Il pagamento di cambiali scadute e l’azione revocatoria fallimentare

02 Aprile 2014

Il pagamento di cambiali protestate ed insolute può essere considerato pagamento anormale ai sensi dell'art. 67 n.2 l. fall.?

Il pagamento di cambiali protestate ed insolute può essere considerato pagamento anormale ai sensi dell'art. 67 n.2 l. fall.?

NORME DI RIFERIMENTO - In tema di pagamento di cambiali scadute, l'art. 68 l. fall. prevede una specifica ipotesi di “esenzione” da revocatoria.
Tale articolo deroga direttamente alle disposizioni di cui all'art. 67, comma 2, l. fall. sulla “classica” revocatoria degli atti onerosi in regime probatorio ordinario a carico del curatore.
Infatti il pagamento di una cambiale scaduta altro non sarebbe che il pagamento di un debito liquido, certo e esigibile, revocabile ai sensi del secondo comma dell'art. 67 (così Maffei Alberti, Commentario breve alla legge fallimentare, 2009, 358).
L'art. 68 l. fall., invece, specifica che non può essere revocato il pagamento di una cambiale se il possessore di questa doveva necessariamente accettarlo, pena la decadenza dall'azione cambiaria di regresso. L'articolo prosegue poi specificando che in tale ipotesi se il curatore riesce a dimostrare che l'ultimo obbligato in via di regresso era a conoscenza dell'insolvenza dell'obbligato principale quando ha tratto o girato la cambiale, tale ultimo obbligato dovrà restituire al curatore la somma ottenuta.

OSSERVAZIONI - La ratio della norma è quella di tutelare l'accipiens e “alleviarlo” dal peso della scelta tra accettare il pagamento con il rischio di subire la revocatoria o rifiutare lo stesso per evitare di restituire quanto ricevuto perdendo però certamente l'azione in regresso (Ianniello, Il nuovo diritto fallimentare, Milano, 2006, 189).
La norma di esenzione non si applica quindi al caso del pagamento eseguito alla scadenza dal trattario non accettante in favore del portatore del titolo che sia in rapporto cambiario diretto con il traente stesso (così Cass. 7 marzo 1997, n. 2088). Così pure escluso dall'esenzione è il pagamento accettato dal possessore già decaduto dal diritto di regresso, nonché quello ricevuto dal portatore proprio mediante l'esercizio dell'azione cambiaria di regresso (così Appello di Roma 20.12.1966).
Ovviamente, stante la configurazione della norma, non può invocare l'esenzione in questione neppure il possessore della cambiale che abbia ricevuto la somma dopo l'elevazione del protesto (Tribunale Napoli, 14.1.1974, nel qual caso potrebbe infatti agire in regresso) neanche se l'accipiens ignori l'avvenuto protesto.
Per la sussistenza della fattispecie sono dunque necessari:
1) la presenza di un obbligato in regresso e
2) il pagamento del titolo mediante denaro al momento della scadenza.
È evidente che, se mancano simili condizioni, non ci saranno i margini per l'esenzione dell'art. 68 l. fall. e si tornerà a valutare l'atto sotto la lente di ingrandimento di cui all'art. 67 l. fall.
Trattandosi, dunque, di atto a titolo oneroso, se avvenuto nell'ambito del periodo sospetto potrà trovare applicazione la norma generale di cui il secondo comma dell'art. 67 l. fall.
In altre parole, il curatore, dimostrando la scientia decoctionis in capo all'accipiens, potrà revocare il pagamento compiuto dal debitore poi fallito.
Ma vi è di più.
Infatti, proprio con più specifico riferimento all'ipotesi indicata nel quesito, qualora il pagamento fosse avvenuto, non in modo “ordinario”, bensì con modalità “anormali” (cioè non con strumenti consueti come il denaro indicato nel titolo, bensì con mezzi anomali come ad esempio cessioni di credito, datio in solutum, compensazioni, ecc.), allora il comportamento certamente esulerà dall'ambito di applicazione dell'esenzione e potrà anzi essere giudicato rilevante direttamente ai sensi dell'art. 67, comma 1, n. 2 l. fall., stante l' “irritualità” delle modalità di pagamento.
Infatti l'art. 68 l. fall. prevede che il pagamento non possa essere rifiutato, cosa che si verifica, a rigore di legge, solo quando avviene con denaro alla scadenza specificata nel titolo (vedi Maffei Alberti, Commentario breve alla legge fallimentare, 2009, 359). Altre modalità risulterebbero “anormali” e rientranti nel n. 2 dell'art. 67 l. fall., consentendo al curatore di giovarsi delle “agevolazioni” probatorie di cui al comma 1 dell'art. 67 relativo alle cosiddette azioni revocatorie in regime probatorio invertito.

MINIMI RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI E GIURISPRUDENZIALI - Per la dottrina: Ianniello, Il nuovo diritto fallimentare, Milano, 2006, 189; Maffei Alberti, Commentario breve alla legge fallimentare, Milano, 2009, 356 e seguenti; Pajardi, Codice del Fallimento, 2013, 851; Pajardi-Bocchiola, La revocatoria fallimentare, II edizione, Milano, 1998, 466 e seguenti; Paganini, L'azione revocatoria nel fallimento, Officina del diritto, Giuffré, 2013.
Per la giurisprudenza: Cass. 7 marzo 1997, n. 2088; App. Roma 20.12.1966; Tribunale di Napoli, 14.1.1974; Cass. 14 settembre 1976, n. 3152; Tribunale di Torino, 25 marzo 1978 e Tribunale di Milano 29 agosto 1977.

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