In una procedura fallimentare la banca può eccepire i propri crediti in compensazione del debito verso il correntista fallito, anche se nel corso del procedimento di pignoramento presso terzi, poi dichiarato improcedibile per sopravvenuto fallimento del debitore, ne aveva taciuto l'esistenza. Lo ha affermato la Cassazione, con la sentenza n. 4380 del 4 marzo.
Il caso. Il Fallimento di una s.r.l. proponeva ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d'appello che, in riforma della decisione del Tribunale, aveva respinto la domanda del fallimento, volta alla condanna di una banca al pagamento di una somma di denaro. La Corte territoriale aveva ritenuto fondata l'eccezione di compensazione legale, sollevata dalla banca con riguardo all'esistenza di altri conti a saldo passivo di maggiore importo intestati al Fallimento, non riconoscendo rilevanza preclusiva al fatto che tale eccezione non fosse stata avanzata in sede di dichiarazione del terzo, ex art. 547 c.p.c., nel corso di un procedimento di espropriazione presso terzi, intrapreso da un creditore per un credito di minore ammontare e poi dichiarato improcedibile per sopravvenuto fallimento del debitore.
La compensazione nel fallimento. In caso di fallimento, ricorda la Cassazione, l'art. 56 l. fall. stabilisce che i creditori possono compensare i crediti vantati verso il fallito “ancorchè non scaduti prima della dichiarazione di fallimento”.
Il pignoramento presso terzi e la natura della dichiarazione del terzo. Alla luce della possibilità di compensazione prevista dall'art. 56 l. fall., la specifica questione su cui la Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi atteneva alla possibilità per una banca di eccepire i propri crediti in compensazione del debito verso un correntista debitore, anche se ne aveva taciuto l'esistenza nel rendere una precedente dichiarazione di scienza resa ai sensi dell'art. 547 c.p.c., durante una procedura di pignoramento poi dichiarata improcedibile a causa del fallimento del debitore.
Per fornire una risposta positiva la S.C. si sofferma sui caratteri del pignoramento presso terzi: tale procedimento costituisce una fattispecie complessa che si perfeziona con la dichiarazione del terzo, il quale però resta estraneo all'esecuzione, essendo parti necessarie solo i creditori e il debitore esecutato.
La dichiarazione del terzo appartiene alla fase esecutiva: la citazione del terzo, con l'invito a rendere la dichiarazione, non introduce un processo di cognizione nei suoi confronti. Per pacifica giurisprudenza, la dichiarazione costituisce un atto endoprocessuale avente natura di mera dichiarazione di scienza.
Da ciò discende che, non trattandosi di un giudizio di cognizione, ove il terzo dichiari di vantare un credito compensabile, ciò non integra un'eccezione di compensazione in senso proprio; inoltre, in caso di estinzione del procedimento, il terzo può sempre eccepire la compensazione nei suoi rapporti diretti con il debitore principale.
Il principio di diritto. In conclusione, è stato enunciato il seguente principio di diritto: “in tema di pignoramento individuale presso terzi di somma depositata su conto corrente bancario, non è precluso al terzo che abbia reso la dichiarazione positiva ex art. 547 c.p.c. nel procedimento espropriativo, in seguito dichiarato improcedibile per il sopravvenuto fallimento del debitore, di eccepire, nel giudizio ordinario intrapreso dal fallimento in luogo del debitore per il pagamento del saldo del conto corrente, la compensazione con riguardo al credito vantato dalla banca verso il fallimento in forza di un distinto rapporto di conto corrente, ai sensi dell'art. 56 L.F.”.