'invalidità sopravvenuta di una clausola compromissoria per indisponibilità del diritto oggetto della controversia in conseguenza di embargo internazionale - qualificabile come factum principis - impositivo di un divieto esterno alle prestazioni contrattuali, attesa la natura sovranazionale dello ius superveniens, che si impone su qualunque disciplina particolare prefigurata dalle parti contraenti e la cui disapplicazione comporterebbe conseguenze sanzionatorie per lo Stato tenuto ad assicurarne il rispetto (Cass. S.U., n. 23893/2015). Eccezione e dichiarazione di incompetenzaLa disposizione in esame, che estende agli arbitri la regola generale in forza della quale ciascun giudice è giudice della propria competenza, recepisce un orientamento della giurisprudenza, già formatosi prima della riforma del 2006 (Cass. n. 21213/2014, in cui si afferma che la sentenza dichiarativa dell'improponibilità della domanda, perché devoluta alla cognizione degli arbitri, non vincola questi ultimi quanto alla giuridica esistenza ed alla validità della clausola compromissoria, spettando ad essi di verificare la regolarità della loro investitura ad opera dei contraenti; in precedenza Cass. n. 13508/2007; Cass. n. 11294/1998). È onere della parte che intenda contestare la potestas iudicandi degli arbitri per inesistenza, invalidità o inefficacia della convenzione di arbitrato, di proporre l'eccezione nella prima difesa successiva all'accettazione degli arbitri. Inoltre, affinché l'eccezione di incompetenza degli arbitri possa ritenersi tempestivamente sollevata, occorre l'illustrazione delle ragioni poste a fondamento della ridetta eccezione, tali da qualificare la questione fatta valere, distinguendola così da altre ragioni che possano risultare non fondate o inammissibili (Cass. n. 3840/2021). Ne discende che la carenza di potestas iudicandi non può essere dedotta per la prima volta con l'impugnazione del lodo, né può essere rilevata in tale sede d'ufficio. In tal senso può leggersi la decisione secondo cui, in caso di deferimento della controversia ad un collegio arbitrale, il difetto di potestas iudicandi del collegio decidente, per essere la convenzione di arbitrato nulla, deve essere eccepito nella prima difesa successiva all'accettazione degli arbitri, sicché, in difetto, la dedotta invalidità degrada a nullità sanabile (Cass. n. 15613/2021, che ha confermato la decisione di merito, che aveva ritenuto precluso l'esame della questione sulla potestas iudicandi degli arbitri per invalidità della clausola arbitrale, siccome avanzata per la prima volta in sede di impugnazione del lodo; v. peraltro Cass. n. 16556/2020, secondo cui il difetto di potestas iudicandi del collegio decidente, comportando un vizio insanabile del lodo, può essere rilevato di ufficio nel giudizio di impugnazione, anche in sede di legittimità, con il solo limite del giudicato, indipendentemente dalla sua precedente deduzione nella fase arbitrale (soltanto) qualora derivi dalla nullità del compromesso o della clausola compromissoria). Per la dottrina, allo stesso modo, laddove la stessa contestazione venga spiegata in ragione di fatti sopravvenuti, l'eccezione va proposta nella prima successiva difesa (Luiso, 778). Fa eccezione alla regola così descritta il caso dell'incompetenza motivata dalla non arbitrabilità della controversia, che può come tale essere dedotta nel corso del giudizio arbitrale e, per la prima volta, nella eventuale successiva fase di impugnazione. In proposito, la S.C. ha chiarito che la previsione dell'art. 817, comma 2, secondo periodo, c.p.c., non preclude l'eccezione e rilevazione d'ufficio della non arbitrabilità della controversia, perché avente ad oggetto diritti indisponibili o per l'esistenza di una espressa norma proibitiva, in sede di impugnazione del lodo per nullità, anche qualora la relativa eccezione non sia stata formulata in sede arbitrale (Cass., S.U., n. 19852/2022). Analogo principio è stato affermato da Cass. n. 5936/2024 con riguardo al caso della clausola compromissoria contenuta (abusivamente) in un contratto stipulato con un consumatore. Occorre quindi rammentare che l'art. 819-ter escludeva l'applicabilità degli artt. 44, 45 e 50, nei rapporti tra arbitrato e processo, ma la disposizione è stata dichiarata incostituzionale nella parte in cui esclude l'applicabilità delle regole previste dall'art. 50 (Corte cost. n. 223/2013). Si rinvia in proposito al commento a detta disposizione. La statuizione di un collegio arbitrale, che pronunci sulla propria competenza a decidere la controversia sottopostagli, non è impugnabile con il regolamento di competenza, sia alla stregua della novella introdotta dal d.lgs. n. 40/2006, sia nel regime previgente, emergendo chiaramente dal tenore letterale dell'art. 819-ter che il legislatore ne ha consentito l'utilizzo esclusivamente in ordine alla impugnazione della pronuncia del medesimo tenore resa da un giudice ordinario (Cass. n. 19268/2012). Resta da dire che la S.C. ha di recente affermato che la preclusione all'impugnabilità del lodo ex art. 817, comma 