Legittimazione ad agire nei confronti del garante in caso di dichiarazione di fallimento

Salvatore Sanzo
30 Novembre 2011

In caso di dichiarazione di fallimento, conseguente alla risoluzione di un concordato preventivo accompagnato da garanzia prestata da terzi per l'adempimento delle obbligazioni assunte dal debitore, la legittimazione ad agire nei confronti del garante compete al curatore o ai singoli creditori?

In caso di dichiarazione di fallimento, conseguente alla risoluzione di un concordato preventivo accompagnato da garanzia prestata da terzi per l'adempimento delle obbligazioni assunte dal debitore, la legittimazione ad agire nei confronti del garante compete al curatore o ai singoli creditori?

In caso di dichiarazione di fallimento conseguente alla risoluzione di un concordato preventivo accompagnato da garanzia prestata da terzi per l'adempimento delle obbligazioni assunte dal debitore, la legittimazione ad agire nei confronti del garante non compete al curatore del fallimento, bensì individualmente ai creditori che risultino tali sin dall'atto dell'apertura della procedura concordataria. La soluzione è stata offerta dalle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione con sentenza 18 maggio 2009, n. 11396 che ha composto il contrasto giurisprudenziale generatosi sulla predetta quaestio iuris.

RIFERIMENTI NORMATIVI - La soluzione del quesito in oggetto involge l'esame logico-sistematico delle seguenti norme: art. 81 c.p.c. (sostituzione processuale), art. 1936 c.c. (fideiussore), art. 1944 c.c. (obbligazione del fideiussore), art. 1949 c.c. (surrogazione del fideiussore nei diritti del creditore), art. 43, comma 1, l. fall. (rapporti processuali), art. 140 l. fall. (effetti della riapertura), art. 160 l. fall. (presupposti per l'ammissione alla procedura), art. 184 l. fall. (effetti del concordato per i creditori).

LA SPIEGAZIONE DELLA DOTTRINA - In commento alla sentenza sopra richiamata, si è osservato che: “è stata ritenuta la legittimazione dei singoli creditori, in quanto titolari delle garanzie, ad escuterle nella fase fallimentare, successiva alla risoluzione del concordato: non potendo, in difetto di una specifica previsione di legge, una tale legittimazione essere riconosciuta al curatore fallimentare, nell'inconfigurabilità, in tale ipotesi, di un'azione di massa, non arrecando il vittorioso esperimento dell'azione alcun accrescimento dell'asse fallimentare, né egli esercitandola per conto di tutti i creditori, ma soltanto di quelli assistiti dalle garanzie. La legittimazione singolare risponde quindi alla posizione «a sé» di ciascun creditore, nella verificata sostanziale impossibilità di configurare il ceto creditorio nel concordato preventivo alla stregua di un gruppo omogeneo, espressivo di una volontà comune per effetto di una convergenza strumentale di interessi”. In definitiva, l'autore ha precisato che: “Con essa si salda il riferimento, per la sua risoluzione, alla nozione civilistica d'inadempimento di non scarsa importanza”. (A. Patti, Concordato preventivo risolto e legittimazione dei creditori, in Il Fallimento, 2009, 1393 ss).

LE MOTIVAZIONI DELLA GIURISPRUDENZA - Il nucleo centrale della motivazione addotta dalle Sezioni unite affondamento della decisione assunta è il seguente: “la garanzia, benché corrisponda anche all'interesse del debitore che formula la proposta di concordato cui essa serve da supporto, è ovviamente prestata a beneficio dei creditori e salda un vincolo obbligatorio tra il garante e questi ultimi. La titolarità attiva (dell'azione) ex art. 81 c. p.c., in qualità di giusta parte del giudizio, non è in capo al debitore concordatario, poi fallito. Per conseguenza, deve escludersi che la pretesa legittimazione del curatore ad escuterla possa trovare fondamento nella previsione dell'art. 43, comma 1, l. fall., giacché tale norma attribuisce al curatore la legittimazione a dedurre in giudizio i diritti esistenti nel patrimonio del fallito, ma non quelli facenti capo a terzi" (Cass., sez. unite, 18 maggio 2009, n. 11396).

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