Omesso versamento di imposte: curatore responsabile se si prova il suo cattivo utilizzo dell’attivo fallimentare

La Redazione
08 Settembre 2014

Nel caso in cui l'Amministrazione finanziaria ritenga di affermare una responsabilità solidale del curatore fallimentare per i debiti tributari del fallimento, deve indicare nell'atto di addebito le ragioni che determinano tale responsabilità, che deve nascere da un cattivo utilizzo dell'attivo fallimentare, ponendo il curatore in condizione di esercitare le sue difese anche adducendo – se del caso – l'intervento determinante degli organi di controllo della procedura. È questo il principio affermato dall'ordinanza n. 16373 della Corte di Cassazione, depositata lo scorso 17 luglio.

Nel caso in cui l'Amministrazione finanziaria ritenga di affermare una responsabilità solidale del curatore fallimentare per i debiti tributari del fallimento, deve indicare nell'atto di addebito le ragioni che determinano tale responsabilità, che deve nascere da un cattivo utilizzo dell'attivo fallimentare, ponendo il curatore in condizione di esercitare le sue difese anche adducendo – se del caso – l'intervento determinante degli organi di controllo della procedura. È questo il principio affermato dall'ordinanza n. 16373 della Corte di Cassazione, depositata lo scorso 17 luglio.

Il caso. Il curatore del fallimento di una società veniva ritenuto responsabile, quale coobbligato in solido, dell'omesso versamento di imposte da parte della società fallita e, pertanto, veniva condannato al versamento in proprio del debito tributario. La CTR accoglieva l'appello del curatore e l'Agenzia delle Entrate ricorreva, quindi, per cassazione.

Omesso versamento di imposte e responsabilità solidale del curatore. Il fondamento della responsabilità del curatore è ravvisabile, secondo la Suprema Corte, nell'art. 36 d.P.R. n. 602/73, norma sì specifica riferita all'obbligo dei liquidatori di soggetti all'imposta sul reddito delle persone giuridiche, ma che afferma un principio generale per cui “ciascuno risponde di un evento nella misura in cui ha concorso a cagionarlo”.

Serve la prova di un comportamento contra legem. Presupposto della responsabilità del curatore, pertanto, è che il mancato pagamento dell'imposta sia effetto di un comportamento contra legem del curatore, e non della mera incapienza dell'attivo. Il depauperamento dell'Erario deve essere frutto di un cattivo utilizzo dell'attivo fallimentare da parte del curatore, ad esempio a seguito del pagamento di crediti di ordine inferiore a quelli tributari. Occorre, quindi, che nell'atto impositivo siano enunciate le circostanze che determinano il cattivo utilizzo dell'attivo fallimentare e che tali circostanze siano provate in giudizio.
Questa esigenza di prova assume un particolare rilievo, precisa la Cassazione, nel caso del curatore, che gestisce un patrimonio altrui ma in adempimento di una funzione pubblicistica inderogabile.

Per la contestazione al curatore non basta la cartella, serve un atto impositivo di addebito motivato. Da ultimo, il Collegio afferma che l'atto di addebito rivolto al curatore deve assumere la veste di un avviso di accertamento, con obbligo di motivazione, e non di un a mera cartella, proprio perché la responsabilità del soggetto “nasce da addebiti che debbono essere specificamente enunciati”.

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