Benché sia già trascorso qualche anno dalla entrata in vigore delle nuove regole sul trattamento concordatario dei creditori concorsuali, la prassi applicativa si svolge ancora in maniera alquanto disordinata, come se le domande di concordato presentate in tribunale ed i provvedimenti sulla ammissibilità delle stesse rispondessero, di volta in volta, a leggi diverse l'una dall'altra.
L'origine di questa grave confusione concettuale discende, a mio giudizio, da una scarsa attenzione ai principi informatori del diritto della responsabilità patrimoniale e del diritto delle procedure concorsuali. Si tratta di una disattenzione probabilmente risalente nel tempo, ma sorta all'evidenza in ragione della applicazione delle nuove discipline del concordato.
Procedendo per ordine, va innanzitutto chiarito che il diritto delle procedure concorsuali deve tener conto delle regole generali del codice civile. Una di queste è la parità di trattamento tra tutti i creditori. Secondo l'art. 2741 c.c., tutti i creditori di uno stesso debitore hanno eguale diritto di essere soddisfatti sul patrimonio di quello, senza che nessuno possa essere preferito agli altri. Unica eccezione è data dalle cosiddette cause legittime di prelazione, ossia da ragioni legali di preferenza integrate da diritti di garanzia reale (ipoteca, pegno e privilegi) o da ipotesi di prededuzione. Cosicché, fatte salve le cause legittime di prelazione (e le ragioni di prededuzione) tutti i creditori debbono essere trattati allo stesso modo. Una ulteriore regola, della quale qui non mi occupo, concerne poi la postergazione: ossia la condizione di quei particolari creditori che, per le ragioni del loro credito, si trovano collocati in posizione postergata rispetto non soltanto ai creditori preferiti, ma anche a tutti gli altri creditori paritariamente trattati e denominati chirografari.
Nelle procedure concorsuali (nelle procedure, cioè, in cui si applica la regola del concorso, ossia la regola della parità di trattamento) questa regola generale determina che i creditori preferiti debbano essere pagati con preferenza rispetto ai creditori chirografari.
Nella disciplina tradizionale dei concordati la regola era stabilita nel senso che i creditori prelatizi dovevano essere pagati integralmente, immediatamente ed in denaro (o già tale o risultante dalla conversione dei beni sottoposti a liquidazione concorsuale). Invece i creditori chirografari potevano essere pagati secondo l'offerta concordataria fatta salva la misura minima di tale offerta, ossia il quaranta per cento del valore nominale del credito.
Seguiva poi una ovvia regola procedurale, secondo la quale i creditori prelatizi, in quanto portatori di una pretesa non conformabile nella offerta del debitore, erano esclusi dalla votazione su tale offerta, che infatti non li riguardava. Unica condizione per esprimere il voto era, conseguentemente, la rinuncia alla causa di prelazione e dunque l'attribuzione della qualifica di creditore chirografario come tale portatore di un credito conformabile e dunque destinatario della offerta concordataria.
Le nuove regole sul concordato, scritte secondo il criterio della atipicità della proposta, prevedono che il debitore possa offrire ai creditori (destinatari della offerta concordataria) un soddisfacimento del proprio credito avente oggetto, tempi e modalità liberamente determinabili. Non vi è l'obbligo di offrire una percentuale minima; il pagamento può essere liberamente dilazionato; l'oggetto dell'adempimento può essere anche diverso da una somma di denaro.
La regola procedurale sulla esclusione dal voto dei creditori prelatizi è invece rimasta pressoché immutata. Seguono poi regole di contorno da tralasciarsi in questa sede (come la possibilità di offrire un pagamento nei limiti del valore di realizzo della garanzia o quello di richiedere, nei casi previsti dalla legge, una moratoria dei pagamenti).
