Nei riparti parziali sono stati pagati professionisti ammessi allo stato passivo, corrispondendo loro solo il compenso, senza pagare l'Iva addebitata in fattura. Ora in sede di riparto finale sono presenti solo crediti chirografari, dato che tutti gli altri privilegi sono stati pagati nei riparti parziali. L'Iva sulla fattura dei professionisti, non pagata in sede di esecuzione dei riparti parziali, va corrisposta ora prima di procedere al riparto tra i chirografi?
PREMESSA – In proposito giova premettere che il credito per Iva, al momento del passivo, deve essere ammesso o in privilegio ovvero in chirografo.
Infatti, al credito di rivalsa dell'Iva spettante al cedente di beni o al prestatore di servizi va riconosciuto il privilegio speciale previsto dall'art. 2758, comma 2, c.c. sui beni che hanno formato oggetto della cessione o ai quali si riferisce il servizio, salvo che sia diversamente previsto, come espresso patto di concordato, in base all'art. 160, comma 2, della legge fallimentare.
IL QUADRO NORMATIVO E LA GIURISPRUDENZA – Giova ricordare che il credito di rivalsa Iva di un professionista che, una volta eseguite le proprie prestazioni a favore di imprenditore poi dichiarato fallito, emetta la fattura per il relativo compenso in costanza di fallimento, non è qualificabile come credito di massa, da soddisfare in prededuzione.
Infatti, anche se l'art. 6 del d.P.R. n. 633 del 1972 stabilisce che le prestazioni di servizi si considerano effettuate all'atto del pagamento del corrispettivo, in realtà la prestazione professionale che si è conclusa prima della dichiarazione di fallimento dell'imprenditore rimane l'evento generatore del credito di rivalsa Iva.
Inoltre tale credito, pur essendo connesso al credito per la prestazione, resta un credito autonomo rispetto, ad esso da un punto di vista soggettivo e funzionale.
La Cassazione ha infatti precisato che, ai fini dell'ammissione al passivo fallimentare, i crediti del professionista per rivalsa Iva e per il rimborso del contributo integrativo da versarsi alla Cassa di previdenza avvocati e procuratori (sugli affari soggetti ad Iva) hanno una collocazione diversa da quella spettante al credito per le corrispettive prestazioni professionali, in quanto i primi due crediti non costituiscono semplici accessori di quest'ultimo, ma conservano rispetto ad esso una loro distinta individualità, che è confermata dalla diversa disciplina dei privilegi che li assistono (cfr. Cass.,15 settembre 1995, n. 9763).
La Suprema Corte, inoltre, ha evidenziato che il credito di rivalsa Iva di un professionista, in caso di fallimento del beneficiario delle prestazioni, non è qualificabile come credito di massa, da soddisfare in prededuzione, anche se la fatturazione e, quindi, la ripetibilità, intervengono dopo la dichiarazione di fallimento, poiché il credito riguarda il soggetto fallito e non rappresenta, invece, per la parte passiva, una spesa di procedura o un debito contratto per l'amministrazione del fallimento (Cass., 1° giugno 1995, n. 6149).
LA SOLUZIONE – Tenuto conto che le Sezioni Unite hanno riaffermato che l'ammissione al passivo fallimentare di un credito in via privilegiata non presuppone, ove si tratti di privilegio speciale su determinati beni, che questi siano già presenti nella massa, non potendosi escludere la loro acquisizione successiva all'attivo fallimentare, di conseguenza, in sede di verifica dello stato passivo, è sufficiente l'accertamento dell'esistenza del credito e della correlativa causa di prelazione, rimandandosi alla successiva fase del riparto la verifica della sussistenza o meno dei beni stessi, da cui dipende l'effettiva realizzazione del privilegio speciale (in tal senso Cass., SS.UU., 20 dicembre 2001, n. 16060).
In altre parole, il credito che risulta assistito da un privilegio speciale dovrà essere ammesso al passivo come tale, anche se al momento della verifica i beni gravati non sono presenti nella massa, salvo a passare quel credito in chirografo al momento del riparto se anche in quel momento detti beni non siano stati acquisiti all'attivo fallimentare.
Pertanto, anche se il credito è stato ammesso in privilegio, se al momento del riparto il bene oggetto del privilegio non sussiste, il credito medesimo degrada al chirografo. Di conseguenza, nella fattispecie, occorre stabilire se i beni oggetto del privilegio – in questo caso la prestazione del professionista – sono venuti ad esistenza già al momento della verifica del passivo o al momento del riparto, previa ammissione in privilegio.
Il credito di rivalsa può giovarsi del solo privilegio speciale di cui all'art. 2758, comma 2, c.c., nel caso in cui sussistano beni - che il creditore ha l'onere di indicare in sede di domanda di ammissione al passivo - su cui esercitare la causa di prelazione.
Di conseguenza, in qualunque modo sia stato ammesso il credito per rivalsa Iva al passivo, in sede di riparto finale, qualora i beni su cui grava il credito non siano presenti nell'attivo fallimentare, occorre collocare il credito tra i chirografari. Invece, nell'ipotesi in cui nello stato passivo non sia stato indicato il credito Iva di rivalsa, tale credito non parteciperà al riparto, neppure come chirografario. Trattandosi di servizi, è praticamente escluso quasi sempre che il privilegio possa riconoscersi.
Peraltro nel caso in cui tale credito non trovi utile collocazione in sede di riparto nemmeno è configurabile una fattispecie di indebito arricchimento ai sensi dell'art. 2041 c.c., in relazione al vantaggio conseguibile dal fallimento mediante la detrazione dell'Iva di cui alla fattura, poiché tale situazione è semplice conseguenza del sistema normativo concorsuale (in tal senso, cfr. Cass., 12 giugno 2008, n. 15690).