I limiti probatori cui è soggetto il Curatore che agisce in giudizio per la simulazione del contratto stipulato dall’imprenditore
04 Ottobre 2012
Massima
Il Curatore fallimentare, il quale, con riguardo ad atti di alienazione del fallito, eserciti l'azione di simulazione al fine della ricostruzione delle preesistenti garanzie patrimoniali e del migliore soddisfacimento dei crediti ammessi, cumula, con la rappresentanza del fallito ex art. 43 l. fall., anche la legittimazione che la legge attribuisce ai creditori del simulato alienante ex art. 1416, comma 2, c.c., con la conseguenza che, agendo egli come “terzo”, può fornire la prova della simulazione, ai sensi dell'art. 1417 c.c., anche mediante presunzioni, le quali sono ammissibili ogni qualvolta è ammessa la prova testimoniale. Il caso
Nei due giudizi definiti dal Tribunale di Latina con le sentenze in commento, il curatore fallimentare aveva agito in giudizio per far valere la simulazione di atti pregiudizievoli per la massa dei creditori compiuti dall'imprenditore. In particolare, nel caso esaminato dalla prima pronuncia, il Curatore aveva agito in giudizio nei confronti di un istituto bancario per far valere l'inefficacia, ai sensi dell'art. 44 l. fall., dei pagamenti effettuati dal fallito dopo la sentenza dichiarativa di fallimento. La banca si era costituita in giudizio e aveva invocato il rigetto della domanda, deducendo che il pagamento non fosse revocabile, in quanto effettuato non dal fallito, ma dalla di lui moglie, attraverso un conto corrente ad essa intestato. In risposta alle allegazioni difensive della convenuta, il curatore, alla prima udienza di trattazione, aveva spiegato domanda di simulazione relativa, deducendo che il pagamento in questione era stato, in realtà, eseguito direttamente dal fallito, essendo il conto corrente sul quale era stata addebitata la somma fittiziamente intestato alla moglie, ed in realtà riconducibile soggettivamente a lui stesso. Le questioni giuridiche e la soluzione
Entrambe le pronunce del Tribunale di Latina affrontano la questione dei limiti probatori che incontra il curatore fallimentare quando agisce in giudizio per far valere la simulazione degli atti di disposizione patrimoniale compiuti dall'imprenditore che pregiudicano i diritti della massa dei creditori. Com'è noto, l'art. 1417 c.c. dispone che la prova per testimoni della simulazione è ammissibile senza limiti, se la domanda è proposta da creditori o da terzi e, qualora sia diretta a far valere l'illiceità del contratto dissimulato, anche se è proposta dalle parti. Muovendo dal suddetto principio e dall'indirizzo giurisprudenziale che riconosce la qualità di terzo al curatore fallimentare che eserciti l'azione di simulazione al fine della ricostruzione delle preesistenti garanzie patrimoniali e del miglior soddisfacimento dei crediti ammessi, il Tribunale di Latina ha accolto, in entrambi i casi, l'azione di simulazione proposta dal curatore, ritenendo formata la prova sulla base di elementi presuntivi. In particolare, nel primo caso la prova della intestazione fittizia del conto corrente è stata ricavata dal fatto che il conto fosse stato aperto subito dopo la dichiarazione di fallimento e che la intestataria fosse la moglie del fallito; dalla assenza di capacità reddituale in capo a quest'ultima; dalla apertura del conto presso l'istituto di credito beneficiario dei pagamenti contestati; dal fatto che il conto fosse stato utilizzato quasi esclusivamente per i detti pagamenti, previa effettuazione di versamenti periodici per assicurare la necessaria provvista; nonché, infine, dalla mancata risposta della convenuta all'interrogatorio formale, ai sensi dell'art. 232 c.p.c. Nel secondo caso, la prova del mancato trasferimento del credito formante oggetto della simulata cessione è stata ricavata dalla “natura palesemente evanescente” della società cessionaria, la quale aveva sede nelle Isole Cayman; dalla indeterminatezza del rapporto di mediazione commerciale internazionale per il quale il credito era stato ceduto a titolo di corrispettivo; dalla mancata dimostrazione del conferimento del relativo mandato da parte della società fallita; dalla contiguità temporale tra la nascita del credito e la sua asserita cessione, nonché tra la richiesta di pagamento del compenso per l'attività di mediazione e l'accettazione della cessione del credito; nonché dagli stretti vincoli familiari intercorrenti tra i diversi protagonisti della complessa operazione negoziale. Osservazioni
