I “nuovi” parametri per l’autorizzazione della CIGS. Tanto rumore per nulla?

19 Febbraio 2013

Il 2 febbraio 2013 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 28 il decreto del Ministero del Lavoro 4 dicembre 2012 contenente i “parametri oggettivi” per l'autorizzazione della Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria (CIGS) ex art. 3, comma 1, della legge 23 luglio 1991, n. 223.

Il 2 febbraio 2013 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 28 il decreto del Ministero del Lavoro 4 dicembre 2012 contenente i “parametri oggettivi” per l'autorizzazione della Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria (CIGS) ex art. 3, comma 1, della legge 23 luglio 1991, n. 223.

L'emanazione del decreto era necessaria alla luce della modifica dell'art. 3 della legge 223/1991 ad opera della legge 28 giugno 2012 n. 92 e successive modifiche. In ispecie, l'art. 3, comma 1, della legge 223/1991, che rimarrà in vigore fino al 31 dicembre 2015, stabilisce che: “Il trattamento straordinario di integrazione salariale è concesso, con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, ai lavoratori delle imprese soggette alla disciplina dell'intervento straordinario di integrazione salariale, nei casi di dichiarazione di fallimento, di emanazione del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa ovvero di sottoposizione all'amministrazione straordinaria, quando sussistano prospettive di continuazione o di ripresa dell'attività e di salvaguardia, anche parziale, dei livelli di occupazione, da valutare in base a parametri oggettivi definiti con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Il trattamento straordinario di integrazione salariale è altresì concesso nel caso di ammissione al concordato preventivo consistente nella cessione dei beni. In caso di mancata omologazione, il periodo di integrazione salariale fruito dai lavoratori sarà detratto da quello previsto nel caso di dichiarazione di fallimento. Il trattamento viene concesso, su domanda del curatore, del liquidatore o del commissario, per un periodo non superiore a dodici mesi”.
Con il decreto sopracitato, il Ministero del Lavoro ha stabilito che, al fine di valutare la sussistenza della prospettiva di continuazione o di ripresa dell'attività delle aziende dichiarate fallite oppure sottoposte ad amministrazione straordinaria o liquidazione coatta amministrativa, si terrà conto delle “misure volte all'attivazione di azioni miranti alla prosecuzione dell'attività aziendale” - formula invero alquanto “fumosa” - nonché delle prospettive di cessione dell'azienda, in base all'esistenza di manifestazioni di interesse di terzi oppure in presenza di tavoli a livello governativo o regionale nei quali venga affrontata la questione della cessione.
Per quanto riguarda invece i parametri al fine di valutare la salvaguardia, anche parziale, dei livelli occupazionali dovrà essere considerata l'eventuale stipula di contratti a tempo determinato con datori di lavoro terzi nonché l'implementazione di piani volti al distacco dei lavoratori o diretti alla ricollocazione o riqualificazione degli stessi.
Nel merito è facile rilevare la volontà del legislatore di privilegiare la concessione del trattamento nei casi con possibile ripresa dell'attività lavorativa.
In concreto, però, il decreto non presenta particolari innovazioni o sorprese: i parametri oggettivi di valutazione delle istanze di cigs, presentate dal Curatore, dal Liquidatore o dal Commissario, nei rispettivi casi di fallimento, di emanazione del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa o di ammissione all'amministrazione straordinaria, costituiscono da anni parametri normali e già presenti nelle trattative sindacali e negli “esami congiunti” avanti il Ministero del lavoro, sia a livello nazionale che regionale/provinciale.
Un'attenta analisi conferma altresì che, per quanto riguarda il concordato preventivo con cessione dei beni, la richiesta di concessione di CIGS non richiede la sussistenza dei requisiti previsti per le altre – e sopracitate - procedure concorsuali.
Sotto altro profilo, il decreto nulla dice rispetto al concordato preventivo in continuità. Si pone quindi il problema della validità o meno dell'ambito di applicazione dell'art. 3 L. n. 223/1991 alla fattispecie.
Infatti, con nota 14/13876 del 28 maggio 2010, il Ministero del Lavoro aveva ritenuto che a tutti i concordati fosse concesso l'accesso al trattamento ex art. 3: in particolare, il Ministero aveva affermato che: “...tenuto conto che tutte le fattispecie del concordato preventivo ricadono, comunque, sotto il controllo di un soggetto pubblico terzo, l'autorità giudiziaria e, che, in ogni caso, nella procedura risultano garantiti i diritti dei creditori, la scrivente ritiene di poter consentire l'accesso al trattamento straordinario d'integrazione salariale ai sensi dell'art. 3 della L. 223/91 in tutti i casi in cui le aziende richiedenti siano sottoposte alla procedura di concordato preventivo, sia esso caratterizzato o meno dalla cessione dei beni”.
Pare allo scrivente che la nuova formulazione dell'art. 3 possa far ritenere superata l'indicazione contenuta nella nota, facendo quindi propendere per la richiesta (e relativa concessione), nei casi di concordati in continuità, del trattamento di CIGS ex art. 1.
Sul punto si confida, quindi, negli auspicabili chiarimenti da parte del Ministero.

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