È configurabile il concorso nel reato di bancarotta fraudolenta da parte di persona estranea al fallimento, qualora la condotta realizzata in concorso col fallito sia stata efficiente per la produzione dell'evento, e il terzo extraneus abbia agito con la consapevolezza e la volontà di aiutare l'imprenditore in dissesto nei suoi progetti distrattivi volti a frustrare le ragioni dei creditori. È questo il principio ribadito dalla Cassazione, con la sentenza n. 8349 depositata l'1 marzo.
Il caso. L'avvocato di una società fallita veniva condannato, in primo e secondo grado, quale extraneus concorrente nel reato di bancarotta fraudolenta. La Corte d'Appello fondava il giudizio di responsabilità penale del professionista nella distrazione operata dagli amministratori della società fallita, per aver egli predisposto il contratto estimatorio sulla base del quale era stato venduto il magazzino della società a un prezzo incongruo rispetto al valore di mercato, contribuendo consapevolmente alla sottrazione del valore reale del bene ai creditori. Il legale proponeva ricorso per cassazione.
Il concorso dell'extraneus nel reato di bancarotta. La Cassazione ribadisce il proprio orientamento secondo il quale concorre, in qualità di extraneus, nel reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale il professionista che, consapevole dei propositi distrattivi dell'amministratore della società fallita, fornisca consigli o suggerimenti sui mezzi giuridici idonei a sottrarre beni ai creditori, e lo assista nella conclusione dei relativi negozi, ovvero svolga attività dirette a garantirgli l'impunità o a rafforzarne, con il proprio ausilio, l'intento criminoso (così: Cass. Pen. n. 49472/2013).
La partecipazione consapevole e determinante del terzo al progetto distrattivo. Nel caso di specie, il ricorrente è stato riconosciuto colpevole, con sentenza esente da vizi logico-giuridici, quale extraneus nella bancarotta della società, per aver aiutato gli amministratori nel loro progetto distrattivo, con la stipulazione di un contratto estimatorio relativo alla vendita del magazzino, ad un prezzo fuori mercato, attraverso il quale si era poi realizzata la contestata distrazione.
La Corte di merito lo ha ritenuto penalmente responsabile sulla base di circostanze ritenute insuperabili: è emerso, nel corso dei giudizi, che l'avvocato ha fornito un contributo causale consapevole e determinante alle condotte distrattive altrui, nel corso di numerosi incontri, presso il proprio studio, intervenuti prima della stipulazione del contratto; inoltre, il dato probatorio evidenzia come il ricorrente fosse a conoscenza del reale valore del magazzino, “mentre il valore poi trasfuso nel contratto estimatorio predisposto dall'imputato recepiva un valore del tutto incongruo”.
Il ricorrente, quindi, quale legale della società fallita e anche della società acquirente il magazzino, consapevole dei propositi distrattivi degli amministratori, aveva assistito legalmente questi ultimi nella predisposizione degli strumenti giuridici idonei a determinare la sottrazione del valore reale del magazzino ai creditori, svolgendo peraltro anche attività consulenziale finalizzata a favorire e rafforzare, con un contributo rilevante, il proposito criminoso degli amministratori.
A fronte di queste circostanze, risultano irrilevanti le doglianze secondo cui non era stato il ricorrente a proporre la conclusione del contratto estimatorio, e in seguito non era neanche stato coinvolto nella costituzione della nuova società cui erano stati alienati i beni.
Viene, pertanto, confermata, la condanna.