Le sentenze in commento affrontano la questione dei limiti probatori cui è soggetto il curatore fallimentare che agisca in giudizio per far valere la simulazione di un atto di disposizione patrimoniale (contratto) compiuto dall'imprenditore e suscettibile di pregiudicare l'interesse della massa dei creditori. L'art. 1417 c.c. ammette che i creditori delle parti contraenti e i terzi in genere possano offrire la prova della simulazione del contratto senza incorrere nelle limitazioni previste dalla legge per la prova testimoniale (artt. 2722 e ss. c.c.) e per la prova presuntiva (art. 2729, comma 2, c.c.) che abbiano ad oggetto patti aggiunti o contrari al contenuto del documento contrattuale, di cui si alleghi la stipulazione in data anteriore o contemporanea. Sulla base della detta norma, si ritiene comunemente che i creditori e i terzi possano offrire la prova della simulazione con ogni mezzo (compreso il giuramento, la confessione, oltre la prova testimoniale e quella presuntiva espressamente considerate dalla legge) sia perché, essendo estranei alla stipulazione, essi non sono in grado di esibire la controdichiarazione scritta, richiesta, invece, ai contraenti, sia perché, rispetto ad essi, il contratto non costituisce una fonte di diritti ed obblighi, ma un mero fatto storico. L'azione di simulazione proposta dai creditori e dai terzi non ha, infatti, per oggetto l'invalidazione di un contratto, quanto, piuttosto, l'accertamento di una situazione di fatto diversa da quella apparente. Per tali soggetti, il principio della libertà della prova trova applicazione sia con riguardo all'azione di simulazione assoluta, sia con riguardo all'azione di simulazione relativa o di interposizione fittizia di persona; tanto nel caso in cui la simulazione riguardi un contratto formale, quanto nel caso in cui essa riguardi un contratto a forma libera. Conclusioni
Con le sentenze in commento il Tribunale di Latina ha correttamente applicato il principio ampiamente consolidato nella giurisprudenza di legittimità e di merito, secondo il quale il curatore fallimentare che agisca in giudizio per far valere la simulazione del contratto stipulato dall'imprenditore non è soggetto ai limiti probatori sanciti dall'art. 1417 c.c. in riferimento agli artt. 2722 ss. e 2729 c.c., in quanto cumula, con la rappresentanza del fallito, anche la legittimazione che la legge attribuisce ai creditori del simulato alienante. Il principio deve, tuttavia, essere specificato osservando che, a parte le situazioni di cumulo delle posizioni giuridiche, come quella riferibile all'azione di simulazione, quando il curatore fallimentare esercita un'azione che deriva dal fallimento o che, in ogni caso, spetta esclusivamente ai creditori, anche a prescindere dal fallimento (come ad es. l'azione revocatoria ordinaria), egli assume la veste di terzo, mentre, quando esercita diritti che spettavano all'imprenditore in bonis e che questi avrebbe potuto far valere personalmente, se non fosse fallito, egli subentra nella medesima posizione sostanziale e processuale del fallito, e può pertanto esercitare soltanto i poteri che spettavano a quest'ultimo. In questo secondo caso, il curatore non può invocare la inopponibilità del contratto perché privo di data certa, né può provare per testimoni la simulazione della quietanza di pagamento rilasciata al fallito dall'altro contraente. Minimi riferimenti giurisprudenziali e bibliografici
Sulla libertà della prova della simulazione per i creditori dei contraenti e i terzi: Cass. 18 febbraio 1991, n. 1690; Cass. 17 marzo 2005, n. 5765. Sui limiti probatori vigenti per le parti: Cass. 4 maggio 2007, n. 10240; Cass. 12 febbraio 1986, n. 850; Cass. 6 maggio 2002, n. 6480, con riguardo alla interposizione fittizia di persona. Sui limiti probatori vigenti per il superamento della quietanza: Cass., sez. un., 13 maggio 2002, n. 6877, in Giur. it., 2003, 881, con nota di Ronco; Cass. 23 gennaio 2007, n. 1389; Cass. 8 giugno 2012, n. 9297. La terzietà del curatore fallimentare che agisca in giudizio per far valere la simulazione degli atti di alienazione del fallito è stata affermata, tra le molte, da Cass. 19 novembre 1994, n. 9835 e da Cass. 9 luglio 2005, n. 14481, con riguardo alla quietanza. Sui limiti probatori del curatore fallimentare che subentra nella posizione del fallito: Cass. 8 giugno 2012, n. 9297, cit.; con riguardo all'azione di risoluzione del contratto stipulato dall'imprenditore in bonis; Cass. 8 settembre 2004, n. 18059; Cass. 21 maggio 2004, n. 9685, e Cass. 18 agosto 1998, n. 8143, con riguardo all'azione di adempimento del contratto stipulato dallo stesso; Cass. 4 giugno 2003, n. 8914, con riguardo all'azione per la riscossione di un credito del fallito; Cass. 8 febbraio 2008, n. 3020, con riguardo all'azione di annullamento del contratto concluso in conflitto di interessi dall'imprenditore poi fallito; Cass. 19 novembre 2008, n. 27510, con riguardo all'azione di ripetizione di indebito proposta dal commissario liquidatore di una società il l.c.a. |