L'applicabilità delle aggravanti ex art. 219 l. fall. anche ai reati di bancarotta impropria

Alessio Lanzi
27 Marzo 2013

Con la sentenza n. 10180 del 17.1.2013, la Cassazione, Sez. V penale, ha ribadito che l'art. 219 l. fall. (circostanze aggravanti ed attenuanti) si applica anche alle ipotesi di bancarotta impropria ex artt. 223, 224 e 225 l. fall.

Con la sentenza n. 10180 del 17.1.2013, la Cassazione, Sez. V penale, ha ribadito che l'art. 219 l. fall. (circostanze aggravanti ed attenuanti) si applica anche alle ipotesi di bancarotta impropria ex artt. 223, 224 e 225 l. fall.

Sul punto era intervenuta una sentenza piuttosto recente (Cass. Pen., Sez. V, n. 8829 del 18.12.2009) che, in difformità rispetto ad un consolidato contrario orientamento, aveva ritenuto - facendo espressa leva sulla precisa lettera della norma - che il richiamato disposto di cui all'articolo 219 l. fall. potesse applicarsi solo alle fattispecie di cui agli articoli 216, 217, 218 l. fall. (gli unici esplicitamente richiamati dal dettato normativo in questione) e non ad altri.
A fronte di ciò, i Giudici del 2013, escludendo che si sia verificato un vero e proprio "contrasto" giurisprudenziale, data la gran quantità di sentenze di legittimità (precedenti, coeve e successive a quella difforme) che, viceversa, hanno ritenuto le ipotesi di cui all'articolo 219 l. fall. applicabili anche alle fattispecie di bancarotta impropria, concludono ancora una volta in tal senso.
Ritengo si tratti di una soluzione interpretativa condivisibile, alla quale si può giungere senza invocare lo spettro dell'analogia in malam partem. Infatti, a ben vedere, nell'ambito delle ipotesi di bancarotta impropria (artt. 223, 224, 225) il richiamo operato alle corrispondenti ipotesi di bancarotta propria è - o del tutto (art. 223, comma 2, e 224 n. 2) o in parte - solo quoad poenam. Pertanto sembra ragionevole che la sanzione alla quale si rinvia sia proprio quella che tiene conto anche delle aggravanti e delle attenuanti previste all'art. 219 l. fall. In caso contrario, vi sarebbe - come sottolinea la stessa sentenza - un risultato irragionevole e forse anche un serio dubbio di legittimità della disciplina che, in tal caso, sarebbe più favorevole in relazione a comportamenti in realtà certo più gravi, quali sono quelli compiuti nell'ambito delle società.
Infine, la sentenza ricorda che in una recente decisione delle Sezioni Unite (n. 21039 del 2011) si è seguita questa stessa interpretazione, pur ritenendosi, con riferimento alla previsione di cui all'art. 219, comma 2, n. 1, l. fall., che non si tratterebbe di una circostanza aggravante, ma di una particolare forma di concorso di reati: la cosiddetta continuazione fallimentare.

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