Concordato e assegnazione di crediti in sede esecutiva

28 Ottobre 2015

La società A ha un debito con la società B. Quest'ultima, a seguito di decreto ingiuntivo, pignora un credito che la società A ha nei confronti della società C. Dopo l'udienza di assegnazione la società C deposita domanda di concordato preventivo in bianco. La società C oppone alla società B la pendenza del concordato preventivo e non procede, pertanto, al pagamento della somma assegnata dal giudice. Il comportamento della società C è corretto e conforme alle norme concorsuali? Visto che il pignoramento e l'assegnazione della somma è avvenuta prima del deposito della domanda di concordato la società B non avrebbe diritto di ottenere il pagamento integrale della somma e non concorrere con gli altri creditori?

La società A ha un debito con la società B. Quest'ultima, a seguito di decreto ingiuntivo, pignora un credito che la società A ha nei confronti della società C. Dopo l'udienza di assegnazione la società C deposita domanda di concordato preventivo in bianco. La società C oppone alla società B la pendenza del concordato preventivo e non procede, pertanto, al pagamento della somma assegnata dal giudice. Il comportamento della società C è corretto e conforme alle norme concorsuali? Visto che il pignoramento e l'assegnazione della somma è avvenuta prima del deposito della domanda di concordato la società B non avrebbe diritto di ottenere il pagamento integrale della somma e non concorrere con gli altri creditori?

RIFERIMENTI NORMATIVI –L'art. 168 (“Effetti della presentazione del ricorso”) prescrive che “(..) dalla data di pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese e fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato preventivo diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore. Le prescrizioni che sarebbero state interrotte dagli atti predetti rimangono sospese, e le decadenze non si verificano. I creditori non possono acquistare diritti di prelazione con efficacia rispetto ai creditori concorrenti, salvo che vi sia autorizzazione del giudice nei casi previsti dall'articolo precedente. Le ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni che precedono la data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori al concordato”.

OSSERVAZIONI – I quesiti in esame concernono sostanzialmente la conformità alle norme della legge fallimentare del diniego manifestato dalla società C al pagamento del credito vantato nei suoi confronti dalla società B per effetto del provvedimento di assegnazione da parte del giudice dell'esecuzione, in ragione della pendenza di un procedimento per concordato preventivo “in bianco”.
Per affrontare la complessa tematica pare necessario, in primo luogo, osservare come in nessuna norma della legge fallimentare venga espressamente sancito il divieto per l'imprenditore in crisi di soddisfare i crediti sorti antecedentemente alla procedura di concordato.
La lacuna normativa è stata ampiamente ed esaurientemente colmata dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione, la quale, nel corso degli anni, ha chiarito come dopo l'ammissione alla procedura di concordato preventivo non sono consentiti pagamenti lesivi della par condicio creditorum, nemmeno se realizzati attraverso compensazione dei debiti sorti anteriormente con crediti realizzati in pendenza della procedura concordataria (Cass. n. 578 del 12 gennaio 2007).
La giurisprudenza della Suprema Corte ha, inoltre, precisato come tale divieto debba essere desunto dal sistema normativo nel suo complesso e, specificamente, dalla disciplina prevista dalla legge fallimentare per la regolamentazione degli effetti del concordato.
In particolar modo, darebbe ragione di tale interpretazione: a) l'art. 168 l. fall., norma che, instaurando un regime protettivo del patrimonio dell'imprenditore onde evitare che i creditori (dato lo stato di crisi) si affrettino ad aggredirlo, comporterebbe implicitamente il divieto di pagamento di debiti anteriori: sarebbe incongruo – non manca di rilevare la Suprema Corte – che ciò che il creditore non può ottenere in via di esecuzione forzata, possa conseguire in virtù di spontaneo adempimento, essendo in entrambi i casi violato proprio il principio di parità di trattamento dei creditori; b) l'art. 184, il quale, prevedendo che il concordato sia obbligatorio per tutti i creditori anteriori, implicherebbe necessariamente che non possa darsi l'ipotesi di un pagamento di debito concorsuale al di fuori dei casi e dei modi previsti dal sistema.
Alla disciplina fin qui analizzata, devono aggiungersi le disposizioni contenute nell'art. 182-quinquies della l. fall., (articolo aggiunto dal d.l. n. 83/2012, c.d. “Decreto Sviluppo”) laddove si prescrive (al comma 5) che il debitore, il quale presenti una domanda di concordato preventivo con continuità aziendale, anche “in bianco”, possa chiedere al Tribunale l'autorizzazione a pagare crediti anteriori per prestazioni di beni e servizi, a condizione che un professionista in possesso dei requisiti di cui all'articolo 67, terzo comma, lettera d) attesti che tali prestazioni “sono essenziali per la prosecuzione dell'attività di impresa e funzionali ad assicurare la migliore soddisfazione dei creditori”.
Orbene, analizzata la normativa in materia, così come interpretata dalla giurisprudenza si giunge alla conclusione per cui l'ipotetica soddisfazione da parte della società C del credito vantato dalla società B, costituendo pagamento (vietato, e non autorizzato) di un credito anteriore comporterebbe non solo l'inefficacia dello stesso rispetto alla massa dei creditori, ma anche la revoca dell'ammissione del concordato ai sensi e per gli effetti dell'art. 173, comma terzo, l. fall.
Quanto detto non è smentito dalla circostanza secondo la quale il credito vantato dalla società B è sorto nei confronti della società C per effetto del provvedimento di assegnazione ai sensi dell'art. 553 del c.p.c.
Secondo l'unanime opinione della giurisprudenza della Suprema Corte, infatti, l'ordinanza di assegnazione del credito, per la sua natura liquidativa e satisfattiva, segna, con il trasferimento coattivo del credito dal debitore esecutato (assegnante) al creditore pignorante (assegnatario), il momento finale e l'atto giurisdizionale conclusivo del processo di espropriazione presso terzi (ex multis, Cass. n. 26036 del 21 settembre 2005).
Dal momento che l'ordinanza di assegnazione determina l'estinzione del processo esecutivo, il pagamento da parte della società C si collocherebbe al di fuori della procedura esecutiva iniziata dalla società B, sfuggendo alla disciplina prevista dall'art. 168 della legge fallimentare solo laddove sancisce la nullità delle azioni esecutive dei creditori per titolo anteriore alla data di pubblicazione del ricorso per l'ammissione al concordato preventivo nel registro delle imprese, ma non al “blocco” dei pagamenti di crediti pregressi così come sopra analiticamente descritto.
Da tanto esposto, consegue che:
- la società C ha agito in conformità con i principi insiti nella normativa concorsuale e, segnatamente, in quella disciplinante le procedure concordatarie, in considerazione del fatto che un'eventuale pagamento da parte del debitore in concordato potrebbe determinare la revoca dello stesso;
- il pignoramento del credito vantato dalla società B anteriore rispetto alla domanda di concordato e il provvedimento di assegnazione di cui all'art. 553 c.p.c. (anch'esso anteriore alla domanda di concordato) non sono elementi costituenti una deroga alla par condicio creditorum e, pertanto, non fanno sorgere il diritto della società C di veder soddisfatto interamente il proprio credito al di fuori della procedura concorsuale.

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