Su questo panorama normativo si è stratificato il pericoloso equivoco che, essendo oggi possibile offrire ai creditori concorsuali un qualsiasi trattamento, ciò valga non soltanto per i creditori chirografari (destinatari della offerta di concordato, infatti sottoposta alla loro approvazione), ma anche per i creditori prelatizi (sottratti alla offerta concordataria che perciò non può riguardare il loro credito). Cosicché, si rinvengono frequentemente domande in cui è offerto ai creditori prelatizi l'adempimento dilazionato del credito, oppure utilità diverse dal denaro (come partecipazioni in società di capitale di nuova costituzione).
In tal modo si commettono, all'evidenza, due errori giuridici, integranti due violazioni di norme imperative di legge; violazioni a loro volta determinanti l'inammissibilità della domanda concordataria.
La prima violazione concerne il diritto codicistico: si vanifica infatti il contenuto della garanzia reale (corrispondente al diritto di essere soddisfatti con preferenza rispetto agli altri creditori con il denaro risultante dalla vendita forzata del bene su cui grava la garanzia).
La seconda violazione concerne il diritto concorsuale, estendendosi l'offerta concordataria anche a creditori esclusi dal voto sulla stessa e pertanto salvaguardati da quella medesima offerta, che dunque non può in alcun modo intaccare il diritto di credito qualificato dalla garanzia reale.
Dal punto di vista del cosiddetto diritto razionale, una domanda di concordato conformativa della posizione dei creditori garantiti si scontra frontalmente con il sistema.
Sotto un primo profilo, deve riflettersi che per un simile esito sarebbe del tutto inutile acquisire garanzie reali. Infatti il vantaggio ad esse conseguente sarebbe vanificato proprio nel momento in cui la garanzia dovrebbe essere attivata, ossia quando il debitore è divenuto insolvente. Se questa conclusione si affermasse nella prassi applicativa, interi settori del diritto privato (come il diritto ipotecario) perderebbero gran parte della loro ragion d'essere.
Sotto un secondo profilo apparirebbe assai singolare che alcuni creditori (i chirografari) potessero decidere con il proprio voto il trattamento da riservarsi ad altri creditori (i prelatizi) invece esclusi dalla votazione. Infatti, poiché nei concordati votano esclusivamente i creditori chirografari, inevitabilmente il trattamento dei creditori garantiti sarebbe deciso dai creditori chirografari. Come tale esito cozzi contro ogni criterio di ragionevolezza, prima ancora che di equità, appare evidente non solo al giurista, ma a chiunque: ricordando tutti la saggia regola secondo cui chi ha il potere di tagliare la torta deve scegliere per ultimo la propria fetta.
Né si guadagna in plausibilità con l'irragionevole soluzione secondo cui, quando la domanda concordataria riguardi anche il trattamento dei creditori garantiti, questi ultimi possono in qualche misura essere ammessi al voto. Una simile soluzione, infatti, con l'attribuire al debitore un potere che la legge non prevede, ossia di decidere chi debba votare la propria domanda di concordato, realizza il ricordato effetto di vanificare il diritto civile delle garanzie, essendo inutile premunirsi di una garanzia se poi il debitore può scegliere di non considerarla, ricomprendendo nella offerta concordataria chi per legge avrebbe dovuto restarne escluso perché destinatario di un trattamento preferenziale.
Conclusione. L'offerta concordataria riguarda esclusivamente i creditori chirografari; non riguarda invece i creditori garantiti. Mentre ai primi può essere offerto un soddisfacimento in qualsiasi forma e secondo criteri temporali scelti dal debitore, invece i secondi devono essere pagati, nei limiti del valore del bene oggetto di garanzia, in denaro e senza dilazione (fatta salva la moratoria prevista nella ipotesi di concordato in continuità).
Attesa la confusione dei tempi, è comunque utile precisare che limite al concorso è sempre il consenso, e che dunque il creditore garantito può sempre accettare la conformazione del proprio credito, la quale in tal caso sarebbe ammissibile perché determinata non dalla votazione nel concordato (dalla quale il creditore garantito è e deve rimanere escluso per volontà della legge), ma dal consenso del titolare del diritto.