2, non opera per il contumace. in arbitrato In tema di arbitrato, anche dopo la novella introdotta dal d.lgs. n. 40/2006, qualora una delle parti contesti in radice che la lite sia devoluta ad arbitri e, pur regolarmente chiamata, rifiuti di partecipare al giudizio arbitrale, non opera l'art. 817, comma 3, e, perciò, la stessa non subisce la preclusione posta da tale disposizione, con la conseguenza che può adire il giudice ordinario perché accerti che il lodo, comunque emesso pur in mancanza di clausola compromissoria, sia inefficace o inesistente nei suoi confronti (Cass. n. 5824/2019). Conclusioni esorbitanti dalla convenzione arbitraleLa mancata proposizione, nel corso del procedimento arbitrale, dell'eccezione d'incompetenza degli arbitri perché le conclusioni della controparte esorbitano dai limiti del compromesso determina un semplice effetto preclusivo della relativa impugnazione per nullità e non importa, invece, che tra le parti si debba ritenere concluso un nuovo compromesso (tacito) per allargare la materia del decidere, perché in tale ipotesi l'art. 817 non avrebbe più il suo fondamento nell'operato processuale delle parti, ma nella loro volontà contrattuale, che non viene, invece, in considerazione nella specie, in cui si è solo di fronte alla inattività di una delle parti che, in tale modo, preclude a se stessa la possibilità d'impugnare la sentenza arbitrale per un motivo che essa medesima ritiene irrilevante durante il procedimento dinanzi agli arbitri (Cass. n. 600/1962). La non impugnabilità del lodo arbitrale per violazione dei limiti del compromesso o della clausola compromissoria, quando nel procedimento arbitrale non sia stata formulata l'eccezione concernente l'esorbitanza delle conclusioni delle parti, non discende da una manifestazione di volontà riconducibile al potere di autonomia delle parti (compromesso tacito), ma ad una preclusione processuale derivante dal mancato assolvimento dell'onere di contestazione della competenza arbitrale, dipendente, cioè, dalla condotta processuale della parte: ne consegue che tale preclusione opera anche nei confronti di un ente pubblico che, nel processo, abbia acquistato la qualità di parte, senza che possa venire in questione la necessita di una specifica deliberazione dei suoi organi e di eventuali approvazioni (Cass. n. 965/1979; Cass. n. 600/1962). Spetta in definitiva ai difensori delle parti il potere di consentire le modifiche ed aggiunte fatte ai quesiti proposti dalle altre parti, non comportando tali attività, di natura tecnico-giuridica, disposizione dei diritti soggettivi delle parti in causa (Cass. n. 1583/1968). Resta fermo che la preclusione dell'impugnazione del lodo arbitrale per aver pronunciato fuori dei limiti del compromesso, stabilita dall'art. 817 per la parte la quale non abbia eccepito nel corso del procedimento arbitrale che le conclusioni delle altre parti esorbitavano dai limiti del compromesso o della clausola compromissoria, si determina solo quando una parte abbia formulato specifiche conclusioni eccedenti tali limiti, senza contestazioni della controparte, in ordine alle quali gli arbitri hanno il dovere processuale di decidere, ma non può farsi derivare da mere argomentazioni difensive che non si traducano in domande cui gli arbitri siano tenuti a dare puntuale risposta, tanto meno se svolte dai difensori delle parti, i quali non hanno alcun potere di modificare o ampliare i limiti del compromesso (Cass. n. 2550/1983). La richiesta di riunione di un procedimento arbitrale ad altro pendente, tra le stesse parti, dinanzi ad un diverso collegio arbitrale, composto anche di tecnici, non implica la proposizione dell'eccezione di incompetenza del collegio arbitrale adito, e la dichiarazione che la Competenza spetta al collegio integrato dai tecnici, perchè cosi previsto dalla clausola compromissoria per le controversie del tipo di quella di cui si chiede la riunione, poiché mentre la richiesta di riunione e rivolta solo alla semplificazione della procedura per renderla più spedita ed idonea, e di fronte ad essa sta un potere discrezionale del collegio adito, l'eccezione d'incompetenza e diretta a negare il potere giudicante del collegio arbitrale ed impone il dovere di decidere, col conseguente potere della parte di impugnare la pronuncia, ove a se sfavorevole, ai sensi degli artt. 829, n. 4, e 817 (Cass. n. 600/1962). Infine, in sede di impugnazione del lodo, la parte, che nel corso del procedimento arbitrale abbia rinunciato all'eccezione di incompetenza degli arbitri, prima formulata sotto il profilo che le questioni dedotte dall'altra parte esorbitavano dai limiti del compromesso o della clausola compromissoria, non può dedurre detta incompetenza quale motivo di nullità, in quanto l'eccezione di cui all'art. 817 ha natura relativa, per la cui la rinunzia ad essa è vincolante (Cass. n. 12208/1992). BibliografiaAuAuletta F., Dell'arbitrato, in Sassani B. (a cura di), La riforma delle società. Il processo, Torino, 2003, 336; Bertoldi, Art. 813-bis. 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