Dichiarazione di fallimento su iniziativa del P.M.

17 Dicembre 2013

Può la Guardia di Finanza richiedere il fallimento di una società attraverso il p.m. sulla base del solo bilancio della società senza alcun creditore procedente ed il tribunale dichiarare il fallimento solo su tale presupposto, senza altro creditore procedente?

Può la Guardia di Finanza richiedere il fallimento di una società attraverso il p.m. sulla base del solo bilancio della società senza alcun creditore procedente ed il tribunale dichiarare il fallimento solo su tale presupposto, senza altro creditore procedente?

LA NORMATIVA - Considerando il combinato disposto degli artt. 6 e 7 l. fall., e il principio di tassatività di cui all'art. 69 c.p.c., che regola l'azione del pubblico ministero nel processo civile, deve ritenersi che il potere di iniziativa di tale organo sia limitato ai soli casi espressamente previsti dalla legge e non è, quindi, illimitato. Infatti, tale potere non è accompagnato né da un generale potere di controllo sugli imprenditori né dall'attribuzione di poteri inquisitori sul regolare andamento delle imprese.
L'iniziativa del pubblico ministero nell'ambito del procedimento per dichiarazione di fallimento è, pertanto, subordinata alla ricorrenza delle ipotesi espressamente previste dall'art. 7 l. fall., ossia qualora l'insolvenza risulti nel corso di un procedimento penale, ovvero dalla fuga, dalla irreperibilità o dalla latitanza dell'imprenditore, dalla chiusura dei locali dell'impresa, dal trafugamento, dalla sostituzione o dalla diminuzione fraudolenta dell'attivo da parte dell'imprenditore; ovvero quando l'insolvenza risulta dalla segnalazione proveniente dal giudice che l'abbia rilevata nel corso di un procedimento civile.

LA GIURISPRUDENZA - La giurisprudenza ha precisato che, nell'ambito del suddetto art. 7 l. fall., per “procedimento penale” deve intendersi non solo l'insieme degli atti costituenti il vero e proprio processo penale ma anche gli atti che lo precedono nell'ambito delle indagini preliminari, così che il pubblico ministero può presentare la richiesta per la dichiarazione di fallimento nel corso di entrambe le fasi di cui si compone il procedimento in questione (in tal senso cfr. App. Milano, 2 dicembre 2010).
L'azione del pubblico ministero, anche su impulso della guardia di finanza, è dunque circoscritto entro i suddetti limiti.

OSSERVAZIONI - In proposito, giova ricordare come la riduzione del carattere officioso del procedimento per la dichiarazione di fallimento comporta che per dare inizio a tale procedura fallimentare, salvo quanto previsto dal sopra citato art. 7, non è necessaria l'esistenza di un titolo giudiziale esecutivo, quale il decreto ingiuntivo non opposto o provvisoriamente esecutivo, e neppure l'esistenza di un titolo giudiziale, ma, come afferma l'art. 6 l.fall., il ricorso “di uno o più creditori”. In altre parole, il creditore istante non ha alcun obbligo di agire unicamente sulla base di un titolo giudiziale, quale un decreto ingiuntivo non opposto ovvero di un titolo esecutivo posto in esecuzione, tanto che neppure l'eventuale inesistenza del credito è, di per sè sola, ostativa alla declaratoria di fallimento.
Ai fini della dichiarazione di fallimento occorre sì dimostrare lo stato d'insolvenza. Tuttavia, tale stato irreversibile di impotenza economico–patrimoniale può risultare da una serie di elementi quali l'ammissione dell'esistenza di un debito nei confronti del ricorrente, l'elevazione di numerosi protesti, concernenti sia la società che i soci illimitatamente responsabili, l'iscrizione di ipoteche giudiziali, la cessazione dell'attività aziendale, pur se non accompagnata dalla messa in liquidazione, l'assenza di introiti, l'inottemperanza all'ordine di deposito delle scritture contabili, il richiamo agli eventuali proventi di cause giudiziarie non ancora intentate a carico delle banche.

CONCLUSIONI - Pertanto le risposte al duplice quesito sono certamente entrambe positive, salva la già detta necessità di sussistenza di una fonte qualificata che il PM possa porre a base della sua richiesta di fallimento, non bastando la sola esistenza di un bilancio “in rosso” prodotto dalla GdF, a meno che esso - e la notizia d'insolvenza - non sia stato acquisito nel corso di indagini penali.

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