Società tra avvocati e diritto comunitario: i chiarimenti del Cnf
16 Settembre 2013
Le società tra avvocati non sono in alcun modo contrastanti con il diritto dell'Unione europea, e la loro disciplina è speciale rispetto a quella delle altre associazioni professionali. Questi i due profili, da tempo oggetto di dibattito, su cui è intervenuto il Consiglio Nazionale Forense, con circolare n. 18-C-2013, per fornire i necessari chiarimenti dopo che gli organi della stampa specializzata hanno espresso “interpretazioni sommarie e fuorvianti”.
Società tra avvocati e diritto dell'Ue. Il Cnf intende, in primo luogo, contrastare l'ipotesi in base alla quale la delega legislativa di cui all'art. 5 l. n. 247/2012, che è scaduta a inizio agosto e che avrebbe dovuto attuare la riforma dell'ordinamento della professione forense, non sarebbe stata esercitata per evitare conflitti con il diritto dell'Ue.
Per costituire una società basta essere avvocati, anche se stabiliti. L'art. 5, lett. a) della legge di riforma circoscrive agli avvocati iscritti all'Albo la possibilità di costituire società, e ciò potrebbe configurare una contrarietà alle norme comunitarie in materia di libera circolazione delle persone e dei servizi. Nessun contrasto, osserva invece il Cnf: dopo le recenti modifiche al d. lgs. n. 96/2001, apportate dall'art. 5 l. n. 97/2013, per svolgere la professione forense in Italia, anche in forma societaria, non è più necessaria la presenza di un avvocato italiano: è possibile, quindi, costituire una società formata da soli avvocati stabiliti. L'unico requisito richiesto rimane quello dell'iscrizione all'Albo, di cui sono in possesso anche gli avvocati stabiliti.
Le società tra avvocati sono assoggettate a disciplina speciale. Altra questione è quella riguardante la presunta applicabilità alle società tra avvocati della normativa generale in materia di s.t.p. |