Nell'ambito di contratti preliminari pendenti al momento della presentazione della domanda di concordato preventivo, i promissari acquirenti hanno diritto di voto? E, se sì, in che misura?
RIFERIMENTI NORMATIVI - Il quesito tocca una serie di istituti nell'ambito della più ampia normativa in tema di concordato preventivo; ci si riferisce, principalmente, all'art. 169-bis l. fall. (in tema di contratti pendenti), all'art. 177 l. fall. (in tema di maggioranze per l'approvazione del concordato) e all'art. 59 l. fall. (in tema di crediti aventi ad oggetto prestazioni diverse dal denaro).
L'ORIENTAMENTO DELLA DOTTRINA E DELLA GIURISPRUDENZA - Il quesito parte dal presupposto della pendenza del contratto preliminare: nella circostanza deve dunque trattarsi di contratto non compiutamente eseguito da ambo le parti. Da un lato, cioè, il promissario acquirente avrà versato caparre o acconti parziali e, dall'altro, il promissario venditore non avrà ancora trasferito la proprietà dell'immobile al momento di deposito della domanda concordataria.
I promissari acquirenti, in quanto creditori di una prestazione di facere (quella, cioè, di prestare il consenso), come tale ben diversa dalle prestazioni in denaro per titolo e causa anteriore alla procedura, non dovrebbero concorrere a formare le maggioranze e quindi non dovrebbero considerarsi legittimati a votare.
Tuttavia alcuni precedenti di merito si sono espressi in senso opposto, ritenendo che essi possano concorrere unitamente agli altri creditori non espressamente esclusi dalla legge (vedi art. 177, comma 2, l. fall.) a formare le maggioranze necessarie per l'approvazione del concordato ex art. 177 l. fall. Si sostiene al riguardo che, anche se il piano prevede una loro soddisfazione integrale (ovvero il rispetto del contratto con previsione di trasferimento della proprietà dell'immobile), ciò non elimina la loro natura di creditori chirografari con tutti i rischi connessi in tema di certezza di soddisfazione (si veda F. Di Marzio, Se il creditore chirografario destinatario di soddisfacimento integrale abbia o meno diritto al voto, in ilFallimentarista). In tal senso si è espresso in particolare il Tribunale di Catania con decisione del 9.1.1984: “Il promissario acquirente di un immobile può votare, come creditore chirografario, nel concordato preventivo, dato che i rapporti giuridici preesistenti devono essere eseguiti dall'imprenditore concordatario” (oggi, dopo le recenti riforme in tema di contratti pendenti, l'ipotesi è che comunque il piano concordatario preveda il rispetto dei contratti in oggetto). In senso conforme anche la Corte d'Appello di Catania 6.7.1988: “I promissari acquirenti e gli altri titolari di rapporti giuridici pendenti sono creditori concorsuali e, pertanto, legittimati al voto nella procedura di concordato preventivo; tale procedura, infatti, riguarda tutti i creditori per titolo o causa anteriore al decreto di apertura, siano essi privilegiati o chirografari e, per effetto del richiamo operato dall'art. 169 L.F. all'art. 55 L.F., anche se relativa a debiti condizionali o non ancora scaduti; il credito dei promissari acquirenti va valutato ai sensi dell'art. 59 L.F.”. Dalla lettura del testo integrale della sentenza della Corte d'Appello di Catania (in Giur. Comm., 1988, 6, 947 e ss.) si apprende che i giudici hanno ritenuto che il promissario acquirente abbia diritto di voto sulla base del valore del bene promesso in vendita alla data di apertura della procedura di concordato. La Corte d'Appello, nel contestare il provvedimento con cui il Tribunale adito aveva negato l'omologazione di un concordato preventivo, esprime concetti molto interessanti a favore della tesi dell'attribuzione del diritto di voto ai promissari acquirenti tra cui: “[…]Considerando il contratto nella sua interezza appare invero che il promissario acquirente, se per un verso può anche essere debitore del residuo prezzo pattuito, è senza dubbio creditore, nei confronti del promissario venditore di una prestazione di fare e, più precisamente, di una prestazione di concludere un contratto. Tale credito del promissario acquirente trae origine da un rapporto obbligatorio sorto in epoca antecedente alla proposta di concordato ed ha quindi sicuramente causa anteriore al decreto di apertura sicchè va annoverato tra quelli concorsuali […]”, “[…] non è di ostacolo la natura non pecuniaria del credito, soccorrendo al riguardo la disciplina dettata dall'art. 59 L.F.”, “[…] il diritto dei promissari acquirenti al voto non può quindi essere escluso, non essendo essi creditori privilegiati e non assumendo rilevanza, ai fini dell'ammissione al voto, il fatto che essi, con il concordato, conseguano la prestazione loro dovuta (il trasferimento dell'immobile promesso in vendita), senza subire la falcidia concordataria”.
Anche in dottrina si registra un interessante contributo (Renato Sgroi Santagati, Concordato Preventivo e preliminari di vendita: i promissari acquirenti possono essere ammessi a votare?, in Il Diritto Fallimentare e delle società commerciali, 1987), ove si afferma come “non possa negarsi che il promissario acquirente sia creditore del proponente atteso che, nel rapporto sinallagmatico in corso esso ha eseguito (chi in piccola parte chi in massima parte) la propria prestazione consistente nel versamento delle somme pattuite, senza peraltro nulla aver ricevuto dal promittente venditore concordatario”. Inoltre: a) il valore del credito del promissario acquirente deve farsi risalire al valore del bene promesso in vendita, e b) […] anche in presenza di una clausola come quella inerente il preciso impegno del'imprenditore concordatario di dar seguito ai preliminari essi mantengono il diritto di voto (riprendendo Trib. Catania 9.1.1984).
La giurisprudenza e la dottrina sopra richiamate sono riportate anche nella recente opera “Il concordato Preventivo” a cura di G. Guglielmucci, Cedam, 2010, 159 nella quale viene evidenziato, anche in tal caso, l'importanza di tutelare il promissario acquirente.
Ma più recentemente, si segnala, in senso contrario rispetto alle posizioni sopra riportate, un decreto del Tribunale di Padova, del 18.06.2013, che nega il diritto di voto ai promissari acquirenti in quanto il “[…] il richiamo all'art. 59 l. fall. non è pertinente in quanto rientrano in quest'ultima norma i crediti che hanno per oggetto prestazioni di fare non ascrivibili ai rapporti di cui all'art. 72 e segg. L. fall. (come i contratti preliminari)”. In effetti è alquanto discutibile che il voto spetti in forza del richiamo all'art. 59, norma che non sembra potersi in alcun modo riferire alle obbligazioni di prestazione del consenso.