Parzialmente incostituzionale l’efficacia retroattiva dei privilegi sui crediti erariali

10 Settembre 2013

Con ordinanza emessa il 16 luglio 2012 e depositata in data 17 luglio 2012 (n. 288 del registro delle ordinanze) il Giudice delegato presso la Sezione fallimentare del Tribunale di Firenze ha sollevato questione di illegittimità costituzionale dell'art. 2752, comma 1, c.c. in combinato disposto con l'art. 23, commi 37 e 40, D.L. 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, per violazione degli artt. 3, commi 1 e 2, 117, comma 1, Cost. e art. 6 CEDU, per le seguenti motivazioni:

Corte Costituzionale, sentenza 4 luglio 2013, n. 170

Con ordinanza emessa il 16 luglio 2012 e depositata in data 17 luglio 2012 (n. 288 del registro delle ordinanze) il Giudice delegato presso la Sezione fallimentare del Tribunale di Firenze ha sollevato questione di illegittimità costituzionale dell'art. 2752, comma 1, c.c. in combinato disposto con l'art. 23, commi 37 e 40, D.L. 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, per violazione degli artt. 3, commi 1 e 2, 117, comma 1, Cost. e art. 6 CEDU, per le seguenti motivazioni:
- la retroattività della norma fondante il privilegio del credito erariale, originariamente chirografo, e l'apposizione in grado diverso e poziore di un credito già ammesso allo stato passivo dichiarato esecutivo, violerebbero le disposizioni sopraccitate;
- la retroattività imposta dal legislatore per essere legittima deve trovare la propria giustificazione in motivi di interesse generale che non sussistono nel caso in specie, in quanto fondati sull'esclusivo interesse economico dello Stato;
- l'intangibilità dei diritti quesiti e dei rapporti esauriti deve riconoscersi anche nel caso di diritti sorgenti da pronunce giurisdizionali assistite dalla irretrattabilità, quale è l'accertamento del credito nello stato passivo dichiarato esecutivo. Per cui l'art 40, comma 1, della legge n. 111 del 2011 disattende una decisione giurisdizionale con efficacia di giudicato, seppure “endo-fallimentare” e costituirebbe una violazione del principio di ragionevolezza e parità di trattamento di tutti i cittadini di fronte alla legge come stabilito dall'art 3 Cost.
Con atto depositato in data 22 gennaio 2013 il Presidente del Consiglio dei ministri è intervenuto in giudizio chiedendo che il ricorso venisse dichiarato inammissibile per i seguenti motivi:
- la novità introdotta dalla legge impugnata consisterebbe esclusivamente nell'abolizione del limite temporale di un anno, a decorrere dall'esecutività dei ruoli, originariamente previsto per il privilegio sul credito erariale con conseguente eliminazione della discriminazione dei crediti erariali rispetto agli altri crediti privilegiati;
- la difesa dello Stato esclude una vera e propria valenza retroattiva in relazione all'applicazione della norma alle procedure fallimentari, in quanto riferibile alle procedure in corso, dato che la procedura fallimentare consente di far valere eventuali sopravvenienze anche normative, sino alla sua chiusura con ripartizione dell'attivo;
- secondo l'Avvocatura generale dello Stato sussisterebbero comunque motivi imperativi di interesse generale che giustificherebbero la ratio della norma.
La Corte Costituzionale ha ritenuto infondate le eccezioni presentate dall'Avvocatura generale dello Stato, accogliendo invece le motivazioni del giudice delegato presso la sezione fallimentare del Tribunale di Firenze dichiarando:
- l'illegittimità costituzionale dell'art. 23, comma 37, ultimo periodo, e comma 40, del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98 conv. con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111.
La norma dichiarata illegittima presenta un impatto notevole, in quanto da un lato introduce una nuova categoria di creditori privilegiati, dall'altra consente a questa categoria di insinuare i propri crediti in uno stato passivo già divenuto esecutivo data la sua efficacia retroattiva. È proprio questo aspetto (il superamento del giudicato endofallimentare) ad essere stato considerato illegittimo dalla Consulta. Il legislatore quindi, a tutela di un interesse generale, poteva introdurre una disposizione finalizzata a consentire all'Erario di insinuarsi allo stato passivo per crediti IRES in sede privilegiata e con effetto retroattivo, ma non a dispetto del giudicato. L'applicazione della norma, oltre a tradire l'affidamento del privato maturato con il consolidamento di situazioni sostanziali, ha comportato un evidente pregiudizio per i creditori chirografari, i quali hanno visto ulteriormente ridursi la quota del loro credito potenzialmente recuperabile, a fronte di un tasso di recupero che nella maggior parte dei casi risultava essere già piuttosto esiguo. L'introduzione di norme ad efficacia retroattiva da parte dello Stato, come indicato in diverse pronunce della Corte di Strasburgo, deve essere intesa in senso restrittivo, tale per cui l'esclusivo interesse economico non giustificherebbe la retroattività della norma. Più che di interesse generale, nel caso in esame emergeva con chiarezza un'esigenza di gettito da parte dello Stato che seppur ampiamente giustificabile, non può prescindere dai principi di tutela del cittadino garantiti costituzionalmente.

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