Gli obblighi degli organi sociali dopo la domanda di concordato o di accordo di ristrutturazione

07 Gennaio 2013

Il deposito della domanda di concordato, o di omologazione ex art. 182-bis l. fall. fa cessare, ai sensi dell'art. 182-sexies l. fall., l'obbligo di agire in modo “conservativo”, imposto dall'art. 2486 c.c., ma non fa venir meno il dovere di agire in modo pianificato e razionale, perseguendo il miglior interesse della società e dei creditori, la cui violazione è sindacabile da parte del Giudice, siccome indice di una inadeguatezza del sistema organizzativo.

Il deposito della domanda di concordato, o di omologazione ex art. 182-bis l. fall. fa cessare, ai sensi dell'art. 182-sexies l. fall., l'obbligo di agire in modo “conservativo”, imposto dall'art. 2486 c.c., ma non fa venir meno il dovere di agire in modo pianificato e razionale, perseguendo il miglior interesse della società e dei creditori, la cui violazione è sindacabile da parte del Giudice, siccome indice di una inadeguatezza del sistema organizzativo.

L'art. 182-sexies, comma 2, l. fall., introdotto dal c.d. Decreto Sviluppo, statuisce nel senso che “resta ferma, per il periodo anteriore al deposito delle domande e della proposta di cui al primo comma, l'applicazione dell'articolo 2486 del c.c.”.
La norma non prevede, come potrebbe apparire ad una lettura superficiale, una esenzione da responsabilità per gli amministratori e sindaci, per il solo fatto che la società acceda al concordato preventivo oppure all'accordo di ristrutturazione.
Ciò, infatti, sarebbe oltremodo incongruo proprio con riferimento alla introduzione del concordato “con riserva”, in ordine al quale tale interpretazione comporterebbe una sottrazione a qualsiasi sindacato del contenuto del piano e del quomodo della ristrutturazione, che al momento dell'ingresso in procedura per definizione ancora non esiste.
Un esonero da responsabilità, tuttavia, non si giustificherebbe in alcun modo, atteso che la gestione dell'impresa in questi casi resta saldamente in mano all'imprenditore e dunque all'organo di gestione, verificandosi uno spossessamento soltanto “attenuato”, e nel caso del concordato “con riserva” addirittura attenuatissimo.
La disposizione dunque non ha alcuna parentela con l'art. 3 del D.L. “Alitalia”, n. 134/2008.
In realtà, il senso del disposto (da leggere contestualmente con il primo comma) è da ricercarsi solo nella volontà del Legislatore di esentare la ristrutturazione da alcuni vincoli legati al funzionamento del legal capital ed al verificarsi della causa di scioglimento conseguente alla riduzione del capitale sociale.
Dunque gli amministratori (e per loro i sindaci) non sono tenuti ad adottare i comportamenti normalmente necessari in questi casi, ed in particolare a convocare l'assemblea per la nomina dei liquidatori e la individuazione dei criteri di liquidazione, ma incombe (solo) sugli stessi l'obbligo di procedere a pianificare la ristrutturazione, nell'ambito della procedura, ed in armonia con i fini della stessa.
Dal verificarsi dei presupposti di cui all'art. 2486 c.c., infatti, gli amministratori sono tenuti a gestire la società in modo da “conservarne” il patrimonio, senza poter intraprendere nuovi investimenti o modificare la “formula imprenditoriale” con operazioni di riorganizzazione e/o di ristrutturazione dell'azienda.
Essi non sono esentati tuttavia dall'obbligo di agire in modo “informato”, razionale, e di “pianificare” la gestione, ma lo debbono fare compatibilmente con tutti gli scenari possibili di una futura ristrutturazione del passivo la cui direzione ormai spetta ai liquidatori, sulla base dei criteri dettati dall'assemblea o in surroga della stessa dal Tribunale, senza poterne compromettere alcuno.
Dal momento dell'ingresso in procedura, invece, l'art. 182-sexies l. fall. restituisce loro piena discrezionalità nella scelta dei mezzi e degli strumenti. Qualora pertanto il piano concordatario concretamente adottato (o l'accordo di ristrutturazione omologato) appaia irrazionale, di fattibilità impossibile, e tali deficienze siano imputabili agli organi sociali, essi risponderanno delle stesse, siccome concretizzanti una inadeguatezza del sistema organizzativo della società, senza poter opporre con successo la business judgement rule.

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